Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2642 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2642 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23361 -2021 proposto da:
NOME in proprio e quale legale rappresentante pro tempore di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO con studio in Milano, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente e intimata incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE ope legis ;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il decreto n. cronol. n. 246/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, pubblicato il 23/2/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’11 /7/2023 dal consigliere COGNOME; rilevato che:
NOME COGNOME, per la società RAGIONE_SOCIALE di cui era socia unica, in proprio in tale qualità e quale erede del legale rappresentante NOME COGNOME chiese indennizzo ex L. 89/01 per l’irragionevole durata della procedura fallimentare a carico della società, ancora pendente;
con decreto del 30.06.20, il Consigliere delegato, in parziale accoglimento dell’istanza, liquidò soltanto in favore della ricorrente in proprio, quale socia, la somma di Euro 4000, calcolando la durata del giudizio, al fine di determinare il superamento del tempo ragionevole, soltanto a far data dalla dichiarazione di fallimento e non dalla data in cui era stata presentata o notificata l’istanza di fallimento, come preteso;
la società RAGIONE_SOCIALE in persona di NOME COGNOME quale «socia unica ed erede del legale rappresentante NOME COGNOME», nonché la stessa NOME COGNOME in proprio proposero opposizione, lamentando l’erronea determinazione della durata del processo presupposto, l’incongruità della determinazione della misura del parametro annuo, l’erroneità dell’esclusione dell’indennizzo in favore della società e della liquidazione delle spese;
il Ministero rimase contumace e con decreto n. 246/2021 del 23/2/2021, la Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento della proposta opposizione, ritenuto che alla ricorrente non spettasse alcun indennizzo in proprio, trattandosi di società di capitali e che la determinazione del tempo irragionevole fosse adeguata e il parametro annuo fosse congruo, revocò il decreto opposto e condannò il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della società RAGIONE_SOCIALE «in persona della socia unica COGNOME NOME» e non più di quest’ultima
in proprio quale socia della stessa -la somma di Euro 4000 oltre interessi dalla domanda, rigettando ogni altra pretesa;
avverso questo decreto hanno proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE in persona di NOME COGNOME quale «socia unica ed erede del legale rappresentante NOME COGNOME», nonché la stessa NOME COGNOME in proprio, affidandolo a quattro motivi; il Ministero ha resistito con controricorso e ricorso incidentale per un unico motivo rispetto a cui le ricorrenti principali non hanno svolto difese;
considerato preliminarmente che:
NOME COGNOME ha agito per la società RAGIONE_SOCIALE, ma quale sua socia unica e non quale sua legale rappresentante, qualificandosi altresì «erede del legale rappresentante NOME COGNOME»; in conseguenza, deve escludersi che ella avesse legittimazione processuale ad agire in equa riparazione per la società, non risultando la sua qualità di amministratore e legale rappresentante e non essendo prevista dal codice civile la necessaria coincidenza delle due qualità nelle società unipersonali a responsabilità limitata;
d ‘altro canto, irrilevante è pure la utilizzata qualità di « erede del legale rappresentante NOME», non avendo il legale rappresentante di una società di capitali alcuna legittimazione ad agire in proprio in equa riparazione della durata irragionevole di una procedura fallimentare a carico della società amministrata; per principio consolidato, il diritto alla trattazione delle cause entro un termine ragionevole è riconosciuto dall’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, specificamente richiamato dall’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, solo con riferimento alle cause «proprie» e, quindi, esclusivamente in favore delle «parti» della causa, nel cui ambito si assume avvenuta la violazione, e non anche di soggetti che siano ad essa rimasti estranei, essendo irrilevante, ai fini
della legittimazione, che questi ultimi possano aver patito indirettamente dei danni dal protrarsi del processo; pertanto, difetta di legittimazione attiva l’amministratore di una società di capitali, in relazione alla dedotta irragionevole durata del procedimento fallimentare aperto nei confronti della società medesima, già da lui amministrata (Cass. Sez. 1, n. 15250 del 12/07/2011; Sez. 6 – 2, n. 14751 del 14/07/2015);
infine e per la stessa ragione, deve escludersi che NOME COGNOME avesse legittimazione ad agire quale socia non assumendo rilievo, a tal fine, il danno che ella possa avere indirettamente subito dal protrarsi del processo (Cass. Sez. 6 – 1, n. 7024 del 08/05/2012);
da queste considerazioni consegue la doverosa cassazione senza rinvio del decreto ex 382 co. III cod. proc. civ., perché il giudizio non poteva essere proseguito e risulta assorbito il vaglio delle censure sollevate in ricorso e in controricorso;
non vi è luogo a statuizione sulle spese del giudizio di opposizione, in mancanza di costituzione del Ministero opposto;
-il rilievo d’ufficio del difetto di legittimazione fonda l’integrale compensazione delle spese del grado di legittimità;
P.Q.M.
La Corte decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio il decreto impugnato n. cronol. n. 246/2021 della Corte d’appello di Roma, pubblicato il