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Leasing immobiliare: diritti in caso di vizi

La Corte di Cassazione interviene su un caso di leasing immobiliare, stabilendo principi chiave sui diritti dell’utilizzatore. Una società aveva contestato il contratto per vizi dell’immobile (altezza inferiore e mancanza di agibilità) e per un canone basato su un valore di acquisto gonfiato. La Corte ha respinto le censure sul calcolo del canone, ma ha accolto quelle relative ai vizi, affermando che un giudice non può negare una consulenza tecnica e poi rigettare la domanda per mancanza di prova. Ha inoltre stabilito che la risoluzione del contratto per inadempimento non è automatica se questo è giustificato da vizi del bene.

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Leasing Immobiliare: Vizi dell’Immobile e Diritto di Contestarli

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un complesso caso di leasing immobiliare, delineando importanti principi a tutela dell’utilizzatore in presenza di vizi del bene e di clausole contrattuali contestate. La decisione chiarisce come debba essere gestito l’onere della prova e quando l’inadempimento dell’utilizzatore possa considerarsi giustificato.

I Fatti di Causa

Una società, operante nel settore commerciale, stipulava un contratto di leasing per un immobile che, secondo gli accordi, la banca concedente avrebbe dovuto acquistare da terzi per poi concederlo in locazione finanziaria. Successivamente, la società utilizzatrice scopriva due fatti rilevanti: primo, l’immobile presentava gravi difformità, tra cui un’altezza inferiore a quella dichiarata e la mancanza del certificato di agibilità, che lo rendevano inidoneo all’uso commerciale pattuito. Secondo, la banca non aveva acquistato l’immobile per l’operazione, ma ne era già proprietaria da anni, avendolo pagato un prezzo significativamente inferiore a quello posto a base del calcolo dei canoni di leasing.

Di conseguenza, la società agiva in giudizio per chiedere il ricalcolo dei canoni sulla base del costo effettivo sostenuto dalla banca. A loro volta, l’istituto di credito otteneva due decreti ingiuntivi per il mancato pagamento di alcuni canoni. I giudizi di primo e secondo grado davano ragione alla banca, confermando gli ingiuntivi e rigettando le domande della società. Quest’ultima ricorreva quindi in Cassazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha esaminato i diversi motivi di ricorso, giungendo a una decisione che ha parzialmente ribaltato l’esito dei precedenti gradi di giudizio.

Canone di Leasing e Valore dell’Immobile

La Corte ha ritenuto infondate le censure relative al calcolo del canone. Secondo i giudici, ai fini della determinazione del canone di leasing immobiliare, ciò che rileva è il valore del bene concordato tra le parti al momento della stipula del contratto, non il prezzo storico a cui il concedente lo aveva acquistato in passato. La circostanza che la banca avesse taciuto il suo precedente acquisto a un prezzo inferiore non è stata considerata sufficiente a invalidare l’accordo sul valore corrente del bene, liberamente accettato dall’utilizzatore.

Leasing Immobiliare e Vizi: L’Onere della Prova è Fondamentale

Il punto cruciale della decisione riguarda i vizi dell’immobile. La società lamentava che i giudici di merito avessero rigettato la sua domanda per mancanza di prova, dopo aver però respinto la sua richiesta di una consulenza tecnica, unico strumento idoneo a dimostrare oggettivamente la difformità dell’altezza dei locali.

La Cassazione ha accolto questo motivo, giudicando la motivazione della corte d’appello come “viziata da insufficienza e contraddizione”. Un giudice non può, da un lato, negare alla parte gli strumenti istruttori indispensabili per provare il proprio diritto e, dall’altro, rigettare la sua domanda proprio per carenza di prova. Questo principio riafferma il diritto fondamentale alla prova nel processo civile.

Risoluzione del Contratto e Giustificato Inadempimento

Un altro motivo accolto dalla Corte riguarda l’applicazione della clausola risolutiva espressa. La società aveva smesso di pagare i canoni eccependo l’inidoneità dell’immobile. I giudici di merito avevano considerato l’inadempimento sufficiente a far scattare la risoluzione automatica prevista dal contratto.

La Cassazione ha corretto questa impostazione, stabilendo che, anche in presenza di una clausola risolutiva espressa, il giudice deve verificare se l’inadempimento sia giustificato. L’interruzione dei pagamenti non può essere considerata arbitraria se è una reazione a un grave inadempimento della controparte (in questo caso, la consegna di un bene viziato e inidoneo all’uso). Pertanto, la risoluzione non poteva essere dichiarata senza prima bilanciare i rispettivi comportamenti delle parti.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte di Appello per un nuovo esame alla luce dei principi enunciati. Questa ordinanza rafforza la tutela dell’utilizzatore nei contratti di leasing immobiliare. In sintesi, le implicazioni pratiche sono due:

1. Diritto alla prova: L’utilizzatore che lamenta vizi oggettivi dell’immobile ha diritto a utilizzare gli strumenti processuali idonei a dimostrarli, come una consulenza tecnica. Il rigetto ingiustificato di tali richieste può costituire un vizio della sentenza.
2. Valutazione dell’inadempimento: La risoluzione di un contratto non è un meccanismo automatico. Il mancato pagamento dei canoni può essere giustificato se l’immobile consegnato è inidoneo all’uso pattuito, configurando un’eccezione di inadempimento che il giudice è tenuto a valutare.

Come si calcola il canone in un contratto di leasing immobiliare se la banca concedente possedeva già l’immobile a un prezzo inferiore?
Secondo la Corte di Cassazione, il canone si calcola sul valore del bene concordato dalle parti al momento della stipula del contratto di leasing, non sul prezzo storico di acquisto sostenuto anni prima dal concedente. L’accordo sul valore al momento del leasing è considerato prevalente.

Un giudice può rigettare una richiesta di perizia tecnica e poi dichiarare una domanda infondata per mancanza di prova?
No. La Corte ha stabilito che è viziata da insufficienza e contraddizione la motivazione con cui un giudice rigetta la domanda di una parte per mancata prova, dopo aver però negato alla stessa parte la richiesta di uno strumento istruttorio (come la consulenza tecnica) che sarebbe stato l’unico o il principale mezzo per fornire quella prova.

L’inadempimento dell’utilizzatore giustifica sempre la risoluzione automatica del contratto se è presente una clausola risolutiva espressa?
No, non sempre. La Corte ha chiarito che il giudice deve verificare se l’inadempimento (in questo caso, la sospensione del pagamento dei canoni) sia stato arbitrario o se invece fosse giustificato da un inadempimento della controparte, come la consegna di un bene con vizi che lo rendono inidoneo all’uso. In tal caso, l’inadempimento dell’utilizzatore potrebbe essere considerato legittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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