Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14232 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14232 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 36832-2018 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.p.a., non in proprio ma esclusivamente in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in persona della AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME, procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO con l’AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, INDIRIZZO, presso lo studi o dell’AVV_NOTAIO COGNOME.
-ricorrente –
contro
Per il FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE (P_IVA nP_IVA), rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e con la stessa elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, con sede
in Roma ora alla INDIRIZZO e già alla INDIRIZZO, come da procura speciale RAGIONE_SOCIALEgata al controricorso.
-controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, pubblicato in data 19.11.2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/4/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
1.Con ricorso ex artt. 98 e 99 l. fall. la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, nella qualità sopra indicata, dispiegava opposizione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE, chiedendo, in riforma del provvedimento del g.d. emesso in data 12.9.2017, di ammettere la RAGIONE_SOCIALE al passivo in via chirografaria per il credito complessivo di euro 68.508,04, dovuto in ragione del contratto di locazione RAGIONE_SOCIALEa n. 1120387, intercorso con la società in bonis e poi risolto in data antecedente al fallimento e vantato a titolo di canoni scaduti sino alla data di dichiarazione del fallimento, deducendo che: (i) il predetto contratto di leasing, avente ad oggetto un immobile ad uso laboratorio sito nel Comune di Torino, si era risolto per inadempimento della società conduttrice alla data del 26 maggio 2009; (ii) alla fattispecie era applicabile la disciplina introdotta con la l. n. 124/2017; (iii) aveva pertanto titolo per ottenere il pagamento della residua parte dei canoni non pagati e scaduti.
Il Tribunale di Bari, nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE che deduceva l’inapplicabilità al caso di specie della l. n. 124/2017 e del novellato art. 72 quater l. fall., rigettava tuttavia la proposta opposizione, confermando pertanto il provvedimento impugnato adottato dal g.d.
3. Il Tribunale ha rilevato che: (a) il contratto di leasing posto alla base della pretesa creditoria insinuata al passivo RAGIONE_SOCIALE era stato risolto prima della dichiarazione di fallimento della società utilizzatrice e pertanto ciò comportava l’inapplicabilità al caso di specie della disciplina prevista dall’art. 72 quater l. fall., che, invece, trovava applicazione soltanto nel caso di rapporti pendenti al momento della dichiarazione di fallimento e non anche nel caso di rapporti oramai esauriti a tale data; (b) parimenti non poteva trovare applicazione neanche la disciplina di recente introduzione, prevista
dalla l. n. 124/2017 (cd. legge concorrenza), che all’art. 136 tipizza il contratto di locazione RAGIONE_SOCIALEa e nei successivi articoli indica i presupposti e le conseguenze della risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, non contenendo essa una disposizione transitoria relativa all’applicazione delle norme ivi previste ai contratti pendenti alla data della sua entrata in vigore e dovendosi pertanto rifare alla regola generale dettata dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al cod. c iv., che sancisce il principio normativo dell ‘ irretroattività della legge; (c) la predetta legge, essendo entrata in vigore in data 29.8.2017, non poteva dunque trovare applicazione al contratto oggetto di causa, essendo stato lo stesso stipulato e risolto in epoca antecedente; (d) stante l’inapplicabilità della nuova disciplina e di quella dettata dall’art. 72 quater l. fall., occorreva pertanto far riferimento alla tradizionale distinzione tra leasing RAGIONE_SOCIALEo di godimento e traslativo e alla relative conseguenze in tema di inadempimento, posto che, secondo gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, l’introduzione nell’ordinamento, tramite l’art. 59 d.lgs. n. 5/2006, dell’art. 72 quater l. fall. non consentiva di ritenere superata la tradizionale distinzione tra leasing RAGIONE_SOCIALEo e traslativo; (e) così, in ipotesi di leasing di godimento, trova applicazione la disciplina generale prevista per la risoluzione per inadempimento dei contratti ad esecuzione continuata e periodica, ai sensi dell’a rt. 1458 cod. civ. e pertanto, in capo alla società di leasing, in caso di inadempimento dell’utilizzatore, sussiste il diritto a trattenere i canoni riscossi, posto che per tali contratti l’effetto retroattivo della risoluzione non si estende RAGIONE_SOCIALE prestazioni già eseguite; (f) diversamente, eguale diritto in capo al concedente non sussiste nelle ipotesi di leasing traslativo, poichè, in tali casi, considerata prevalente la causa di scambio rispetto a quella di finanziamento, per analogia, si applica la disciplina prevista nella vendita a rate con riserva di proprietà , dettata dall’art. 1526 cod. civ., con la conseguenza che il concedente ha diritto alla restituzione del bene oggetto del contratto nonché al risarcimento del danno, accompagnandosi tuttavia a ciò anche l’obbligo di restituire i canoni sino ad allora riscossi, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso del bene da parte dell’utilizzatore; (g) il contratto oggetto di causa -anche in considerazione delle clausole negoziali
relative al corrispettivo della locazione e all’opzione di riscatto doveva essere ricondotto alla tipologia del leasing traslativo, con conseguente applicazione al caso di specie del disposto normativo di cui all’art. 1526 cod. civ. e con conseguente diritto del concedente alla restituzione del bene concesso in leasing, ma non a trattenere ovvero incassare i canoni riscossi; (f) occorreva pertanto rigettare la domanda di ammissione al passivo relativo al credito per i canoni scaduti, posto che la società istante aveva titolo per pretendere solo il pagamento di un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno, essendo quest’ultima domanda diversa per petitum e per causa petendi da quella azionata in giudizio; (g) non poteva trovare applicazione neanche l’art. 17 previsto nel contratto oggetto di causa, che prevedeva, in caso di anticipata risoluzione dello stesso, tra le altre prescrizioni, il versamento dei canoni scaduti e non pagati, in considerazione della illegittimità della stessa clausola, come tale tendente ad eludere la disciplina inderogabile dettata dall’art. 1526 cod. civ.
2. Il decreto, pubblicato il 19.11.2018, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., vizio di omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 96 l. fall., con conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c. 1.1 Osserva infatti la ricorrente che il Tribunale di Bari si sarebbe limitato a qualificare il leasing come traslativo come se il g.d. avesse motivato anch’esso in tal senso. Aggiunge sempre la società ricorrente che -come ampiamente dedotto in sede di opposizione allo stato passivo -mancherebbe nel provvedimento reso dal g.d. qualsiasi motivazione legittimante il rigetto della sua domanda di insinuazione al passivo, essendosi il giudice monocratico limitato a riferire ‘si rigetta il credito’, solo presu ntivamente facendo riferimento RAGIONE_SOCIALE motivazioni addotte dal curatore.
1.1 La doglianza così articolata è inammissibile.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, di regola, in virtù dell’effetto sostitutivo della pronuncia di secondo grado e della conversione delle nullità del provvedimento soggetto ad impugnazione in motivi di impugnazione, ove il giudice così adito rilevi un vizio nella sentenza impugnata non può rimettere la causa al primo giudice ma deve trattenerla per l’ulteriore decisione nel merito. Ne consegue che è inammissibile il ricorso per cassazione per carenza d’interesse qualora detto giudice, pur non avendo dichiarato la nullità della sentenza di primo grado prospettata in sede di impugnazione, abbia pronunciato nel merito (Sez. L, Sentenza n. 7744 del 05/04/2011; Sez. L, Sentenza n. 12642 del 05/06/2014; Sez. 2 – , Ordinanza n. 21943 del 12/10/2020).
Orbene, nel caso di specie il Tribunale, pur non pronunciandosi in ordine alla eccepita nullità del provvedimento impugnato per carenza assoluta di motivazione, si è correttamente pronunciato nel merito, sostituendo così la sua motivazione a quella del giudice impugnato, e solo contro la decisione e la motivazione del Tribunale l’odierno ricorrente può rivolgere le sue censure e non già nei confronti della motivazione resa dal primo giudice, nei cui confronti non riveste alcun interesse alla relativa impugnazione.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 1526 cod. civ., e per l’effetto ed ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., nullità del provvedimento impugnato, sul rilievo che il Tribunale non avrebbe ammesso, e in ciò errando, i canoni che, alla data della risoluzione del contratto di leasing, erano già scaduti e rimasti insoluti e che non avrebbe applicato, altrettanto erroneamente, il disposto normativo di cui all’art. 72 quater l. fall.
2.1 Le doglianze sin qui esposte sono inammissibili ex art. 360bis c.p.c.
Sul punto le Sezioni Unite di questa Corte hanno definitivamente chiarito che, in tema di leasing RAGIONE_SOCIALEo, la disciplina di cui all’art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017 non ha effetti retroattivi, sì che il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l’entrata in vigore della legge stessa; per i contratti anteriormente risolti resta valida, invece, la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, con
conseguente applicazione analogica, a quest’ultima figura, della disciplina dell’art. 1526 c.c., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell’utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente l’art. 72 quater l.fall. ( Sez. U ., Sentenza n. 2061 del 28/01/2021; Cass. n. 2538 del 2016; n. 14878 del 2017; n. 3965 del 2019).
2.3 Sostiene inoltre la società ricorrente, sempre nel secondo motivo di doglianza, che il Tribunale avrebbe comunque errato per aver totalmente ignorato anche il contenuto del contratto di leasing, con particolare riferimento al contenuto negoziale dell’art. 17 che conterrebbe una cd. clausola marciana, la cui applicazione avrebbe avuto un effetto salvifico potendosi ritenere la stessa sufficiente a garantire un riequilibrio delle posizioni delle parti ed evitare situazioni di ingiustificato arricchimento. Secondo la ricorrente, nella fattispecie in esame non avrebbero potuto invocarsi le regole disposte dall’art. 1526 cod. civ. la cui applicazione non dovrebbe avvenire allorquando le parti abbiano già risolto in via contrattuale il possibile squilibrio delle posizioni reciproche mediante la previsione di una specifica clausola negoziale, non potendosi ritenere il disposto normativo di cui all’art. 1526 cod. civ. norma imperativa, posta la prevista sua derogabilità proprio in forza del secondo comma.
2.4 Questo secondo profilo di censura è invero infondato, sebbene il suo rigetto necessiti una rettifica della motivazione impugnata nei termini che si spiegheranno.
2.4.1 Sul punto, va chiarito che, sempre secondo l’arresto giurisprudenziale sopra ricordato (Cass. Sez. U , n. 2061/2021), in tema di leasing traslativo, nel caso in cui, dopo la risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, intervenga il fallimento di quest’ultimo, ‘ il concedente che, in applicazione dell’art. 1526 c.c., intenda far valere il credito risarcitorio derivante da una clausola penale stipulata in suo favore è tenuto a proporre apposita domanda di insinuazione al passivo ex art. 93 l.fall., in seno alla quale dovrà indicare la somma ricavata dalla diversa allocazione del bene oggetto del contratto ovvero, in mancanza, RAGIONE_SOCIALEgare una stima attendibile del relativo valore di mercato all’attualità, onde consentire al giudice di
apprezzare l’eventuale manifesta eccessività della penale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1526, comma 2, c.c. ‘.
2.4.2 A ciò va ulteriormente aggiunto – e qui si innesca la cennata necessità della correzione della motivazione impugnata – che deve oramai ritenersi superata la precedente giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 21476 del 15/09/2017 ), secondo cui in caso di ‘ leasing traslativo, risoltosi anteriormente alla dichiarazione di fallimento, il patto c.d. di deduzione -per mezzo del quale deve essere riconosciuto al concedente l’importo complessivo dovuto dall’utilizzatore, a titolo di ratei scaduti e a scadere nonché quale prezzo del riscatto del bene, maggiorato degli interessi moratori convenzionali, anche se decurtato del prezzo di riallocazione del bene oggetto del contratto -è nullo per contrarietà all’ordine pubblico economico ed, in particolare, alla previsione di cui all’art. 1526 c.c., applicabile in via analogica a tutti i casi di risoluzione anticipata del contratto, anteriormente alla dichiarazione di fallimento del l’utilizzatore ‘.
2.4.3 E’ stata infatti espressamente esclusa – sempre dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex pluris , Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26531 del 30/09/2021)la ‘ declaratoria di nullità della clausola cd. di confisca ‘, con la conseguenza che ‘l a clausola che, in ipotesi di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, attribuisce al concedente il diritto di trattenere i canoni pagati ed impone all’utilizzatore di corrispondere quelli scaduti non è, di per sé, affetta da nullità, atteso che l’utilizzatore, una volta pagato il dovuto e restituito il bene, ha diritto di vedersi restituiti i canoni versati corrispondendo l’equo compenso, fermo restando il potere officioso del giudice di ridurre l’indennità ai sensi del secondo comma dell’art. 1526 c.c. in caso di definitiva acquisizione al concedente delle rate corrisposte ‘ (v. anche: Sez. 3, Ordinanza n. 7367 del 14/03/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 16632 del 12/06/2023).
2.4.4 Ciò posto e premesso, osserva tuttavia il Collegio che il diritto al riconoscimento del credito sulla base della sopra richiamata clausola negoziale deve comunque ritenersi subordinato ad una modalità specifica di introdurre la domanda che, nel caso di specie, è del tutto mancata, a quanto emerge già dalla lettura del ricorso introduttivo, nulla essendo stato infatti
formulato e dedotto in punto di stima nella sede della verifica del passivo (ed in quella successiva del giudizio di opposizione allo stato passivo), cioè di indicazione da parte della società creditrice istante di un valore che, sia pur ex post , riequilibri in senso equitativo l’utilità contrattuale che comunque il concedente consegua, ottenendo, come in questo caso, il bene oggetto del leasing, oltre i canoni insoluti e gli interessi (cfr. anche Cass. 28037/2023, e Cass. SU 2061/2021, cit. supra; v. anche: Cass. 28579/2023; Cass. 28196/2023).
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.400 per compensi, oltre RAGIONE_SOCIALE spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16.04.2024