Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26327 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 26327 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20112-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 276/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 28/03/2023 R.G.N. 311/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto
R.G.N. 20112/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/07/2024
CC
La Corte d’appello di Catania, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del tribunale che aveva accolto la domanda di COGNOME NOME e COGNOME NOME per pretese differenze sul trattamento retributivo dovuto per lavoro reso nei giorni festivi infrasettimanali ai sensi dell’art.20 del RAGIONE_SOCIALE Fise RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello ha invece accolto il gravame incidentale dei lavoratori ed in riforma della disposta compensazione ha condannato la datrice di lavoro al pagamento delle spese processuali.
A fondamento della pronuncia la Corte ha osservato che il chiaro tenore della norma di cui all’art. 22 lett. A) relativo proprio al trattamento per i giorni festivi, non lasciava spazio ad interpretazioni alternative posto che la norma invocata testualmente prevedeva che il trattamento retributivo previsto per i giorni festivi specificamente elencati all’art. 21, comma 1 lett. B e C, (giorni all’evidenza valutati contrattualmente in maniera diversa dalle ordinarie festività come la domenica), fosse maggiorato ai sensi dell’art. 20 (ovvero per il festivo diurno pari al 50% per quello notturno pari al 75% della paga base), e si aggiungeva al normale trattamento dovuto.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE con tre motivi di ricorso al quale hanno resistito i lavoratori COGNOME NOME e COGNOME NOME con controricorso. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’ar t. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, artt. 20, 21 e 27 del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE integrante il vizio della nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c. n. 3 e n. 4 error in
procedendo, perché la Corte d’appello aveva errato ad affermare che la sentenza di primo grado non fosse priva di motivazione, che l’appellante non avesse contestato nemmeno genericamente i conteggi e che il primo giudice avesse ricostruito la volontà delle parti senza fornire di ciò adeguata motivazione.
2.- Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione di Contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro , artt. 20, 21 e 27 del RAGIONE_SOCIALE integrante il vizio ex art. 360 c.p.c. n. 3 error in iudicando avendo la Corte errato ad interpretare l’art. 22 del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE quando ha riconosciuto il pagamento della doppia giornata, oltre la maggiorazione, per quelle prestazioni rese nei giorni festivi come Natale, Capodanno, Epifania, ecc. – indicate dall’articolo 21 comma 1, lett. b) e c). Tale interpretazione non meritava di essere accolta in quanto non si fondava su una lettura logica e sistematica di tutte le disposizioni del RAGIONE_SOCIALE di settore in tema di festività. Al fine di confutare la tesi della cosiddetta doppia giornata per la fattispecie dedotta in giudizio andava infatti analizzata la normativa codicistica nel suo complesso.
Con il terzo motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione dell’art.91 e 92 c.p.c. ex art 360 n. 3 cpc error in iudicando, per aver accolto l’appello incidentale dei lavoratori sulle spese processuali pur in presenza dell’obiettiva incertezza sul diritto controverso.
Il primo motivo deduce vizio di motivazione ed è privo di fondamento. Il vizio di motivazione può essere censurato in Cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4 cpc solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018):
ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logico-giuridico della impugnata pronuncia.
Il secondo motivo è pure esso infondato siccome osservato da questa Corte in specifici precedenti intervenuti di recente (Cass. ordinanza n. 14250 del 2024 e 14246 del 2024) resi sullo stesso argomento e nei confronti della medesima ricorrente, e che si richiamano come parte integrante di questa motivazione anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.
Ed invero la norma collettiva all’art. 22 del RAGIONE_SOCIALE prevede che al personale che presti la propria opera nei giorni festivi di cui all’art. 21 comma 1, lett. B e C è assicurata una prestazione di durata non inferiore a quella dell’orario normale di lavoro. Il relativo trattamento, maggiorato ai sensi dell’art. 20, si aggiunge al normale trattamento contrattualmente dovuto.
E’ del tutto evidente quindi che, come affermato dalla Corte d’appello, sotto il profilo del trattamento retributivo spettino al lavoratore tre differenti componenti: il trattamento previsto per il lavoro festivo, la maggiorazione, il normale trattamento contrattualmente dovuto.
L’interpretazione della normativa effettuata dalla Corte di appello appare conforme quindi alle regole ermeneutiche sotto il profilo logico, letterale e sistematico.
L’errore della ricorrente consiste invece nel considerare l’intero periodo di cui si compone la disposizione contrattuale senza la virgola, che è invece posta dopo la parola trattamento. La ricorrente legge l’espressione trattamento maggiorato come un tutt’uno equivalente a maggiorazione; e riduce a due le componenti retributive che invece sono state fissate dalla contrattazione in numero di tre. Posto che la norma collettiva prevede, come già detto: 1. il relativo trattamento; 2. la maggiorazione ai sensi dell’art. 20; 3. il normale trattamento in aggiunta.
A nulla rileva che per la giornata di Pasqua sia replicata la stessa disposizione seppure con una diversa formulazione (nella giornata di Pasqua è corrisposto in aggiunta al normale trattamento contrattualmente dovuto una quota giornaliera di retribuzione globale).
E non è vero che la Corte di appello abbia equivocato e confuso la festività retribuita con il lavoro nel giorno festivo.
L’art. 22 del RAGIONE_SOCIALE di cui si tratta, si riferisce invero al personale che presti la propria opera nei giorni festivi di cui all’art. 21 comma 1, lett. B e C e stabilisce che per la prestazione effettuata ( di durata non inferiore a quella dell’orario orario normale di lavoro) spetti “il relativo trattamento, maggiorato ai sensi dell’articolo 20, (che ndr) si aggiunge al normale trattamento contrattualmente dovuto.”
Il terzo motivo è infondato perché la Corte d’appello ha deciso sul capo relativo alle spese in base al principio di soccombenza, e in materia di compensazione delle spese processuali il sindacato di legittimità è limitato ad evitare la violazione del principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, essendo del tutto discrezionale la valutazione in materia di compensazione, la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare.
Inoltre nel caso di specie, non possono ritenersi sussistenti i presupposti della compensazione invocata per la mancanza sia della novità delle questioni, sia di altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni riconducibili alla stessa ratio giustificativa, avendo i giudici di merito deciso la controversia conformemente al tenore letterale, logico e sistematico delle disposizioni contrattuali. I giudici hanno quindi fatto corretta applicazione del regime soccombenza, individuato dal criterio rivelatore di aver dato causa al processo (Cass. 29.5.18, n. 13498; Cass. 27.2.23, n. 5813).
7.- Sulla scorta delle premesse, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO, antistatario.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 1.800,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge, con distrazione in fav ore dell’AVV_NOTAIO, antistatario. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo u nificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio 9.7.2024