Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15079 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15079 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28639/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME AVV_NOTAIO (CF: CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE IN FALLIMENTO, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO DELL ‘ AQUILA n. 1349/2022 depositata il 28/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, la RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) espose: (i) di avere sottoscritto in data 15/03/2005 con la società RAGIONE_SOCIALE un contratto di locazione finanziaria per un canone complessivo di euro 68.916,66, e, per la
parte che qui interessa, con un prezzo di riscatto di euro 13.783,33 più Iva per l ‘ autovettura Porsche Porsche 911 Carrera Coupé (997), targata TARGA_VEICOLO; (ii) che l ‘ autovettura venne regolarmente consegnata, e al termine della locazione finanziaria la RAGIONE_SOCIALE optò per il riscatto dell ‘ autovettura per un totale di euro 16.632,96; (iii) che tuttavia la RAGIONE_SOCIALE non pagava il bollo auto relativo agli anni 2011 e 2012, e non provvedeva a versare il saldo del prezzo di riscatto di euro 8.632,96; (iv) che, nonostante le diffide, RAGIONE_SOCIALE non adempieva a quanto richiesto e, pertanto, la RAGIONE_SOCIALE si rivolgeva al Tribunale di Teramo al fine di veder riconosciute le proprie richieste.
RAGIONE_SOCIALE chiese pertanto: (i) in via principale, la risoluzione del contratto di vendita intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e la RAGIONE_SOCIALE, dall ‘ altro lato, per fatto e colpa della parte acquirente e, per l ‘ effetto, di condannare la RAGIONE_SOCIALE a consegnare alla RAGIONE_SOCIALE l ‘ autovettura; (ii) in via subordinata, di condannare la predetta RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, della somma capitale di euro 8.000,00 quale residuo del prezzo di riscatto, oltre interessi al tasso legale dal 31/01/2011 e dalla data della domanda giudiziale secondo il tasso di cui all ‘ art. 1284, co. 4, c.c. fino al saldo effettivo; (iii) in ogni caso, di condannare NOME al pagamento di euro 1.119,74 quale rimborso bolli auto 2011, 2012, oltre interessi al tasso legale dal giorno del dovuto e dalla data della domanda giudiziale secondo il tasso di cui all ‘ art. 1284, co. 4, c.c. fino al saldo effettivo.
Costituendosi in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE, per quanto ancora di interesse, si oppose alla domanda di risoluzione del contratto con restituzione del bene, in quanto la risoluzione del contratto poteva essere chiesta solo in ipotesi di inadempimento sufficientemente grave.
Il Tribunale di Teramo accolse la domanda di parte ricorrente, dichiarando la risoluzione del contratto di leasing sottoscritto tra le
parti in causa, per colpa della resistente NOME con contestuale condanna di quest ‘ ultima alla immediata riconsegna dell ‘ autovettura; condannò la resistente al pagamento del saldo del prezzo di riscatto oltre al rimborso delle somme per il pagamento delle imposte di bollo anni 2011/2012; compensò tra le parti le somme dovute a vario titolo come rimborso del canone di locazione o risarcimento danni, con condanna della resistente alla rifusione delle spese del grado di giudizio.
Avverso tale pronuncia società RAGIONE_SOCIALE interpose gravame dinnanzi alla Corte d ‘ appello dell ‘ Aquila. Per quanto ancora di interesse, COGNOME evidenziò che non si era verificato alcun grave inadempimento ove in base alla disciplina codicistica ex art. 1525 c.c. si prevede che è rilevante ai fini della risoluzione il mancato pagamento di una somma che superi l ‘ ottava parte del prezzo convenuto, e conseguentemente il mancato pagamento della somma di euro 8.000,00 non poteva essere qualificato come grave inadempimento. Continuava evidenziando che nessun rilievo, circa la prova della titolarità/proprietà dell ‘ autoveicolo, poteva assumere la circostanza che l ‘ autoveicolo era ancora intestato alla appellata/ricorrente.
RAGIONE_SOCIALE eccepì inoltre l ‘ indeterminatezza del procedimento di calcolo da parte della ricorrente/appellata della somma richiesta in primo grado; la mancata verifica delle condizioni di cui al contratto di leasing; l ‘ erroneo riconoscimento degli interessi al tasso di cui all ‘ art. 1284 c.c.; l ‘ erroneo calcolo ex art. 1526 c.c. In relazione alla determinazione dell ‘ equo compenso ex art. 1526 c.c. e la compensazione operata dal giudice, l ‘ appellante rappresentò che all ‘ appellata era stata riconosciuta una utilità maggiore rispetto a quella che poteva scaturire dalla regolare esecuzione delle obbligazioni. Evidenziò la circostanza che il Tribunale non aveva tenuto in debito conto le risultanze della espletata CTU descrittiva
dell ‘ ottimo stato di manutenzione dell ‘ autoveicolo, non operando una corretta valutazione delle reciproche posizioni delle parti in causa.
Costituendosi in giudizio RAGIONE_SOCIALE, chiese il rigetto dell ‘ appello, con contestuale riproposizione delle domande svolte in primo grado.
Con sentenza n. 1349/2022, depositata in data 28/09/2022, oggetto di ricorso, la Corte d ‘ appello dell ‘ Aquila, in parziale accoglimento dell ‘ appello e in parziale riforma della sentenza impugnata, ha condannato RAGIONE_SOCIALE a pagare al fallimento RAGIONE_SOCIALE l ‘ importo di euro 40.035,66, oltre interessi legali dalla data di risoluzione contrattuale al saldo effettivo; ha compensato tra le parti le spese di lite di primo e secondo grado.
In particolare, la sentenza gravata ha statuito che: (i) il contratto di leasing stipulato tra le parti (ante 2017) rientra tra i contratti atipici cui va applicata analogicamente la disciplina della vendita con riserva di proprietà; (ii) conseguentemente, la titolarità del bene oggetto del leasing rimane in capo al concedente fino al pagamento di tutte le rate, compresa la ‘ maxi rata ‘ finale da versare al momento del riscatto del bene; (iii) nel caso di specie, non avendo RAGIONE_SOCIALE provveduto al pagamento del saldo del prezzo di riscatto, la società concedente è rimasta proprietaria dell ‘ autovettura oggetto di leasing; (iv) RAGIONE_SOCIALE si è limitata a dedurre che alcuna somma fosse dovuta alla concedente, ma senza fornire ulteriori documenti idonei a provare tale circostanza o l ‘ avvenuto pagamento, non potendo la fattura essere considerata documento idoneo a dimostrare il titolo di proprietà dell ‘ autovettura, che si trasferisce solo nel momento in cui l ‘ intero prezzo viene corrisposto; (v) in relazione alla doglianza di COGNOME circa la non gravità dell ‘ inadempimento, la pronuncia ha ritenuto che il contratto si fosse già risolto di diritto in forza della diffida ad adempiere in data 1°/09/2015 trasmessa dalla concedente.
Fermo pertanto il diritto della concedente alla restituzione della vettura oggetto di leasing, quanto alla determinazione dell ‘ equo compenso dovuto alla concedente per l ‘ utilizzo della stessa da parte di RAGIONE_SOCIALE la Corte territoriale ha ritenuto che ‘ La valutazione di tale equo compenso può correttamente quantificarsi in via equitativa nella differenza di valore dell ‘ auto tra la data di concessine in leasing (prezzo di acquisto di € 68.916,66) e la data di risoluzione contrattuale come valutata dal CTU di primo grado, con precisa, completa e condivisibile stima (calore di mercato di € 30.000,00): si perviene in tal modo alla somma di € 38.916,66, quale perdita di valore commerciale dell ‘ auto che può equipararsi all ‘ equo compenso cui ha diritto la RAGIONE_SOCIALE Pertanto a fronte di un credito del fallimento RAGIONE_SOCIALE per restituzione rate versate di € 67.049,16, sussiste un credito della RAGIONE_SOCIALE a titolo di equo compenso di € 38.916,66, al quale deve aggiungersi la somma non pagata dei bolli per gli anni 2011 e 2012 di € 1.119,00, per una cifra totale di € 40.035,66. Può disporsi la compensazione tra le suddette poste di dare e avere, compensazione possibile anche in caso di intervenuto fallimento della utilizzatrice, titolare della voce di credito maggiore, così pervenendo alla somma di € 27.015,0 che la RAGIONE_SOCIALE dovrà versare al fallimento RAGIONE_SOCIALE ‘ (così a p. 11 della sentenza).
Avverso la predetta sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato quattro motivi, cui il fallimento RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis 1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Falsa applicazione dell ‘ art. 1322 c.c. e violazione dell ‘ art. 1498 c.c. in relazione all ‘ art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. ‘ , lamentando che la Corte d ‘ Appello ha qualificato il mancato
pagamento del prezzo di riscatto quale inadempimento al contratto di leasing (in realtà, esaurito), mentre esso doveva imputarsi alla diversa e collegata facoltà di compera prevista dall ‘ art. 18 del contratto di leasing. Con ciò, violando l ‘ art. 1322 c.c., avendo falsamente applicato le disposizioni contrattuali stabilite dalle parti in forza di autonomia contrattuale, e violando l ‘ art. 1498 c.c. in materia di obblighi del compratore nel contratto di compravendita.
Il motivo è inammissibile. A parte la contraddittorietà dell’inadempienza ad una facoltà, posto che si è inadempienti ad un dovere non ad un diritto, la censura è estranea alla ratio decidendi , perché la Corte territoriale non ha riconosciuto la reviviscenza del leasing, ma, al contrario, ha confermato la statuizione di risoluzione del contratto.
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione dell ‘ art. 1458, co. 1, c.c. e falsa applicazione dell ‘ art. 1526 c.c. in relazione all ‘ art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. ‘ , lamentando che La Corte d ‘ Appello ha qualificato il contratto di leasing per cui è causa in termini di leasing traslativo, anziché di godimento , da cui l’inapplicabilità dell’art. 1526 . La ricorrente deduce che, nella specie, i canoni mensili erano del tutto conformi ad un ragionevole prezzo locativo (euro 617,50) ed il prezzo di riscatto era stato concordato in euro 16.815,66 (ossia euro 13.783,33 + 22% IVA). La perizia espletata sull ‘ autoveicolo ha indicato un valore commerciale ‘ tra euro 25.000 e euro 30.000 ‘ , conforme al valore di mercato al termine del leasing, con conseguente necessità di applicare l ‘ art. 1458 c.c.
Il motivo è inammissibile per palese inosservanza dell ‘ art. 366, n. 6, c.p.c., atteso che la ricorrente omette di specificare se abbia proposto appello sulla non applicabilità dell ‘ art. 1526 c.c., posto che in mancanza di impugnazione, si è formato il giudicato interno sulla disciplina della fattispecie in base a tale norma. Il motivo non è quindi scrutinabile.
Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Falsa applicazione dell ‘ art. 1526 c.c. in relazione all ‘ art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. ‘ , lamentando che la Corte d ‘ Appello ha provveduto ad operare la compensazione tra rate versate dall ‘ utilizzatore ed equo compenso dovuto alla concedente, non considerando, tuttavia, che il bene oggetto del contratto di leasing non era stato ancora restituito da parte dell ‘ utilizzatore (e tale situazione permane ancora ad oggi). Con ciò, violando l ‘ art. 1526 c.c., visto che l ‘ utilizzatore ha diritto alla restituzione delle rate riscosse solo dopo la restituzione della cosa.
Il motivo è inammissibie. Va premesso che in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, quest’ultimo ha diritto alla restituzione delle rate riscosse solo dopo la restituzione della cosa (Cass., 22/3/2022, n. 9210; Cass., 20/09/2017, n. 21895, e altre conf. quali Cass., 07/03/2019, n. 6606, e Cass., 14/03/2019, n. 7337). La decisione di primo grado, confermata in appello, è nel senso dell’ordine di restituzione del bene, per cui l’ordine di restituzione dei canoni e di liquidazione dell’equo compenso sono correlati alla risoluzione e ordine di restituzione; vi è difetto di interesse dell’utilizzatore ad opporre la non esercitabilità del diritto alla restituzione delle rate per la mancata restituzione della cosa poiché è lo stesso utilizzatore il titolare di tale diritto ed è lo stesso utilizzatore che non ha dato esecuzione alla sentenza quanto alla restituzione della cosa. Quanto all’equo compenso esso è stato determinato tramite CTU (differenza di valore della cosa all’epoca del leasing e della risoluzione) sulla base di un accertamento di merito delle utilità ricavabili dalla cosa da parte del concedente, accertamento non sindacabile nella presente sede di legittimità.
Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., nn. 3 e 5, c.p.c., ‘ Violazione dell ‘ artt. 1526, co. 2, c.c., 1322 c.c. e 1382 c.c. in relazione all ‘ art. 360, co. 1, n. 3 e n. 5 c.p.c. ‘ , lamentando che la Corte d ‘ Appello ha inteso qualificare il contratto
di leasing in termini di leasing traslativo, con conseguente applicazione, in via analogica, della disciplina prevista dall ‘ art. 1526 c.c. Sulla base di tale presupposto, la Corte -anziché applicare la disciplina pattizia prevista in contratto ed in particolare l ‘ art. 19 -ha provveduto alla compensazione tra le rate versate nel corso del rapporto dalla utilizzatrice e l ‘ equo compenso dovuto alla concedente, liquidato in relazione alla svalutazione subita dall ‘ autoveicolo. A detta della ricorrente, con ciò la Corte ha violato l ‘ art. 1526 c.c. ed in particolare il suo secondo comma, nonché gli artt. 1322 c.c. e 1382 c.c. in materia di autonomia contrattuale e di regolamentazione della clausola penale prevista dall ‘ art. 19 del contratto di specie, in considerazione del fatto che le parti avevano espressamente previsto una penale in caso di inadempimento al contratto, omettendo tale fatto decisivo.
Il motivo è inammissibile per palese inosservanza dell ‘ art. 366, n. 6, c.p.c., atteso che la ricorrente non ha specificato se abbia proposto appello sulla non applicabilità dell ‘ art. 1526 per la presenza della clausola penale, posto che in mancanza di impugnazione, si è formato il giudicato interno sulla disciplina della fattispecie in base a tale norma e non alla previsione negoziale; il motivo non è quindi scrutinabile.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso è inammissibile, stante l ‘ inammissibilità di tutti i motivi su cui si fonda.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre agli esborsi, liquidati in euro 200,00, oltre al rimborso spese generali 15% e accessori di legge, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE in fallimento.
Ai sensi dell ‘ art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 29/04/2024.