Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9955 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9955 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 9324 del ruolo generale dell’anno 202 2, proposto
da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, presso lo studio del quale in Policoro, alla INDIRIZZO, elettivamente si domicilia
-ricorrente-
contro
Fallimento di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati-
per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma, depositata in data 2 marzo 2022, n. 1386/22;
udita la relazione sulla causa svolta nell’adunanza camerale del 25 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Oggetto:
Fallimento-
Fusione per incorporazioneAmministratore cessato della società fusa- Legittimazione a impugnare sentenza di fallimento.
-il Tribunale di Roma dichiarò il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, su istanza dell’RAGIONE_SOCIALE, in data 2 aprile 2019;
la società si era fusa per incorporazione in RAGIONE_SOCIALE, con sede in Romania con atto iscritto nel registro RAGIONE_SOCIALE imprese in data 30 maggio 2017;
NOME COGNOME, amministratore unico cessato della società incorporata, reclamò la sentenza di fallimento sostenendo che, poiché RAGIONE_SOCIALE si era estinta per effetto della fusione, aveva perso la legittimazione sostanziale e processuale in relazione all’istanza di fallimento e che il contraddittorio prefallimentare si sarebbe dovuto instaurare con l’incorporante e non già col legale rappresentante dell’incorporata;
-la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile il reclamo, in base alla considerazione che per effetto della fusione RAGIONE_SOCIALE è subentrata in tutti i rapporti anche processuali riferibili a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di modo che anche la legittimazione a proporre reclamo spettava all’incorporante e non già all’amministratore cessato dell’incorporata ;
contro questa sentenza NOME COGNOME propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi e illustra con memoria , cui non v’è replica.
Considerato che:
-inammissibile è la richiesta di dichiarazione dell’inesistenza della sentenza della corte d’appello, perché proposta per la prima volta con la memoria: la memoria assolve difatti esclusivamente la funzione di chiarire e illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente -cioè in maniera completa, compiuta e definitiva- enunciati nel ricorso col quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione (tra varie, Cass. n. 8949/23);
col primo motivo di ricorso NOME COGNOME denuncia l’erronea applicazione dell’art. 18 l.fall. e degli artt. 75, 81, 100 e
105, comma 1, c.p.c., là dove la corte d’appello ha trascurato che l’art. 18 l.fall. consente a ciascun interessato d’impugnare la sentenza di fallimento e che interessato NOME COGNOME è senz’altro, considerato che ha ricevuto richiesta di rinvio a giudizio per il reato previsto e punito dagli artt. 110 c.p.c., 216, nn. 1 e 2, 223, commi 1 e 2, 219 comma 1 2, n. 2, l.fall. proprio in relazione al fallimento di RAGIONE_SOCIALE;
il motivo è fondato;
-indubbiamente, come rileva la corte d’appello, la fusione per incorporazione determina l’estinzione della società incorporata, che non può iniziare un processo, o resistervi per mezzo del proprio ex amministratore (Cass., sez. un., n. 21970/21);
questo principio, tuttavia, è inconferente nel caso in esame, in cui il reclamo non è stato affatto proposto da NOME COGNOME spendendo il rapporto organico con la incorporata RAGIONE_SOCIALE, ma in proprio (la stessa corte d’appello riferisce che il reclamante ha agito quale ex amministratore unico della fallita);
agendo in proprio, il reclamante, giustappunto nella qualità di amministratore cessato della società incorporata, ha un indubitabile interesse ad aggredire la sentenza di fallimento, facendone valere i vizi procedimentali concernenti l’instaurazione del contraddittorio (che, secondo Cass., sez. un., n. 21970/21, cit., punto 2.3.5, peraltro, va instaurato nei confronti dell’incorporante, e non già dell’incorporata, alla quale la prima subentra in tutti i rapporti anche processuali anteriori alla fusione, pur conservando la suddetta società la propria identità per l’eventuale dichiarazione di fallimento);
la fusione determina un fenomeno di successione universale e l’incorporante senz’altro rappresenta il nuovo centro di imputazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti incorporati, con la confusione dei patrimoni RAGIONE_SOCIALE società preesistenti e con la conseguenza che ogni atto, sostanziale o processuale, deve
essere indirizzato al nuovo ente, unico e diretto obbligato per i debiti dei soggetti definitivamente estinti;
-ciò non toglie, tuttavia, che l’amministratore cessato della società estinta ha interesse a elidere gli effetti negativi che possono derivargli dalla dichiarazione di fallimento, sul piano sia morale, in relazione ad eventuali contestazioni di reati, sia patrimoniale, in relazione ad eventuali azioni di responsabilità (Cass. n. 7190/19; vedi anche Cass. n. 6324/23, che ha riconosciuto legittimazione e interesse all’amministratore cessato di società fusa per incorporazione a esperire l’ actio nullitatis della sentenza dichiarativa del fallimento della società incorporata , pronunciata oltre l’anno dalla fusione, posto che in dipendenza della sua veste possono riverberarsi nei suoi confronti gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento: punto 14);
-nel caso in esame, d’ altronde, l’interes se risalta con evidenza, considerato che, come il ricorrente ha riferito, egli è destinatario di una richiesta di rinvio a giudizio per reati correlati appunto alla dichiarazione di fallimento di cui si discute;
-il motivo va quindi accolto e l’accoglimento comporta l’assorbimento del secondo motivo, che concerne il merito della contestazione svolta;
la sentenza va in conseguenza cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Per questi motivi
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2024.