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Leasing traslativo: la Cassazione sulla penale

In un caso di risoluzione di un contratto di leasing traslativo per un’imbarcazione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’utilizzatore. La Corte ha confermato che la clausola penale, che prevede il pagamento dei canoni scaduti, di quelli a scadere e del prezzo di riscatto, non è nulla. Essa deve essere valutata dal giudice per verificarne l’eventuale eccessività. Il calcolo del danno deve mirare a ripristinare la posizione finanziaria del concedente, sottraendo dal totale dovuto il valore ricavato dalla vendita del bene, confermando così un principio di pieno ristoro del creditore.

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Leasing Traslativo: la Cassazione Chiarisce i Limiti della Clausola Penale

L’inadempimento in un contratto di leasing traslativo solleva complesse questioni sulla quantificazione del danno spettante alla società concedente. Quando l’utilizzatore smette di pagare le rate, quali somme ha diritto di pretendere il proprietario del bene? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per fare chiarezza sui criteri di calcolo dell’equo compenso e sulla validità delle clausole penali che regolano la risoluzione del contratto.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo emesso nei confronti di una società e del suo garante per il mancato pagamento di canoni relativi a un contratto di leasing avente ad oggetto un’imbarcazione di lusso. Gli ingiunti si opponevano, sostenendo che, a seguito della risoluzione del contratto, la disciplina applicabile dovesse essere quella dell’articolo 1526 del codice civile, con conseguente diritto alla restituzione dei canoni già versati, salvo un equo compenso per l’uso del bene.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato torto agli opponenti. In particolare, la Corte territoriale, pur riconoscendo la natura di leasing traslativo e l’applicabilità dell’art. 1526 c.c., ha interpretato la clausola contrattuale invocata dalla società di leasing come una clausola penale e ha proceduto a valutarne la congruità. Ha concluso che la pretesa del concedente non fosse sproporzionata, portando gli utilizzatori a ricorrere per Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul leasing traslativo

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno stabilito che, in caso di risoluzione per inadempimento di un contratto di leasing traslativo, la clausola contrattuale che prevede il diritto del concedente di ottenere i canoni scaduti, i canoni a scadere e il prezzo pattuito per l’opzione finale di acquisto non è automaticamente nulla. Tale pattuizione va qualificata come clausola penale e, come tale, è soggetta al potere del giudice di ridurla ad equità qualora risulti manifestamente eccessiva, ai sensi degli artt. 1384 e 1526, comma 2, c.c.

Le Motivazioni

Il percorso argomentativo della Corte si è sviluppato su alcuni punti cardine, offrendo importanti chiarimenti sulla materia.

L’Art. 1526 c.c. come “Spettro Filtrante”

La Cassazione ha ribadito l’orientamento consolidato secondo cui al leasing traslativo si applica in via analogica la disciplina della vendita con riserva di proprietà (art. 1526 c.c.). Tuttavia, ciò non comporta la cancellazione automatica delle pattuizioni contrattuali. L’art. 1526 c.c. agisce come uno “spettro filtrante”: il giudice deve utilizzare questa norma per valutare se le clausole volute dalle parti creino uno squilibrio o un’indebita locupletazione a favore del concedente. Il ruolo del giudice non è quello di disapplicare il contratto, ma di correggerne gli eccessi, garantendo un equilibrio tra gli interessi contrapposti.

Il Calcolo del Danno e la Congruità della Penale

Il cuore della motivazione risiede nel criterio per la determinazione del giusto risarcimento. La Corte ha chiarito che l’obiettivo non è solo garantire al concedente un “equo compenso per l’uso”, ma ristorarlo integralmente del danno subito, ponendolo nella stessa posizione in cui si sarebbe trovato se il contratto fosse stato regolarmente adempiuto.

Di conseguenza, è corretto calcolare il danno tenendo conto di:
1. Canoni scaduti e non pagati fino alla risoluzione.
2. Canoni a scadere, a titolo di risarcimento per il mancato guadagno (lucro cessante).
3. Prezzo pattuito per l’opzione finale di acquisto.

Da questa somma complessiva, tuttavia, deve essere detratto l’importo ricavato dalla vendita o da un’altra forma di riallocazione del bene restituito. Questo meccanismo, secondo la Corte, è in linea con la logica della più recente normativa in materia (L. 124/2017) e assicura che il concedente recuperi l’intero importo dell’operazione finanziaria senza però ottenere un arricchimento ingiustificato.

Rigetto della Richiesta di CTU e Spese Legali

Infine, la Corte ha respinto la doglianza relativa alla mancata disposizione di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per determinare l’equo compenso, ritenendo che la valutazione di congruità fosse una questione di diritto risolvibile sulla base dei calcoli presentati. Ha inoltre confermato la condanna alle spese legali anche nei confronti della banca intervenuta nel giudizio ad adiuvandum, ribadendo il principio che chi interviene a sostegno di una tesi poi risultata infondata deve subire le conseguenze della soccombenza.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio in materia di leasing traslativo. Le clausole penali che prevedono il recupero integrale dell’investimento da parte del concedente sono legittime, a condizione che non portino a un ingiusto arricchimento. Il meccanismo corretto prevede il diritto del concedente a pretendere tutto ciò che avrebbe ottenuto con l’adempimento del contratto, ma con l’obbligo di dedurre il valore recuperato dal bene. Questa decisione fornisce certezza giuridica agli operatori del settore e riafferma il ruolo centrale del giudice come garante dell’equità contrattuale, chiamato a bilanciare la tutela del credito con la prevenzione di abusi ai danni della parte inadempiente.

In un contratto di leasing traslativo, la clausola che prevede il pagamento di tutti i canoni (scaduti e a scadere) in caso di risoluzione è valida?
Sì, la Corte di Cassazione la considera una clausola penale valida, soggetta al potere del giudice di ridurla se manifestamente eccessiva. Non è automaticamente nulla per violazione dell’art. 1526 c.c.

Come si calcola il giusto risarcimento per la società di leasing in caso di inadempimento dell’utilizzatore?
Il risarcimento mira a porre la società di leasing nella stessa situazione economica in cui si sarebbe trovata se il contratto fosse stato eseguito. Si sommano i canoni scaduti, i canoni futuri e il prezzo finale di acquisto, e da questo totale si sottrae quanto ricavato dalla vendita o riallocazione del bene.

Il giudice deve sempre disporre una CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio) per determinare l’equo compenso?
No, non è obbligatorio. La Corte ha ritenuto che in questo caso non fosse necessario, poiché la valutazione della congruità della penale può essere fatta sulla base dei calcoli e dei principi di diritto, senza bisogno di una perizia tecnica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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