Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12129 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12129 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29563/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA COGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 1102/2022 depositata il 12/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 1022/2022, pubblicata il 12/5/2022, ha confermato la decisione di primo grado del 2018, che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione dell’autorità
giudiziaria ordinaria – essendo giurisdizionalmente competente il giudice amministrativo – in ordine alla domanda proposta dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE) contro l’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara, avente ad oggetto il pagamento di un compenso ulteriore, rispetto al prezzo al quale era stato aggiudicato l’appalto pubblico per l’ampliamento dell’ospedale, nonché aveva respinto, per carenza di legittimazione attiva del consorzio, la domanda proposta dallo stesso volta a ottenere la condanna dell’Azienda convenuta al pagamento di somme fatte oggetto di due riserve esplicitate nel corso dell’appalto (in relazione a danni, in fase di esecuzione dei lavori, derivati da asserite inadempienze della Stazione appaltante).
Secondo il Tribunale, essendo titolare del diritto fatto valere la RAGIONE_SOCIALE ossia l’impresa consorziata esecutrice dei lavori, il consorzio non era legittimato a far valere in giudizio, in nome proprio (art. 81 c.p.c.), i diritti dei propri consorziati, non essendovi alcuna norma di legge o di contratto che, nella fattispecie, conferisse tale potere rappresentativo e non essendovi un rapporto di immedesimazione organica tra Consorzio e suoi consorziati, nonché in quanto la consorziata – a seguito della sottoposizione a procedura fallimentare di RAGIONE_SOCIALE intervenuta nel 2003 era receduta dal Consorzio anteriormente all’inizio del giudizio di primo grado e tale recesso aveva determinato anche l’estinzione del relativo mandato.
L’Azienda Ospedaliero -Universitaria, con contratto in data 4/5/1996, aveva affidato l’appalto per l’esecuzione dei lavori relativi alla costruzione del nuovo Polo Ospedaliero di ampliamento della sede dell’Arcispedale « INDIRIZZO », in località INDIRIZZO di Ferrara, al Consorzio RAGIONE_SOCIALE, quale capogruppo mandatario dell’associazione temporanea costituita con RAGIONE_SOCIALE e altre società. Il C.C.C., costituito quale consorzio di cooperative, aveva affidato la concreta
esecuzione di quanto di competenza alla sua consorziata, RAGIONE_SOCIALE A seguito di problematiche insorte nel corso dell’esecuzione dei lavori, che avevano dato luogo a diverse riserve iscritte dall’impresa appaltatrice dei lavori, il CCC aveva avviato un giudizio arbitrale, definito con due lodi parziali, in punto di validità della clausola compromissoria e di legittimazione sostanziale e processuale del C.C.C., e poi, con un lodo definitivo, in data 08.07.2004, di parziale accoglimento delle domande dell’appaltatore, lodi tutti annullati dalla Corte d’Appello di Venezia, che – con sentenza 13/7/2009 -aveva dichiarato il difetto di una valida clausola compromissoria, decisione poi confermata dalla Corte di Cassazione (azionata dal C.C.C.) con sentenza n. 7197/2011.
Quindi il CCC aveva introdotto un giudizio, nel 2015, dinanzi al Tribunale di Bologna, Sez. Imprese, definito in primo grado con sentenza n. 3066/2018.
I giudici d’appello, per quanto in questa sede interessa, nel respingere il gravame del RAGIONE_SOCIALE in relazione alla domanda esaminata nel merito in primo grado, hanno ritenuto essere fonte regolatrice del rapporto tra consorzio di cooperative e cooperativa consorziata le norme di cui agli artt. 2602 e ss. c.c.. e quindi hanno dato rilievo, nella specie, all’art. 2609 c.c., che qualifica espressamente come mandato il rapporto tra imprese consorziate e consorzio e da cui discende la cessazione del rapporto di mandato tra imprese consorziate e consorzio in caso di recesso o di esclusione delle prime (ipotesi alle quali può parificarsi quella di scioglimento del rapporto per sottoposizione della consorziata ad una procedura concorsuale, come accaduto in concreto), « venendo meno in tale ipotesi anche il sottostante rapporto in forza del quale il consorzio ‘stava in contratto’ per conto del socio ».
I giudici d’appello hanno ritenuto poi irrilevante la transazione
intercorsa tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (in amministrazione straordinaria) per la definizione di rapporti pendenti (con liquidazione delle spettanze della ex consorziata RAGIONE_SOCIALE per l’appalto con l’Azienda ospedaliera mediante la corresponsione da parte di CCC di euro 17,250 milioni), anche in ragione del fatto che, in detto accordo, nulla era stato statuito circa una cessione dei crediti della cooperativa affidataria al consorzio o in merito al conferimento di un nuovo mandato o di un potere rappresentativo in capo al C.C.C., per la riscossione, anche giudizialmente, di tali crediti in nome e/o per conto di RAGIONE_SOCIALE
In motivazione, si è rilevato, in punto di fatto, che RAGIONE_SOCIALE non era né un subappaltatore, né un aderente all’ATI aggiudicataria dell’appalto, ma semplicemente una società consorziata di RAGIONE_SOCIALE, che – in virtù del rapporto interno con quest’ultimo – aveva ottenuto l’assegnazione di parte dei lavori oggetto di appalto ed aggiudicati all’ATI, cosicché si doveva escludere che, nei rapporti tra RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e Stazione appaltante, si potessero applicare le norme che regolano gli appalti pubblici e, segnatamente, gli artt. 10, primo comma, lettera d), e 13, secondo comma, della legge n° 109/1994, poi confluiti senza sostanziali modifiche negli artt. 34, primo comma, lett.d), e 37, quinto comma, del d.lgs n° 163/2006 (poi ulteriormente confluiti negli artt. 46, primo comma, lettera e) e 48, dodicesimo comma, del d.lgs n° 50/2016), disposizioni in base alle quali l’impresa capogruppo o mandataria rappresenta le imprese aderenti all’ATI davanti alla Stazione appaltante in virtù del mandato collettivo contenuto nel contratto di Associazione temporanea d’impresa.
Neppure tale potere di rappresentanza della RAGIONE_SOCIALE in capo al CCC era rinvenibile (e l’onere della prova ricadeva sull’attrice, a fronte della contestazione della convenuta Azienda ospedaliera) in altre disposizioni di legge o di contratto, ossia nell’atto costitutivo o nello Statuto o in qualche regolamento
interno, che conferissero al CCC il potere di azionare in giudizio i crediti spettanti alle singole consorziate e derivanti dagli appalti loro affidati, anche dopo la cessazione del rapporto consortile.
La Corte d’appello ha quindi condannato l’appellante al rimborso delle spese del grado liquidate in € 35.000,00 per compensi « in base al valore della causa (euro 20 milioni circa) e al dm n° 55 del 2014 (con esclusione degli onorari per la fase istruttoria) ».
Avverso la suddetta pronuncia, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, notificato il 12/12/2022, affidato a tre motivi, nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara (che resiste con controricorso, notificato il 20/1/2023).
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Consorzio ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., dell’art. 4 della Legge 25 giugno 1909 n. 422, dell’art. 27 bis del Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947 n. 1577 (articolo aggiunto dalla Legge n. 127/71), degli artt. 2602 e 2609 del cod. civ. – anche in relazione agli artt. 26032615 ter del cod. civ., dell’art. 10 della Legge 11 febbraio 1994 n. 109 vigente ratione temporis (il cui contenuto è « oggi trasfuso nell’art. 45 del D.Lgs. n. 50/2016 ») – e comunque dei principi e della normativa disciplinanti i consorzi in generale, i consorzi di cooperative in particolare, gli appalti pubblici, in generale e con specifico riferimento all’operatività dei consorzi di cooperative, dell’art. 14 delle preleggi in ragione dell’asserita violazione ed erronea applicazione delle citate disposizioni e, più in generale, per aver fatto richiamo ed utilizzo, nell’attività di sussunzione, esclusivamente di alcune norme del codice civile in tema di qualificazione del rapporto tra consorzio e consorziata (in particolare, l’art. 2609 c.c.), riducendolo semplicisticamente a
quello di mandato, il tutto in relazione alla statuizione con la quale la Corte d’appello ha escluso la legittimazione del Consorzio, dopo lo scioglimento del rapporto consortile, ad agire nell’interesse e per conto della ex consorziata RAGIONE_SOCIALE; b) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., delle disposizioni sull’interpretazione del contratto in merito alla pretesa non corretta lettura della transazione del 16/9 – 1/10 del 2010 (nel fascicolo di primo grado del Consorzio RAGIONE_SOCIALE -doc. 22); c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art.91 c.p.c., in punto di condanna alle spese, deducendosi che la cassazione della sentenza impugnata, in accoglimento dei primi due motivi, dovrà comportare anche il venir meno della statuizione sulle spese.
Assume la ricorrente, nei primi due motivi, che il Consorzio RAGIONE_SOCIALE, costituito con R.D. del 14 gennaio 1912 ai sensi della Legge 25 giugno 1909, n. 422, ha assunto la forma di consorzio fra società cooperative di produzione e lavoro ai sensi del Decreto Legislativo CPS 14 dicembre 1947 n. 1577, nella forma di società cooperativa per azioni, e la Legge n. 109/94, vigente all’epoca dei fatti, all’art. 10, ammetteva i consorzi di cooperative a partecipare alle procedure di affidamento di lavori pubblici, con la specificazione (art.11) che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alla procedura vengono riferiti ai consorzi stessi.
Questa Corte, nella sentenza n. 16011/2008, ha messo in evidenza la distinzione tra i contratti ex art.2602 c.c. quelli costituiti ai sensi del R.D. n. 422/1909. Il Consorzio, nei rapporti esterni con la Stazione appaltante, che sottoscrive il contratto di appalto, « firma il registro di contabilità, i verbali di sospensione e ripresa, il conto finale, il collaudo e tutti gli atti e i documenti, contabili e non, dell’appalto, ai quali la cooperativa consorziata resta del tutto estranea, …incassa i corrispettivi; provvede a regolare i conti con la cooperativa consorziata, riversandole il netto dovuto, previa
trattenuta delle sue competenze », è il solo a risponderne nei confronti della stazione appaltante, che non ha alcun rapporto, men che meno negoziale, con la cooperativa consorziata, il consorzio iscrive sugli atti contabili le riserve e richiede, in nome proprio, le relative somme; nei rapporti interni, il consorzio fra società di cooperative di produzione e di lavoro, costituito a norma della legge 25 giugno 1909 n. 422, è dotato di soggettività giuridica autonoma e stabile, diversamente da quanto accade per le riunioni temporanee di imprese, e il rapporto che lega le cooperative consorziate alla struttura consortile è un rapporto di carattere organico, simile al rapporto tra soci e società commerciale, e l’attività compiuta dalle consorziate è imputata unicamente al consorzio, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi (secondo quanto chiarito dal Consiglio di Stato dal 2003).
In definitiva, si deduce che i consorzi di cooperative sono autonomi soggetti di diritto, tanto che ad essi, diversamente dai consorzi di cui al codice civile, la legge riconosce la personalità giuridica, e sono soggetti a normativa speciale, oltre a quella sugli appalti pubblici, certamente prevalente sulla disciplina generale dei consorzi dettata dal codice civile (nella specie, l’art.2609 c.c. e la normativa sul mandato): il Consorzio è il concorrente alla gara, che stipula il contratto in nome proprio, ancorché anche nell’interesse della consorziata da esso specificamente indicata come futura affidataria, e, non essendo la fattispecie riconducibile al mandato, alcun rilievo può avere e ha la cessazione del rapporto consortile, in quanto, a tale momento, la cooperativa consorziata conserverà naturalmente nei confronti del consorzio i diritti maturati in connessione a quanto avvenuto durante la sua partecipazione alla compagine consortile, senza che ciò faccia venir meno la legittimazione del consorzio a fare valere in giudizio i diritti verso eventuali committenti.
Con il secondo motivo, si lamenta poi la violazione dei canoni interpretativi del contratto di transazione intervenuto tra il Consorzio e la RAGIONE_SOCIALE, deducendosi che era stato, in tale atto, espressamente riconosciuto al Consorzio il diritto di incassare in via defìnitiva tutte le somme inerenti contenziosi in essere relativi a controversie in cui RAGIONE_SOCIALE risultava assegnataria da parte del CCC, con conseguente rinuncia della consorziata a qualsivoglia futura pretesa (artt. 3,4,5 dell’accordo transattivo).
La prima censura è infondata.
La questione di diritto posta dal ricorso è se possa attribuirsi al Consorzio il titolo legittimante della rappresentanza (sostanziale e processuale) dei diritti vantati dalla Cooperativa, assegnataria ed esecutrice dei lavori ma non facente parte dell’ATI appaltatrice e quindi non nella veste di mandante del Consorzio, con conferimento di mandato collettivo con rappresentanza esclusiva, anche processuale, nei confronti della stazione appaltante, per i pretesi danni direttamente patiti.
E si discute se sia o meno configurabile tra le cooperative consorziate e la struttura consortile un rapporto di tipo organico, con la conseguenza che il Consorzio sia l’unico soggetto interlocutore della stazione appaltante, che assume in proprio tutti gli obblighi, gli oneri e le responsabilità derivanti dal contratto di appalto, a prescindere da quale delle consorziate sia stata designata per lo svolgimento dei lavori.
2.1. L’art.4 legge n. 422/1909 (Concernente la costituzione di Consorzi di cooperative per appalti di lavori pubblici) fa espresso richiamo alle norme del codice civile (« Consorzio di cooperative costituisce persona giuridica e soggiace alle norme del Codice di commercio per le sue operazioni commerciali e per tutti gli effetti che ne derivano »), cosicché il modello dei Consorzi tra cooperative di produzione e lavoro non risulta « special e» rispetto al regime civilistico proprio dei consorzi.
Con la legge n. 109 dell’11 febbraio 1994, Legge quadro in materia di lavori pubblici, c.d. Legge Merloni, applicabile al presente giudizio (essendo il contratto d’appalto del 1996), è stata introdotta una prima disciplina organica dei consorzi, nella materia dei contratti pubblici, poi trasfusa, prima nel d.lgs. 163/2006 e poi nel d.lgs. 50/2016 (e da ultimo nel d.lgs. n. 36/2023).
Si sono distinte quattro tipologie di consorzi: i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge n. 422/1909 e del d.lgt. C.p.S. n. 1577/1947, i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge n. 443/1985, i consorzi ordinari di concorrenti di cui all’art.2602 c.c., costituiti tra i soggetti elencati alle lettere a), b) e c) dell’art.10, comma 1, l.109/1994, i consorzi stabili costituiti anche in forma di società consortili.
I primi, i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro, erano ammessi (art. 10, comma 1, lett.b) a partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici e i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei lavori dovevano essere posseduti e comprovati dagli stessi Consorzi e non dalle singole imprese consorziate (art.11 l.109/1994).
L’art.13 prevedeva, al comma 1, che la partecipazione alle procedure di affidamento delle associazioni temporanee e dei consorzi di cui all’articolo 10, comma 1, lettere d) – « le associazioni temporanee di concorrenti, costituite dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c)» – ed e) – « i consorzi di concorrenti di cui all’articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma anche in forma di società ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile » – , era ammessa « a condizione che il mandatario o il capogruppo, nonché gli altri partecipanti, siano già in possesso dei requisiti di qualificazione, accertati e attestati ai sensi dell’articolo 8, per la quota percentuale indicata nel regolamento di cui al medesimo articolo 8, comma 2,
per ciascuno di essi in conformità a quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 gennaio 1991, n. 55 »; al comma 2, si stabiliva che « l’offerta dei concorrenti associati o dei consorziati di cui al comma 1 determina la loro responsabilità solidale nei confronti dell’Amministrazione nonché nei confronti delle imprese subappaltanti e dei fornitor i», mentre «er gli assuntori di lavori scorporabili la responsabilit à è limitata all’esecuzione dei lavori di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilit à solidale del mandatario o del capogruppo ».
Quindi il regime di responsabilità solidale del Consorzio per le obbligazioni assunte dalla cooperativa consorziata riguarda gli offerenti riuniti in ATI o i consorzi ex art. 2602 o 2615-ter cod. civ., in quanto la responsabilit à solidale ex art. 13, secondo comma, della legge n° 109/1994 presuppone « una fattispecie di partecipazione alle procedure di affidamento di imprese o di consorzi in associazione temporanea » (Cass. n. 8124/2010).
2.2. Questa Corte si è pronunciata sulla questione della responsabilità solidale del Consorzio, aggiudicatario di opere oggetto di appalto pubblico, verso terzi, subappaltatori o fornitori, in relazione a contratti stipulati da una consorziata, designata dal primo per l’esecuzione dei lavori oggetto dell’appalto.
In Cass. n. 16011/2008 si è quindi affermato che « né la personalità giuridica di cui è dotato il consorzio, né la specificità di tale forma di consorzi » (fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della L. 25 giugno 1909, n. 422 e successive modificazioni) rispetto alle altre forme di aggregazione consortili (oltre alla regolamentazione interna volta a disciplinare i rapporti tra Consorzio e consorziate) « sono di ostacolo alla possibilità di configurare, verso i terzi, una responsabilità del consorzio per le obbligazioni assunte delle cooperative consorziate »; anzi, tale possibilità doveva essere positivamente affermata « proprio in base alla L. n. 109 del 1994, e succ. mod., il
cui art. 13, dopo aver disciplinato al primo comma le condizioni in base alle quali è ammessa la partecipazione alle procedure di affidamento “delle associazioni temporanee e dei consorzi di cui all’art. 10, lett. d) ed c)”, espressamente prevede al comma successivo che l’offerta dei concorrenti associati o dei consorziati di cui al comma 1 “determina la loro responsabilità solidale nei confronti dell’Amministrazione nonché nei confronti delle imprese subappaltanti e dei fornitori». Nella fattispecie in esame, in quel giudizio, l’appalto per l’esecuzione di lavori era stato affidato da un Comune non al Consorzio tra RAGIONE_SOCIALE di produzione e lavoro in quanto tale, ma all’Associazione temporanea di imprese costituita tra il Consorzio RAGIONE_SOCIALE (che ne era la capogruppo) e una società cooperativa e i lavori di competenza del Consorzio erano stati affidati ad una cooperativa, consorziata, che aveva affidato alcune opere in subappalto ad un terzo soggetto (il quale, rimasto non soddisfatto delle pretese creditorie, aveva agito in giudizio nei confronti del Consorzio, non contraente diretto del subappalto), determinandosi in tal modo il presupposto in base al quale la L. n. 109 del 1994 e succ. mod. configura la responsabilità solidale. Del tutto correttamente la Corte d’appello aveva affermato che, in caso di concessione di un’opera pubblica a un consorzio, « le imprese eseguono i lavori esclusivamente quali componenti del consorzio », in quanto ciò ciò trova conferma, nei termini indicati, nella specifica disciplina in materia di appalti pubblici.
E nella successiva pronuncia n. 8124/2010 si è chiarito che sia la lettera sia la ratio dell’art. 13 l.109/1994 e, in particolare, del comma 2 presuppongono una fattispecie di partecipazione alle procedure di affidamento di imprese o di consorzi in « associazione temporanea », e che « la previsione della responsabilità solidale dei concorrenti associati o dei consorziati è volta ad assicurare, nei casi di inadempimento o di fallimento dell’impresa mandataria o
capogruppo, una più incisiva tutela delle situazioni soggettive attive dell’ amministrazione e dei terzi, mediante l’estensione della responsabilità anche alle imprese associate o consorziate », ma tale fattispecie è diversa laddove il Consorzio partecipi alla gara, rendendosi aggiudicatario dell’appalto, non in associazione con altre imprese, bensì quale singolo ente che, ai sensi della L. n. 422 del 1999, art. 4 , costituisce persona giuridica, vale a dire soggetto dotato di propria personalità giuridica distinta rispetto a quella delle società cooperative di produzione e lavoro consorziate.
Nel caso in esame in tale arresto, la sentenza impugnata della Corte territoriale aveva accolto il gravame del subappaltatore e respinto l’opposizione ex art.645 c.p.c., del Consorzio, affermando la responsabilità solidale di quest’ultimo.
Si è quindi affermato, accogliendo il ricorso per cassazione del Consorzio opponente, che tale solidariet à̀ verso terzi non sorge ove alla gara partecipi un Consorzio non in ATI, ragione questa per cui – in assenza di disposizioni di legge speciali contrarie e non potendo trovare applicazione la L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 13, rilevante ratione temporis , che si riferisce alla partecipazione alle procedure di affidamento di imprese e consorzi in « associazione temporanea » – valgono la regola generale di cui all’art. 1372 c.c., comma 2,c.c., a norma del quale il contratto non produce effetti rispetto ai terzi se non nei casi previsti dalla legge, e quella di cui all’art. 1292 c.c., per il quale la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio presuppone una specifica previsione della legge o del titolo. Quindi in quel caso il Consorzio si era reso aggiudicatario dell’appalto da solo e si è ritenuta non operante la deroga al codice civile dettata dalla normativa speciale in tema di contratti pubblici.
Nella fattispecie in esame nel presente giudizio, il Consorzio RAGIONE_SOCIALE aveva partecipato, non uti singulus, alla gara d’appalto, formulando l’offerta nella gara come un consorzio « solitario » (costituito ex art.
2602 o 2615-ter cod. civ.), ossia un soggetto unico, anche se composto da pi ù imprese associate « per la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi » (art. 2602 cod. civ.) della loro attivit à economica. Egli aveva partecipato quale capogruppo di una associazione temporanea costituita tra esso CCC e altri soggetti.
Tuttavia, non si discute, nel presente giudizio, della responsabilit à solidale del Consorzio, prevista dal citato art. 13, secondo comma, legge c.d. COGNOME, « verso» i terzi subappaltatori e fornitori, avente lo scopo « di rendere solidalmente responsabili, davanti alla Stazione appaltante ed ai subappaltatori o fornitori, solo quei soggetti che, avendo un comune interesse all’appalto, hanno formulato l’offerta congiuntamente e sono unitariamente chiamati all’esecuzione delle opere, in quanto, come detto, ‘concorrenti’ » (Cass. 34430/2024).
2.3. Il tema specifico qui controverso è quello della sussistenza o meno di una rappresentanza del Consorzio e della legittimazione ad agire in giudizio dello stesso, nei confronti della Stazione appaltante, a tutela di crediti (per pretesi danni direttamente patiti) riferibili alla consorziata, designata per l’esecuzione delle opere, ma non partecipante all’A.T.I. appaltatrice, anche dopo la cessazione del rapporto consortile (nella specie, per essere stata la società sottoposta a procedura concorsuale prima dell’inizio del giudizio).
Oppure se si debba, invece, fare richiamo alle generali norme civilistiche, l’art.2609 c.c. e ai principi in tema di mandato.
Orbene, questa Corte aveva, già nel 1966, affermato (Cass. 2870/1966) che « I consorzi tra cooperative di produzione e lavoro ammissibili ai pubblici appalti sono disciplinati dalla legge 26 giugno 1909, n.422, e dal regolamento approvato con R.d. 12 febbraio 1911, n.278 -disciplina ancora attuale per il generico riferimento dell’art. 2602 cod. civ. a leggi speciali e in particolare per l’art. 13 lett. B) d.l.G.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577. Detta regolamentazione non preclude l’applicabilità di principi e di norme
inerenti alla disciplina codificata dei consorzi per il coordinamento della produzione e scambi di attività esterna, comuni, infatti, sono la finalità fondamentale e la preminenza di pubblici interessi inoltre la stessa legge del 1909 richiama, per quanto non previsto e non incompatibile con la stessa, le norme del codice ed il DLGCPS n.1577 comprende anche i consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti nell’ambito dei provvedimenti e degli istituti destinati ad attuare la cooperazione. Per entrambi i tipi di consorzi sono elementi sostanzialmente comuni la permanenza della autonomia dei consorziati, l’assunzione di obbligazioni da parte del consorzio per conto dei consorziati con impegno del proprio nome e della propria responsabilità, l’esistenza di un patrimonio autonomo (fondo consortile), l’assunzione da parte dei consorziati, in base alla loro piena autonomia, dell’intero rischio delle perdite, il carattere organico del rapporto fra consorzio, anche se persona giuridica, e cooperative ».
Questa Corte (Cass. n. 1636/2014) ha poi chiarito che « Ai sensi dell’art. 2602 cod. civ., infatti, la stipulazione del contratto di consorzio non comporta l’assorbimento delle imprese contraenti in un organismo unitario, deputato allo svolgimento di un’attività rispetto alla quale quella delle singole imprese si ponga in rapporto di mezzo a fine, ma solo la costituzione di una organizzazione comune per la disciplina e per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività, avente quindi essa stessa carattere strumentale rispetto a quella delle imprese consorziate. In tal senso depone non solo la conservazione dell’autonomia delle imprese, rispetto alle quali il consorzio si pone come un distinto centro d’imputazione di rapporti giuridici, dotato di un fondo consortile che rimane sottratto all’aggressione dei creditori particolari dei consorziati (art. 2614), p. ma anche la presenza di organi consortili distinti da quelli delle singole imprese (art. 2603, comma 1, n. 4) e la configurazione del rapporto intercorrente tra
queste ultime ed il consorzio come mandato (art. 2609), il quale postula l’alterità delle rispettive sfere giuridiche, indipendentemente dall’immediatezza dell’imputazione degli effetti degli atti compiuti dal mandatario ». Si è dato rilievo alla non configurablità del rapporto tra il consorzio e le imprese consorziate come di « immedesimazione organica », conseguente alla delega conferita mediante l’assegnazione dei lavori, in virtù della quale gli atti posti in essere dalle singole imprese sarebbero direttamente imputabili al consorzio, che, restando unico titolare del rapporto per la cui esecuzione materiale agiscono le imprese, non potrebbe pertanto considerarsi estraneo alle obbligazioni derivanti dai predetti atti.
Quindi la stipulazione del contratto di consorzio non comporta lo scioglimento delle cooperative consorziate e il loro confluire in un organismo unitario e distinto, dal che consegue che i diritti di credito sono azionabili dalle singole consorziate, sulla base delle regole generali in tema di rappresentanza.
Né la normativa in tema di appalti pubblici detta al riguardo una specifica disciplina in deroga.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
Anzitutto, il titolo per cui il Consorzio ha agito in giudizio non è rinvenibile nella transazione intervenuta con la propria consorziata, tanto che, anche con la produzione documentale e le correlate deduzioni effettuate nel corso del giudizio di primo grado, con la seconda memoria autorizzata ex art. 183, co. 6, c.p.c., (ritualmente contestate dall’Azienda convenuta per tardività della modificazione della domanda), il Consorzio medesimo ha precisato che « il tema resta esattamente quello che era e non viene modificato di una virgola dalla transazione ».
In ogni caso, il ricorrente propone una diversa lettura degli artt.3, 4 e 5 dell’accordo transattivo, isolata e non all’interno del quadro complessivo dell’accordo transattivo.
E la controricorrente rileva che: « a) ove le Parti hanno inteso riconoscere in modo puntuale al CCC la possibilità agire giudizialmente per crediti vantati dalla RAGIONE_SOCIALE lo hanno fatto non solo indicando lo specifico rapporto contrattuale (fonte del credito da azionare), ma pure impegnando (pro futuro e quindi con specifico atto) RAGIONE_SOCIALE «a cedere a CCC i diritti sostanziali e processuali inerenti e, se del caso, a sottoscrivere eventuali atti di transazione» (cfr. art. 6 transazione, ma anche i contenziosi citati nei successivi articoli 7, 8 e 9); b) in coerenza con tale impostazione, ove la transazione ha inteso riconoscere al CCC il diritto incassare somme derivanti da rapporti contrattuali per lavori di cui RAGIONE_SOCIALE fosse stata assegnataria lo ha fatto con esclusivo riferimento a contenziosi già in essere alla data della transazione ».
Invece, nella specie, si tratta di un’azione avviata successivamente e che presupponeva comunque un’autonoma legittimazione in capo al Consorzio CCC da rinvenire in un apposito titolo.
In altri termini, quindi, come correttamente rilevato dal giudice d’appello, con la transazione non solo « le parti non hanno convenuto (mancando il minimo cenno in tal senso) la cessione a Ccc dei crediti dell’appalto spettanti all’ex mandante RAGIONE_SOCIALE », ma neppure si può ritenere che tale atto abbia conferito specifico « mandato o potere rappresentativo a Ccc affinché quest’ultima potesse riscuotere, anche giudizialmente, tali crediti in nome e/o per conto di RAGIONE_SOCIALE ».
Il terzo motivo, in punto di riforma della statuizione sulle spese del merito, è assorbito, essendo stato solo proposto per l’ipotesi di accoglimento delle prime due doglianze.
Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 10.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 15 aprile 2025.