Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20804 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20804 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13596-2020 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 302/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 10/05/2019 R.G.N. 112/2012; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Oggetto
Sanzioni amministrative
lavoro
R.G.N.13596/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/05/2024
CC
Rilevato che:
La Corte d’appello di Caltanissetta ha accolto l’appello principale della RAGIONE_SOCIALE e, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto l’opposizione di NOME COGNOME avverso l’atto di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni emesso dalla citata RAGIONE_SOCIALE e notificato il 14.5.209, con cui si addebitava al NOME di avere impiegato due lavoratrici, NOME COGNOME e NOME COGNOME, non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in violazione dell’art. 3, comma 3, decreto-legge 12/2002, convertito dalla legge 73/2002. Ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale del COGNOME per difetto dei r equisiti di specificità, di cui all’art. 342 cod. proc. civ.
La Corte territoriale, in difformità rispetto al tribunale, ha ritenuto che il datore di lavoro non avesse fornito prova della effettiva durata dei due rapporti di lavoro non regolarizzati, non essendo a tal fine idonee le dichiarazioni rese dalle medesime lavoratrici in sede ispettiva e quali testimoni nel corso del processo (in cui avevano fornito ‘risposte stereotipate e poco circostanziate’); con la conseguenza che dovesse operare la presunzione legale iuris tantum (così a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 144 del 2005) prevista dal citato art. 3, comma 3, decreto-legge 12/2002.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a otto motivi. L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. È stata depositata memoria nell’interesse del ricorrente.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale degli artt. da 62 a 72 del decretolegge n. 69 del 2013, convertito dalla legge n. 98 del 2013, relativi alla istituzione dei giudici ausiliari di appello, in relazione agli artt. 3, 102, 25, 106 e 111 Cost., in quanto istitutivi di un magistrato onorario stabilmente destinato ad un organo collegiale per motivazioni avulse da ragioni contingenti ed eccezionali.
Il motivo non può trovare accoglimento. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 41 del 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgen ti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e RAGIONE_SOCIALE funzioni della magistratura onoraria ne i tempi stabiliti dall’art. 32 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57). In base a tale pronuncia, deve considerarsi legittima la composizione dei collegi di appello con i giudici ausiliari, fino a quando, entro la data del 31.10.2025, si perverrà ad una riforma complessiva della magistratura onoraria; fino a quel momento, la temporanea tollerabilità costituzionale dell’attuale assetto è volta ad evitare l’annullamento RAGIONE_SOCIALE decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le corti di appello dei giudici onorari al fine di ridurre l’arretrato nelle cause civili (v. Cass. 32065 del 2021).
7. Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ. per non avere la Corte d’appello dichiarato inammissibile l’appello principale dell’RAGIONE_SOCIALE (trascritto nei brani essenziali) per carenza del requisito di specificità. Il ricorrente premette di non aver sollevato l’eccezione in esame nel giudizio di appello e di prospettare la questione per la prima volta col ricorso per cassazione, invocando la sentenza di questa Corte n. 19222 del 2013 secondo cui ‘Il difetto di specificità dei motivi di appello ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ. (nel testo anteriore alla modifica di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134), non rilevato d’ufficio dal giudice del gravame, può essere proposto come motivo di ricorso per cassazione dalla parte appellata, ancorché essa non abbia sollevato la relativa eccezione nel giudizio di appello, poiché si tratta di questione che, afferendo alla stessa ammissibilità dell’impugnazione e, quindi, alla formazione del giudicato, è rilevabile anche d’ufficio dalla Corte di cassazione’ (nello stesso senso v. Cass. n. 4706 del 2016).
8. Deve premettersi, in via generale, che il difetto di specificità rende inammissibile il ricorso in appello (Cass. n. 13535 del 2018; S.U. n. 36481 del 2022) e che i vizi di inammissibilità o improcedibilità dell’appello, non rilevati dal giudice di merito, possono essere rilevati, anche d’ufficio, in sede di legittimità se non implicano accertamenti in fatto e se il giudice di merito non si sia pronunciato espressamente sulla questione pregiudiziale o relativa al vizio di nullità processuale, e possono essere devoluti dalla parte con specifico motivo di ricorso (v. Cass. n. 3352 del 2024; n. 11204 del 2019; v. anche Cass. n. 7941 del 2020).
Nel caso in esame, ferma l’ammissibilità del motivo di ricorso formulato nel rispetto degli oneri imposti dall’art. 366, comma 1, n. 4 e n. 6 c.p.c. (Cass. n. 22880 del 2017; n. 3194 del 2019), con trascrizione degli atti processuali rilevanti (in particolare, della sentenza di primo grado e dell’atto di appello), deve, tuttavia, affermarsi l’infondatezza dello stesso.
Questa Corte ha chiarito, a partire dalla sentenza n. 2143 del 2015, come sia sufficiente, ai fini degli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., che l’atto di appello consenta di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum , circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata (nello stesso senso v. Cass. n. 21336 del 2017; n. 27199 del 2017; n. 13535 del 2018; n. 36481 del 2022).
Il ricorso in appello dell’RAGIONE_SOCIALE risponde ai citati requisiti di specificità poiché investe in maniera puntuale la questione della ‘quantificazione del quantum debeatur ‘ e censura la decisione di primo grado nella parte in cui, erroneamente valutando il materiale probatorio, ha ritenuto lo stesso idoneo a superare la presunzione legale sulla decorrenza del rapporto di lavoro irregolare.
Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per avere dichiarato inammissibile l’appello incidentale per difetto del requisito di specificità.
Il motivo non può trovare accoglimento.
14 . La Corte d’appello ha fondato il giudizio di inammissibilità dell’appello incidentale del COGNOME sul rilievo che lo stesso si fosse limitato a riproporre, quali motivi di impugnazione, le stesse censure mosse col ricorso introduttivo di primo grado sui c riteri di calcolo e sull’entità della sanzione irrogata, senza confrontarsi con le ‘analitiche considerazioni poste dal primo giudice a fondamento del decisum ‘ (sentenza p. 5, primo cpv.). Tale giudizio trova conforto nel contenuto dell’appello incidentale sul punto (‘…non si può non rilevare la eccessiva ed arbitraria ed invero irragionevole determinazione. Infatti, l’RAGIONE_SOCIALE -che non ha inteso notificare né tantomeno produrre in giudizio copia del ccnl del settorevorrebbe sostenere che nel l’anno 2005 un dipendente di minimo livello contrattuale di prima assunzione verrebbe a costare al datore di lavoro euro 3.132 al mese’, v. comparsa di costituzione con appello incidentale, p. 7, primo cpv.) rispetto alla complessa motivazione adottata dal tribunale (sentenza, pp. 10-12).
Con il quarto motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 1, 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello, ai fini della valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, applicato norme e principi propri del processo tributario.
Con il quinto motivo è dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello omesso di considerare che le testi moni, al momento della deposizione in giudizio, non lavoravano alle dipendenze del COGNOME da oltre cinque anni, non potendo pertanto sussistere alcuno stato di soggezione economica nei confronti dell’ex datore.
Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ., per avere la Corte di merito adottato una motivazione apparente, di mero stile, illogica, errata e incomprensibile.
18 . Con il settimo motivo si impugna la decisione d’appello per violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ., per avere dichiarato come corretta la sanzione indicata dall’RAGIONE_SOCIALE senza motivazione alcuna.
19 . Con l’ottavo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello dichiarato corretta la sanzion e indicata dall’RAGIONE_SOCIALE in aperto contrasto con quanto emerso dalle risultanze istruttorie. Si assume che la Corte d’appello abbia giudicato corretto l’importo chiesto dall’RAGIONE_SOCIALE in base all’art. 36 bis, comma 7, lett. a) del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, sebbene la stessa Corte avesse ritenuto applicabile la normativa vigente all’epoca dell’accertamento, cioè il decreto-legge n. 12 del 2002, convertito dalla legge n. 73 del 2002.
I motivi dal quarto al sesto possono essere esaminati congiuntamente per connessione RAGIONE_SOCIALE censure mosse e non sono fondati.
21 . La sentenza d’appello ha giudicato non assolto l’onere posto a carico del datore di lavoro allo scopo di superare la presunzione legale sulla decorrenza del rapporto di lavoro cd.
‘in nero’, valutando come inidonee le dichiarazioni rese dalle due lavoratrici sia in sede ispettiva e sia nel corso della deposizione testimoniale. La valutazione di inidoneità di tali elementi di prova si fonda sul contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni stesse, e sauritosi in ‘risposte stereotipate e poco circostanziate’ e sul rilievo che tali caratteristiche, atte a privare di attendibilità le risposte date, trovassero causa nello stato di soggezione RAGIONE_SOCIALE due lavoratrici nei confronti del datore di lavoro. È vero che all’epoca della deposizione testimoniale le due signore non erano più dipendenti del COGNOME da diversi anni (sebbene fossero dipendenti al momento dell’accesso ispettivo) ma questo dato, a cui il ricorrente affida molte RAGIONE_SOCIALE critiche in esame, è privo di decisività avendo la Corte d’appello desunto, nel suo libero ed esclusivo apprezzamento, elementi di decisione anche dal contenuto in sé RAGIONE_SOCIALE risposte date dalle lavoratrici, in quanto prive di riferimenti a elementi specifici e a dati verificabili.
22. Come è noto, è al giudice del merito che spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge; la parte quindi, con il ricorso per cassazione, non può rimettere in discussione la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie e la ricostruzione RAGIONE_SOCIALE fattispecie come operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (ex plurimis, v. Cass. n. 29404 del 2017). Né ha fondamento l’affermazione per cui la Corte d’appello, nella valutazione del materiale probatorio,
avrebbe applicato norme e principi propri del processo tributario, avendo la stessa esplicitato le ragioni di insufficienza RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni, anche testimoniali, RAGIONE_SOCIALE lavoratrici per le caratteristiche intrinseche e le condizioni estrinseche evidenziate. Il richiamo della decisione della Commissione tributaria non è dirimente a tal fine, anche perché seguito dal riferimento alla sentenza RAGIONE_SOCIALE S.U. n. 9594 del 2012, il cui principio di diritto è stato condiviso e applicato dai giudici di appello.
23. Riguardo alla eccepita violazione RAGIONE_SOCIALE regole di formazione della prova, deve ribadirsi che l’art. 115 c.p.c. si limita a richiedere che la decisione si basi su elementi validamente acquisiti al processo, con divieto del giudice di utilizzare prove non dedotte dalle parti o acquisite d’ufficio al di fuori dei casi in cui la legge conferisce un potere officioso d’indagine (Cass. n. 27000 del 2016; n. 13960 del 2014), mentre esula dall’ambito applicativo di tale disposizione ogni questione che involga il modo in cui siano stati valutati gli elementi acquisiti, profilo su cui il controllo di legittimità può svolgersi solo con riguardo alla motivazione, in termini di violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., oppure nei limiti di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (v. Cass., S.U. n. 8053 e n. 8054 del 2014), attraverso la denuncia di omesso esame di un fatto storico, determinato e avente valore decisivo; a nessuna di tali previsioni è possibile ricondurre le critiche svolte dall’attuale ricorrente.
24 . Parimenti infondata è la censura di violazione dell’art. 116 c.p.c., che presuppone, come più volte precisato da questa Corte (v. Cass., S.U. n. 20867 del 2020; n. 11892 del 2016; n. 25029 del 2015; n. 25216 del 2014), che il giudice valuti una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale. Nessuna di
queste situazioni è rappresentata nei motivi di ricorso in esame ove è unicamente e inammissibilmente dedotto che il giudice ha male esercitato il suo prudente apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove.
25 . Non vi è spazio per ravvisare la violazione dell’art. 132 c.p.c. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014 cit.) hanno sancito come l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integri un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza solo nei casi di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; si è ulteriormente precisato che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi là dove essa non renda percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016; v. pure Cass. SS.UU. n. 16599 del 2016), senza che rilevi il difetto di sufficienza della motivazione. Nel caso di specie, basta ripercorrere il testo della pronuncia per avvedersi di come la Corte distrettuale abbia dato conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che hanno orientato il suo convincimento, sorretto dalle prove raccolte, giudicate idonee a dimostrare la sussistenza degli illeciti (lavoro in nero RAGIONE_SOCIALE due lavoratrici) oggetto dell’ingiunzione opposta.
26. Il settimo motivo ripropone la questione che era stata oggetto di appello incidentale, dichiarato inammissibile dalla Corte di merito per difetto di specificità; statuizione confermata in questa sede di legittimità, con il rigetto del terzo motivo di
ricorso per cassazione. Dal che discende l’inammissibilità del motivo.
27 . L’ottavo motivo è inammissibile poiché propone una questione nuova, di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata né il ricorrente ha allegato e documentato in quali atti processuali e in che termini avesse sollevato tale questione nei precedenti gradi di merito.
Come statuito da questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. n. 23675 del 2013; n. 20703 del 2015; n. 18795 del 2015; n. 11166 del 2018).
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
La regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 29 maggio 2024