Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3524 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3524 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12818/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), giusta procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), giusta procura speciale in atti
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA n. 2844/2020 depositata il 29/10/2020; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Padova la RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE), cui era legata da un rapporto di agenzia, in forza del contratto stipulato in data 15/7/2003, per effetto del quale l’attrice era stata designata agente per la vendita di montature di occhiali da sole nella zona dell’Emilia -Romagna e di San Marino. A seguito di una modifica operata dalla preponente della zona dell’agente, con la quale era no state sostituite alla parte occidentale dell’Emilia -Romagna le province di Rovigo e di Pesaro-Urbino, chiedeva di accertare l’illegittimità del recesso d i RAGIONE_SOCIALE dal contratto , con l’accertamento della ricorrenza della giusta causa per il proprio recesso e con la condanna della preponente al pagamento delle indennità di mancato preavviso, di supplemento di clientela e di quella meritocratica di fine rapporto, ai sensi dell’art. 1751 c.c. ovvero dell’AEC, se più favorevole. Chiedeva inoltre la condanna al pagamento delle provvigioni non liquidate e maturate nel primo trimestre del 2007.
Si costituiva la convenuta che contestava la fondatezza della domanda, in quanto il proprio recesso era stato generato dal recesso dell’agente e chiedeva in via riconvenzionale la condanna dell’attrice al pagamento della somma versata in eccedenza rispetto alle provvigioni effettivamente maturate.
Con sentenza n. 1220/2013, il Tribunale adito rigettava sia la domanda principale sia quella riconvenzionale, con conseguente parziale compensazione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto appello RAGIONE_SOCIALE, cui ha resistito la preponente, che a sua volta proponeva appello incidentale quanto al rigetto della domanda riconvenzionale.
Con sentenza non definitiva n. 1787 del 25 giugno 2018, la Corte di Appello di Venezia, rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale, ha accertato l’insussistenza di una giusta causa di recesso della preponente ed ha rimesso la causa in istruttoria per la verifica e la quantificazione delle eventuali indennità dovute all’agente , nonché delle provvigioni allo stesso titolo ancora eventualmente da accreditare allo stesso per gli affari proposti sino a tutto il 27/03/2007 ovvero da restituire alla società appellata se pagate in eccedenza.
La sentenza non definitiva di appello è stata oggetto di ricorso per cassazione proposto da RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza definitiva n. 2844/2020, la Corte di Appello di Padova ha accolto parzialmente sia l’appello principale sia l’appello incidentale, compensando integralmente le spese di lite di secondo grado a fronte del sostanziale accoglimento degli appelli in misura analoga.
Nei confronti di quest ‘ ultima decisione NOME COGNOME, quale ex socio di RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per Cassazione articolato in due motivi.
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale la controricorrente ha depositato memoria illustrativa, mentre il ricorrente ha depositato nota, allegando l’ordinanza di questa Corte n. 18081/2023, con la quale è stato respinto il ricorso per cassazione proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza non definitiva di appello.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorrente si limita ad impugnare le sole statuizioni rese dalla sentenza di seconde cure in punto di spese, lamentando, con il primo motivo, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 91, 92 e 112 c.p.c. ‘in interpretazione sistematica con gli artt. 336 e 343 c.p.c.’, poiché la Corte di Appello di Venezia non ha proceduto ad una regolamentazione delle spese del giudizio di primo grado e, con il secondo motivo di ricorso, la violazione, ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., degli artt. 91, 92, 112, 113 c.p.c., ‘ in interpretazione sistematica con l’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. per contraddittoria, apparente, perplessa motivazione circa la decisione assunta dalla Corte di Appello di Venezia che ha disposto la compensazione delle spese di secondo grado ‘.
2.Preliminarmente deve essere rigettata l’istanza proposta dalla controricorrente di riunione del presente giudizio di cassazione a quello dalla medesima promosso con R.G. n. 21826/2018 avverso la sentenza non definitiva n. 1787/2018 relativa allo stesso procedimento di appello (RG n. 96/2014), posto che il ricorso iscritto al R.G. n. 21286/2018 non è più pendente, ma è stato già deciso con l’ ordinanza di questa Corte n. 18081/2023 pubblicata in data 23 giugno 2023 (depositata dalla stessa controricorrente con propria memoria, come sopra precisato).
3.Sempre preliminarmente deve essere analizzata l’eccezione avanzata dalla controricorrente di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione dell’ex socio della società appellante , estinta nel corso del giudizio di primo grado a seguito di cancellazione dal registro delle imprese in data 1.02.2013, in assenza della fase di
liquidazione, in ragione della mancata ricostituzione della pluralità dei soci dopo il decesso del socio accomandante.
3.1.Va sul punto rilevato che l’ordinanza n. 18081/2023 ha ritenuto infondato il motivo di ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE che aveva contestato alla sentenza impugnata di avere ritenuto ammissibile l’appello proposto dalla società attrice, cancellata dal registro delle imprese nelle more del giudizio di primo grado.
Argomentando dalla posizione divenuta ormai prevalente nella più recente giurisprudenza di legittimità, l’ordinanza in questione ha optato per la lettura ampia ed estensiva della regola dell’ultrattività del mandato offerta da Cass. S.U. n. 15295/2014, secondo la quale (p. 33, in motiv.) l’incidenza sul processo degli eventi interruttivi ‘ è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione’ .
La rilevanza processuale dell’evento interruttivo è dunque subordinata alla dichiarazione in udienza ovvero alla notificazione dell’evento alle altre parti, con la conseguenza che il procuratore della società, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della società.
In particolare, l’ordinanza n. 18081/2023, richiamando da ultimo Cass. n. 1129/2023, dopo aver ricordato la portata delle due pronunce delle Sezioni Unite succedutesi a distanza di un anno (Cass. S.U. n. 6070/2013 e Cass. S.U. n. 15295/2014), ha espressamente affermato che la seconda ha inteso superare in parte l’impostazione della prima e trattare la problematica in termini generali nel quadro di una più ampia sistemazione della disciplina dell’interruzione del processo, che recupera e valorizza l’ultrattività del mandato alle liti.
Dopo una serie di passaggi argomentativi che riguardano più direttamente l’ammissibilità del proposto appello, l’ordinanza n. 18081/2023 si conclude, sullo specifico punto, con la seguente affermazione: ‘ non senza rilevare che è proprio dall’applicazione dei principi suesposti che deriva altresì come sia ammissibile il controricorso proposto dal COGNOME, non più a nome della società, ormai estinta, ma nella qualità di ex socio e nei limiti in cui è configurabile, anche per le società di persone, un fenomeno lato sensu successorio tra società e soci, attesa l’impossibilità per il giudizio di legittimità di poter invocare il principio di ultrattività del mandato ‘.
3.2.Alla luce di quanto precisato, i rilievi del controricorrente riguardo al difetto di legittimazione del ricorrente devono essere respinti, né a conclusioni differenti può condurre la peculiarità dell’estinzione della società, non preceduta, come nella specie, dalla fase di liquidazione.
Il Collegio rileva anzitutto che le pretese avanzate nel presente giudizio di legittimità, sebbene incentrate solo sul capo della sentenza relativo alla statuizione sulle spese, sono relative ad un giudizio riguardante il credito vantato dalla società RAGIONE_SOCIALE (quello nascente dal contratto di agenzia stipulato con
RAGIONE_SOCIALE) ed attengono di conseguenza alla stessa vicenda contrattuale oggetto del primo ricorso per cassazione avverso la sentenza non definitiva. Da questo rapporto contrattuale, in quanto dipendenti, non possono essere disgiunte, senza che abbia al riguardo pregio l’osservazione del ricorrente secondo la quale l’ex socio dell’estinta RAGIONE_SOCIALE avrebbe ‘lasciato promuovere l’appello a quest’ultima entità astratta (‘approfittando’ di una auspicata applicazione del principio di ultrattività del mandato?), ottenendo una pronuncia di condanna in favore del medesimo soggetto estinto, per poi decidere di promuovere lui quale ex socio il ricorso per cassazione col quale dolersi di una errata data pronuncia sulle spese … non liquidate alla stessa cessata società’.
Quanto all’assenza della procedura liquidatoria, va rimarcato che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 6070/2013), nella parte non innovata da Cass. S.U. n. 15295/2014, hanno dichiarato di preferire ‘ alla tesi che limita il meccanismo successorio all’ipotesi in cui i soci di società di capitali abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione (tesi sostenuta da Cass. 7676/2012; Cass. 7679/2012; Cass. 19453/2012), ravvisandovi una condizione da cui dipenderebbe la possibilità di proseguire nei confronti di detti soci l’azione originariamente intrapresa dal creditore sociale verso la società ‘, l’impostazione ‘ che individua invece sempre nei soci coloro che son destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata ma non definiti all’esito della liquidazione ‘. In ragione di ciò, hanno affermato che l’estinzione della società non può comportare anche l’estinzione dei debiti ancora insoddisfatti che ad essa facevano capo, pena, altrimenti, un ingiustificato sacrificio dei diritti dei creditori (pag. 7). Con più specifico riferimento ai rapporti attivi non definiti in sede di liquidazione del patrimonio sociale, la pronuncia ha aggiunto che, ‘ se
l’esistenza dell’ente collettivo e l’autonomia patrimoniale che lo contraddistingue impediscono, pendente societate, di riferire ai soci la titolarità dei beni e dei diritti unificati dalla destinazione impressa loro dal vincolo societario, è ragionevole ipotizzare che, venuto meno tale vincolo, la titolarità dei beni e dei diritti residui o sopravvenuti torni ad essere direttamente imputabile a coloro che della società costituivano il sostrato personale. Il fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, il cui valore economico sarebbe stato altrimenti ripartito tra i soci, comporta soltanto che, sparita la società, s’instauri tra i soci medesimi, ai quali quei diritti o quei beni pertengono, un regime di contitolarità o di comunione indivisa, onde anche la relativa gestione seguirà il regime proprio della contitolarità o della comunione ‘ (pag. 11-12) .
Nella sua qualità di ex socio della RAGIONE_SOCIALE, il ricorrente mantiene, dunque, non solo la legittimazione a resistere al ricorso promosso da RAGIONE_SOCIALE, come affermato dall’ordinanza n. 18081/2023, ma anche quella a promuovere il ricorso per cassazione per una pretesa creditoria relativa a una possibile posta attiva e sopravvenuta della società.
4.Passando ora all’esame dei motivi del ricorso , il primo è fondato e va accolto.
Effettivamente la sentenza impugnata, che ha accolto parzialmente l’appello principale, nulla ha disposto circa la regolamentazione delle spese del giudizio di prime cure, contravvenendo al consolidato principio di questa Corte per cui il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere anche d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese giudiziali alla stregua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione
del capo della pronunzia che ha statuito sulle spese (tra le tante: Cass. nn. 14916/2020; 1775/2017; 23226/2013).
5.In ragione dell’accoglimento del primo motivo e del conseguente rinvio al giudice a quo che dovrà applicare il principio di diritto sopra esposto e compiere un nuovo esame della causa, perde di rilevanza decisoria il secondo motivo di ricorso, che va pertanto dichiarato assorbito.
6.In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto; il secondo motivo va dichiarato assorbito; la decisione impugnata deve essere cassata e la causa rinviata per un nuovo esame alla Corte di Appello di Venezia, che -in diversa composizione -deciderà anche sulle spese relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda