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Leasing traslativo: riduzione penale anche se non chiesta

In una causa relativa a un contratto di leasing traslativo, una società utilizzatrice, poi fallita, aveva chiesto la restituzione dei canoni versati. Il Tribunale aveva ridotto la penale contrattuale, ma la Corte d’Appello aveva annullato la decisione per ultrapetizione, non essendo stata chiesta esplicitamente la riduzione. La Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza d’appello, stabilendo che la richiesta di applicazione dell’art. 1526 c.c. include implicitamente il potere del giudice di ridurre una penale manifestamente eccessiva, senza necessità di una domanda specifica.

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Leasing Traslativo e Penale Eccessiva: Il Giudice Può Ridurla d’Ufficio?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale per il leasing traslativo, chiarendo i poteri del giudice in merito alla riduzione di una clausola penale manifestamente eccessiva. La Corte ha stabilito che la semplice richiesta di applicazione dell’articolo 1526 del Codice Civile da parte dell’utilizzatore è sufficiente per attivare il potere officioso del giudice di ridurre l’indennità, senza che sia necessaria una domanda esplicita in tal senso. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Dal Leasing al Contenzioso Giudiziario

La vicenda trae origine da un contratto di leasing immobiliare. A seguito della morosità della società utilizzatrice, la società concedente avviava un’azione legale per ottenere la restituzione dell’immobile. La società utilizzatrice si costituiva in giudizio e, in via riconvenzionale, sosteneva la natura traslativa del contratto. Di conseguenza, chiedeva che, in caso di risoluzione, venisse applicata la disciplina dell’articolo 1526 c.c. (relativa alla vendita con riserva di proprietà) anziché le clausole contrattuali, con conseguente condanna della concedente alla restituzione dei canoni pagati.

Nelle more del giudizio, la società utilizzatrice veniva dichiarata fallita e il Tribunale di primo grado, pur respingendo la domanda di nullità della clausola contrattuale, la qualificava come clausola penale e, ritenendola eccessiva, la riduceva d’ufficio, condannando la società di leasing a restituire una cospicua somma al fallimento.

Il Percorso Giudiziario: La Decisione Contraddittoria tra Tribunale e Corte d’Appello

La società di leasing impugnava la sentenza di primo grado, sostenendo che il Tribunale fosse andato ‘ultra petita’, ovvero oltre le richieste delle parti. Secondo l’appellante, la società utilizzatrice aveva chiesto solo la restituzione dei canoni basandosi sulla nullità della clausola contrattuale, ma non aveva mai formulato una domanda specifica di riduzione della penale.

La Corte d’Appello accoglieva questa tesi, riformando la sentenza di primo grado. I giudici di secondo grado ritenevano che il Tribunale, una volta ritenuta infondata la domanda di nullità, avrebbe dovuto rigettare integralmente la domanda riconvenzionale, senza potersi spingere a ridurre una penale la cui riduzione non era stata richiesta. Si configurava, quindi, una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.).

L’Interpretazione della Cassazione sul leasing traslativo

Il Fallimento ricorreva per cassazione, lamentando la violazione delle norme sulla corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione agli articoli 1526 e 1384 del Codice Civile. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello e fornendo un’interpretazione dirimente.

Secondo gli Ermellini, la richiesta di applicare l’articolo 1526 c.c. a un contratto di leasing traslativo include, ‘sine dubio’, anche la richiesta di applicazione del suo secondo comma. Tale comma prevede espressamente che, qualora sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo di indennità, ‘il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta’.

Questa disposizione crea una correlazione diretta con il potere generale, previsto dall’articolo 1384 c.c., di ridurre una penale manifestamente eccessiva. Pertanto, nel momento in cui una parte invoca l’applicazione dell’articolo 1526 c.c., sta implicitamente ma inequivocabilmente chiedendo al giudice di esercitare tutti i poteri che quella norma gli conferisce, compreso quello di ridurre l’indennità/penale. Non vi è stata, quindi, alcuna ultrapetizione da parte del giudice di primo grado, che si è limitato a qualificare correttamente la domanda e ad applicare la legge.

Le motivazioni

La Suprema Corte chiarisce che la richiesta di applicazione dell’articolo 1526 c.c. contiene implicitamente la domanda che il giudice eserciti tutti i poteri che quella norma gli attribuisce, inclusa la riduzione dell’indennità convenuta. Il giudice di primo grado, pertanto, non ha deciso ‘ultra petita’, ma ha correttamente interpretato la domanda della parte convenuta. La Corte d’Appello ha errato nel ritenere la decisione di primo grado viziata da ultrapetizione, poiché il potere di riduzione della penale è una conseguenza diretta e connaturata all’applicazione dell’articolo 1526, secondo comma, c.c., norma specificamente volta a riequilibrare le posizioni delle parti nel contratto di leasing traslativo risolto.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio di tutela fondamentale per i contratti di leasing traslativo risolti prima dell’entrata in vigore della L. 124/2017. Il giudice ha il dovere di valutare ed eventualmente ridurre, anche d’ufficio, una clausola penale manifestamente eccessiva, ogni qualvolta sia stata invocata l’applicazione dell’articolo 1526 c.c. Ciò garantisce la parte più debole da clausole abusive e assicura che la risoluzione del contratto porti a un esito equo, in linea con i principi di correttezza e proporzionalità.

In un contratto di leasing traslativo, la richiesta di applicare l’articolo 1526 c.c. è sufficiente per attivare il potere del giudice di ridurre una penale eccessiva?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la domanda di applicazione dell’articolo 1526 c.c. include implicitamente ma inequivocabilmente anche la richiesta di attivare il potere del giudice, previsto dal secondo comma dello stesso articolo, di ridurre l’indennità convenuta se ritenuta eccessiva.

Commette ultrapetizione il giudice che riduce una clausola penale senza una specifica richiesta in tal senso?
No, non commette ultrapetizione se la parte ha chiesto l’applicazione dell’articolo 1526 c.c. In questo contesto, il potere di riduzione della penale è considerato una conseguenza diretta e implicita della domanda principale, non una pronuncia su una domanda nuova o diversa.

Qual è la relazione tra l’articolo 1526 c.c. e l’articolo 1384 c.c. nella gestione di una penale in un leasing?
L’articolo 1526, secondo comma, c.c., costituisce una ‘species’ del potere generale di riduzione della penale previsto dall’articolo 1384 c.c. Esso conferisce al giudice un potere officioso di ridurre l’indennità in caso di risoluzione della vendita con riserva di proprietà (disciplina applicabile analogicamente al leasing traslativo), creando una correlazione diretta tra le due norme per garantire un equo contemperamento degli interessi delle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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