Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14988 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14988 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5140-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO N. 135/2019 DEL TRIBUNALE DI MANTOVA, depositato in data 17/1/2019;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 16/4/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. RAGIONE_SOCIALE, in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE per i
RAGIONE_SOCIALE, ha chiesto di essere ammessa al passivo del RAGIONE_SOCIALE, in forza del contratto di leasing stipulato con quest’ultima e risolto prima del suo fallimento, per la somma complessiva di €. 464.776,01, oltre IVA, quali ‘ canoni scaduti e interessi di mora ‘ alla data del fallimento, dichiarato con sentenza del 28/9/2017.
1.2. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato la domanda.
1.3. Il tribunale, dopo aver qualificato il contratto in questione come un leasing traslativo, ha ritenuto che lo stesso, in quanto risolto per inadempimento della società utilizzatrice prima della dichiarazione di fallimento della stessa, non è assoggettato né alla disciplina prevista dall ‘ art. 72 quater l.fall., che presuppone l’esercizio del potere di scioglimento da parte del curatore, né a quella introdotta dalla l. n. 124/2017, che è entrata in vigore solo dopo lo scioglimento del contratto in questione, trovando, piuttosto, applicazione la normativa civilistica della risoluzione dettata, in materia di vendita con riserva di proprietà, dall ‘ art. 1526 c.c., che è norma inderogabile, con la conseguenza che il concedente deve restituire i canoni fino a quel momento riscossi ma ha il diritto di percepire dall ‘ utilizzatore un equo compenso per la fruizione del bene, oltre al risarcimento del danno.
1.4. RAGIONE_SOCIALE, in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato l ‘ 8/2/2019, ha chiesto, per un motivo, la cassazione del decreto.
1.5. Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con l ‘ unico motivo articolato, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 1526 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., e la correlata nullità della pronuncia, in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il contratto in questione doveva essere qualificato come un leasing traslativo e che lo stesso, essendo stato risolto, con missiva trasmessa dalla concedente in data 17/3/2016, per inadempimento della società utilizzatrice e prima della dichiarazione di fallimento d i quest’ultima , non era assoggettato alla norma prevista dall ‘ art. 72 quater l.fall. né a quella successivamente introdotta dalla l. n. 124/2017, omettendo, tuttavia, di considerare che: – l ‘ art. 72 quater l.fall. non distingue tra leasing traslativo e leasing di godimento, dando rilievo esclusivo alla funzione di finanziamento, come, del resto, confermato dall ‘ art. 1, comma 140, della l. n. 124/2017, la quale, con riguardo a tutte le operazioni economiche i cui effetti non si sono ancora definitivamente stabilizzati, compresi i contratti già risolti, ha disciplinato in maniera organica la locazione finanziaria, facendo espressamente salve, per il caso di fallimento dell’utilizzatore, le previsioni di cui a ll’art. 72 quater cit.; – il contratto questione, peraltro, contiene, all ‘ art. 17 delle condizioni generali, una cd. clausola marciana, secondo cui, in caso d ‘ inadempimento dell ‘ utilizzatore, quest ‘ ultimo è tenuto a restituire il bene ma dal totale delle somme da lui dovute dev ‘ essere dedotto quanto eventualmente ricavato dalla vendita del bene ovvero il diverso importo assunto a base di calcolo per la sua diversa ricollocazione a mezzo di commissario o di altro incaricato; – l ‘ art. 1526 c.c., peraltro, è una norma derogabile, venendo così in rilievo la clausola 17, la quale, in caso di risoluzione anticipata del contratto, prevede che l ‘ utilizzatore
inadempiente è tenuto al pagamento dei canoni scaduti e inadempiuti e di quelli a scadere, oltre al prezzo d ‘ opzione, detratto, tuttavia, il ricavo netto derivante dalla vendita del bene; – la società utilizzatrice, in ogni caso, ha liberamente sottoscritto anche la clausola di cui all’art. 17 delle condizioni generali, secondo la quale la concedente ha in ogni caso il diritto di trattenere tutte le somme corrispostegli dall ‘ utilizzatore a qualunque titolo; -nel leasing finanziario, deve, inoltre, escludersi la manifesta eccessività della clausola penale che, in caso d ‘ inadempimento dell ‘ utilizzatore, stabilisca il cumulo tra il diritto ai canoni spettanti fino alla scadenza originaria e la restituzione del bene; – il tribunale, infine, avrebbe dovuto provvedere, a fronte della risoluzione del contratto di leasing prima della dichiarazione di fallimento, alla quantificazione dell ‘ equo compenso per l ‘ uso della cosa previsto dall ‘ art. 1526, comma 1°, c.c.
2.2. Il motivo è inammissibile. Le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, hanno di recente affermato che, nel leasing finanziario, la disciplina di cui all ‘ art. 1, commi 136-140, della l. n. 124/2017 non ha effetti retroattivi e che, pertanto, il comma 138 si applica solo alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l ‘ entrata in vigore della legge stessa, con la conseguenza che, per i contratti (come quello dedotto dall’opponente a sostegno della domanda di ammissione) anteriormente risolti, resta valida la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo e l’applicazione analogica a quest ‘ ultima figura della disciplina fissata dall ‘ art. 1526 c.c., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell ‘ utilizzatore, non potendosi, per contro, applicare analogicamente l ‘ art. 72 quater l.fall. (Cass.
SU n. 2061 del 2021; conf., Cass. n. 26531 del 2021; Cass. n. 28037 del 2023).
2.3. Quanto al resto, non v ‘ è dubbio che, nel leasing traslativo, in ipotesi di risoluzione anticipata per inadempimento dell ‘ utilizzatore, le parti possono convenire, con pattuizioni aventi natura di clausole penali, il diritto del concedente di trattare i canoni già versati da ll’utilizzatore (art. 1526, comma 2°, c.c.) ovvero l’obbligo di quest’ultimo di versare una somma corrispondente ai canoni scaduti e/o a scadere (art. 1382 c.c.), con la detrazione, dRAGIONE_SOCIALE somme dovute al concedente, dell ‘ importo ricavato dalla futura vendita del bene restituito, essendo tali clausole coerenti con la previsione contenuta nell ‘ art. 1526, comma 2°, c.c. (cfr., rispettivamente, Cass. n. 10249 del 2022, Cass. n 7367 del 2023 e Cass. n. 28022 del 2021).
2.4. Il concedente che voglia far valere il credito (risarcitorio) previsto da tali clausole (al pari di quello relativo all ‘ equo compenso) ha, tuttavia, l ‘ onere (che, nel caso in esame, non risulta, alla luce di quanto esposto in ricorso, adempiuto) di proporre la relativa domanda di ammissione al passivo in seno alla quale, invocando ai fini del risarcimento del danno l’applicazione dell’eventuale clausola penale stipulata in suo favore, dovr à offrire al giudice delegato la possibilità di apprezzare (anche in via ufficiosa) se detta penale, ai sensi e per gl i effetti dell’art. 1526, comma 2°, c.c. e, più in generale, dell’art. 1384 c.c. (di cui la predetta norma costituisce applicazione), sia equa ovvero manifestamente eccessiva, indicando la somma esattamente ricavata dalla diversa allocazione del bene oggetto di leasing, ovvero, in mancanza, RAGIONE_SOCIALEgando alla sua domanda una stima attendibile del valore di
mercato del bene medesimo al momento del deposito della stessa (Cass. SU n. 2061 del 2021, in motiv.).
Il ricorso, per l’inammissibilità del motivo articolato, è, a sua volta, inammissibile : e come tale dev’essere dichiarato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al RAGIONE_SOCIALE controricorrente le spese del giudizio, che liquida nella somma di €. 13.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima