Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25491 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25491 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3160/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE all’indirizzo PEC EMAIL il quale la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE EMAIL, il quale la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 35/2024 depositata il 09/01/2024.
Ud.11/09/2025 CC
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Piacenza, con decreto del 24 luglio 2023, ha rigettato l’istanza di apertura della liquidazione giudiziale di RAGIONE_SOCIALE – concessionaria della riscossione delle entrate locali per il Comune di Pontecorvo (FR), in forza di contratto di riscossione del 4 agosto 2014 di durata triennale – nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per omesso pagamento di annualità di TARES e TARSU per difetto di legittimazione attiva del creditore istante.
La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza qui impugnata, ha accolto il reclamo del creditore. Ha ritenuto il giudice del reclamo sussistente la legittimazione del creditore, atteso che i crediti derivavano da avvisi di accertamento notificati negli anni 2014 e 2015 nella vigenza del contratto di concessione; è stato, in particolare, rilevato che il concessionario è rimasto obbligato con l’ente conferente per effetto del contratto di concessione anche dopo la scadenza del periodo di concessione allo svolgimento di « attività residuale di recupero». È, infine, stato accertato lo stato di insolvenza, ritenendosi il credito non contestato nel quantum , sia per inammissibilità del l’eccezione di prescrizione relativa ai tributi TARSU e TARES azionati, sia per l’ accertata esistenza di debiti erariali per oltre € 600.000,00.
Per l’effetto, la Corte di Appello ha dichiarato aperta la liquidazione giudiziale ex art. 50, comma 2, CCII e ha rimesso gli atti al Tribunale di Piacenza per i provvedimenti di cui all’art. 49, comma 3, CCII.
Propone ricorso per cassazione la società in liquidazione giudiziale, affidato a tre motivi. Resiste con controricorso il creditore istante, il quale deposita memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3160/2024 R.G.
Va preliminarmente rilevata l’ammissibilità del ricorso per cassazione, in quanto proposto avverso la sentenza della Corte di Appello di accoglimento del reclamo proposto avverso il decreto di rigetto della domanda di apertura della liquidazione giudiziale a termini di quanto disposto dall’art. 50, comma 5, CCII.
La disposizione in esame si pone in discontinuità con il precedente regime normativo di cui all’art. 22, quarto comma, l. fall., secondo la quale il provvedimento con cui la Corte d’appello accoglieva il reclamo avverso il decreto di rigetto della domanda di fallimento e rimetteva gli atti al Tribunale ex art. 22, quarto comma, l. fall. non aveva carattere decisorio, né definitivo, né era ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost. (Cass., n. 10761/2025; Cass., n. 27525/2024; Cass., n. 21193/2006; Cass., n. 6495/1991), neanche in relazione agli eventuali vizi in procedendo attinenti al procedimento di reclamo (Cass., n. 30202/2019). L’attuale regime normativo prevede, invece, l’impugnabilità per Cassazione della decisione della Corte di Appello, per la quale è prevista la forma della sentenza anziché del decreto.
Il che appare coerente con gli effetti del provvedimento di accoglimento del reclamo, quale l’immediata apertura della liquidazione giudiziale, benché ‘ acefala ‘ , cioè in attesa della nomina degli organi della procedura e degli altri provvedimenti di cui all’art. 49, comma 3, CCII e che, eccezionalmente, vede il contraddittorio instaurato in sede di reclamo (e di legittimità) tra le originarie parti del procedimento di primo grado.
Deve, pertanto, ritenersi superato il principio secondo cui « nessun giudicato sostanziale può formarsi» in relazione al provvedimento di accoglimento del reclamo ex art. 50 CCII, stante la produzione degli effetti propri della sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale (Cass., Sez. U., n. 26181/2006), con la sola
eccezione dei provvedimenti ordinatori indicati dall’art. 49, comma 3, CCII.
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione dell ‘ art. 37, comma 2 CCII, dell ‘ art. 1421 cod. civ., dell ‘ art. 23 l. n. 62/2005 (abrogativo dell ‘ art. 6 l. n. 537/1993 esecutiva della direttiva n. 92/50/CEE), degli artt. 30, 106 e 168 d. lgs. n. 50/2016 o, in subordine, degli artt. 2 e 57 comma 5, lett. b) d. lgs. n. 163/2006, nella parte in cui la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi sulla nullità del rinnovo triennale del contratto per l ‘ accertamento e la riscossione dei tributi tra la controricorrente e il Comune di Pontecorvo ai fini della carenza di legittimazione dell’originario creditore istante. Osserva parte ricorrente che gli atti riscossivi sono stati realizzati dopo la scadenza del contratto di concessione, contratto non rinnovabile a termini dell’art. 23 l. n. 62/2005 , riguardo al quale la nullità della proroga triennale sino al 2020 avrebbe privato il creditore, all’atto dell’attività riscossiva, della legittimazione ad agire.
3160/2024 R.G. 6. C on il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione del medesimo parametro normativo indicato al superiore motivo, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto valida la clausola secondo cui, « anche in difetto di una corrispondente indicazione nel bando, consentiva una ultrattività del rapporto in favore del concessionario per le pratiche in corso fino a esaurimento delle stesse senza alcuna previsione di un termine finale certo, ritenendo così legittimata RAGIONE_SOCIALE a presentare per conto del comune di Pontecorvo, a distanza di tre anni dalla scadenza del predetto contratto di accertamento e riscossione dei tributi, istanza di liquidazione giudiziale nei confronti dell ‘ odierna ricorrente». Nella sostanza, parte ricorrente ritiene che la disciplina precluda una
indebita protrazione del rapporto con l’ente pubblico , stante la certezza dei termini dei contratti dai quali derivi un’entrata o una spesa per lo Stato. Deduce, inoltre, parte ricorrente come l’ultrattività contrattuale non fosse stata prevista dal bando di gara e che, in ogni caso, l’attività svolta si sarebbe tradotta in una illegittima proroga contrattuale, che potrebbe protrarsi sine die in caso di interruzione della prescrizione.
I primi due motivi, i quali possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati. Va rilevato preliminarmente che questa Corte si è già occupata, in altra causa, della questione della legittimazione dell’odierno controricorrente (Cass., n. 28659/2024), ritenendo che « un conto è il giudizio volto ad ottenere l’annullamento dell’atto, che, come correttamente osservato, può essere promosso, nella sede propria della giurisdizione amministrativa, solo da chi ne sia stato direttamente pregiudicato ( … ); altro, invece, è il giudizio di cognizione ordinaria disciplinato dagli artt. 15 e segg. l. fal., preordinato alla verifica dei presupposti per la dichiarazione di fallimento, nel cui ambito rientrava indubbiamente l’accertamento, incidenter tantum , della conformità a legge dell’atto di affidamento del servizio di riscossione, costituente passaggio logico-giuridico indispensabile ai fini della valutazione della legittimazione ad agire dell’ istante ai sensi dell’art. 6 l. fall.».
3160/2024 R.G. 8. Principio, questo, conforme a quello formatosi in relazione alla legittimazione del creditore istante a domandare il fallimento sotto il precedente regime normativo -principio applicabile al caso di specie, attesa la continuità del dato normativo -secondo cui il giudice del merito deve accertare l’esistenza del credito in via meramente incidentale (Cass., Sez. U., n. 1521/2013; Cass., n. 25317/2020; Cass., n. 23494/2020; Cass., n. 25317/2020; Cass., n. 19599/2025). Non è, quindi necessario, ai fini della
legittimazione del creditore istante un accertamento con efficacia di giudicato sull’esistenza del credito e sulla titolarità dello stesso . E’, invece sufficiente, tenuto conto del carattere sommario del rito per l’apertura della liquidazione giudiziale , un’autonoma delibazione, meramente incidentale da parte del giudice del merito che procede, circa la sussistenza di detto credito, « quale necessario postulato della verifica della legittimazione del creditore» (Cass., n. 28659/2024, cit. ) a chiedere l’apertura della liquidazione giudiziale , tenuto conto anche dei fatti rappresentati dal debitore (Cass n. 16853/2022, Cass., n. 30827/2018).
Nella specie, la Corte di Appello, con la sentenza impugnata, ha dedotto la legittimazione del creditore dalla venuta a esistenza dei crediti durante il periodo di efficacia del contratto di concessione di gestione e riscossione coattiva, in relazione ai quali il concessionario era obbligato per contratto alla loro esazione (quale attività accessoria e residuale) anche dopo la scadenza del contratto, al fine di evitare la prescrizione dei crediti affidati. Come accertato dal giudice di appello, residuava legittimamente al creditore la prerogativa di riscossione del credito tributario ove sorto in relazione ai periodi di competenza, ossia di vigenza della concessione stipulata con il Comune, come risultante dal contratto di gestione e riscossione dei crediti tributari, trascritto analiticamente nella sentenza impugnata (« Il concessionario, alla scadenza contrattuale, con salvaguardia dei termini prescrizionali, dovrà continuare la gestione di tutte le attività residuali riferite agli anni di propria competenza fino alla conclusione di ogni attività connessa e conseguente »).
3160/2024 R.G. 10. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 1 e 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2948, n. 4 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile l’eccezione di prescrizione in quanto rientrante nella
giurisdizione del giudice tributario. Deduce parte ricorrente che gli atti impositivi sarebbero stati notificati nel 2015 , per cui all’atto del procedimento unitario sarebbe maturata la prescrizione dei crediti, aventi ad oggetto tributi locali (che si prescrivono in cinque anni), oltre sanzioni e interessi.
Il motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non ha censurato -ai fini della contestazione dell’esistenza dello stato di insolvenza -la pendenza « di debiti erariali per un importo complessivo di oltre € 600.000,00 » (pag. 5 sent. imp.), come da documentazione acquisita all’istruttoria a termini dell’art. 42 CCII . Neanche vi è stata contestazione sul quantum dei crediti nella (appropriata) sede esecutiva, né è stata provata la definizione agevolata degli stessi con effetti estintivi. Ne consegue che la questione attinente alla prescrizione del credito del controricorrente, una volta cristallizzata la legittimazione del creditore istante per effetto del rigetto dei primi due motivi, è priva di interesse ai fini del giudizio, ove l’insolvenza venga ricavata dalla sentenza impugnata anche d all’esistenza di un ingente debito tributario, senza che il giudice del merito abbia l’onere di entrare nel merito delle singole pretese impositive (Cass., Sez. U., n. 115/2001; Cass., n. 5856/2022; Cass., n. 12463/2024).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, regolandosi le spese processuali secondo soccombenza secondo lo scaglione delle cause di valore indeterminabile -atteso che il valore della causa attiene anche all’accertamento dello stato di insolvenza della società assoggettata a liquidazione giudiziale – oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
3160/2024 R.G. La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 11/09/2025.
Il Presidente NOME COGNOME