Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22601 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22601 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10969-2019 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso il decreto n. cronologico 1042/2019 del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, del 22/02/2019 R.G.N. 6040/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.10969/2019
COGNOME
Rep.
Ud13/05/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Reggio Emilia aveva rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, proposta da NOME COGNOME Quest’ultimo, assumendo di aver instaurato con la società in liquidazione un rapporto di natura subordinata, (impiegato 1^ livello dal 1993 e dal 2004 dirigente), aveva domandato l’ammissione al passivo in privilegio della somma di E.388.189,52 per le differenze retributive non percepite, o, in via subordinata, della somma di E.78.544,32.
Il credito insinuato dal COGNOME era escluso dallo stato passivo, in quanto non provata la natura subordinata del rapporto.
Il tribunale, in sede di opposizione, riteneva non provata la natura subordinata del rapporto in quanto i testi escussi non erano riusciti a fornire sufficiente prova sulle caratteristiche della subordinazione. Il tribunale soggiungeva inoltre che il COGNOME era stato socio della Cisa Legno con quota del 10% che dal 2006 al 2010 era stato Consigliere e Vicepresidente del Consiglio di amministrazione della società e che dal 2004 al 2010 aveva ricoperto il ruolo di direttore tecnico assunto con ‘incarico di lavoro professionale autonomo’. Il giudice, in ragione delle dichiarazioni testimoniali e della documentazione acquisita, riteneva non provato l’assoggettamento del COGNOME alle direttive datoriali, neppure in forma attenuata, come possibile per una figura dirigenziale.
Avverso detta decisione il COGNOME proponeva ricorso affidato a 7 motivi, coltivati con successiva memoria, cui resisteva il Fallimento nella figura del curatore, anche con successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)Con primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. (violazione degli artt. 2094 e 2222 c.c.), è lamentato il mancato raffronto tra la disciplina del lavoro subordinato e quella sul lavoro autonomo, in particolare il confronto con il rapporto di collaborazione, anche evidenziando ogni valutazione sull’assenza del necessario progetto (con richiamo all’art. 69 d.lgs n. 276/2003)
Il motivo risulta contenere prospettazioni circa l’assenza di un progetto ed il richiamo al contratto di collaborazione, che non risultano trattate dal primo giudice. Invero non viene indicato ove tali domande siano state poste, atteso che, per quanto risultante dagli atti e dalla decisione impugnata, la domanda originaria era diretta all’accertamento della natura subordinata e non all’accertamento di un eventuale progetto non ottemperato o comunque non valido e dunque alla richiesta di accertamento della commutazione della natura del rapporto. Il motivo si appalesa pertanto inammissibile stante la sua novità.
2)-Con il secondo motivo (art. 360co.1 n. 5 c.p.c.) è denunciata l’omessa e contraddittoria motivazione circa la sussistenza (irrilevante) di un iniziale contratto di lavoro autonomo. Parte ricorrente si duole del rilievo attribuito dal giudice all’inizial e contratto di collaborazione autonoma sottoscritto dalle parti, rispetto al quale è contrapposta dal ricorrente la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
Il motivo si appalesa inammissibile in quanto il tribunale non si è fermato al mero riscontro del dato formale attestato dal contratto in questione, ma ha valutato il materiale probatorio acquisito ( prove testimoniali), per giungere alle conclusioni di carenza di elementi utili a rappresentare l’esistenza della subordinazione. Si tratta di una valutazione di merito correttamente effettuata dal tribunale non riesaminabile in questa sede di legittimità.
3)- Il terzo motivo (art. 360co.1 n. 3 c.p.c.) denuncia la violazione dell’art. 279 c.p.c.) in quanto si assume l’esistenza di una ‘sentenza parziale’ consistita nella ordinanza di ammissione di una ctu contabile fatta da precedente giudice istruttore. Tale decisione è ritenuta decisiva e definitiva sulla fondatezza della domanda di riconoscimento della subordinazione.
Deve chiarirsi che le ordinanze di ammissione di mezzi istruttori non hanno un contenuto decisorio. Invero, per stabilire se un provvedimento costituisca sentenza o ordinanza endoprocessuale, è
necessario avere riguardo non alla sua forma esteriore o all’intestazione adottata, bensì al suo contenuto e, conseguentemente, all’effetto giuridico che esso è destinato a produrre, sicché hanno natura di sentenze – soggette agli ordinari mezzi di impugnazione e suscettibili, in mancanza, di passare in giudicato -i provvedimenti che, ai sensi dell’art. 279 c.p.c., contengono una statuizione di natura decisoria (sulla giurisdizione, sulla competenza, ovvero su questioni pregiudiziali del processo o preliminari di merito), anche quando non definiscono il giudizio. ( Cass.n. 3945/2018).
Nel caso in esame dal contenuto dell’ordinanza riportata nel motivo di censura emerge che si era disposta la consulenza tecnico-contabile al fine di determinare le somme collegate alla domanda svolta dal ricorrente con riferimento a due decorrenze diverse ( due differenti ipotesi), sicchè nessuna valenza decisoria può annettersi a tale provvedimento, atteso il mandato affidato, meramente contabile ed anche finalizzato a più ipotesi possibili.
Con il quarto motivo (art. 360 co.1 n. 5 c.p.c.) è denunciata l’omessa, contraddittoria motivazione sugli indici della subordinazione, poiché il ricorrente assume di aver fornito copiosa documentazione attestante l’inserimento nella organizzazione aziendale.
Il motivo è inammissibile poiché uesta Corte ha avuto modo di chiarire che ‘ In tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi del’art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa (Cass. n.18368/2013; Cass. n. 17761/2016) Ha anche specificato che ‘
L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di
discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia’ ( Cass. n. 23238/2017)
La decisività del ‘fatto’ omesso assume nel vizio considerato dalla disposizione richiamata rilevanza assoluta poiche’ determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa).
In tale lettura della disposizione non può dunque trovare spazio la richiesta di una ri-valutazione di una parte del materiale probatorio che, già oggetto della valutazione del giudice del merito, non sia stata da quest’ultimo valorizzata in quanto superata da altre differenti argomentazioni probatorie. Non si è pertanto in presenza di un fatto decisivo e determinante per una differente decisione, ma nella prospettazione di una differente ipotesi decisoria, evidentemente esclusa dal giudice del merito.
5)- Con la quinta censura (art. 36co.10 n. 5 c.p.c.) è lamentata l’omessa, contraddittoria motivazione sul periodo del rapporto lavoro da dirigente.
Occorre premettere che il tribunale aveva valutato l’assenza di elementi dimostrativi della subordinazione, anche con riferimento ad una figura apicale, quale quella rivestita dal ricorrente, con ciò facendo chiaro richiamo anche ad indici più attenuati, e dunque più confacenti al ruolo rivestito. Anche in tal caso si tratta di una valutazione di merito svolta con correttezza di analisi, non più rivedibile in questa sede di legittimità.
6)Il sesto motivo richiama l’omessa, insufficiente motivazione (art. 360 co.1 n. 5 c.p.c.) sulla compatibilità tra cariche sociali e lavoro subordinato.
Il motivo è inammissibilmente proposto poiché richiede, ancora una volta, una ri-valutazione del merito, peraltro già compiuta dal tribunale
7)- Con ultima censura è dedotta la violazione di norme di legge e l’omessa, contraddittoria motivazione su un fatto decisivo (art. 360 co.1 n. 3 e 5 c.p.c.) con riferimento ai compensi per lavoro autonomo. Il tribunale, sul punto, ha sottolineato che non erano state provate sufficientemente le prestazioni asseritamente svolte, in quanto la documentazione allegata era costituita solo da note pro forma e non da fatture.
Anche in tal caso il motivo non può trovare accoglimento perché, in sostanza, richiede una nuova valutazione del merito della controversia, non consentito in sede di legittimità. Deve peraltro osservarsi che il principio di non contestazione non risulta fondare la pretesa poiché, come risultato dall’esame svolto dal tribunale, si trattava di credito contestato per il quale erano solo da considerarsi gli elementi di prova rimessi alle parti nel rispetto dei rispettivi oneri processuali.
Per quanto osservato, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono il principio di soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 7.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Cosi’ deciso in Roma il 13 maggio 2025.
La Presidente NOME COGNOME