Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34629 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 34629 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
Oggetto
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOME COGNOME
Presidente
VENDITA
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Rel. Consigliere Ud. 03/12/2024
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8542/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 255/2018 depositata il 02/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto di tutti i motivi di ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME per la ricorrente e NOME COGNOME per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Proget immobiliare citava in giudizio, dinanzi il Tribunale di Padova, NOME COGNOME e NOME COGNOME esponendo di aver acquistato dai convenuti, il primo quale nudo proprietario, la seconda quale usufruttuaria, una porzione di fabbricato ad uso abitativo sita in comune di Cartura (PD) e di aver corrisposto € 41250 al COGNOME ed € 33.750 alla Viale per realizzare un intervento di ristrutturazione dell’immobile. Prima di iniziare il suddetto intervento si erano evidenziati fenomeni deformativi del solaio tra il primo piano e il piano terra, rimasto in proprietà dei convenuti e concesso in locazione. Alla luce di tale grave inadempimento l’attrice chiedeva la risoluzione del contratto e la restituzione delle somme corrisposte oltre al risarcimento dei danni.
La convenuta NOME COGNOME si costituiva in giudizio eccependo la prescrizione e decadenza della domanda attorea ex articolo 1495 c.c., evidenziando che l’attrice ave va acquistato un vecchio immobile che ben conosceva e di cui da tempo era stata progettata la demolizione e ristrutturazione e, inoltre, agiva nei confronti del
figlio, nudo proprietario, per ottenere il pagamento di euro 900 per spese di lavori di ripristino del lastrico solare.
Si costituiva in giudizio COGNOME chiedendo il rigetto della domanda.
Il giudice di primo grado, disposta consulenza tecnica d’ufficio e rigetta te le istanze istruttorie dichiarava la risoluzione del contratto e condannava NOME COGNOME e NOME COGNOME a restituire all’attrice il prezzo incassato oltre al risarcimento dei danni che quantificava in euro 16.422,95 per danno emergente ed euro 40.500 per lucro cessante.
Avverso la suddetta sentenza proponeva appello il COGNOME.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’appello.
Si costituiva anche NOME COGNOME chiedendo, in parziale accoglimento dell’appello , respingersi ogni domanda della Proget.
La C orte d’ Appello di Venezia accoglieva integralmente l’impugnazione e rigettava la domanda attorea. In particolare , evidenziava come il giudice di primo grado avesse omesso di considerare la documentazione prodotta dalla quale emergeva che l’attrice era pienamente consapevole dello stato dell’immobile che , infatti, aveva intenzione di ristrutturare per poi rivendere e che, dunque, era anche indifferente alle condizioni statiche dello stesso. Tale consapevolezza emergeva anche dal fatto che la società immobiliare aveva ottenuto un’apertura di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria presso la Banca Antonveneta per sostenere le spese connesse all’intervento edilizio da eseguire sull’immobile, per un importo di euro 150.000, da utilizzarsi per l’esecuzione di lavori per euro 300.000 a fronte di un prezzo per il bene acquistato
di euro 75.000. Ciò dimostrava come la RAGIONE_SOCIALE fosse ben cosciente dei numerosi interventi da eseguire, essendo, peraltro, esperta nel ramo immobiliare e avendo dichiarato di essere a conoscenza dello stato di fatto dell’immobile.
Il Giudice di primo grado aveva omesso di considerare tutta la documentazione dalla quale emergeva che non potesse applicarsi al caso di specie la disciplina dell’ aliud pro alio che riguarda la vendita di un bene in concreto completamente diverso da quello pattuito.
Sulla base di analoga motivazione la Corte accoglieva tutti gli altri motivi compreso quello relativo al risarcimento del danno che non era stato in alcun modo dimostrato e che era stato determinato sulla base di un calcolo del tutto ipotetico.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di dieci motivi di ricorso.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 2729 c.c. e 115 c.p.c. per avere la Corte veneta fondato su elementi privi di gravità precisione e concordanza la presunzione che la società RAGIONE_SOCIALE intendesse acquistare un appartamento inagibile e da demolire integralmente.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: illegittimità della sentenza per avere la Corte veneta omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ovvero che gli interventi di ristrutturazione previsti da RAGIONE_SOCIALE
Immobiliare erano diversi da quelli emersi in corso di causa e quindi quest’ultima intendeva acquistare un appartamento da ristrutturare ma non inagibile.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 1453 e ss. e 1490 e ss. c.c. avendo la Corte veneta ritenuto rilevante la mera conoscibilità dei vizi nell’applicazione dell’istituto della risoluzione per aliud pro alio .
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 1453 e ss. e 1490 e ss. c.c. avendo la corte veneta ritenuto rilevante la mera conoscibilità dei vizi nell’applicazione dell’istituto della risoluzione per inadempimento ( aliud pro alio )
La censura è subordinata alla precedente e attiene all ‘ erronea statuizione circa la facile riconoscibilità dei vizi.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c. per avere la Corte veneta fondato su elementi privi di gravità precisione e concordanza la presunzione che l’inadempimento dei venditori fosse di non rilevante entità.
Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza della C orte d’appello di Venezia per aver erroneamente percepito i documenti offerti da RAGIONE_SOCIALE a conforto del danno emergente subito così violando l’articolo 115 c.p.c.
Il settimo motivo di ricorso è così rubricato violazione falsa applicazione degli articoli 2729, 2043, 2056 c.c. e 115 c.p.c. per avere la Corte veneta ritenuto non documentato il lucro cessante subito da RAGIONE_SOCIALE in quanto frutto di un calcolo ipotetico.
L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza della C orte d’appello di Venezia per aver condannato RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite della CTU disposta nel procedimento d’urgenza incidentale in completa assenza di motivazione.
Il nono motivo di ricorso è così rubricato: nullità del capo del dispositivo della sentenza della C orte d’appello che ha condannato RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite della CTU nel procedimento di urgenza incidentale per avere quell’ufficio pronunciato ultra petitum in violazione dell’articolo 112 c.p.c.
Il decimo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. per avere la Corte veneta condannato RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di lite e CTP del procedimento d’urgenza incidentale.
Il Collegio condivide le conclusioni del Procuratore generale che ha evidenziato l’inammissibilità del ricorso.
In particolare, l’Ufficio di procura ha evidenziato che : Il ricorso è stato proposto dalla fallita, pendente appello sulla pronuncia di fallimento, sulla base del disinteresse della curatela.
Il soggetto fallito è, in linea generale, privo della capacità di stare in giudizio. In tal senso l’art. 43, rubricato ‘rapporti processuali’ della legge fallimentare (r.d. 16.3.1942, n. 267) che stabilisce che ‘nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore’ e che, di conseguenza, ‘l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo’. Nello stesso senso dispone l’art. 143 (ugualmente rubricato ‘rapport i
processuali’) del d.lgs. 12.1.2019, n. 14, recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Tali regole non sono altro che l’applicazione in ambito concorsuale della regola generale di cui all’art. 75 c.p.c., in forza della quale sono capaci di stare in giudizio solo ‘le persone che hanno il libero esercizio dei diritti’ che si fanno valere, ment re le persone che tale libero esercizio non hanno non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate ‘secondo le norme che regolano la loro capacità’ quali la LF.
Tuttavia, per le questioni che incidono o che possono incidere sulla sorte dei creditori, da tempo la giurisprudenza di legittimità, così come correttamente allegato dal ricorrente, afferma che ‘il fallito mantiene legittimazione ad agire, e a impugnare provvedimenti incidenti sui rapporti patrimoniali appresi al fallimento, nel caso di ‘inerzia’ degli organi della procedura fallimentare, e ciò anche con specifico riguardo all’impugnazione di atti impositivi basati su presupposti antecedenti all’apertura de lla procedura concorsuale’ (cfr. da ultimo, Cass. civ., sez. V, 30.9.2021, n. 26506).
Tuttavia, presupposto per tale ipotesi ‘straordinaria’ di legittimazione attiva (che come tale, quindi, è di stretta interpretazione) è l’inerzia del curatore fallimentare, intendendosi con ‘inerzia’ quel comportamento di disinteresse della curatela rispetto ad una vicenda sostanziale e processuale relativa al fallimento.
La stessa ricorrente afferma, tuttavia, a pagina 9) del ricorso che la curatela, informata dell’esito della sentenza della Corte d’appello di Venezia oggi impugnata, ha espressamente dichiarato
di non voler ricorrere in Cassazione per asserita carenza di disponibilità finanziarie, secondo quanto riportato nel ricorso.
Nella specie, pertanto, deve escludersi che sussistano i presupposti dell’inerzia’ della curatela rispetto all’esito del giudizio, posto che nel caso di specie la curatela ha operato una scelta processuale chiara non sindacabile sotto il profilo dell’opportunità e incompatibile con la noncuranza alla base del concetto di inerzia, scelta che non può essere superata da una diversa volontà del fallito.
Si è ripetutamente affermato infatti che il fallito è privo della capacità di stare in giudizio nelle controversie concernenti i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, ad eccezione delle ipotesi in cui egli agisca per la tutela di diritti strettamente personali o l’amministrazione fallimentare sia rimasta inerte con riferimento ai suddetti rapporti patrimoniali, manifestando indifferenza nei confronti del processo. Pertanto, come nel caso di specie, quando il curatore espressamente interpellato circ a l’opportunità di impugnare la sentenza emessa nei confronti del fallito prima della dichiarazione di fallimento abbia espresso una valutazione negativa, il fallito non può ritenersi legittimato ad impugnare ed il suo difetto di legittimazione è rilevabile, anche d’ufficio.
Deve darsi continuità al seguente principio di diritto: Il fallito, pur conservando la piena titolarità dei rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, non può assumere personalmente la veste di parte processuale in quanto la legittimazione in ordine a tali rapporti è demandata esclusivamente al curatore, consentendosi una deroga solo allorché il fallito agisce per la tutela di diritti strettamente personali, nonché una legittimazione suppletiva nei
casi di inerzia degli organi fallimentari ( ex plurimis Sez. 1 – , Sentenza n. 2626 del 02/02/2018 – Rv. 646877; conf. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13814 del 06/07/2016 Rv. 640361; Sez. 1, Sentenza n. 10146 del 14/10/1998 – Rv. 519685).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno anche chiarito che, trattandosi di questione che non attiene alla titolarità del diritto ma ad una carenza di capacità o legittimazione attinente ai presupposti processuali il vizio ha carattere assoluto e deve essere rilevato anche d’ufficio dal giudice ogniqualvolta emerga il difetto di un’inerzia obiettivamente intesa del curatore. In tal caso, infatti, il rapporto litigioso deve ritenersi ex lege acquisito al fallimento, così da rendere ‘inconcepibile una sovrappos izione di ruoli fra fallimento e fallito’ ( si cita Cass. Sez. 2^ n. 31313/18 che a sua volta richiama Cass. Sez. 1, 02/02/2018, n. 2626; Cass. Sez. L, 06/06/2017, n. 13991; Cass. Sez. 6 – 1, 06/07/2016, n. 13814; Cass. Sez. 1, 25/10/2013, n. 24159; Cass., Sez. 3, 10/05/2013, n. 11117; Cass. Sez. 2, 20/03/2012, n. 4448; Cass. Sez. 1, 14/10/1998, n. 10146; Cass. Sez. 1, 26/09/1997, n. 9456; Cass. Sez. 1, 27/10/1994, n. 8860; Cass. Sez. 2, 02/03/1978, n. 1061; Cass. Sez. 1, 15/11/1967, n. 2734).
In tale occasione, le Sezioni Unite, in tema di impugnazione di atti tributari, pur precisando il divario di regime tra obbligazione tributaria ed obbligazione di diritto comune e, con ciò, la diversa intensità delle ragioni di difesa che vanno riconosciute al debitorecontribuente anche se in stato di fallimento, hanno comunque ribadito che: «Qualora i presupposti di un rapporto tributario si siano formati prima della dichiarazione di fallimento, il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato l’atto impositivo può
impugnarlo, ex art. 43 l.f., a condizione che il curatore si sia astenuto dall’impugnazione, assumendo un comportamento oggettivo di pura e semplice inerzia, indipendentemente dalla consapevolezza e volontà che l’abbiano determinato; l’insussistenza di detto stato di inerzia comporta, per il fallito, il difetto della capacità processuale di impugnare l’atto impositivo, vizio suscettibile di essere rilevato, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo» (Sez. U, Sentenza n. 11287 del 28/04/2023, Rv. 667457 – 01) .
Il ricorso è inammissibile.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
14 . Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte contro ricorrente che liquida in euro 5000 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione