Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33359 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33359 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9037/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
-controricorrente-
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 2698/2022 depositata il 05/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La presente controversia trae origine da due Decreti Ingiuntivi resi dal Tribunale di Firenze su ricorso della societ à RAGIONE_SOCIALE che ingiungevano al Sig. NOME COGNOME titolare dell’omonima ditta individuale, il pagamento di €.89.437,65, a titolo di canoni scaduti e non pagati del contratto di leasing n. 528463 e canoni a scadere per €. 270.532,27.
Il Tribunale di Firenze, con la sentenza n. 1574/2017, rigettava l’eccezione di incompetenza per territorio per entrambi i decreti ingiuntivi, ritenendo valida ai sensi dell’art. 1341 c.c. la sottoscrizione della clausola derogatoria da parte dell’utilizzatore. Nel merito confermava i decreti ingiuntivi opposti sul presupposto della natura finanziaria (e non traslativa) del contratto di leasing.
La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza n. 2698/2022 pubblicata il 5 dicembre 2022 ha rigettato l’appello proposto dal COGNOME ritenendo: a) infondata l’eccezione di incompetenza territoriale sostenendo la validit à della clausola derogatoria della competenza generale, perch é seppure sottoscritta in blocco risulterebbe comunque riassunto il suo contenuto; b) nel merito, pur avendo qualificato il contratto di leasing come ‘traslativo’ ha ritenuto non sussistere i presupposti n é per la riduzione della clausola penale, n é per la ripetizione dei canoni gi à versati dall’utilizzatore.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, sulla base di sei motivi illustrati da memoria.
3.1. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE (gi à RAGIONE_SOCIALE) rappresentata da RAGIONE_SOCIALE Ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 comma 2 c.c. e dell’art.17 del contratto di leasing, sottoscritto in data 1 giugno 2008, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ‘
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della ‘nullità della sentenza per difetto di motivazione e violazione dell’art.132 comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’art. 111 comma 6 cost. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. Omessa motivazione su sufficienza requisiti sottoscrizione clausole in blocco’.
4.3. Con il terzo motivo, parte ricorrente si duole della ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc in relazione all’ art.360 comma 1 n. 3 c.p.c. Omessa pronuncia e mancata motivazione sulla nullit à della penale prevista dall’art.14 del contratto di leasing sottoscritto in data 1/6/2008. Nullit à della sentenza per assenza o difetto di motivazione e violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 cpc e dell’ art.111 comma 6 cost. in relazione all’ art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. 4.4. Con il quarto motivo, parte ricorrente prospetta la ‘violazione e falsa applicazione dell’ art.1526 cc in relazione all’ art.360 comma 1 n.3 c.p.c. ‘
4.5. Con il quinto motivo, parte ricorrente denuncia ‘la violazione e falsa applicazione dell’art.1384 c.c. in relazione all’ art.360 comma 1 n. 3 cpc. Apparente e/o omessa motivazione sulla mancata riduzione della penale ex art.1384 c.c. Nullit à della sentenza per difetto di motivazione e violazione dell’art.132 comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’ art. 111 comma 6 cost. in relazione all’ art.360 comma 1 n.4 c.p.c. ‘
4.6. Con il sesto motivo, il COGNOME denuncia ‘la violazione e falsa applicazione degli artt.91 e 92 c.p.c. ai sensi dell’art.360 comma 1° n.3 c.p.c. ‘
Il primo e secondo motivo di ricorso sono inammissibili. Essi risultano formulati in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., non risultando debitamente riportati nel ricorso gli atti e i documenti del giudizio di merito posti a base delle formulate censure, già con riferimento alla stessa clausola del contratto di cui lamenta la vessatorietà.
5.1. Inammissibili sono il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, incentrati sulla questione della applicabilità dell’art. 1526 c.c. alla risoluzione del contratto di leasing traslativo per inadempimento dell’utilizzatore.
Innanzitutto, osserva il collegio che anche detto motivo sconta il difetto di autosufficienza, giacché la ricorrente non riporta per intero l’art. 14 delle condizioni generali dei due contratti di leasing asseritamente in contrasto con il disposto del citato art. 1526, commi 1 e 2, c.c. (cfr. p. 19 e ss., ricorso principale).
Inoltre, i motivi sono inammissibili ex art. 360 bis c.p.c. perché le statuizioni della Corte territoriale sono conformi ai postulati affermati, in subiecta materia, dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 2061 del 28 gennaio 2021, richiamata dalla medesima Corte, alla quale si è uniformata anche la successiva giurisprudenza.
Sicché, la lettura di tale decisione offerta da parte ricorrente non è condivisibile, perché piegata per trarne un inammissibile vantaggio. Né il ricorrente adduce argomenti idonei a superare i principi sopra affermati, con conseguente declaratoria di inammissibilità del motivo in esame, ai sensi dell’art. 360 bis , 1° comma n. 1, c.p.c.
Inoltre, occorre precisare che non v’è alcuna contraddizione nella decisione impugnata in quanto risulta adeguatamente motivata anche in punto di clausola penale.
Aggiungasi che le Sezioni Unite di questa Corte, a partire dalla sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014, a cui sono seguite numerose pronunce conformi, hanno affermato che, in sede di legittimità, il vizio di omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, violativo dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., sussiste solo quando la motivazione manca graficamente, ovvero quando si tratta di ‘motivazione del tutto apparente’, o di ‘motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile’, o ancora di ‘manifesta e irriducibile sua contraddittorietà’, dovendo peraltro detti vizi emergere dalla obiettiva lettura della decisione impugnata, senza possibilità di ricavarla da altri elementi (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 11 aprile 2024, n. 9776; Cass. civ., Sez. II, Ord., 31 marzo 2022, n. 10525; Cass. civ., Sez. II, Ord., 30 luglio 2021, n. 21937; Cass. civ., Sez. VI, 11 agosto 2021, n. 22698).
Nel caso, la Corte di appello ha motivato in modo coerente, logico e adeguato la sua decisione, richiamando la decisione di primo grado, che ha espressamente condiviso, e spiegando che l’applicazione dell’art. 1526 c.c. non è automatica e non è giustificata quando, come nel caso di specie, le parti hanno regolato pattiziamente gli effetti della risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore (cfr. pp. 5 -6 e 7, sentenza impugnata).
5.2. Il sesto motivo è infondato.
A fondamento della condanna alle spese di lite vi è il principio di tutela dell’effettività del diritto di difesa (art. 24 Cost.): la parte vittoriosa non deve essere infatti gravata delle spese sostenute per la causa, altrimenti subirebbe un danno economico per il solo fatto di aver agito in giudizio per il riconoscimento di un proprio diritto. Finché però la causa è pendente, e il diritto incerto, il carico delle spese deve essere anticipato da ciascuna delle parti, e solo al
momento della definizione della pretesa le spese sopportate dalla parte vittoriosa debbono esserle restituite dalla parte soccombente. L’art. 91 c.p.c. disciplina il principio generale di soccombenza, secondo cui il giudice condanna la parte che ha perso la causa al pagamento delle spese legali, che liquida in sentenza. Prevede subito dopo l’eccezione al principio generale, per il caso in cui il giudice ha formulato in corso di causa una proposta conciliativa, e una parte l’ha rifiutata senza giustificato motivo.
In questo caso il principio di soccombenza trova una deroga parziale, e le spese legali dell’attività successiva alla proposta conciliativa sono poste a carico della parte che l’ha rifiutata, anche se fosse la parte vittoriosa.
L’art. 92 c.p.c., invece, stabilisce ulteriori deroghe al principio generale della soccombenza, consentendo al giudice di non porre le spese a carico del soccombente quando sono eccessive o superflue, e quando la parte vittoriosa ha violato i doveri di lealtà e probità nel processo.
I commi 2 e 3 dello stesso articolo si occupano della compensazione delle spese, ovvero del caso in cui ciascuna parte sostiene le proprie spese legali. Il giudice può dunque decidere di compensare le spese tra le parti quando vi è soccombenza reciproca, quando la questione trattata è assolutamente nuova, o vi è mutamento della giurisprudenza sulle questioni dirimenti, oppure infine nel caso di conciliazione della causa.
Il giudice dell’appello ha nella specie fatto corretta applicazione del principio della soccombenza.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese
generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza