Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20607 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20607 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ordinanza
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, difeso da se stesso e domiciliato a Roma presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
Condominio NOME, difeso da ll’avvocato NOME COGNOME ;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 414/2019 del 30/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel 2009 il Condominio ottiene dal Tribunale di Lecce nei confronti di NOME COGNOME un decreto ingiuntivo per il pagamento di circa € 9.860. In sede di opposizione l’ingiunto opponente si v ede rigettare l’istanza di ricusazione del giudice, con provvedimento recante condanna ex art. 96 co. 3 c.p.c. al pagamento di € 3.000 e dichiarare l’estinzione del giudizio. L’opponente propone appello con cui
impugna anche il rigetto dell’istanza di ricusazione. La Corte di appello accoglie parzialmente l’impugnazione, dimidiando così la somma da pagare ex art. 96 co. 3 c.p.c., confermando nel resto la pronuncia di primo grado.
Ricorre COGNOME con tre motivi. Resiste il Condominio con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo (p. 13) denuncia l’omessa declaratoria di nullità della ordinanza di estinzione, facendo valere la presentazione dell’istanza di ricusazione. In particolare, si considera che: (a) il giudice di primo grado avrebbe dovuto astenersi obbligatoriamente ex art. 51 co. 1 n. 3 c.p.c., poiché l’opponente l’ha convenuto dinanzi al Tribunale di Potenza (procedimento ancora pendente all’epoca dei fatti ); (b) la mancata astensione aveva determinato l’opponente a depositare istanza di ricusazione; (c) la Corte territoriale ha disatteso l’appello con cui si è censurata la mancata dichiarazione di nullità della ordinanza di estinzione, sul presupposto che la mera presentazione dell’istanza di ricusazione determina automaticamente la sospensione ex art. 52 co. 3 c.p.c.
Il secondo motivo (p. 14) denuncia la nullità dell’ordinanza di estinzione del processo di opposizione al decreto ingiuntivo. In particolare, si fa valere che: (a) il regolamento di competenza in corso di causa sospende con effetto automatico il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, cosicché nessun termine è iniziato a decorrere ai fini della declaratoria di estinzione del giudizio; (b) i giudici di merito non hanno potuto utilizzare la copia dell’unico fascicolo di ufficio richiamato dalla Corte di cassazione per la delibazione dell’istanza di regolamento di competenza; (c) il dies a quo per la riassunzione del processo inizia a decorrere solo dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, ovverosia attraverso la sua notifica formale alla parte
interessata; (d) l’unico ricorso in riassunzione ritualmente depositato nei sei mesi successivi alla definizione del regolamento di competenza è quello di propria iniziativa del ricorrente con ogni ricaduta sulla declaratoria di estinzione del processo.
Il terzo motivo (p. 20) denuncia l’omessa declaratoria di nullità del provvedimento di rigetto dell’istanza di ricusazione. Si deduce violazione degli artt. 51 ss., 52 ult. parte, 295 e 298 c.p.c., nonché illogicità della motivazione.
– I tre motivi sono da esaminare congiuntamente. Il ricorso è inammissibile ex art. 360-bis n. 1 c.p.c. in ciascuno dei motivi in cui è articolato.
Le questioni sollevate con i motivi di ricorso ruotano fondamentalmente intorno agli effetti dell’istanza di ricusazione (che in questo caso è argomentata poiché la parte ha convenuto il giudice in un distinto giudizio). Sul punto, la sentenza impugnata è aderente agli orientamenti della giurisprudenza di legittimità. Il ricorso non offre argomenti per rimeditarli. Infatti, quanto al primo motivo, il ricorso per ricusazione non determina l’automatica sospensione del processo in seno al quale esso è proposto. Il giudice è tenuto a delibare l’ammissibilità dell’istanza. Tale filtro consente di contemperare le esigenze che si fronteggiano in materia: assicurare alle parti uno strumento per chiedere una verifica dell’imparzialità del giudice nella controversia attuale, da un lato; neutralizzare il pericolo di abuso dell’istituto della ricusazione, dall’altro (cfr. Cass. 1624/2022). Quanto al terzo motivo, il giudizio promosso da COGNOME presso il Tribunale di Potenza riguardava l’attività giurisdizionale del magistrato, in relazione alla quale non può configurarsi la ‘grave inimicizia personale’ ex art. 51 co. 1 c.p.c. (cfr. Cass. SU 16627/2014). Quanto al secondo motivo, l’o bbligo della sospensione del processo ex art. 48 c.p.c. deriva non già dal fatto che la parte abbia proposto una
qualsiasi istanza rivolta a questa Corte, sia pure nelle forme previste per il regolamento di competenza, ma dal fatto che sia stata impugnata una pronuncia sulla competenza; è pertanto legittima l’ulteriore trattazione della causa se il preteso regolamento di competenza ha ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento privo del contenuto di pronuncia sulla competenza (cfr. Cass. 4753/1988).
– Il ricorso è da dichiarare inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. È disposta la condanna ex art. 96 co. 3 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 4.100 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge. Condanna altresì il ricorrente ex art. 96 co. 3 c.p.c. a pagare € 2.500 alla parte controricorrente.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Se-