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Leasing traslativo e fallimento: le regole

La Cassazione chiarisce la disciplina applicabile al leasing traslativo risolto prima del fallimento dell’utilizzatore. Con l’ordinanza n. 15009/2024, si conferma che in questi casi non si applica la normativa speciale fallimentare (art. 72-quater l.fall.), bensì l’art. 1526 c.c. sulla vendita con riserva di proprietà. La società di leasing non ha diritto ai canoni residui, ma a un equo compenso. Per ottenerlo, deve però fornire al giudice gli elementi per calcolarlo, come il valore del bene recuperato.

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Leasing Traslativo: Cosa Accade se il Contratto si Risolve Prima del Fallimento?

La gestione dei contratti di leasing traslativo nel contesto di un fallimento aziendale è una questione complessa, che richiede una chiara distinzione temporale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, la n. 15009 del 29 maggio 2024, torna a ribadire un principio fondamentale: la disciplina applicabile cambia radicalmente a seconda che il contratto sia stato risolto prima o dopo la dichiarazione di fallimento. Questa decisione offre spunti cruciali per le società di leasing e i curatori fallimentari.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore bancario, in qualità di mandataria di una società di leasing, aveva richiesto l’ammissione al passivo del fallimento di un’impresa sua cliente. Il credito vantato, pari a oltre 53.000 euro, derivava dal mancato pagamento dei canoni relativi a quattro contratti di locazione finanziaria (aventi ad oggetto tre autoveicoli e una gru), risolti per inadempimento prima della dichiarazione di fallimento.

Il Tribunale di Catania aveva rigettato la domanda. Secondo i giudici di merito, i contratti in questione erano da qualificarsi come leasing traslativo, data la sproporzione tra il valore residuo dei beni e il prezzo di opzione finale. Poiché i contratti erano già stati risolti prima del fallimento, si doveva applicare l’articolo 1526 del Codice Civile, che regola la vendita con riserva di proprietà. In base a tale norma, il concedente non ha diritto ai canoni non pagati, ma solo a un equo compenso per l’uso dei beni, domanda che la società non aveva formulato. Di conseguenza, il credito era stato escluso dal passivo.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

La società creditrice ha impugnato la decisione del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando sei motivi di ricorso. La Suprema Corte li ha rigettati tutti, confermando la decisione di merito con argomentazioni solide e coerenti con il suo orientamento consolidato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Qualificazione del Contratto di Leasing Traslativo non è Ultrapetizione

La ricorrente sosteneva che il Tribunale fosse andato oltre le domande delle parti (vizio di ultrapetizione), decidendo sulla natura del leasing quando la discussione iniziale verteva solo sull’opponibilità dei documenti al fallimento. La Cassazione ha respinto questa tesi, ricordando il principio jura novit curia (“il giudice conosce la legge”). Rientra nel potere-dovere del giudice qualificare giuridicamente i fatti e individuare le norme corrette, anche se non indicate dalle parti. La qualificazione del contratto come leasing traslativo non era una questione nuova, ma un passaggio logico-giuridico indispensabile per decidere sulla fondatezza della pretesa creditoria.

L’Applicabilità dell’Art. 1526 c.c. per Risoluzioni Ante-Fallimento

Il cuore della controversia risiedeva nella norma da applicare. La società di leasing invocava l’art. 72-quater della Legge Fallimentare, norma speciale che disciplina lo scioglimento dei contratti di leasing pendenti al momento del fallimento. La Corte ha ribadito, richiamando la storica sentenza delle Sezioni Unite n. 2061/2021, che tale norma ha natura eccezionale e si applica solo quando il contratto è ancora in essere e viene sciolto per volontà del curatore.

Se, come nel caso di specie, il contratto è stato risolto per inadempimento dell’utilizzatore prima della dichiarazione di fallimento, la procedura concorsuale non incide sul rapporto già definito. Si torna, quindi, alla disciplina generale del codice civile e, specificamente, all’applicazione analogica dell’art. 1526 c.c. per il leasing traslativo.

Clausola Penale e Onere della Prova del Creditore

La società ricorrente lamentava anche la mancata considerazione di una clausola contrattuale che la autorizzava a pretendere tutte le somme dovute fino alla data della risoluzione. La Corte ha chiarito che, sebbene lecita, una tale clausola penale è soggetta al potere del giudice di ridurla ad equità se manifestamente eccessiva, come previsto dal secondo comma dell’art. 1526 c.c.

Per consentire questa valutazione, il creditore che si insinua al passivo ha un onere preciso: non può limitarsi a chiedere i canoni scaduti. Deve, invece, specificare nella domanda la somma ricavata dalla riallocazione del bene o, in mancanza, fornire una stima attendibile del suo valore di mercato attuale. Solo così il giudice può bilanciare l’interesse del creditore con la necessità di evitare un indebito arricchimento a danno della massa dei creditori. Avendo la società omesso di fornire questi dati essenziali, la sua domanda è stata correttamente rigettata.

Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. La distinzione tra risoluzione del contratto di leasing traslativo prima e dopo il fallimento è netta e determina l’applicazione di regimi giuridici profondamente diversi.

Per le società di leasing, emerge un chiaro monito: in caso di risoluzione antecedente al fallimento, la strategia processuale non può limitarsi a richiedere i canoni insoluti. È indispensabile strutturare la domanda di ammissione al passivo come richiesta di equo compenso e risarcimento, fornendo tutti gli elementi necessari (valore del bene recuperato) per permettere al giudice delegato una corretta valutazione del credito, in conformità con i principi dell’art. 1526 c.c.

Quando un contratto di leasing traslativo è risolto prima del fallimento dell’utilizzatore, quale norma si applica?
Si applica l’articolo 1526 del Codice Civile, che regola la vendita con riserva di proprietà, e non la disciplina speciale prevista dall’articolo 72-quater della Legge Fallimentare.

Cosa può pretendere la società di leasing in caso di risoluzione di un leasing traslativo prima del fallimento?
La società di leasing non può pretendere il pagamento dei canoni insoluti e di quelli a scadere, ma ha diritto a un “equo compenso” per l’uso del bene, oltre al risarcimento del danno.

Quali oneri ha la società di leasing per far valere il proprio credito nel fallimento?
Deve presentare una domanda specifica per l’equo compenso e il risarcimento, indicando la somma ricavata dalla vendita del bene o allegando una stima del suo valore di mercato, per consentire al giudice di valutare l’eventuale eccessività della penale contrattuale e ridurla equamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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