Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30711 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 30711 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4021/2021 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 5726/2020 depositata il 18/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024 dal Consigliere dr. NOME COGNOME
Udito il Procuratore Generale ed i difensori delle parti
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorse al Tribunale di Frosinone, domandando il riconoscimento del proprio acquisto per usucapione abbreviata, ai sensi della legge n. 346/76, di un fondo in Anagni. NOME COGNOME propose opposizione nonché domande riconvenzionali volte alla declaratoria di illegittimità di lavori di aratura e semina effettuati ex adverso .
Il Tribunale, dando atto del mancato esperimento della mediazione obbligatoria, dichiarò improcedibile la domanda.
NOME COGNOME propose gravame. Nella resistenza della controparte, con sentenza n. 5726, depositata il 18 novembre 2020, la Corte d’appello di Roma -in parziale riforma della decisione impugnata -dichiarò improcedibile la sola domanda riconvenzionale del COGNOME e rigettò la domanda del COGNOME.
I giudici di secondo grado rilevarono che l’originaria domanda del COGNOME era pienamente procedibile e che era stato invece l’appellante a non aver attivato il relativo procedimento di mediazione nei tempi previsti . L’opposizione avrebbe dovuto pertanto essere decisa nel merito ed, al riguardo, il COGNOME -nella sua veste di attore sostanziale -non aveva reiterato in fase di precisazione delle conclusioni le istanze istruttorie svolte con l’atto di appello. Conseguentemente, la richiesta di prova orale avrebbe dovuto ritenersi abbandonata e la fondatezza della domanda non dimostrata.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME con tre motivi.
Resiste NOME COGNOME con controricorso.
La causa, originariamente avviata alla camera di consiglio della 6^ sezione civile, è stata rimessa all’udienza pubblica, mancando l’evidenza decisoria.
In prossimità della presente udienza, entrambe le parti hanno depositato memorie.
Il Procuratore Generale NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, adducendo la violazione e falsa interpretazione degli artt. 83 comma 7° lettera h l. n. 27/20 c.c., 346, 352 e 121 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n n. 3 e 4 c.p.c., si denuncia che la Corte di appello avrebbe erroneamente denegato la domanda dell’originario ricorrente , ritenendo che le istanze istruttorie fossero state abbandonate.
In realtà, all’atto della precisazione delle conclusioni, egli aveva richiamato espressamente ‘ tutte le deduzioni, eccezioni e produzioni in atti formulate nei precedenti scritti difensivi ‘. In tal modo, sarebbe stato violato il principio della garanzia del diritto di difesa e del giusto processo, come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza della Suprema Corte.
Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., si denuncia la violazione e falsa interpretazione degli artt. 112, 115, 116 e 354 c.p.c. nonché dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 3 l. n. 376/1976 , giacché la sentenza di appello avrebbe disatteso la volontà espressa nella comparsa di costituzione e risposta ed avrebbe invertito l’onere della prova.
La Corte distrettuale avrebbe emesso una sentenza di rigetto della domanda proposta in via di eccezione a quella proposta da controparte e non riproposta in appello, ossia la domanda riguardante l’accertamento del proprio diritto dominicale sul terreno gravato dal decreto di usucapione opposto, violando così il principio di non contestazione dei fatti dedotti dall’appellato.
In altri termini, il COGNOME non avrebbe inteso devolvere al giudice di appello i motivi di opposizione di merito svolti in primo grado, nel proprio giudizio di opposizione al decreto di usucapione. Perciò, entrando nel merito della vicenda, i giudici di secondo grado avrebbero violato il principio posto dall’art. 112 c.p.c.
Con il terzo motivo , ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., si censura la nullità della sentenza per omessa, contraddittoria o apparente motivazione, circa la volontà espressa negli atti difensivi.
La sentenza impugnata avrebbe omesso di valutare la portata complessiva dell’atto di gravame, come inteso a riconoscere il diritto di proprietà per il quale era stato emesso il decreto di usucapione, il che avrebbe reso superflue le istanze istruttorie, per le quali, in ogni caso, il ricorrente ribadiva il proprio diritto all’assunzione e la carenza di motivazione al loro diniego.
4. Il primo motivo è fondato.
Allorquando la causa venga trattenuta in decisione senza che il giudice si sia pronunciato espressamente sulle istanze istruttorie avanzate dalle parti, il solo fatto che la parte non abbia, nel precisare le conclusioni, reiterato le dette istanze istruttorie, non consente al decidente di ritenerle abbandonate, ove la volontà in tal senso non risulti in modo inequivoco (Sez. 1, n. 4487 del 19 febbraio 2021).
In particolare, la volontà inequivoca di non insistere nella richiesta istruttoria va accertata in base ad una valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottata nel processo; della valutazione compiuta il giudice è tenuto a dar conto, sia pure sinteticamente, nella motivazione (Sez. 2, n. 33103 del 10 novembre 2021; Sez. 6-3, n. 10767 del 4 aprile 2022).
Nella specie, la sentenza impugnata ha affermato (pag. 5) : ‘ Tuttavia nelle conclusioni rassegnate nelle note depositate telematicamente per l’udienza di precisazione delle conclusioni del 25.6.2020 -tenutasi con trattazione scritta ex art. 83 comma 7, lett. H) D.L. n. 18/2020 conv. In l. 27/2020 e modificato
dal d.l. 28/20 -l’appellato no n ha riproposto le proprie istanze istruttorie come sarebbe stato suo onere. Infatti, per consolidata giurisprudenza della S.C., la parte ha l’onere di reiterare le proprie istanze al momento della precisazione delle conclusioni ‘ .
In realtà, come premesso, la Corte d’appello si è discostata dalla citata e più recente giurisprudenza, giacché non ha dato conto della valutazione circa la ritenuta volontà del Tuffi di abbandonare le istanze istruttorie, formulate con la comparsa di risposta senza valutare la condotta processuale.
Occorre sottolineare che la fattispecie è differente dalle ipotesi in cui il giudice di merito abbia rigettato la richiesta di ammissione delle prove per testi, in esito ad uno scrutinio circa l’ammissibilità e la rilevanza dell’articolato proposto. In quel caso, il ricorrente avrebbe avuto l’onere, oltre che di indicare specificamente i predetti mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, anche di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (Sez. 3, n. 9674 del 12 aprile 2023; Sez. 2, n. 18630 del 30 novembre 2023; Sez. 3, n. 30810 del 6 novembre 2023).
Invece, avendo la Corte d’appello dichiarato rinunciata l’istanza di prova, è sufficiente la riproposizione specifica del capitolato, senza la dimostrazione della decisività di ciascuna delle circostanze dedotte.
Ed allora, poiché al giudice di merito compete il giudizio sull’ammissibilità e la rilevanza dei capitoli di prova, in sede di rinvio occorrerà in primo luogo verificare se , con l’omissione della riproposizione dell’articolato probatorio, la parte intendesse davvero rinunziarvi, ed, in ipotesi negativa, verificare l’ammissibilità e la rilevanza del contenuto dei singoli capitoli.
5. Il secondo motivo è inammissibile.
Per un verso, difetta di specificità, giacché il Tuffi avrebbe dovuto riportare i brani dell’atto di appello per la parte ritenuta rilevante , al fine di dimostrare che la domanda riguardante l’accertamento del diritto dominicale sul terreno
gravato dal decreto di usucapione opposto non era stata riproposta dal Pompi in fase di gravame.
Per altro verso, neppure può condividersi la costruzione probatoria, che vorrebbe addossare sull’opponente la prova della proprietà del fondo e dunque dedurre, dalla mancanza di una domanda dichiarativa, il fatto pacifico della proprietà in capo al ricorrente.
Va intanto ricordato che, anche con riguardo alla usucapione speciale per la piccola proprietà rurale, di cui alla legge 10 maggio 1976 n. 346, la prova del possesso idoneo all’usucapione, sia per quanto concerne l’elemento materiale sia per quanto attiene all’elemento subiettivo dell'”animus”, deve essere fornita dalla parte che chiede il riconoscimento, in suo favore, della dedotta fattispecie acquisitiva. Pertanto, indipendentemente dalla scelta del procedimento (sommario o ordinario), chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva (Sez. 2, n. 22667 del 27 settembre 2017).
In particolare, l’art. 3 della legge n. 346/1976 afferma che: ‘ Sull’opposizione il pretore ( oggi tribunale ) giudica con sentenza nei limiti della propria competenza per valore ‘ . Sostanzialmente, si ripete lo schema dell’opposizione a decreto ingiuntivo , in cui l’attrice sostanziale è la parte opposta. Ed il fatto che il primo giudice avesse dichiarato improcedibile la domanda, lasciava intatto l’onere probatorio avanti la Corte d’appello, che correttamente riformando il punto riguardante la questione di rito, ha successivamente valutato la domanda di usucapione, oggetto dell’originario ricorso.
Né ha fondamento l’invocata applicazione dell’art. 115 c.p.c. , atteso che il COGNOME nel suo gravame avrebbe omesso di richiamare la domanda riconvenzionale, sia perché il principio di non contestazione può avere ad oggetto unicamente circostanze di fatto e non si applica, quindi, alla risoluzione di questioni di diritto , sia perché l’origina ria domanda riconvenzionale presupponeva la qualità di dominus del fondo di Anagni, di cui non è stata sollecitata la declaratoria.
6. Il terzo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.
Accolto il primo motivo, dichiarato inammissibile il secondo ed assorbito il terzo , la causa va rimessa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che valuterà altresì il regime delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il primo motivo, dichiarato inammissibile il secondo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.