Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1415 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1415 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8453/2022 R.G. proposto da: DI COGNOME, DI COGNOME elettivamente domiciliati in FOGGIA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in CARAPELLE (FG), INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende;
contro
ricorrenti –
nonché contro
COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1679/2021 depositata il 29/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 703 c.p.c., notificato in data 11 aprile 2014, NOME COGNOME e NOME COGNOME premettendo di essere proprietari del fondo rustico con sovrastante fabbricato rurale, ubicato in agro di Castelluccio dei Sauri, alla contrada INDIRIZZO, raggiungibile dalla S.S. 161 mediante un tratturo in terra battuta, di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME, deducevano che, a partire dal mese di luglio 2013, subivano molestie nel possesso del tratturo da parte di NOME e NOME COGNOME, i quali avevano eliminato lo strato di calcestruzzo che lo ricopriva ed avevano apposto all’inizio del viale, dapprima una corda di colore arancione e, successivamente, una catena con un lucchetto allo scopo di impedire il transito.
I ricorrenti deducevano di aver esercitato il possesso pieno, pacifico ed interrotto del viottolo, per averlo percorso con autovetture e mezzi agricoli, ed avendo provveduto essi stessi a posare lo strato di calcestruzzo rimosso dai COGNOME, allo scopo di rendere più agevole il transito veicolare.
Si costituivano separatamente in giudizio NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME i quali si opponevano alla domanda eccependo l’inammissibilità e/o improponibilità del ricorso introduttivo, negando che i ricorrenti avessero mai posseduto la
servitù oggetto della domanda, avendo gli stessi la possibilità di accedere al fondo di loro proprietà per altre vie, ed essendo stato loro concesso solo occasionalmente e a titolo di cortesia di attraversare il passaggio in questione.
2.1 Nel corso della fase sommaria veniva effettuata l’ispezione giudiziale dei luoghi all’esito della quale il giudice monocratico accoglieva la domanda di interdetto possessorio, dopo aver accertato che il viottolo conteso costituiva l’unica via di accesso al fondo di proprietà dei ricorrenti per il resto circondato da sterpaglie e terreni coltivati.
I convenuti interponevano reclamo avverso tale provvedimento, evidenziando l’erronea interpretazione dei fatti.
In particolare, essi contestavano al Giudice monocratico di aver ritenuto irrilevanti i fatti pregressi occorsi tra le parti i quali, al contrario, costituivano atti di spoglio connessi a quelli più recenti, di talché il dies a quo del termine per l’utile esperimento dell’azione di reintegrazione nel possesso doveva essere retrodatato al compimento del primo di detti atti, che sarebbe avvenuto nel 2011, con la conseguenza che il ricorso introduttivo doveva essere dichiarato inammissibile per essere stato depositato oltre il termine annuale di legge.
Il Tribunale di Foggia, in composizione collegiale rigettava il reclamo, confermando integralmente l’ordinanza pronunciata in prime cure.
NOME COGNOME depositava istanza per la prosecuzione, nel merito, del giudizio possessorio.
Si costituivano in giudizio gli originari attori, che chiedevano il rigetto della domanda e la conferma dei due provvedimenti cautelari.
Con comparsa di intervento volontario, si costituiva anche NOME COGNOME nella spiegata qualità di comproprietaria e composseditrice del viottolo per cui è causa.
Il giudizio di primo grado veniva istruito sulla sola base degli atti, senza l’espletamento di ulteriore attività istruttoria.
Il Tribunale di Foggia accoglieva definitivamente la domanda, confermando il contenuto dei due provvedimenti interdittali.
Il primo giudice, inoltre, dichiarava inammissibile, perché tardivamente proposta, l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per intervenuta decadenza dall’azione possessoria tardivamente espletata, affermando che la relativa eccezione avrebbe dovuto essere sollevata dal COGNOME nel primo dei suoi atti difensivi, all’esito della notifica del libello introduttivo.
NOME e NOME COGNOME proponevano appello avverso la decisione del Tribunale.
La Corte d’ Appello di Bari rigettava il gravame. Preliminarmente evidenziava la sussistenza di un contrasto interpretativo circa il momento processuale ultimo entro il quale il convenuto in possessoria poteva sollevare l’eccezione di decadenza dall’azione e, tuttavia, non scioglieva tale contrasto perché, in via pregiudiziale, dichiarav a inammissibile l’istanza istruttoria avanzata dall’appellante a sostegno dell’eccezione .
Le istanze istruttorie, non accolte dal primo giudice, infatti, non potevano ritenersi implicitamente riproposte in appello
mediante semplice richiamo agli scritti difensivi di primo grado, ma dovevano essere riproposte in maniera specifica evidenziandone la rilevanza e la necessità ai fini del contendere.
Ciò premesso i primi due motivi di appello, con i quali la parte appellante aveva chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso introduttivo di primo grado, andavano entrambi rigettati, in virtù della declaratoria di inammissibilità dell’istanza istruttoria.
Infatti l’appellante a veva avanzato una generica richiesta di ammissione delle prove pretermesse in primo grado, senza indicare di quali mezzi di prova si trattasse, ancorché avesse indicato dove fossero stati dedotti, limitandosi ad affermare: ‘ In via istruttoria, si chiede che, come ribadito anche in sede di precisazione delle conclusioni, ammettere le prove richieste, così come formulate con la comparsa di costituzione e con l’istanza di fissazione dell’udienza di merito nonché con le memo-rie ex art.183 c.p.c. ‘
Il Tribunale di Foggia aveva ritenuto che l’eccezione di decadenza da ll’azione possessoria fosse tardiva , in quanto sollevata dagli appellanti oltre il termine della loro costituzione nella fase possessoria, e, dunque, inammissibile, non essendo una eccezione rilevabile d’ufficio.
La controvertibilità della questione concernente il regime preclusivo delle eccezioni nel procedimento cautelare non poteva, in ogni caso, condurre all’accoglimento dell’appello.
Ed invero, l’inammissibilità dell’istanza istruttoria impedi va di accertare se, effettivamente, la prova testimoniale richiesta in primo grado, e pretermessa dal Tribunale, avrebbe potuto fornire la prova dell’assenza dei presupposti per la concessione dell’invocata tutela possessoria, non potendo essere stabilito se gli
atti di turbativa del possesso fossero riferibili al 2013, secondo la prospettazione di parte appellata, o dovessero retrodatarsi al 2011, secondo la prospettazione di parte appellante.
Non assumevano rilievo, nella fattispecie, le considerazioni svolte da parte appellante circa la ripartizione dell’onere della prova atteso che l’oggetto dell’eccezione era l’esistenza di ulteriori comportamenti lesivi del possesso dei quali, tuttavia, i ricorrenti non si erano doluti. Nel ricorso per la reintegrazione nel possesso, infatti, era stato fatto esplicito riferimento ad episodi avvenuti nel mese di luglio 2013, di talché era onere di parte resistente, che aveva allegato fatti estintivi della pretesa azionata dai ricorrenti, fornirne la prova.
Nemmeno il terzo ed il quarto motivo di appello – circa la contestazione del l’esercizio del potere discrezionale del Tribunale il quale, a seguito dell’ispezione giudiziale, a veva ritenuto di avere tutti gli elementi per decidere la controversia con condanna al pagamento di una somma di denaro, ex art. 96 c.p.c. – erano fondati. Gli appellanti non avevano fornito elementi in base ai quali la suddetta decisione dovesse ritenersi illegittima o illogica.
In ogni caso, anche in tale caso doveva ribadirsi che l’inammissibilità delle richieste istruttorie impedi va di verificare la fondatezza delle deduzioni di parte appellata, concernenti la sussistenza dei presupposti per la concessione della tutela possessoria.
NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di cinque motivi di ricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art.112 c.p.c., in relazione all’art.360 n.4 c.p.c., per omessa pronuncia sui motivi di impugnazione
Con il secondo motivo di appello, dopo aver evidenziato (pagg.10-13, parag. n.2.1), che in presenza di una pluralità di atti di turbativa che risultino intimamente connessi tra loro, il termine annuale decorre dal primo (cfr., ex plurimis , Cass.n.3838/85, Cass. n.10968/94; Cass. n.7751/95; Cass. n.2604/96, Cass. n.12173/09; Cass. n.1146/01; Cass n. 16077/07); e che nella fattispecie il primo, per le ragioni appena dette, era risalente al 2011 e non già al 2013; si deduceva (pag.13, parag.2.2) da parte dei ricorrenti che: Sotto il profilo istruttorio va poi rimarcato che già in sede di sopralluogo, come da verbale, fu richiesta l’autorizzazione ad ottenere la documentazione attestante lo stato di quiescenza del Brigadiere COGNOME, ma su questo non vi è stata alcuna pronuncia; mentre del tutto disattesa è stata l’analoga richiesta ex art. 210 e 213 c.p.c. reiterata con l’istanza di fissazione dell’udienza di merito, nonché la prova testimoniale articolata con la medesima a pag. 26-27 capitoli n.18 e 19 . Non avendo il precedente procuratore ottenuto soddisfazione alla richiesta fatta direttamente al Comando dei carabinieri giusta note del 20/6/2014; del 4/11/2014 e del 28/4/2015 (allegate alla II memoria 183 cpc, e qui sub.6,7,8); mentre con nota del 27/6/2014
(in atti e qui allegata sub.9), il Comando Legione dei Carabinieri di Bari, in riscontro, evidenziava di non poter evadere la richiesta in applicazione dell’art.1 D.lgs 196/2003.
Sicché, secondo i ricorrenti, la sentenza andrebbe riformata sul punto, ammettendo le richieste istruttorie.
Inoltre, il Tribunale, sulla base di una semplice ispezione aveva ritenuto provato il possesso in capo ai ricorrenti, disattendendo anche la prova testimoniale richiesta dai resistenti già con la comparsa di costituzione nella fase sommaria e reiterata con l’istanza di fissazione del merito, senza considerare che dall’ispezione non si potesse comprendere se si trattava di possesso o mera tolleranza, come dedotto dai resistenti, e che il possesso può anche perdersi, come avvenuto già con il primo atto di spoglio. In altri termini, occorreva dimostrare il possesso attuale e non quello riferito ad anni precedenti e i ricorrenti sotto il profilo istruttorio avevano dedotto che era stata del tutto disattesa la prova testimoniale, tesa a dimostrare che controparte non utilizzava affatto detto tratturo.
I ricorrenti conclusivamente ritengono che, nonostante siano stati formulati specifici motivi di censura sulla mancata ammissione delle richieste istruttorie, la Corte abbia omesso di pronunciarsi sui medesimi, in evidente violazione dell’art.112, essendosi concentrata solo sulle conclusioni formulate nell’atto di appello, ritenute generiche con il richiamo a quelle formulate con la comparsa di costituzione e con l’istanza di fissazione dell’udienza di merito nonché con le memorie ex art.183 c.p.c.’ , ma senza mai far menzione di detti profili di censura e delle richieste istruttorie ivi indicate, e del tutto ignorate.
1.1 Il primo motivo è fondato.
La Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto inammissibili le istanze istruttorie a supporto dell’eccezione in quanto proposte con un mero richiamo alle istanze proposte in primo grado e di conseguenza ha ritenuto di non dover sciogliere il dubbio circa la possibilità di eccepire la decadenza dall’azione possessoria anche dopo lo svolgimento della fase cautelare.
Questa Corte intende dare continuità al seguente principio di diritto: l’appello, nei limiti dei motivi di impugnazione, è un giudizio sul rapporto controverso e non sulla correttezza della sentenza impugnata, rispetto ad esso non è quindi concepibile alcun rapporto di autosufficienza ma solo di specificità, che presuppone la specificità della motivazione della sentenza impugnata, sicché, ove manchi quest’ultima, non è esigibile dall’appellante, che intenda dolersi del rigetto in primo grado delle sue istanze istruttorie, altro onere se non quello di riproporre l’istanza o la domanda immotivatamente rigettata (Sez. 3 – , Ordinanza n. 11197 del 24/04/2019, Rv. 653588 – 01).
In altri termini ad essere specifico ex art. 342 c.p.c. deve essere il motivo di appello e non la richiesta istruttoria (Sez. 1, Ordinanza n. 19519 del 2023).
Nel caso in esame, infatti, in primo grado le istanze istruttorie non erano state prese in considerazione in quanto implicitamente assorbite dalla ritenuta tardività dell’eccezione di decadenza dall’azione possessoria.
Il ricorrente, pertanto, aveva proposto appello avverso tale statuizione e nell’impugnazione aveva riproposto le medesime istanze istruttorie non esaminate.
La Corte d’Appello di Bari , pertanto, non poteva dichiararle inammissibili perché non specifiche, dovendo, invece, valutarne l’ammissibilità in base alla loro rilevanza in relazione a l motivo di appello proposto.
A tale error in procedendo porrà rimedio il giudice di rinvio
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione degli artt. 99, 112, 115, 342, 346 c.p.c. in relazione all’art.360, n.4 c.p.c.; omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art.360 n.5 c.p.c. sulla violazione degli artt. 99, 342 e 346 c.p.c.
Le censure sono scomposte in sottocapitoli:
2.A.1 Preliminarmente il ricorrente osserva che sulla riproduzione specifica delle richieste istruttorie in sede di appello vi è un contrasto giurisprudenziale, tra un indirizzo maggioritario che ritiene che l’art. 346 c.p.c., per cui debbono intendersi rinunciate le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado e non espressamente riproposte in appello, non riguarda le richieste istruttorie, per le quali è sufficiente il richiamo alle difese di primo grado (Cass. 25-9-1979 n. 4960; Cass. 19-5-1986 n. 3285; Cass. Civ. Sez.III, 08/05/1993, n.5320; Cass. 9-6-1993 n. 6412; (Cass. 5-7-1996 n.6170; Cass. Civ. n.2756 del 1999; Cass. 2002 n.12629; Cass. n. 22687 del 2009; Cass. n.3376 del 2011); seguite da altre più recenti. Ed altro indirizzo, minoritario indicato dalla Corte di appello in sentenza con il richiamo a Cass. Civ., sez. II, 23.3.2016, n°5812, che ritiene che le istanze debbano essere riproposte in maniera specifica.
Secondo il ricorrente rispetto all’atto d’appello non è concepibile alcun requisito di autosufficienza, ma solo di specificità,
e che pertanto l’appellante che intenda dolersi del rigetto in primo grado delle sue istanze istruttorie non ha l’onere di trascriverle nell’atto di appello (Cass. Civ., sez. III, 11/04/2016, n. 6978; Cass. Civ. sez. III, 24/04/2019, n.11197, condivisa e ripresa poi da altre successive e plurime: cfr. Cass. Civ. sez. III, 14/11/2019, n.29506; Cass. Civ. sez. III, 10/02/2020, n.3134; Cass. Civ. sez. III, 12/06/2020, n.11271; Cass. Civ. sez. III, 26/06/2020, n.12904; Cass. Civ. sez. lav., 15/07/2020, n.15108; Cass. Civ. sez. trib., 15/7/2020, n.15019; Cass. Civ. sez. III, 16/03/2021, n.7284; Cass. Civ. sez. trib., 04/05/2021, n.11595; Cass. Civ. sez. trib., 23/06/2021, n.17899; Cass. Civ. sez. trib., 24/06/2021, n.18103).
Sicché, in definitiva, quanto affermato dalla Corte di Appello, non sarebbe conferente al caso di specie, ove, a prescindere dall’orientamento maggioritario, come appena illustrato -e salvo voler investire le sezioni unite per dirimere il contrasto -non vi è stato affatto un richiamo generico alle richieste istruttorie di primo grado, ma oltre ad essere indicati gli atti in cui le stesse sono state formulate, queste sono anche specifiche, sebbene fosse sufficiente riproporre l’istanza non essendovi alcuna motivazione nella sentenza di primo grado.
2.b – sulla violazione dell’art. 115 cpc.
L’eccezione di decadenza trova il suo fondamento nel fatto che il primo atto di spoglio è avvenuto nel luglio 2011, ovvero al più tardi entro il 30/9/2011, coincidente con la messa in quiescenza del brig. COGNOME, sicché oltre detta data, questi non avrebbe potuto operare. La controparte avrebbe espressamente ammesso che il primo episodio era avvenuto nel 2011 (pag. 8, parag.14 della comparsa di costituzione dell’8/1/2020 (all.ta al fasc. di ufficio II
grado e qui sub 11), pur affermando che l’episodio del 2011 non aveva privato (ma così non è) in alcun modo i coniugi COGNOME del possesso della servitù di passaggio sul tratturo.
2.c – omesso esame circa un fatto decisivo
Sotto altro profilo si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi come la collocazione temporale del primo episodio al 2011, ammessa anche da controparte.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 112, 152 e 167 c.p.c. in relazione all’art.360 n.4 c.p.c.; violazione degli artt.111, comma 6, Costit., e 132, 2° comma n.4, c.p.c. in relazione all’art.360 n.4, per omessa od apparente motivazione.
3.a -sul vizio di motivazione
Secondo i ricorrenti si sarebbe in presenza del vizio assoluto di motivazione per manifesta e irriducibile contraddittorietà o contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, e di motivazione perplessa o incomprensibile nella parte in cui la Corte d’Appello ha concluso sulla questione circa la tempestività dell’eccezione, limitandosi ad affermare la controvertibilità delle due tesi contrapposte senza pronunciarsi né per l’una, né per l’altra tesi con una sorta di non liquet .
3.b – sulla violazione o falsa applicazione degli artt.152 e 167 c.p.c.
Invece secondo la giurisprudenza di legittimità l’inosservanza del termine annuale deve essere eccepita dall’interessato in sede di merito, nei imiti della proponibilità delle eccezioni in senso proprio. Né rileva che tali pronunce siano precedenti alla riforma del 2006, posto che l’unica differenza è che, ferma la struttura
bifasica, attualmente, la fase di merito è solo eventuale, mentre prima veniva fissata con la stessa ordinanza interinale.
Le preclusioni sono rapportate sempre alla fase di merito e non a quella sommaria (cfr. in tal senso anche Cass . civile sez. II, 16/10/2020, n. 22589), ove nemmeno è applicabile l’art.167 c.p.c. il che vale anche per il procedimento possessorio.
3.c – sulla violazione dell’art. 112 c.p.c.
Sempre ai fini della tempestività dell’eccezione di decadenza dall’azione i ricorrenti evidenziano che doveva ritenersi comunque tempestiva la medesima eccezione proposta da NOME COGNOME che non era intervenuta ad adiuvandum , come affermato in sentenza, bensì proponendo intervento (litisconsortile) autonomo, come si evince dalle conclusioni dell’atto di intervento del 26/9/2016 (all.1 fasc. di parte I grado, e qui sub.12) a pag.8-9, in cui, dopo aver eccepito preliminarmente la decadenza dall’azione, chiedeva in via preliminare e principale dichiarare l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’improponibilità dell’azione proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME per decorrenza del termine annuale previsto per l’esercizio dell’azione di reintegrazione.
La formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicché la preclusione sancita dall’art.268 c.p.c. non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non opera il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento “fino all’udienza di precisazione delle conclusioni”, configurandosi solo l’obbligo, per l’interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti
originarie’ (Cass. Civ., sez.III, 22/08/2018, n.20882; Cass. Civ. 22/12/2015, n.25798).
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art.360 n.4; violazione o falsa applicazione degli artt. 1168 e 2697 c.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.; violazione degli artt.111, comma 6, costit., e 132, 2° comma n.4, c.p.c. in relazione all’art.360 n.4, per motivazione perplessa e contraddittoria; omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione in relazione all’art.360 n.5 c.p.c.
In parte il motivo è ripetitivo del secondo motivo di ricorso. Nella restante parte si deduce
4.D violazione degli artt. 1168 e 2697 c.c. e sul vizio di motivazione.
La sentenza sarebbe altresì viziata – sia sotto il profilo motivazionale che sostanziale -nella parte in cui afferma la ripartizione dell’onere probatorio ponendo a ca rico dei ricorrenti la prova del l’esistenza di ulteriori comportamenti lesivi del possesso dei quali, tuttavia, i ricorrenti non si sono doluti.
4.D.1 – Innanzitutto, sotto il profilo motivazionale, essendo la frase, per un verso, poco intelligibile, e per altro, in contraddizione con quanto riportato in precedenza a pag. 2 ove si legge: i sigg. NOME COGNOME e NOME COGNOME …di quello proposto deducevano che, a partire dal mese di luglio 2013, subivano molestie nel possesso del tratturo de quo da parte di NOME e NOME COGNOME, i quali avevano eliminato lo strato di calcestruzzo che lo ricopriva ed avevano apposto all’inizio dello viale dapprima una corda di colore arancione e, successivamente (2014) una catena con un lucchetto, allo scopo di impedire il transito. Dal che si
evincerebbe che sono più di uno gli episodi lamentati dai ricorrenti, a partire da quello iniziale databile 2011; sicché non si può affermare come fa la Corte, in evidente contraddizione, che di quelli ulteriori non si sono doluti, o che l’eccezione sia riferita all’esistenza di ulteriori comportamenti lesivi del possesso; mentre è pacifico, come riportato anche a pag.3 della sentenza, che l’eccezione di decadenza era stata sollevata in riferimento al primo episodio del 2011, mentre quelli successivi erano connessi a questo, di talché il dies a quo del termine per l’utile esperimento dell’azione di reintegrazione nel possesso doveva essere rapportato al compimento del primo di detti atti, e non già agli altri successivi, privi di autonomia e di eterogeneità.
4.D.2 – Sotto il profilo sostanziale, circa l’onere della prova, avendo la Corte disatteso anche quanto dedotto con la comparsa conclusionale a pag.7, parag. II.5.5, ovvero che: .. l’onere di provare il rispetto del termine di decadenza previsto dagli artt.1168, comma 1, e 1170, comma 1, c.c., per l’esercizio, rispettivamente, delle azioni di spoglio o di manutenzione del possesso, qualora venga sollevata eccezione sul punto, grava sul ricorrente, il quale deve rigorosamente provare la data dello spoglio violento o della turbativa ed il rispetto del termine annuale previsto dalle anzidette norme, in difetto, conseguendo l’improponibilità delle relative azioni (cfr., ex plurimis Cass. 6428/2014; Cass., Sez. II, 27/01/2003 n.1146; Cass. n. 3573/02; Cass. n. 855/99; Cass. n. 855/99; Cass. n. 6055/96; Cass. n.2604/96; Cass. n.1036/95; Cass. n.10968/94; Cass. n.5162/94; Cass. n.1421/77).
5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art.112, c.p.c., in relazione all’art.360 n.4; violazione degli
artt.111, comma 6, Cost., e 132, 2° comma n.4, c.p.c. in relazione all’art.360 n.4, per motivazione apparente; omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione in relazione all’art.360, n.5 c.p.c.
Sarebbe di tutta evidenza che un conto è affermare di aver utilizzato il tratturo in precedenza ed altro è provare di aver avuto una relazione con la cosa al momento dello spoglio.
Ebbene, come emerge dallo stesso materiale fotografico allegato al fascicolo dei ricorrenti -depositato nella fase sommaria e non ridepositato nella fase di merito, a riprova delle falsità dedotte analizzando le foto relative al primo episodio del 2011, in cui venne asportato parte del calcestruzzo esistente ed allocato, a chiusura del tratturo, un nastro colorato che non è stato mai più rimosso dai COGNOME con evidente preclusione per i coniugi COGNOME/COGNOME di accedere, e quelle scattate nell’anno 2014, si evince ancora la perdurante presenza sui luoghi del nastro colorato posto a chiusura del passaggio in questione in occasione del primo episodio, circostanza questa che avvalora e dimostrazione ulteriormente che i predetti ricorrenti non hanno potuto accedere, e comunque non vi hanno fatto accesso, su detta particella – se mai ne avessero avuto la possibilità in precedenza – dal detto primo episodio di lamentato spoglio, ossia dall’anno 2011, neppure a seguito dell’intervento dei carabinieri. Sicché delle due l’una, se lo spoglio è ricollegabile al primo episodio, la domanda di reintegra è inammissibile in quanto tardiva; se invece lo è al secondo, è infondata non essendovi alcuna relazione con il bene e dunque un possesso tutelabile al momento dello spoglio in mancanza di prove.
5.a -sull’omessa pronuncia e sul vizio di motivazione.
Su tali doglianze, la corte nemmeno si è pronunciata in violazione dell’art.112 c.p.c. o comunque vi sarebbe un vizio di motivazione in quanto solo apparente o tautologica laddove si limita ad affermare che parte appellante non abbia fornito detti elementi, senza aver esaminato la censura, o senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, e perché detti elementi non sarebbero idonei a confutare la pronuncia di primo grado.
5.b – omesso esame circa un fatto decisivo.
Sotto altro profilo, a parte le omissioni di cui innanzi, rileva a tal fine anche la mancata considerazione di fatti oggettivi, e decisivi, che si evincono dalle foto su dette e riprodotte anche nella memoria di replica (deposita telematicamente il 5/7/21 e qui sub.13) per facilitare la consultazione, a pag.2,3 e 4, dal cui raffronto si evince chiaramente che la situazione al 2014 era identica al 2011.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento dei restanti motivi, che hanno tutti ad oggetto la questione della mancata ammissione dei mezzi di prova per mancanza di specificità delle richieste istruttorie e la conseguente omessa pronuncia sull’eccezione di decadenza dall’azione possessoria per essere già decorso un anno dallo spoglio.
La Corte d’Appello di Bari in diversa composizione, quale giudice di rinvio, deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Bari in diversa composizione che deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione