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Istanza di assegnazione: non basta non ripeterla

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’istanza di assegnazione di un bene indivisibile in una causa di divisione ereditaria non può essere considerata abbandonata solo perché non ripetuta nell’udienza di precisazione delle conclusioni del primo grado. Secondo la Corte, tale istanza è una specificazione della domanda di divisione e può essere legittimamente riproposta in appello. Di conseguenza, la sentenza d’appello che aveva escluso alcuni eredi dall’assegnazione è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione.

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Istanza di assegnazione: non ripeterla in conclusionale non significa rinunciarvi

Nelle cause di divisione ereditaria, la gestione dei beni non comodamente divisibili rappresenta spesso un punto cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un importante aspetto procedurale: cosa accade se un coerede formula un’istanza di assegnazione di un bene ma non la reitera nell’udienza di precisazione delle conclusioni? La risposta della Corte è netta: la mancata ripetizione non equivale a un abbandono della richiesta.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dalla divisione dell’eredità di un defunto, che includeva un fabbricato rurale. La Corte d’Appello aveva assegnato l’immobile in comunione solo ad alcuni degli eredi, escludendone altri. La ragione di tale esclusione risiedeva nel fatto che il gruppo di eredi poi estromesso, pur avendo presentato un’istanza di assegnazione nel 2007, non l’aveva poi ripetuta all’udienza di precisazione delle conclusioni davanti al Tribunale di primo grado. La Corte d’Appello aveva quindi interpretato tale omissione come un abbandono della richiesta, dando preferenza all’istanza dell’altro gruppo di coeredi.
Contro questa decisione, gli eredi esclusi hanno proposto ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica e l’Istanza di Assegnazione

Il cuore della controversia verte sulla natura giuridica dell’istanza di assegnazione e sulle conseguenze processuali della sua mancata reiterazione. Secondo la Corte d’Appello, la mancata ripetizione della richiesta nelle conclusioni finali del primo grado di giudizio equivaleva a una rinuncia tacita.
Gli eredi ricorrenti, invece, sostenevano che la loro richiesta, una volta formulata, rimanesse valida e che, in ogni caso, l’avevano legittimamente riproposta nel successivo giudizio di appello. La questione posta alla Cassazione era quindi se un’omissione formale potesse prevalere sulla volontà sostanziale di un coerede di ottenere l’attribuzione di un bene specifico.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo il motivo fondato e ribaltando la visione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno richiamato un principio consolidato nella loro giurisprudenza: nel giudizio di divisione, l’istanza di assegnazione di un bene immobile indivisibile, ai sensi dell’art. 720 c.c., non costituisce una domanda autonoma, bensì una mera specificazione della domanda principale di scioglimento della comunione.
In altre parole, è una modalità attuativa della divisione stessa. Proprio per questa sua natura, può essere formulata anche per la prima volta in grado d’appello.
Di conseguenza, la mancata riproposizione della richiesta nell’udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado non è un elemento sufficiente per desumere una volontà di rinuncia. La Corte ha specificato che le conclusioni hanno la sola funzione di illustrare le richieste già introdotte nel processo. Per poter parlare di rinuncia, sarebbe stato necessario un atto incompatibile con la volontà di ottenere l’assegnazione, che nel caso di specie non era avvenuto.
Inoltre, i ricorrenti avevano legittimamente riproposto la loro istanza nel giudizio di appello, senza incorrere in alcuna decadenza.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione. Il giudice del rinvio dovrà ora riesaminare entrambe le richieste di assegnazione formulate dai due gruppi di eredi e stabilire, sulla base dei criteri di legge, quale delle due debba prevalere. Questa pronuncia riafferma un importante principio di garanzia per le parti, evitando che mere omissioni procedurali possano compromettere diritti sostanziali nel delicato contesto delle divisioni ereditarie. La volontà di ottenere l’assegnazione, una volta manifestata, resta valida a meno che non venga espressamente e inequivocabilmente ritirata.

Un’istanza di assegnazione di un bene ereditario si considera abbandonata se non viene ripetuta nell’udienza di precisazione delle conclusioni del primo grado?
No, la Cassazione chiarisce che la mancata reiterazione non è sufficiente per ritenerla abbandonata. Per presumere una rinuncia, sarebbe necessario un atto successivo incompatibile con la volontà di ottenere l’assegnazione.

È possibile presentare per la prima volta un’istanza di assegnazione in appello?
Sì, la Corte afferma che l’istanza di attribuzione di un bene indivisibile, essendo una specificazione della domanda di divisione, può essere formulata anche nel grado d’appello senza incorrere in decadenze.

Qual è la natura giuridica dell’istanza di assegnazione secondo la Corte?
Secondo la Corte, l’istanza di assegnazione ex art. 720 c.c. non è una domanda autonoma, ma una sollecitazione riguardante le modalità attuative della divisione, che integra e specifica la domanda principale di scioglimento della comunione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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