Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3859 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3859 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19971/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, quale Procuratore di RAGIONE_SOCIALE in persona del Legale Rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO
Pec:
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE Banca RAGIONE_SOCIALE, NOME NOME, NOME, NOME, NOME NOME,
– intimati – nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Legale Rappresentante, NOME, COGNOME NOME, NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME, e domiciliati presso il domicilio digitale del medesimo
Pec:
-controricorrenti- avverso la sentenza n. 993/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/02/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2023 dal Cons. NOME COGNOME;
Rilevato che:
Banca ICCREA, allegando un credito nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e dei fideiussori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per la somma di € 68.203,99 a titolo di canoni e spese insolute relativamente ad un contratto di leasing, intimò con decreto ingiuntivo il pagamento della somma;
la società utilizzatrice ed i garanti proposero opposizione chiedendo la revoca del decreto e la condanna della banca al risarcimento dei danni conseguenti all’asserita usurarietà dei tassi di interesse; nel corso del giudizio intervenne ai sensi dell’art. 111 c.p.c. la RAGIONE_SOCIALE dichiarandosi mera cessionaria del credito già facente capo ad RAGIONE_SOCIALE;
il Tribunale di Roma, disposta una CTU, qualificò il contratto quale leasing traslativo con la conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 1526 c.c. in tema di vendita con riserva della proprietà, e la conseguente restituzione, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, dei canoni già corrisposti e il riconoscimento di un equo compenso per l’utilizzo dei beni; accertò la
sussistenza di un credito in favore della società utilizzatrice di € 119.931,91 e condannò la ICCREA a pagare, in favore della RAGIONE_SOCIALE il corrispondente importo;
a seguito di appello di RAGIONE_SOCIALE e di appello incidentale condizionato della società RAGIONE_SOCIALE e dei fideiussori, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza pubblicata in data 10/2/2022, ha rigettato l’appello principale e dichiara to assorbito quello incidentale condizionato; per quanto ancora qui rileva ha rigettato i motivi di appello con cui si chiedeva di qualificare il contratto quale leasing finanziario anziché traslativo, ribadendo che, essendo il bene concesso in leasing un bene strumentale all’esercizio dell’impresa, il valore delle rate versate andava a remunerare una parte del prezzo di acquisto valorizzandosi gli elementi che avevano indotto il giudice a qualificare il leasing quale traslativo (importo modesto pattuito per il riscatto, durata del contratto di leasing, margine di guadagno del concedente);
avverso la sentenza, che ha pertanto integralmente confermato quella di prime cure, e dunque la debenza della restituzione delle rate già versate ai sensi dell’art. 1526 c.c. la RAGIONE_SOCIALE, quale procuratore di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo;
hanno resistito la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con controricorso;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale sussistendo le condizioni di cui all’art. 380 bis c.p.c.
entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
con l’unico motivo di ricorso violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. degli artt. 1526 c.c. e dell’art. 19 del Contratto di leasing -la ricorrente lamenta che la corte di merito non
avrebbe dovuto applicare l’art. 1526 c.c. ma, piuttosto , l’art. 19 del contratto di leasing che disciplina espressamente il caso di inadempimento dell’utilizzatore senza prevedere alcuna restituzione da parte della banca; la ratio dell’art. 19 era finalizzata ad evitare ingiustificati arricchimenti della banca il che avrebbe dovuto escludere che la banca fosse tenuta alla restituzione dei canoni, con la conseguente violazione o falsa applicazione dell’art. 1526 c.c.
il motivo è inammissibile per plurimi profili. Innanzitutto, in quanto difetta di autosufficienza in quanto, pur prospettando la mancata applicazione dell’art. 19 del contratto, non ne riporta il contenuto con ciò violando palesemente l’art. 366 n. 6 c.p.c.
in secondo luogo, il motivo è inammissibile perché non si correla alla ratio decidendi secondo cui l’art. 19 è incompatibile con la figura del leasing traslativo e con le norme sulla vendita con riserva di proprietà in quanto la sua applicazione determinerebbe una ingiusta locupletazione della concedente la quale manterrebbe allo stesso tempo la proprietà del bene e i canoni maturati fino al momento della risoluzione. Ciò sarebbe in contrasto con il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui ‘l’ applicazione al leasing traslativo della disciplina di carattere inderogabile di cui all’art. 1526 c.c. in tema di vendita con riserva della proprietà comporta, in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, la restituzione dei canoni già corrisposti e il riconoscimento di un equo compenso in ragione dell’utilizzo dei beni, tale da remunerare il solo godimento e non ricomprendere anche la quota destinata al trasferimento finale di essi. Ne consegue che la concedente, mantenendo la proprietà della cosa ed acquisendo i canoni maturati fino al momento della risoluzione, non può ottenere un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene ‘ (Cass., 3, n. 1581 del
24/1/2020; Cass., 3, n. 23336 del 19/9/2019; Cass., 1 n. 10249 del 30/3/2022); pertanto il motivo deve dirsi inammissibile anche in ragione dell’art. 360 bis c.p.c.
alle suesposte considerazioni consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente a pagare in favore della parte controricorrente le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 4.200 (di cui € 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15% in favore della parte controricorrente.
A i sensi dell’art. 13, co. 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza