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Lavoro precario: abuso contratti a termine nel Comune

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di lavoro precario protratto per anni all’interno di un’amministrazione comunale. Diversi lavoratori, assunti con contratti a termine successivi per svolgere mansioni istituzionali e stabili, avevano citato in giudizio l’ente. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che la reiterazione dei contratti era illegittima e abusiva, poiché non supportata da reali esigenze temporanee ma utilizzata per coprire fabbisogni organici permanenti. Pur negando la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato, come previsto dalla legge per il pubblico impiego, ha confermato il diritto dei lavoratori a un cospicuo risarcimento del danno.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Lavoro Precario nel Pubblico Impiego: No alla Stabilizzazione, Sì al Risarcimento

Il fenomeno del lavoro precario nella Pubblica Amministrazione è una questione annosa e complessa. Molti lavoratori si trovano imbrigliati per anni in una successione di contratti a tempo determinato, senza mai raggiungere la stabilità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’utilizzo abusivo di contratti a termine da parte di un ente pubblico dà diritto al risarcimento del danno, ma non alla conversione automatica in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Precariato Pluriennale al Servizio del Comune

La vicenda riguarda un gruppo di lavoratori assunti da un Comune per periodi che, in alcuni casi, superavano i vent’anni. Le assunzioni avvenivano tramite contratti a tempo determinato, formalmente legati a “progetti per lo sviluppo e l’occupazione” finanziati dalla Regione. Le mansioni svolte, tuttavia, erano tutt’altro che eccezionali o temporanee: si trattava di servizi essenziali e continuativi come manutenzione, trasporto scolastico e cura del verde pubblico, attività che rientrano pienamente nei compiti istituzionali dell’ente.

Sentendosi defraudati del loro diritto alla stabilità, i lavoratori hanno adito le vie legali, chiedendo la declaratoria di nullità dei termini apposti ai loro contratti e la conseguente conversione in rapporti a tempo indeterminato, oltre al risarcimento per l’abuso subito.

L’Abuso dei Contratti a Termine e la Posizione della Cassazione

La Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte d’Appello, ha rigettato il ricorso del Comune, chiarendo in modo inequivocabile i limiti entro cui la Pubblica Amministrazione può utilizzare il contratto a tempo determinato.

La Falsa Giustificazione dei “Progetti Speciali”

Il Comune si difendeva sostenendo la legittimità dei contratti in quanto basati su una specifica legge regionale finalizzata a promuovere l’occupazione. La Cassazione ha smontato questa tesi, affermando che una legge regionale non può derogare ai principi fondamentali dell’ordinamento statale e dell’Unione Europea (in particolare la Direttiva 1999/70/CE). Il semplice richiamo a “progetti” non è sufficiente a integrare la “ragione oggettiva” che deve giustificare un’assunzione a termine. L’ente deve dimostrare l’esistenza di esigenze effettivamente temporanee ed eccezionali, cosa che non avveniva nel caso di specie, dato che le mansioni erano stabili e permanenti.

Diritto al Risarcimento, non alla Stabilizzazione

Il punto cruciale della decisione riguarda le conseguenze dell’accertato abuso. La normativa sul pubblico impiego (art. 36 del D.Lgs. 165/2001) vieta la conversione dei contratti a termine illegittimi in rapporti a tempo indeterminato, a differenza di quanto avviene nel settore privato. Questa norma mira a tutelare il principio costituzionale dell’accesso al pubblico impiego tramite concorso. Tuttavia, per evitare che l’abuso resti impunito e per tutelare il lavoratore, la legge prevede una sanzione diversa: il risarcimento del danno. La Corte ha quindi confermato la condanna del Comune a versare ai lavoratori un’indennità risarcitoria, commisurata a un certo numero di mensilità dell’ultima retribuzione.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un bilanciamento tra diversi principi. Da un lato, la necessità di prevenire e sanzionare l’abuso del lavoro precario, in linea con il diritto dell’Unione Europea, che considera il contratto a tempo indeterminato la forma comune dei rapporti di lavoro. Dall’altro, la salvaguardia delle regole di accesso al pubblico impiego, che impongono il concorso come via maestra. La Corte ha chiarito che le finalità di politica sociale, come la lotta alla disoccupazione, non possono essere perseguite violando le tutele previste per i lavoratori. Se un’esigenza dell’amministrazione è permanente, deve essere soddisfatta attraverso assunzioni stabili, non attraverso una catena infinita di contratti precari.

L’ordinanza si sofferma anche su aspetti procedurali, respingendo i motivi di ricorso di entrambe le parti relativi alla gestione delle spese processuali. In particolare, ha confermato la parziale compensazione delle spese decisa in appello, ritenendola giustificata dalla soccombenza parziale dei lavoratori sulla domanda di conversione del contratto.

Conclusioni: Implicazioni della Sentenza sul Lavoro Precario

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e di grande importanza. Per i lavoratori, rappresenta la conferma che l’abuso nella reiterazione dei contratti a termine da parte della P.A. non rimane senza conseguenze e che il diritto al risarcimento è una tutela effettiva. Per le Pubbliche Amministrazioni, è un monito severo a non utilizzare strumenti pensati per esigenze temporanee come scorciatoie per coprire fabbisogni di personale stabili e duraturi. La sentenza ribadisce che la lotta al lavoro precario passa attraverso una corretta pianificazione del fabbisogno organico e il rispetto delle regole, non attraverso soluzioni estemporanee che ledono i diritti dei lavoratori.

Un Comune può assumere personale a tempo determinato per anni per svolgere mansioni ordinarie, giustificandolo con “progetti per l’occupazione”?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale pratica costituisce un abuso, poiché le leggi regionali finalizzate all’occupazione non possono derogare ai principi nazionali ed europei che richiedono una causa oggettiva e temporanea per la stipula di contratti a termine. Le mansioni stabili e istituzionali devono essere coperte da personale di ruolo.

Un lavoratore precario della Pubblica Amministrazione che subisce un abuso di contratti a termine ha diritto alla conversione del rapporto in tempo indeterminato?
No. A differenza del settore privato, la legge (art. 36, D.Lgs. 165/2001) vieta espressamente la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato nel pubblico impiego, per salvaguardare il principio dell’accesso tramite concorso pubblico. La sanzione per l’abuso è il risarcimento del danno.

La finalità di politica sociale, come l’incentivo all’occupazione, può giustificare la deroga alle norme sui contratti a termine?
No. Secondo la Corte, le finalità di politica sociale devono essere perseguite nel rispetto delle regole poste a tutela dei lavoratori e per prevenire l’abuso dei contratti a termine. Un obiettivo sociale non può legittimare una condotta che, di fatto, crea un precariato stabile in violazione dei diritti del lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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