Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16484 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 16484 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 25887 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto
da
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, presso lo studio del quale in Roma, alla INDIRIZZO, elettivamente si domicilia
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, col quale elettivamente si domicilia presso l’indirizzo pec , nonché presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente-
e nei confronti di
NOME COGNOME, commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo di RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, col quale elettivamente si domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE
-controricorrente-
nonché di
NOME, Procura generale presso la Corte d’appello d e L’Aquila
-intimati- per la cassazione del decreto della Corte d’appello d e l’Aquila, pubblicato in data 20 giugno 2019, n. 445/19;
udita la relazione sulla causa svolta nella pubblica udienza dell’8 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
sentita la Procura generale, in persona della sostituta del Procuratore generale NOME COGNOME, la quale, ribadendo le richieste espresse con la memoria depositata in atti, ha concluso per la cassazione senza rinvio del decreto impugnato e, in subordine, per il rigetto del ricorso;
sentiti l’AVV_NOTAIO per RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, e l’AVV_NOTAIO per NOME, nella qualità indicata in epigrafe.
FATTI DI CAUSA
Emerge dal decreto impugnato che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE chiese al Tribunale di Chieti di dichiarare il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della quale vantava un credito di oltre un milione di euro, portato da un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. La richiesta fu respinta e il RAGIONE_SOCIALE reclamò il provvedimento di rigetto.
Nelle more del procedimento di reclamo, peraltro successivamente accolto, l’istante promosse azione revocatoria
ordinaria, con atto di citazione trascritto nei pubblici registri immobiliari, della vendita di immobili della debitrice in favore di RAGIONE_SOCIALE, società collegata; la domanda fu accolta dal Tribunale di Foggia con sentenza intervenuta ancora in pendenza del procedimento di reclamo.
Nel frattempo, qualche mese dopo la proposizione (e la trascrizione) dell’azione revocatoria, RAGIONE_SOCIALE propose domanda di ammissione alla procedura di concordato con riserva, ottenendo termine per il deposito della proposta e del piano concordatari; a scioglimento della riserva, depositò una proposta corredata di un piano che prevedeva la messa a disposizione dei creditori chirografari inclusi nella classe B, tra i quali v’era il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, del ricavo netto della cessione degli immobili oggetto dell’azione revocatoria, per mezzo del rilascio da parte dell’acquirente, RAGIONE_SOCIALE, di una procura a vendere in favore del liquidatore giudiziale da nominare, sospensivamente condizionata all’omologazione del concordato e alla previsione del mancato raggiungimento della percentuale minima del 20% per l’estinzione dei creditori chirografari, dopo diciotto mesi dall’omologazione. Il piano concordatario prevedeva inoltre, tra i crediti chirografari, quello vantato dalla creditrice COGNOME, socia sia di RAGIONE_SOCIALE, sia di NRD, per aver pagato il debito che RAGIONE_SOCIALE aveva nei confronti di un istituto bancario, come corrispettivo dell’acquisto degli immobili oggetto di revocatoria.
Il Tribunale di Chieti ammise RAGIONE_SOCIALE alla procedura concordataria e RAGIONE_SOCIALE rinunciarono ai crediti corrispondenti, per l’ ammontare complessivo (ripartito in euro 98.110,00 quanto a COGNOME e a euro 603.061,00 quanto a NRD) che sarebbe derivato dalla messa a disposizione del netto ricavo della vendita degli immobili.
Nonostante il voto contrario del RAGIONE_SOCIALE il concordato fu omologato, il Tribunale di Chieti respinse l’opposizione che il RAGIONE_SOCIALE aveva proposto e la Corte d’appello d e l’Aquila ha rigettato il reclamo successivamente promosso.
A fondamento della decisione il giudice del reclamo ha escluso che col piano concordatario si fosse prevista una retrocessione degli immobili alla venditrice, debitrice proponente, posto che l’acquirente NRD aveva rilasciato procura irrevocabile a venderli, di modo che il ricavato sarebbe stato destinato al pagamento dei creditori concordatari; e anche la subordinazione degli effetti della rinuncia al credito corrispondente al corrispettivo versato per l’acquisto all’omologazione del concordato era da ritenere superata dal conferimento della procura irrevocabile e dall’avvenuta omologazione.
D’altronde, ha aggiunto la corte d’appello, posto che, come si è riferito, NOME COGNOME era socia sia dell’alienante, sia dell’acquirente degli immobili, era verosimile ritenere che fosse creditrice di NRD, per aver corrisposto una parte del prezzo alla RAGIONE_SOCIALE, poi impiegato per ripianare i debiti con la banca; il che giustificava la rinuncia al credito in questione operata da NRD. Il giudice del reclamo ha poi stabilito che NRD, che comunque era divenuta proprietaria degli immobili oggetto di revocatoria, poteva senz’altro metter li a disposizione per il fabbisogno concordatario, perché altrimenti il creditore revocante sarebbe stato ingiustificatamente preferito rispetto agli altri. Nel patrimonio del debitore, dunque, come cristallizzato con la domanda di concordato, si dovevano considerare presenti anche gli immobili ceduti a NRD e da questa messi a disposizione, posto che, ad avviso della corte d’appello, l’omologazione del concordato è idonea a impedire il
perseguimento del fine dell’azione revocatoria, ossia l’esercizio di un’azione esecutiva individuale in danno del patrimonio del debitore concordatario.
Contro questo decreto il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, cui RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo e il commissario giudiziale della procedura concordataria replicano con controricorsi, illustrati con memorie.
In esito all’adunanza camerale, si è disposta la trattazione in pubblica udienza sotto il profilo della verifica della sussistenza dell’interesse ad agire della ricorrente, in prossimità della quale RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo e NOME COGNOME, nella qualità di commissario giudiziale della procedura concordataria, hanno depositato ulteriori memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Anzitutto è respinta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso perché rivolto contro un provvedimento privo dei caratteri della definitività e della decisorietà: basti il richiamo a Cass., sez. un., n. 27073/16, secondo cui il decreto con cui il tribunale definisce (in senso positivo o negativo) il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, ha carattere decisorio, poiché è emesso all’esito di un procedimento di natura contenziosa ed è, quindi, idoneo al giudicato, ma, essendo reclamabile ai sensi dell’art. 183, comma 1, l. fall., non è definitivo e, quindi, non è soggetto a ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., il quale è, invece, proponibile avverso il provvedimento della corte d’appello conclusivo del giudizio sul reclamo.
2.- Inammissibile è, invece, il controricorso del commissario giudiziale della procedura di concordato: nel giudizio di
omologazione del concordato preventivo, il commissario giudiziale, pur dovendo partecipare al procedimento (attraverso la comparizione all’udienza camerale, la costituzione in giudizio e il deposito di un parere motivato) e pur essendo destinatario della comunicazione del decreto conclusivo (perché possa darne notizia ai creditori), conserva la posizione giuridica di ausiliario del giudice e non diviene parte in senso sostanziale, non essendo portatore di specifici interessi da far valere, in sede giurisdizionale, in nome proprio o in veste di sostituto processuale della massa dei creditori, con la conseguenza che non è abilitato all’esercizio di azioni ed è privo della legittimazione a proporre ricorso o a presentare controricorso davanti alla Corte di cassazione (Cass. n. 40483/21).
2.1.- Si compensano, tuttavia, le relative voci di spesa, in considerazione dell’esito del giudizio, sul quale infra .
3.Con i primi due motivi di ricorso , da esaminare congiuntamente perché connessi, il RAGIONE_SOCIALE ricorrente lamenta:
la violazione o falsa applicazione degli artt. 2902 e 2652, n. 5, c.c., nonché degli artt. 45, 168 e 169 l. fall., perché, sostiene, chi è convenuto in revocatoria con domanda trascritta non può affatto disporre liberamente dei beni che sono oggetto della domanda; né il vincolo derivante dalla trascrizione della domanda, funzionale all’opponibilità dell’effetto prenotativo così ottenuto della pronuncia favorevole alla debitrice concordataria, può essere neutralizzato dal rilascio al liquidatore giudiziale della procura irrevocabile a vendere ( primo motivo );
la violazione o falsa applicazione degli artt. 168 l. fall., 2902 c.c. e 100 c.p.c., poiché, al contrario di quanto stabilito dalla corte d’appello, l’attore vittorioso nel giudizio di revocatoria può ottenere la separazione della somma corrispondente al proprio credito verso l’alienante per esserne soddisfatto in via prioritaria rispetto agli altri creditori concorsuali ( secondo motivo ).
4.- La censura va respinta per sopravvenuta carenza di legittimazione sostanziale e di interesse ad agire.
Il ricorrente anzitutto non può più vantare la qualità di creditore, che sostiene la legittimazione a proporre reclamo ex art. 183 l. fall. e a tener ferma la richiesta di fallimento, posto che, come documentato da RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, la Corte d’appello d e L’Aquila, con sentenza pubblicata il 17 ottobre 2022 e divenuta cosa giudicata, ha revocato il decreto ingiuntivo sul quale il RAGIONE_SOCIALE ricorrente appunto fondava la propria qualità di creditore. E tale difetto è senz’altro rilevabile in ogni stato e grado del processo, salvo ovviamente il limite del giudicato interno, che nel caso in esame non si è prodotto (Cass., sez. un., n. 2951/16; n. 41019/21).
4.1.L’opposizione al decreto ingiuntivo ha aperto un ordinario giudizio di cognizione sulla domanda proposta dal creditore con il ricorso monitorio , l’oggetto del quale non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto, ma si estende all’accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, ossia al merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione (Cass., sez. un., n. 7448/93; sez. un., n. 9839/21); con la conseguenza che, revocato il decreto ingiuntivo, è la sentenza a definire il rapporto debito/credito, anche nel senso dell’insussistenza di esso, com’è appunto avvenuto nel caso in esame.
5.- Inoltre il RAGIONE_SOCIALE ricorrente non si può annoverare tra gli altri interessati alle vicende concorsuali di RAGIONE_SOCIALE.
Anzitutto , la legittimazione all’esperimento dell’azione revocatoria, ai risultati della quale il ricorrente àncora il proprio interesse, richiede pur sempre la qualità di creditore, pur intesa in senso lato, comprensivo della ragione o aspettativa (Cass. n.
4212/20); ma tale qualità, si è visto, è nel caso in esame definitivamente esclusa appunto per effetto del suddetto giudicato.
5.1.- In ogni caso, pur a tener conto della prospettazione offerta, la sentenza di accoglimento della domanda revocatoria a tutela di «credito litigioso» si rivela di nessuna utilità, posto che non può comunque essere spesa da chi ha perso la qualità di creditore per effetto del rigetto della domanda proposta nei confronti del debitore (in termini, sia pure in riferimento all’esecuzione individuale, Cass., sez. un., n. 9440/04; conf., tra varie, n. 17257/13; n. 2673/16; n. 3369/19).
6.Il rigetto dei primi due motivi comporta l’assorbimento dei restanti, con i quali si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 160, comma 4, l.fall. ( terzo motivo ) nonché la violazione o falsa applicazione degli artt. 1180 e 2467 c.c. ( quarto motivo ).
6.1.Il ricorso è quindi respinto, ma le spese vanno compensate, poiché il giudizio è stato deciso in considerazione di circostanze sopravvenute all’instaurazione di esso.
Il che comporta altresì che non sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, proprio in ragione di tale sopravvenienza (sulla medesima falsariga, v. Cass. n. 34487/22).
Non può, inoltre, essere accolta la richiesta di condanna del curatore personalmente ex art. 94 c.p.c., proposta con la seconda memoria dal difensore di RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo , che l’ha ribadita in udienza .
La norma prevede la condanna alle spese in favore dell’avversario vincitore, eventualmente in solido con la parte, del soggetto che la rappresenti, se costui, pur non assumendo la veste di parte nel processo, esplichi tuttavia, anche se in nome altrui, un’attività processuale in maniera autonoma; e la condanna, che può avvenire anche d’ufficio, postula la ricorrenza di gravi motivi, che vanno enunciati in modo specifico (cfr. Cass., sez. un., n.
5398/88; n. 27475/19; n. 9203/20; n. 6866/22, punto 4.2.1.), quali la trasgressione del dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c., oppure la mancanza della normale prudenza tipica della responsabilità processuale aggravata prevista dall’art. 96, comma 2, c.p.c.
7.1.- Nel caso in esame questi gravi motivi non sono emersi, posto che la qualità di creditore è venuta meno nel corso del giudizio, per cui neanche si può prospettare la mancanza della normale prudenza che l’art. 96 , comma 2, c.p.c. pur sempre correla all’accertamento dell’inesistenza del diritto azionato.
Anche la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. per le medesime ragioni va dunque respinta.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il controricorso di NOME COGNOME e compensa le relative voci di spesa; rigetta il ricorso e compensa le restanti voci di spesa.
Così deciso in Roma, l’8 maggio 2024.