Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14532 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14532 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 816-2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore Generale Sig. NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, con cui elettivamente domiciliano in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato – avverso il decreto del TRIBUNALE DI CAGLIARI n. 14093/2018, emesso il 28.11.2018 e depositato il 30.11.2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
1.Con ricorso ex artt. 98 e 99 l. fall. RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione allo stato passivo, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, nella parte in cui era stata respinta la sua istanza di insinuazione al passivo del credito di euro 54.085,50, deducendo che: (i) il credito trovava titolo nel contratto datato 14.12.2012, avente ad oggetto la ‘locazione finanziaria’ di una Porsche Panamera; (ii) il contratto prevedeva un finanziamento per un importo complessivo di euro 60.468,57, da restituire mediante il pagamento di una rata iniziale di euro 14.446,12 e di successive 47 rate mensili di euro 978,89, con facoltà di acquisto del bene mediante corresponsione di una somma di euro 17.807,00, quale prezzo di opzione finale; (iii) la società utilizzatrice ancora in bonis aveva smesso di corrispondere i canoni a far data dal febbraio 2014 e, in conseguenza dell’inadempimento, essa opponente aveva comunicato la risoluzione negoziale con nota del 5.6.2014; (iv) aveva poi ottenuto la restituzione dell’autovettura che aveva ven duto in data 19.9.2016 al prezzo di euro 31.229,51; (v) con la domanda di insinuazione al passivo aveva pertanto richiesto l’ammissione del credito relativo ai canoni scaduti, quelli a s cadere e le spese; (vi) il g.d. aveva tuttavia respinto l’istanza di insinuazione al passivo così formulata.
Con il decreto qui impugnato con ricorso per cassazione e sopra indicato in epigrafe, il Tribunale di Cagliari ha respinto l’opposizione presentata da RAGIONE_SOCIALE, confermando pertanto il provvedimento impugnato emesso dal g.d.
Il Tribunale ha rilevato che: (a) quanto alla qualificazione del titolo giuridico posto a base della insinuazione, la opponente aveva chiarito che tale domanda trovava fondamento nella disciplina normativa di cui all’art. 72 quater l. fall. e non già nelle previsioni contrattuali che erano state solo tardivamente richiamate nel giudizio di opposizione allo stato passivo; (b) tale conclusione era confortata altresì dalla circostanza che l’eventuale richiamo alle previsioni contrattuali avrebbe determinato comunque una pronuncia di nullità ai sensi dell’art. 1418 cod. civ., stante la natura inderogabile della disciplina dettata dall’art. 1526 cod. civ., applicabile anche
al caso di specie, trattandosi di un leasing traslativo; (c) la risoluzione per inadempimento del contratto di leasing traslativo, ossia pattuito con riferimento a beni atti a conservare alla scadenza del contratto un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione, e dietro canoni che scontavano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto -era regolato, come sopra detto, dall’art. 1526 cod. civ., applicabile analogicamente alla fattispecie atipica, norma che prevede la restituzione delle rate riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno; (d) conformemente ai principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità, l’introduzione nell’ordinamento positivo, tramite l’art. 59 del d.lgs. n 5/2006, dell’art. 72 quater l. fall. non consentiva di ritenere superata la distinzione tra leasing finanziario e traslativo e le differenti conseguenze che da essa derivano nell’ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento dell’u tilizzatore, con l ‘ulteriore conseguenza che, in caso di leasing di godimento, doveva ritenersi applicabile la disciplina generale di cui all’art. 1453 cod. civ., in tema di risoluzione contrattuale, e che, invece, nelle ipotesi – come nella fattispecie – di leasing traslativo, occorreva applicare la normativa prevista dall’art. 1526 cod. civ., con carattere di inderogabilità; (e) alla normativa dettata dall’art. 72 quater l. fall. restava invece il compito di disciplinare l’ipotesi residuale e speciale di scioglimento del contratto per intervenuto fallimento dell’utilizzatore; (f) nel caso di specie, il contratto di locazione era stato risolto in data antecedente alla dichiarazione di fallimento e neanche residuavano dubbi che il contratto concluso tra le parti dovesse essere qualificato nei termini di un leasing traslativo, considerato che il bene oggetto di locazione finanziaria, un’automobile di lusso, era a ‘lunga obsolescenza’ , e che la durata del contratto, pari a quattro anni, era notevolmente inferio re alla ‘vita’ del bene e che, infine, il prezzo di riscatto (euro 17.807) era da considerarsi esiguo se rapportato sia al prezzo di acquisto (euro 71.230) sia al valore residuo del bene alla data della cessazione del contratto, con la conseguenza che i canoni versati dall’utilizzatrice avevano rivestito la funzione di pagamento rateizzato del mezzo secondo una tipica operazione di finanziamento; (g) secondo quanto disposto dall’art. 1526 cod. civ. il concedente aveva dunque diritto
alla restituzione del bene e a un equo indennizzo e l’utilizzatore, invece, il diritto alla restituzione dei canoni versati; (h) la concedente, tuttavia, non aveva proposto né la domanda di indennizzo né di risarcimento del danno previste dall’art. 1526 co d. civ., avendo fatto riferimento al solo diritto di credito di cui all’art. 72 quater l. fall.; (i) le domande proposte solo in sede di opposizione allo stato passivo e rivolte a ricondurre il diritto di credito insinuato alle previsioni dell’art. 1526 co d. civ. dovevano essere pertanto dichiarate inammissibili in quanto tardive, mentre la domanda dell’opponente volta ad ottenere il riconoscimento dei canoni scaduti e non versati, diritto non contemplato dall’art. 1526 cod. civ., bensì dall’art. 72 quater l. fall., non applicabile invece al caso di specie, doveva essere rigettata.
3. Il decreto, pubblicato il 30.11.2018, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, intimato, non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 72 quater l. fall., sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere la disciplina di cui all’art. 72 quater l. fall. non applicabile ai contratti di leasing risolti prima della dichiarazione di fallimento dell’utilizzatore e nell’aver affermato che avrebbe dovuto invece, sin dall’inizio della procedura di verifica, chiedere l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1526 cod. civ.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 1, commi da 136 a 140, della l. n. 124/2017, nonché dell’art. 56 l. fall. e dell’art. 1526 cod. civ. 2.1 Con un primo ordine di censure, sempre contenute nel secondo motivo di doglianza, la società ricorrente denuncia infatti la violazione dell’art. 1 della detta l. n. 124, sul profilo della applicazione anche al caso di specie della
distinzione giurisprudenziale tra leasing finanziario e leasing traslativo.
2.2 Le censure sin qui esposte sono inammissibili ex art. 360bis c.p.c. Sul punto le Sezioni Unite di questa Corte hanno definitivamente chiarito che, in tema di leasing finanziario, la disciplina di cui all’art. 1, commi 136-140,
della legge n. 124 del 2017 non ha effetti retroattivi, sì che il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l’entrata in vigore della legge stessa; per i contratti anteriormente risolti resta valida, invece, la distinzione tra leasing di godimento e traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest’ultima figura, della disciplina dell’art. 1526 c.c., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell’utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente l’art. 72 quater l.fall. (Sez. U ., Sentenza n. 2061 del 28/01/2021; Cass. n. 2538 del 2016; n. 14878 del 2017; n. 3965 del 2019).
2.3 Sostiene inoltre la società ricorrente, sempre nel secondo motivo di doglianza, che il Tribunale avrebbe comunque errato nella qualificazione del contratto come traslativo, con errata applicazione dei principi dettati dalla giurisprudenza nella materia in esame.
2.4 Le doglianze così articolate sono inammissibili per due ordini convergenti di motivi.
Sotto un primo profilo, le doglianze così proposte dimenticano di censurare l’effettiva ratio decidendi del provvedimento impugnato, che, sul punto qui da ultimo in discussione, aveva evidenziato la tardività delle domande avanzate dalla ricorrente, nei termini dei sopra richiamati degli artt. 1526 cod. civ. ovvero 1453 cod. civ., considerato che l’originaria domanda di insinuazione era stata avanzata sulla base di un diverso titolo giuridico, incentrato sulla dichiarata applicazione della disposizione norm ativa dettata dall’art. 72 quater l. fall., normativa ritenuta tuttavia non applicabile al caso di specie per le ragioni già sopra spiegate. Ne consegue che le odierne censure incentrate sulla presunta erronea qualificazione del contratto come leasing traslativo, anziché, come ritenuto dalla odierna ricorrente più correttamente, come leasing di godimento, divengono del tutto irrilevanti, se non si supera e si sconfessa la ragione decisoria principale sopra ricordata.
2.5 Sotto altro profilo, le censure, puntando ad una diversa qualificazione del contratto, si impegnano ad introdurre in questo giudizio di legittimità aspetti di scrutinio tipicamente riservati ai giudici delle fasi precedenti e come tali invece sottratti al sindacato del giudizio di legittimità.
2.6 La società ricorrente propone, sempre nel secondo motivo, anche un terzo ordine di doglianze, incentrate invero sulla denunciata violazione ovvero falsa applicazione dell’art. 1526 cod. civ. e dell’art. 56 l. fall. ‘per omesso calcolo dell’equo compens o e del risarcimento del danno, nonché per mancata applicazione della compensazione ‘ . Sostiene, cioè, la ricorrente che il tribunale, dopo aver sancito l’applicabilità dell’art. 1526 cod. civ. alla fattispecie in esame, avrebbe dichiarato, in modo erroneo, inammissibile l’eccezione compensativa svolta in sede di opposizione, qualificandola come domanda nuova.
2.6 Anche quest’ultima doglianza non è apprezzabile ed anzi risulta formulata in modo inammissibile, per un evidente difetto di autosufficienza, non avendo invero la ricorrente riportato in modo specifico il contenuto della predetta ‘eccezione’ e non consentendo pertanto a questa Corte di vagliarne il contenuto nei termini della richiesta qualifica di eccezione riconvenzionale, anziché nei già ritenuti termini di domanda nuova.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa del fallimento intimato.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2024