Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5363 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 5363  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20852/2023 R.G. proposto da :
NOME  COGNOME,  domiciliato ex lege in ROMAINDIRIZZO  presso  la  CANCELLERIA  della  CORTE  di  CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimata- avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  VENEZIA  n.  1127/2023 depositata il 23/5/2023;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
Considerato che:
Per quanto qui interessa, con sentenza n. 305/2020 il Tribunale di Verona condannava NOME COGNOME pagare a BMW RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Succursale  Italiana  la  somma  di  euro  15.142,84,  oltre  accessori, per contratto di leasing riguardante un’automobile e per contratto di finanziamento accessorio a contratto di manutenzione.
Il  COGNOME  proponeva  appello,  rigettato  dalla  Corte d’appello  di Venezia con sentenza n. 1127/2023.
Il  COGNOME  ha  proposto  ricorso,  basato  su  due  motivi,  da  cui  RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
L’altra intimata non ha svolto attività difensiva.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria.
Ritenuto che:
1.1 Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1458, primo comma, e 1526 c.c. per avere il giudice d’appello qualificato contratto di finanziamento ‘leasing di godimento’ anziché ‘leasing traslativo’. La corte territoriale avrebbe così violato giurisprudenza di legittimità consolidata (Cass. 13965 e 27999 del 2019; Cass. 9210/2022; S.U. 2061/2021), dal momento che ‘travisa le condizioni del contratto di leasing oggetto di causa’, in cui
‘l’insieme dei canoni  dovuti  dall’utilizzatore  (COGNOME)  non  era significativamente  inferiore  al  capitale  investito  dal  concedente (RAGIONE_SOCIALE)  sì  da  lasciare  scoperta  una  parte  rilevante’;  e  la vettura ‘aveva conservato, alla scadenza del contratto, un residuo valore particolarmente  apprezzabile  per  l’utilizzatore’, il  quale ‘aveva  la  facoltà  di  acquistare  o  riscattare  la  proprietà  del  bene esercitando l’opzione d’acquisto’.
Le rate erano state previste per un periodo di 48 mesi, e ognuna ammontava a euro 563,20, Iva inclusa. Pertanto il totale era di euro 27.033,60, Iva inclusa, e il prezzo per acquistare il veicolo poi concesso in leasing era stato di euro 29.000. Quindi si sarebbe trattato di un leasing traslativo, giacché il totale dei canoni copriva ‘quasi per intero il capitale investito dal concedente per l’acquisto’ – euro 29.000 , ‘lasciando scoperta una minima parte (2000 euro)’. Inoltre l’auto, alla scadenza del contratto, avrebbe conservato ‘un valore particolarmente apprezzabile per l’utilizzatore’, come dimostrerebbe il prezzo della rivendita avvenuta il 6 luglio 2017 (euro 14.500), molto più alto del prezzo di opzione.
Trattandosi allora di un leasing traslativo, ad avviso del ricorrente controparte  dovrebbe  restituire i ratei pagati, ‘avendo  diritto eventualmente  soltanto  all’equo  compenso’  ex  articolo  1256  c.c. ‘tale da  remunerare  il solo  godimento’  (si  richiamano  Cass. 1625/2015, Cass. 19732/2011, Cass. 19287 e 73 del 2010).
Si  invoca poi Cass. 9210/2022 in ordine all’applicazione analogica dell’articolo 1526 c.c. alla risoluzione del leasing traslativo e, citata altresì  ulteriore  giurisprudenza  relativa  all’articolo  1526  c.c.,  si sostiene che nel caso in esame la controparte avrebbe ‘trattenuto i ratei versati dal COGNOME, a titolo di penale, pur avendo ottenuto la restituzione  …  ed  incassato  il  prezzo  della  successiva  rivendita’, con conseguente violazione dell’articolo 1526 c.c. (pertinenti
sarebbero pure Cass. 888/2014, Cass. 13418/2008 e Cass. 18195/2007).
1.2 Cass. 13965/2019, citata dallo stesso ricorrente, insegna che si è dinanzi ad un leasing di godimento ‘se l’insieme dei canoni è significativamente inferiore alla remunerazione del capitale investito nell’operazione di acquisto e concessione in locazione e lascia non coperta una parte rilevante di questo capitale’, mentre si è dinanzi ad un leasing traslativo ‘se l’insieme dei canoni remunera interamente il capitale impiegato e il prevedibile valore del bene alla scadenza sopravanza in modo non indifferente il prezzo di opzione’ (si trattava di un caso in cui il leasing venne ritenuto traslativo e il valore dell’opzione era dello 0,1% rispetto al valore del bene).
A sua volta Cass. 18195/2007 dichiara che è leasing di godimento quello pattuito per finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un’apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte dei canoni che costituiscono soltanto il corrispettivo dell’uso, mentre è leasing traslativo quando ‘la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare, a quella scadenza, un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione ed i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto; l’accertamento della volontà delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali rientra nei poteri del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se non per violazione dei criteri ermeneutici ovvero per vizio di motivazione’ (conformi Cass. 12317/2005 e Cass. 24214/2006).
Nel caso in esame non sono lamentati né la violazione dei canoni ermeneutici  né  il  vizio  motivazionale,  e  la  questione  che  viene sottoposta, in ultima analisi, è riconducibile a una critica dell’accertamento fattuale: pertanto il motivo risulta inammissibile.
2.1  Con  il  secondo  motivo  si  denuncia,  ex  articolo  360,  primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 4 e
5  d.m.  55/2014  come  modificato  da  d.m.  147/2022  quanto  ai giudizi davanti alla Corte d’appello.
La Corte d’appello avrebbe liquidato gli onorari ‘in misura nettamente superiore ai valori medi’ senza spiegarne le ragioni.
2.2 A tacer d’altro, la motivazione della sentenza è in realtà basata su una evidente, per quanto implicita, ragione: la seconda sentenza è  del  tutto  conforme  alla  prima,  per  cui  l’appello  avrebbe  potuto anche condurre l’attuale ricorrente all’applicazione nei suoi confronti dell’articolo 96, terzo o secondo comma c.p.c.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in  favore  della  controricorrente  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE,  seguono  la soccombenza.
P.Q.M.
La  Corte  rigetta  il  ricorso.  Condanna  il  ricorrente  al  pagamento delle  spese  del  giudizio  di  cassazione,  che  liquida  in  complessivi euro  2.200,00,  di  cui  euro  2.000,00  per  onorari,  oltre  a  spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente BMW RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della  sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento,  da  parte  del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2025