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Legittimazione curatore fallimentare e art. 2497 c.c.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15196/2024, ha stabilito importanti principi in materia di responsabilità da direzione e coordinamento di società. Il caso riguardava la richiesta di risarcimento del fallimento di una S.r.l. nei confronti di un’altra società e del suo amministratore, che esercitava un’influenza dominante su entrambe. La Corte ha chiarito che la legittimazione del curatore fallimentare ad agire ai sensi dell’art. 2497 c.c. è limitata alla sola azione dei creditori e non si estende a quella della società fallita. Inoltre, ha qualificato l’azione per la restituzione dei finanziamenti anomali (art. 2467 c.c.) come una revocatoria speciale, esperibile solo per i rimborsi avvenuti nell’anno anteriore al fallimento, rigettando la tesi dell’indebito oggettivo per pagamenti anteriori.

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Legittimazione Curatore Fallimentare: i Limiti nell’Azione ex art. 2497 c.c.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 15196/2024) ha affrontato un tema cruciale nel diritto societario e fallimentare, definendo i confini della legittimazione del curatore fallimentare nelle azioni di responsabilità per abuso di direzione e coordinamento. La decisione offre chiarimenti fondamentali su chi possa agire per i danni subiti dalla società eterodiretta e sulla natura giuridica del rimborso dei cosiddetti ‘finanziamenti anomali’.

I Fatti di Causa: Un Complesso Intreccio Finanziario tra Società

La vicenda trae origine da una serie di operazioni finanziarie tra due società, una S.r.l. e una S.a.s., non formalmente collegate ma di fatto gestite dalla stessa persona, che ne era socio di maggioranza e amministratore. Nel 2005, la S.a.s. aveva concesso un cospicuo finanziamento alla S.r.l. Quest’ultima, circa un anno dopo, aveva rimborsato integralmente il prestito utilizzando fondi provenienti da un nuovo finanziamento ottenuto da un terzo soggetto.

Anni dopo, la S.r.l. veniva messa in liquidazione e successivamente dichiarata fallita. Il curatore del fallimento decideva di agire in giudizio contro la S.a.s. e il suo socio amministratore, chiedendo la restituzione della somma rimborsata anni prima. La tesi della curatela si fondava sull’ipotesi di un abuso dell’attività di direzione e coordinamento (eterodirezione) esercitata dall’amministratore comune, che avrebbe agito in conflitto di interessi, privilegiando la restituzione del finanziamento a discapito della salute finanziaria della società poi fallita.

La Decisione della Cassazione: Rigetto del Ricorso

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le domande del fallimento. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione, che ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, rigettando il ricorso e delineando principi di diritto di notevole importanza.

La Suprema Corte ha stabilito che:
1. La legittimazione del curatore fallimentare nell’ambito dell’azione di responsabilità ex art. 2497 c.c. è limitata a quella spettante ai creditori sociali, e non comprende l’azione che spetterebbe alla società stessa.
2. L’azione per ottenere la restituzione dei rimborsi di finanziamenti ‘anomali’, disciplinata dall’art. 2467 c.c., ha natura di revocatoria speciale e non di azione di indebito oggettivo. Di conseguenza, è soggetta al limite temporale di un anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
3. L’accertamento dell’esistenza di un’attività di eterodirezione, specialmente se esercitata da una persona fisica, costituisce una valutazione di fatto riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

Le Motivazioni: Analisi sulla Legittimazione Curatore Fallimentare

La Corte ha sviluppato il suo ragionamento attraverso l’analisi dei singoli motivi di ricorso, offrendo una lettura chiara e sistematica delle norme coinvolte.

L’Azione ex art. 2497 c.c.: Solo per Soci e Creditori

Il punto centrale della sentenza riguarda l’interpretazione dell’art. 2497 c.c. La norma prevede che le società che abusano della loro attività di direzione e coordinamento sono responsabili direttamente nei confronti dei soci della controllata (per il pregiudizio alla redditività e al valore della partecipazione) e dei suoi creditori (per la lesione all’integrità del patrimonio). La legge, tuttavia, non menziona la società controllata tra i soggetti legittimati ad agire.

Secondo la Cassazione, questa non è una dimenticanza, ma una scelta precisa del legislatore. In caso di fallimento, il comma 4 dell’art. 2497 c.c. specifica che l’azione spettante ai creditori è esercitata dal curatore. Questa previsione esclude implicitamente che il curatore possa esercitare anche un’azione per conto della società. La ratio è quella di evitare una duplicazione di risarcimenti per lo stesso danno: se i soci e i creditori sono già tutelati con azioni dirette, riconoscere un’ulteriore azione alla società (e per essa al curatore) creerebbe una sovrapposizione ingiustificata. Pertanto, la legittimazione del curatore fallimentare è circoscritta alla tutela della massa dei creditori.

Rimborso del Finanziamento ‘Anomalo’: Revocatoria, non Indebito

Il fallimento aveva tentato di aggirare il problema sostenendo che il rimborso del finanziamento, avvenuto ben prima del fallimento, costituisse un pagamento non dovuto (indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.), e quindi recuperabile senza limiti di tempo. La Corte ha respinto categoricamente questa tesi.

L’art. 2467 c.c. stabilisce che il rimborso dei finanziamenti concessi dai soci in condizioni di squilibrio finanziario è postergato rispetto al soddisfacimento degli altri creditori. Se il rimborso avviene nell’anno che precede il fallimento, le somme devono essere restituite. La Corte ha chiarito che questo meccanismo non configura un’ipotesi di indebito (il debito esisteva), ma una fattispecie di revocatoria speciale ex lege. Si tratta di uno strumento di tutela dei creditori che rende inefficace un pagamento altrimenti legittimo, ma solo se compiuto nel ‘periodo sospetto’ di un anno. Essendo il rimborso avvenuto molti anni prima del fallimento, tale azione non era esperibile.

Eterodirezione da Persona Fisica: Una Questione di Fatto

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo con cui il fallimento lamentava il mancato riconoscimento di un’attività di eterodirezione da parte della persona fisica amministratore di entrambe le società. I giudici di merito avevano concluso che l’amministratore aveva agito in virtù dei poteri derivanti dalle sue cariche, e non come espressione di una ‘holding di fatto’. Questa, ha ribadito la Cassazione, è una valutazione fattuale che, se correttamente motivata come nel caso di specie, non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un orientamento restrittivo sulla legittimazione del curatore fallimentare nelle azioni di responsabilità da eterodirezione, confermando che il suo ruolo è quello di rappresentante della massa dei creditori e non della società fallita. Questa distinzione è fondamentale per impostare correttamente l’azione legale, evitando eccezioni processuali dirimenti. Inoltre, la qualificazione dell’azione ex art. 2467 c.c. come revocatoria speciale pone un paletto temporale invalicabile (l’anno anteriore al fallimento) per il recupero di finanziamenti anomali rimborsati, precludendo l’uso più ampio e senza limiti di tempo dell’azione di indebito.

Il curatore fallimentare può agire a nome della società fallita per i danni da eterodirezione ai sensi dell’art. 2497 c.c.?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’art. 2497, comma 4, c.c. attribuisce al curatore la legittimazione ad esercitare esclusivamente l’azione spettante ai creditori sociali per la lesione dell’integrità del patrimonio, e non anche l’azione che spetterebbe alla società stessa.

La restituzione di un finanziamento ‘anomalo’ avvenuta molto prima del fallimento può essere richiesta indietro come pagamento non dovuto (indebito)?
No. Secondo la Corte, l’azione per la restituzione delle somme rimborsate in violazione della regola di postergazione (art. 2467 c.c.) non è un’azione di indebito (art. 2033 c.c.), ma una revocatoria speciale. Come tale, è esperibile solo se il rimborso è avvenuto nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.

L’attività di direzione e coordinamento può essere esercitata anche da una persona fisica anziché da una società capogruppo?
La sentenza non esclude in linea di principio questa possibilità, ma chiarisce che l’accertamento della sua esistenza è una questione di fatto. Nel caso specifico, i giudici di merito hanno concluso che l’amministratore comune ha agito in forza dei suoi poteri gestori interni a ciascuna società, e non in esecuzione di un’attività di eterodirezione esterna, e la Cassazione ha ritenuto tale valutazione insindacabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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