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Iscrizione gestione commercianti: socio e affitto

La Corte di Cassazione ha stabilito che un socio accomandatario, la cui società si limita a percepire canoni di locazione da un immobile di proprietà, non è obbligato all’iscrizione alla Gestione Commercianti. Secondo i giudici, la mera locazione non costituisce di per sé un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che non sia inserita in un contesto più ampio di servizi. La decisione sottolinea che l’obbligo di iscrizione gestione commercianti sorge solo con la prova di una partecipazione personale, abituale e prevalente del socio all’attività d’impresa.

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Iscrizione Gestione Commercianti: Quando il Socio è Esente?

L’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti per i soci di società è un tema che genera frequenti contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la semplice percezione di canoni d’affitto da un immobile di proprietà della società non è sufficiente a far scattare l’obbligo contributivo per il socio accomandatario. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti del caso: la controversia tra l’ente e il socio

Un ente previdenziale aveva richiesto a un socio accomandatario di una società in accomandita semplice (s.a.s.) il pagamento di contributi e sanzioni per l’omessa iscrizione alla Gestione Commercianti per gli anni 2006 e 2007. L’attività della società consisteva unicamente nella locazione di un capannone di sua proprietà e nella riscossione del relativo canone.

Il socio si è opposto alla richiesta, sostenendo di non svolgere alcuna attività commerciale. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli hanno dato ragione, annullando le cartelle di pagamento. Secondo i giudici di merito, l’attività svolta dal socio non possedeva i requisiti di consistenza e abitualità tipici dell’attività commerciale. L’ente previdenziale, non condividendo la decisione, ha presentato ricorso in Cassazione.

L’obbligo di iscrizione gestione commercianti e l’attività d’impresa

L’ente ricorrente sosteneva che la qualifica di socio accomandatario, in quanto soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, implicasse di per sé (‘in re ipsa’) lo svolgimento di un’attività commerciale, con conseguente obbligo di iscrizione. Inoltre, a suo avviso, l’attività di riscossione di canoni di locazione rientrava nella più ampia gestione del patrimonio immobiliare, da considerarsi di natura commerciale.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ente, confermando le sentenze dei gradi precedenti. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti non deriva automaticamente dalla qualità di socio, ma presuppone lo svolgimento effettivo di un’attività commerciale.

le motivazioni

La Corte ha spiegato che, ai sensi della normativa di riferimento (in particolare la L. 662/1996), il presupposto imprescindibile per l’obbligo di iscrizione è la prova dello svolgimento di un’attività commerciale in modo abituale e prevalente. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano accertato in fatto che la società del socio si limitava a riscuotere il canone di locazione di un immobile di sua proprietà, senza svolgere alcuna attività diretta all’acquisto o alla gestione di altri beni. Questa attività di mero godimento di un bene non integra un’attività commerciale ai fini previdenziali.

La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza, secondo cui una società di persone che si limita a locare immobili di sua proprietà non svolge attività commerciale, a meno che tale attività non si inserisca in una più ampia prestazione di servizi, come ad esempio l’intermediazione immobiliare. La qualità di socio accomandatario, di per sé, non è sufficiente a far sorgere l’obbligo contributivo. È necessario che l’ente previdenziale, su cui grava l’onere della prova, dimostri la partecipazione personale del socio al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza. In questo caso, tale prova non è stata fornita.

le conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante tutela per i soci di società immobiliari di mero godimento. La decisione conferma che non esiste un automatismo tra la carica di socio amministratore e l’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti. Ciò che conta è l’attività concretamente svolta. Se l’attività si esaurisce nella gestione passiva di un immobile, senza la fornitura di servizi aggiuntivi, l’obbligo contributivo non sussiste. Spetta all’ente previdenziale dimostrare il contrario, provando una partecipazione attiva, stabile e principale del socio alla vita dell’impresa.

Un socio accomandatario è sempre obbligato all’iscrizione alla Gestione Commercianti?
No. Secondo la Corte, la sola qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione. È necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza.

La semplice locazione di un immobile di proprietà della società costituisce attività commerciale ai fini previdenziali?
No. La Corte ha stabilito che una società che si limita a locare immobili di sua proprietà e a percepire i relativi canoni non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che tale attività non sia inserita in una più ampia prestazione di servizi (es. intermediazione immobiliare).

Chi deve provare l’esistenza di un’attività commerciale che obbliga all’iscrizione?
L’onere della prova grava sull’istituto assicuratore (l’ente previdenziale). Deve essere l’ente a dimostrare che il socio partecipa personalmente, abitualmente e prevalentemente all’attività commerciale della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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