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Leasing traslativo: applicazione dell’art. 1526 c.c.

Una società finanziaria ricorre in Cassazione dopo che la sua richiesta di pagamento per un contratto di leasing traslativo di un’imbarcazione è stata drasticamente ridotta in Appello. La Corte Suprema rigetta il ricorso, confermando che per i contratti risolti prima della L. 124/2017 si applica per analogia l’art. 1526 c.c. e ribadendo l’insindacabilità delle valutazioni di fatto e del potere discrezionale del giudice di merito riguardo alla riduzione della penale e alla valutazione delle prove.

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Leasing Traslativo: la Cassazione Conferma l’Applicazione dell’Art. 1526 c.c.

L’ordinanza n. 4385/2024 della Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sulla disciplina applicabile alla risoluzione del contratto di leasing traslativo, specialmente per le vicende contrattuali antecedenti alla riforma del 2017. La decisione ribadisce principi consolidati e offre importanti spunti sulla distinzione tra questioni di diritto, uniche ammissibili in sede di legittimità, e valutazioni di fatto, riservate al giudice di merito.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto di leasing per un’imbarcazione da diporto. L’utilizzatrice, dopo un’iniziale dilazione, non riesce a far fronte al pagamento dei canoni. La società di leasing, subentrata nel contratto, ottiene un decreto ingiuntivo per oltre 750.000 euro, comprensivi del debito residuo e delle spese di custodia e riparazione dell’imbarcazione, che aveva subito un incidente.

L’utilizzatrice e il suo garante si oppongono al decreto. Il Tribunale di primo grado accoglie l’opposizione e revoca il decreto. In appello, la Corte riforma parzialmente la sentenza, condannando l’utilizzatrice al pagamento di una somma molto inferiore, circa 33.000 euro.

Insoddisfatta, la società finanziaria propone ricorso in Cassazione, articolando sei motivi di doglianza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, condannando la società ricorrente al pagamento delle spese processuali. La decisione si fonda sulla corretta applicazione dei principi di diritto e sulla inammissibilità dei motivi che miravano a un riesame del merito della controversia.

Le Motivazioni

L’analisi delle motivazioni offre una chiara visione dei limiti del giudizio di legittimità e dei principi che governano il leasing traslativo.

Sull’irrilevanza delle prove testimoniali

La ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente considerato ammissibili delle prove testimoniali, pur decidendo poi di non basarsi su di esse. La Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile, sottolineando un punto cruciale: la ratio della decisione d’appello si fondava esclusivamente sull’analisi dei documenti. Di conseguenza, ogni discussione sull’ammissibilità o meno delle prove testimoniali era divenuta irrilevante, in quanto non avevano inciso sul verdetto finale.

Sulla corretta applicazione dell’art. 1526 c.c. al leasing traslativo

Il cuore della controversia giuridica risiedeva nella normativa da applicare. La società finanziaria sosteneva l’applicazione dell’art. 72 della legge fallimentare anziché dell’art. 1526 c.c. (previsto per la vendita con riserva di proprietà).

La Corte ha respinto questa tesi, richiamando la fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite (n. 2061/2021). Per i contratti risolti prima dell’entrata in vigore della Legge n. 124/2017, resta valida la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo. A quest’ultimo, come nel caso di specie, si applica in via analogica la disciplina dell’art. 1526 c.c. Questa norma prevede che, in caso di risoluzione, il venditore (concedente) debba restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.

Sull’onere della prova e la riduzione della penale

Altri motivi di ricorso riguardavano il calcolo degli interessi (legati al franco svizzero) e la riduzione della clausola penale operata dalla Corte d’Appello. In entrambi i casi, la Cassazione ha dichiarato i motivi inammissibili.

Sul calcolo degli interessi, la Corte ha evidenziato che la ricorrente, pur indicando alcuni criteri, non aveva fornito la prova completa e dettagliata di come fosse pervenuta alla somma pretesa. Sulla riduzione della penale, ha ribadito che si tratta di un potere discrezionale del giudice di merito, motivato e non censurabile in sede di legittimità se non per vizi logici, che nel caso in esame non sono stati riscontrati.

Sulla posizione dell’erede del garante

Infine, la Cassazione ha respinto anche il motivo relativo alla mancata decisione nei confronti dell’erede del garante. La Corte ha osservato che i giudici di merito avevano di fatto escluso la sua responsabilità per mancata prova della qualità di erede puro e semplice. Inoltre, essendo pacifico che l’accettazione dell’eredità era avvenuta con beneficio di inventario, la responsabilità dell’erede sarebbe stata comunque limitata (intra vires) al valore dei beni ereditati, la cui consistenza non era stata provata dalla società creditrice.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è significativa per diverse ragioni. In primo luogo, consolida l’orientamento giurisprudenziale sulla disciplina del leasing traslativo per i contratti risolti prima della riforma del 2017, confermando l’applicazione analogica dell’art. 1526 c.c. In secondo luogo, serve come monito sulla natura del giudizio di Cassazione: non è una terza istanza di merito dove ricalcolare somme o rivalutare prove, ma un giudizio di pura legittimità, volto a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto. Infine, ribadisce che il potere del giudice di merito di ridurre una penale manifestamente eccessiva è ampiamente discrezionale e sindacabile solo in casi di palese illogicità della motivazione.

Per un contratto di leasing traslativo risolto prima della legge 124/2017, quale normativa si applica?
Si applica in via analogica la disciplina dell’articolo 1526 del Codice Civile, relativo alla vendita con riserva di proprietà. Questo principio, confermato da una decisione delle Sezioni Unite della Cassazione, prevede che il concedente debba restituire i canoni riscossi, avendo però diritto a un equo compenso per l’uso del bene e al risarcimento del danno.

Può la Corte di Cassazione riesaminare il calcolo di somme o la valutazione delle prove fatte da un giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le valutazioni di fatto, come il calcolo esatto di somme dovute o l’apprezzamento delle prove. Il suo compito è verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente le leggi. I motivi di ricorso che chiedono una nuova valutazione dei fatti sono considerati inammissibili.

Qual è la conseguenza se un giudice di merito decide una causa basandosi solo su documenti, pur in presenza di richieste di prova testimoniale?
Se il giudice ritiene che la causa sia matura per la decisione sulla base dei soli documenti disponibili, la sua scelta di non considerare o non ammettere prove testimoniali non è censurabile. La contestazione sull’ammissibilità di tali prove diventa irrilevante se la decisione finale si fonda su una ratio autonoma e sufficiente, basata sulla prova documentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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