Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4143 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4143 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27182/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, domiciliazione telematica , rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
TABLE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 1780/2021 depositata il 12/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
la RAGIONE_SOCIALE liquidazione, già RAGIONE_SOCIALE, ricorre, sulla base di quattro motivi, corredati da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bologna n. 1780 del 2021, esponendo, per quanto qui ancora importa, che:
-aveva convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE, allegando di aver stipulato un contratto di locazione finanziaria immobiliare traslativa, in relazione alla quale aveva domandato, ai sensi dell’art. 1526, cod. civ., la restituzione delle somme indebitamente percepite all’esito del rilascio del cespite, al netto dell’equo indennizzo previsto;
-il Tribunale, davanti al quale aveva resistito la convenuta, aveva rigettato la domanda, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare:
-era da ritenere superata la distinzione tra leasing traslativo e finanziario, con preminenza di quest’ultima finalità e rilievo del valore residuo del bene solo in relazione all’eventuale esercizio del diritto di opzione; nel caso, la disciplina pattizia del contratto atipico, specificatamente approvata per iscritto, prevaleva dunque sul disposto dell’art. 1526, cod. civ., legittimando il trattenimento dei canoni corrisposti;
resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE;
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1526, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere superata la distinzione tra leasing traslativo e finanziario, non applicandosi la sopravvenuta legge n. 124 del 2017, a fronte di una risoluzione negoziale avvenuta nel 2014, con necessità di riduzione della clausola penale relativa al trattenimento dei canoni versati in uno al bene restituito al concedente;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1382, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato omettendo di ridurre la penale pattiziamente prevista, a mente di quanto dedotto con la prima censura;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1526, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato applicando senza emende la disciplina pattizia sulla penale che permetteva al concedente eccessive e ingiustificate locupletazioni;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1526, cod. civ., e della legge n. 124 del 2017, poiché la Corte di appello avrebbe errato decidendo sul presupposto dell’intervenuto superamento anche legislativo della distinzione tra leasing traslativo e finanziario;
Considerato che
i motivi, da esaminare congiuntamente per evidente connessione, sono complessivamente fondati per quanto di ragione;
le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di leasing, hanno chiarito che, la disciplina di cui all’art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017 non ha effetti retroattivi, sicché il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati
dopo l’entrata in vigore della legge stessa; per i contratti anteriormente risolti resta valida, invece, la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest’ultima figura, della disciplina dell’art. 1526 cod. civ., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell’utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente la disciplina settoriale di cui all’art. 72 quater l.fall. (Cass., Sez. U., 28/01/2021, n. 2061);
le Sezioni Unite, una volta ribadita la collocazione delle vicende risolutive anteriori nell’ambito dell’art. 1526 cod. civ., hanno poi precisato quel segue ai fini della corretta lettura di questa norma;
«4.7.1. Il risarcimento del danno del concedente può, infatti, come nell’ipotesi qui in scrutinio, essere oggetto di determinazione anticipata attraverso una clausola penale ai sensi dell’art. 1382, cod. civ., e in questo senso si è dispiegata l’autonomia privata nella costruzione, in base a modelli standardizzati, del social-tipo ‘contratto di leasing’, come risulta dalla stessa casistica oggetto di cognizione giudiziale, anche da parte di questa Corte di legittimità.
In tale contesto, quindi, si è fatta applicazione del secondo comma dell’art. 1526, cod. civ., e del principio, già contemplato dall’art. 1384 cod. civ. (di cui la prima disposizione è un portato specifico), della riduzione equitativa, ad opera del giudice, della penale che, sebbene comunque lecita, si palesi manifestamente eccessiva, così da ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela e riequilibrando, quindi, la posizione delle parti, avendo pur sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento integrale (Cass., S.U., 13 settembre 2005, n. 18128).
Ecco, dunque, che la complessiva operazione – originatasi in seno all’autonomia privata e sussunta, attraverso l’analogia, nell’art. 1526 cod. civ. – trova la sua compiuta regolamentazione
attraverso la peculiare rilevanza che viene ad assumere il comma secondo dello stesso art. 1526 cod. civ., ossia la norma che disciplina la clausola penale (c.d. clausola di confisca) e, quindi, il risarcimento del danno spettante in base ad essa al concedente in ipotesi di risoluzione del contratto di ‘leasing’ traslativo per inadempimento dell’utilizzatore.
Ed è attraverso lo spettro filtrante di detta disposizione che la giurisprudenza di questa Corte ha potuto selezionare quale delle clausole standardizzate dall’autonomia privata fosse o meno meritevole di tutela alla luce della ‘ratio’ di evitare indebite locupletazioni in capo al concedente e rispondente, quindi, ad un equilibrato assetto delle posizioni delle parti contrattuali.
Pertanto, si è ritenuto manifestamente eccessiva la penale che, mantenendo in capo al concedente la proprietà del bene, gli consente di acquisire i canoni maturati fino al momento della risoluzione, ciò comportando un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene (tra le molte, Cass., 27 settembre 2011, n. 19732, nonché … Cass. n. 1581 del 2020).
E’ stata, invece, reputata coerente con la previsione contenuta nel secondo comma dell’art. 1526 cod. civ. la penale inserita nel contratto di leasing traslativo prevedente l’acquisizione dei canoni riscossi con detrazione, dalle somme dovute al concedente, dell’importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito (tra le altre … Cass. n. 15202 del 2018 e Cass. n. 1581 del 2020, nonché Cass., 28 agosto 2019, n. 21762 e Cass., 8 ottobre 2019, n. 25031).
Trattasi, dunque, di patto che, quale espressione di una razionalità propria della realtà socio-economica, ha trovato origine e sviluppo nell’ambito dell’autonomia privata, il cui regolamento è stato, per un verso, assunto dal legislatore a parametro di una disciplina dapprima solo settoriale e specifica (tra cui quella dettata
dall’art. 72 -quater l.fall.) e poi, da un dato momento in avanti, generale (con la legge n. 124 del 2017) e, per altro verso, dalla giurisprudenza a metro di rispondenza alla ‘ratio’ della disciplina applicata analogicamente al contratto di leasing traslativo.
4.7.2. In tale prospettiva va allora considerato che, ove la vendita o altra allocazione sul mercato del bene concesso in leasing non avvenga, non vi può essere (come precisato da Cass. n. 15202 del 2018, citata) ‘in concreto una locupletazione che eluda il limite … ai vantaggi perseguiti e legittimamente conseguibili dal concedente in forza del contratto’.
Per cui resta fermo il diritto dell’utilizzatore ‘di ripetere l’eventuale maggior valore che dalla vendita del bene (a prezzo di mercato)’ ricavi il concedente, ‘rispetto alle utilità che … avrebbe tratto dal contratto qualora finalizzato con il riscatto del bene’ (quale tutela già settorialmente tipizzata legalmente, come detto, dallo stesso art. 72-quater l.f.). Con l’ulteriore puntualizzazione che, nel caso in cui la clausola penale non faccia riferimento ad una collocazione del bene a prezzi di mercato, essa ‘dovrà esser letta negli stessi termini alla luce del parametro della buona fede contrattuale, ex art. 1375 cod. civ.’ (così ancora Cass. n. 15202 del 2018).
Se, invece, il contratto preveda una clausola penale manifestamente eccessiva (acquisizione dei canoni riscossi e mantenimento della proprietà del bene: c.d. clausola di confisca), essa, ai sensi dell’art. 1526, secondo comma, cod. civ., andrà ridotta dal giudice, anche d’ufficio (ove, naturalmente, la penale stessa sia stata fatta oggetto di domanda ovvero dedotta in giudizio come eccezione – in senso stretto – nel rispetto delle preclusioni di rito: Cass., 12 settembre 2014, n. 19272), nell’esercizio del potere correttivo della volontà delle parti contrattuali affidatogli dalla legge, al fine di ristabilire in via equitativa un congruo contemperamento degli interessi
contrapposti (Cass., S.U., n. 18128 del 2005, citata) e, quindi, nella specie dovendo operare una valutazione comparativa tra il vantaggio che la penale inserita nel contratto di leasing traslativo assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto (tra le altre, Cass. n. 4969 del 2007 … e Cass., 21 agosto 2018, n. 20840).
A tal riguardo, tenuto conto delle circostanze concrete del caso oggetto di sua cognizione, occorrerà che il giudice privilegi la soluzione innanzi evidenziata, e, quindi, ferma restando l’irripetibilità dei canoni già riscossi, provveda ad una stima del bene ai valori di mercato al momento della restituzione dello stesso (se il bene non sia stato venduto o altrimenti allocato e, dunque, in tale evenienza costituendosi a parametro i valori rispettivamente conseguiti) e, quindi, detragga il valore stimato dalle somme dovute al concedente …»;
nella fattispecie, i canoni corrisposti sono pacifici così come l’intervenuta restituzione del bene (Cass., 22/03/2022, n. 9210), e il valore stimato al momento della stipula contrattuale;
al riguardo va solo precisato che non osta il fatto che la restituzione del bene non fosse ancora avvenuta «all’epoca del» solo deposito del «ricorso» in prime cure (pag. 15 del controricorso), ben potendo utilmente sopravvenire prima della decisione sulla fondatezza o meno della domanda che sia ancora ‘sub iudice’, vertendosi, in altri termini, in tema di condizione dell’azione;
parte ricorrente evidenzia di aver sollecitato, in questo quadro istruttorio, l’accertamento peritale officioso sul valore residuo del bene al momento dell’effettuata restituzione, a fronte di un contratto della durata prevista di 9 anni, risolto dopo circa 6 anni e mezzo, con valore residuo del bene quindi verosimilmente significativo;
la Corte territoriale ha dunque certamente errato nel ritenere superata la distinzione tra le due ricordate figure di leasing, e nel ritenere legittima di per sé la clausola di trattenimento di canoni e bene, senza cioè verificare riduzioni di sorta;
circa la mancata valutazione del valore residuo del bene alla restituzione, parte controricorrente osserva che:
la sentenza di merito avrebbe dovuto essere impugnata ai sensi non già dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., ma del n. 5 dello stesso articolo, peraltro precluso dalla doppia decisione conforme dei giudici di primo e secondo grado, a mente dell’art. 348 -ter, cod. proc. civ., ‘ratione temporis’ applicabile (pag. 13 del controricorso);
l’eccessività della clausola penale non era stata resa oggetto di specifiche domande o eccezioni (pag. 16);
le pattuizioni contrattuali prevedevano che si portasse a deconto, dai canoni trattenuti, il prezzo dell’eventuale ricollocazione sul mercato del cespite (pag. 15);
quanto al punto sub a), con il ricorso si fanno valore, come visto, errori di giudizio in ordine all’omessa applicazione dell’art. 1526, cod. civ., compresa la valutazione dei limiti di validità della clausola pattizia derogatoria prevista dal secondo comma, dell’articolo;
quanto al punto sub b), è stato chiarito che la riduzione della clausola può avvenire officiosamente quando ne sia stata chiesta la nullità, al contempo sempre rilevabile d’ufficio (Cass., 30/09/2021, n. 26531), e così pure quando, come nel caso, sin dall’introduzione della lite sia stata domandata l’applicazione al negozio della disciplina codicistica nella misura in cui prescinde ovvero inibisce l’operatività di quel patto contrattuale;
quanto al punto sub c), proprio le menzionate pattuizioni contrattuali implicano quindi -deve ritenersi anche nella prospettiva della controricorrente -la necessità, a mente dei
‘dicta’ delle Sezioni Unite, di accertare il valore di mercato residuo in ipotesi di collocazione sullo stesso in concreto non (ancora) avvenuta;
consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna per nuovo esame e pronunzia anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso. Cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 09/11/2023.