Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4681 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 4681  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
La Corte di Appello di L’Aquila ha accolto il ricorso proposto dal Comune di Lanciano  avverso  la  sentenza  del  Tribunale  di  Lanciano  che  aveva  ritenuto l’illegittimità della trattenuta operata a titolo di IRAP dal Comune sui compensi professionali spettanti all’AVV_NOTAIO (dipendente responsabile dell’Avvocatura Comunale), in relazione ai giudizi dal medesimo patrocinati nei quali il Comune era risultato vincitore, ed aveva condannato l’AVV_NOTAIO alla restituzione dei suddetti compensi.
La Corte territoriale ha evidenziato che gli stanziamenti per il pagamento dei compensi professionali all’Avvocato comunale per gli anni 2012, 2013 e 2014 in sede di approvazione del bilancio erano stati allocati in via del tutto presuntiva ed imputati al capitolo 51800 in quanto non vi era certezza dell’entità RAGIONE_SOCIALE effettive disponibilità che si sarebbero create nel corso dell’anno in caso di sentenze favorevoli con condanna alle spese, e che negli anni 2012 e 2014, nelle occasioni in cui il Comune aveva ricevuto il pagamento RAGIONE_SOCIALE spese legali poste a carico della parte soccombente con la sentenza di condanna, aveva accantonato la quota da accantonare preventivamente per fronteggiare l’onere IRAP (8,5%) e gli oneri riflessi (23,80%), riducendo di pari importo la quota da attribuire all’AVV_NOTAIO.
Ha richiamato la deliberazione n. 33/20100 RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite della Corte dei conti, evidenziando che in forza della medesima il fondo per la provista e la copertura degli oneri del personale, tra i quali è ricompresa l’IRAP, può essere alimentato solo con le spese di giustizia liquidate per le cause vinte.
 Avverso  tale  sentenza  NOME  COGNOME  ha  proposto  ricorso  per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria.
Il Comune di Lanciano ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Il primo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1, commi 207 e 208 e commi da 176 a 206, legge n. 266/2005, in relazione all’art. 2 d. lgs. n. 466/1997, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui non sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’applicazione dell’IRAP, qualora il contribuente sia inserito in strutture organizzative riferibili all’altrui responsabilità ed interesse.
Deduce che a partire dalla determina dirigenziale n. 21/2013,  nella liquidazione RAGIONE_SOCIALE competenze professionali spettanti all’AVV_NOTAIO, il Comune di Lanciano aveva provveduto al ricalcolo della somma da corrispondergli al netto degli  oneri  riflessi  (comprensivi  anche  della  quota  degli  oneri  assicurativi  e previdenziali) e dell’IRAP, in violazione dell’art. 1, comma 208, della legge n. 266/2005, come interpretato dalla delibera n. 33 RAGIONE_SOCIALE Sezioni Riunite della Corte dei conti.
Sostiene  l’illegittimità  della  trattenuta  IRAP  operata  a  carico  del  singolo avvocato, in luogo della prededuzione indifferenziata della quota IRAP dal Fondo destinato ai compensi accessori da erogarsi all’Avvocatura comunale.
Lamenta che la sentenza impugnata contiene affermazioni inconciliabili, in quanto pur enunciato il principio secondo cui l’IRAP grava unicamente sul datore di lavoro, ha ritenuto legittima la liquidazione dei compensi professionali al netto dell’IRAP.
Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discissione tra le parti in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d. lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Torna a sostenere che la trattenuta IRAP sui compensi professionali spettanti all’avvocato comunale è illegittima nel caso in cui l’Amministrazione all’atto della
quantificazione dei fondi per il pagamento dei compensi accessori all’avvocatura interna non abbia provveduto ad accantonare le somme che gravano sull’ente, rendendole indisponibili.
Lamenta che la sentenza impugnata ha totalmente omesso l’esame del fatto relativo al mancato accantonamento RAGIONE_SOCIALE risorse necessarie a fronteggiare gli oneri a carico dell’ente, nonostante fosse stata oggetto di discussione tra le parti nei gradi di merito; rimarca che il Segretario Generale del Comune RAGIONE_SOCIALE Lanciano, invitato dalla Corte territoriale a specificare le ragioni per le quali erano state effettuate le determinazioni di rettifica degli emolumenti stipendiali spettanti all’avvocato, nonché degli oneri riflessi e dell’IRAP, aveva risposto che tali determine erano state poste in essere per rimediare al mancato accantonamento RAGIONE_SOCIALE risorse necessarie a fronteggiare gli oneri a carico dell’ente.
3. Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha infatti chiarito che nei casi non regolati ratione temporis dall’art. 1, comma 208, della legge n. 266/2005 (e dunque riguardanti il periodo anteriore al 31.12.2005, essendo tale disposizione entrata in vigore a far data dal 1° gennaio 2006), i compensi professionali dovuti al personale del comparto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in conformità alla disposizione contenuta nell’art 2115 cod. civ., sono dovuti al netto degli oneri contributivi previdenziali ed assistenziali, della spesa dell’assicurazione RAGIONE_SOCIALE e dell’imposta IRAP, gravante interamente sulla Pubblica Amministrazione datrice di lavoro (Cass. n. 27315/2021 e giurisprudenza ivi richiamata).
La suddetta pronuncia ha richiamato la deliberazione a Sezioni Riunite in sede di controllo n. 33 del 2010 della Corte dei Conti, secondo cui il presupposto impositivo dell’IRAP si realizza in capo all’ente che eroga il compenso di lavoro dipendente, soggetto passivo dell’imposta (colui che, nella valutazione del legislatore, in quanto titolare di una organizzazione, è tenuto a concorrere alle spese pubbliche, ai fini di detto tributo) e secondo cui l’onere fiscale non può gravare sul lavoratore dipendente in relazione ai compensi di natura retributiva, ma unicamente sull’ente datore di lavoro.
Nella  medesima  deliberazione  la  Corte  dei  conti  ha  infatti  chiarito  che  ‘le disposizioni sulla provvista e la copertura degli oneri del personale (tra cui l’IRAP) si riflettono in sostanza sulle disponibilità dei fondi per la progettazione e per l’avvocatura  interna,  ripartibili  nei  confronti  dei  dipendenti  aventi  titolo,  da calcolare al netto RAGIONE_SOCIALE risorse necessarie alla copertura dell’onere IRAP gravante sull’amministrazione’.
Tali principi sono stati condivisi da questa Corte anche nella sentenza n. 21398/2019 la quale, riguardo ad una fattispecie in cui veniva in discussione il compenso incentivante per le opere di progettazione, ha affermato che ‘L’incentivo, di cui all’art. 8 della legge n. 109 del 1994 (ora art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006), previsto per i dipendenti che hanno partecipato alle opere di progettazione, direzione o collaudo di opere pubbliche, va calcolato al netto dell’IRAP, quale onere posto ad esclusivo carico dell’amministrazione, tenuta al versamento del tributo; tuttavia, per il principio di necessaria copertura della spesa pubblica, le amministrazioni dovranno quantificare le somme che gravano sull’ente a titolo di IRAP, rendendole indisponibili, e successivamente procedere alla ripartizione dell’incentivo, corrispondendo lo stesso ai dipendenti interessati al netto degli oneri assicurativi e previdenziali”.
Tale pronuncia ha precisato che occorre tenere conto dell’IRAP ai fini della copertura degli oneri del personale e della determinazione della provvista nel rispetto dei principi sui quali si incentra il d.lgs. n. 165/2001 le cui disposizioni, pur nella diversità RAGIONE_SOCIALE formulazioni succedutesi nel tempo, hanno sempre perseguito l’obiettivo di armonizzare l’avvenuta contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico con l’esigenza primaria di garantire il controllo ed il contenimento della spesa, esigenza dalla quale derivano, da un lato, il divieto per il datore di corrispondere trattamenti economici che non trovino fondamento nella contrattazione collettiva o nella legge (ciò, perché entrambe dette fonti presuppongono la previa valutazione della sostenibilità finanziaria), e dall’altro la previsione di nullità RAGIONE_SOCIALE clausole della contrattazione integrativa non compatibili con i vincoli di bilancio RAGIONE_SOCIALE amministrazioni.
Si è inoltre rilevato che il preventivo accantonamento, nell’ambito del fondo di incentivazione, RAGIONE_SOCIALE somme dovute dall’ente datore di lavoro per far fronte agli obblighi tributari (ivi compresa l’I RAP) relativi ai compensi professionali spettanti agli avvocati interni, comporta il divieto di operare qualsiasi trattenuta (per la quota dovuta dall’ente a titolo di I RAP o di altri tributi) in sede di liquidazione dei compensi medesimi, avendo l’ente già garantito adeguata copertura finanziaria agli obblighi in questione, che pertanto gravano definitivamente sul bilancio dell’ente.
Nella disamina di una fattispecie in cui la dipendente di un’RAGIONE_SOCIALE aveva denunciato l’illegittimità della condotta datoriale e degli accordi RAGIONE_SOCIALEli con i quali il datore di lavoro aveva trasferito sui dipendenti l’obbligo di pa gamento dell’IRAP, questa Corte ha ribadito il principio secondo cui l’IRAP, che presuppone ‘l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi’ (art. 2 della leg ge n. 446/1997) grava sull’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e non sul dipendente che rende la prestazione (v. Cass. n. 20010/2022 e giurisprudenza ii richiamata).
Questa Corte ha dunque chiarito che le aziende e le parti collettive sono obbligate a tenere conto, dapprima in sede di contrattazione decentrata e poi nell’adozione degli atti datoriali che le indicazioni concordate recepiscono, dell’ammontare complessivo dei costi, diretti ed indirett i, che gravano sull’RAGIONE_SOCIALE, ossia di tu tte le voci di spesa che, a livello contabile derivano, direttamente o indirettamente , dall’attività intramuraria, fra le quali rientra il maggior importo dell’imposta che l’RAGIONE_SOCIALE è tenuta a versare in conseguenza dell’aumento della base imponibile determinata ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 446/1997; si è inoltre ribadito che d ell’IRAP occorre tenere conto ai fini della copertura degli oneri del personale e della determinazione della provvista, nel rispetto dei principi sui quali si incentra il d.lgs. n. 165/2001.
A fronte del ruolo riservato alla contrattazione collettiva nella determinazione RAGIONE_SOCIALE tariffe e dei compensi, si è dunque chiarito gli atti adottati non possono essere modificati unilateralmente dal datore di lavoro (cfr. Cass. n. 22692/2018
e Cass. n. 32333/2018), dovendo escludersi che l’RAGIONE_SOCIALE possa, senza previo intervento della contrattazione integrativa, ridurre l’ammontare dei compensi dovuti al dirigente per l’attività professionale già prestata ; ferma la necessaria condizione del rispetto RAGIONE_SOCIALE forme richieste dalla contrattazione collettiva, è stato parimenti escluso che l’aumento dell’aliquota possa gravare solo sul professionista che ha reso la prestazione, in quanto per evitare una non consentita traslazione dell’imposta è necessa rio che il maggior costo venga ripartito fra entrambe le parti del rapporto, con riduzione proporzionale RAGIONE_SOCIALE rispettive quote.
Nella disamina RAGIONE_SOCIALE disposizioni contenute nell’ art. 27 del CCNL del Comparto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 14.9.2000 questa Corte ha inoltre evidenziato che tale previsione lascia ampio spazio al potere degli Enti, provvisti di Avvocatura, di disciplinare la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’Ente, fermo il rispetto dei principi contenuti nel R.D.L. n. 1578 del 1933, e, al contempo, affida alla contrattazione collettiva decentrata la sola materia del coordinamento tra le due voci retributive accessorie (i compensi professionali e la retribuzione di risultato: Cass. n. 27316/2021); ha dunque precisato il carattere meramente programmatico della clausola pattizia, la quale non ha effetti diretti, ma fissa una direttiva che richiede di essere integrata con una regolamentazione successiva (Cass. n. 14761/2022).
La pertinenza della questione all’ambito del pubblico impiego privatizzato è stata recentemente riconosciuta dalla Sezione RAGIONE_SOCIALE Autonomie della Corte dei conti, la quale pronunciandosi sulla questione di massima posta dalla Sezione RAGIONE_SOCIALE di controllo per il Lazio con la deliberazione n. 136/2022/QMIG, ha enunciato il seguente principio di diritto: «Il quesito circa la corretta imputazione dell’onere IRAP sui compensi dovuti agli avvocati comunali, ossia se debba essere posto contabilmente a carico del fondo appositamente costituito con l’introito RAGIONE_SOCIALE spese legali liquidate dal giudice, ovvero se la provvista finanziaria di tale onere debba essere imputata a carico del bilancio comunale, è inammissibile in quanto non riguarda la materia della contabilità pubblica ».
Dalle disposizioni e dalla giurisprudenza richiamata emerge dunque che per  il  periodo  dal  1°  gennaio  2006,  l’accantonamento  ai  fini  dell’IRAP  deve avvenire in base ad un regolamento o alla contrattazione collettiva.
Il  Comune di Lanciano nella sua memoria ha sostenuto di avere effettuato una prededuzione con una determinazione dirigenziale del 2013 ed ha dunque riconosciuto  di  avere  ridotto  le  competenze  professionali  dell’AVV_NOTAIO  in assenza di un regolamento o di un accordo collettivo.
La sentenza impugnata, avendo ritenuto legittimo l’operato del Comune, che negli anni 2013 e 2014 in occasione del pagamento RAGIONE_SOCIALE spese legali poste a carico della parte soccombente con la sentenza di condanna, in considerazione della quota da accantonare preventivamente per fronteggiare l’onere IRAP (8,5%) e gli oneri riflessi (23,80%), ha ridotto di pari importo la quota da attribuire all’AVV_NOTAIO senza operare alcun accantonamento ed in assenza di un regolamento o di un accordo collettivo, non è dunque conforme a tali principi.
 Il  ricorso  va  pertanto  accolto e,  non  essendo  necessari  ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con l’accoglimento della domanda dell’AVV_NOTAIO .
Le spese di lite relative ai gradi di merito vanno compensate, in ragione dell’esito contrapposto del giudizio nei primi due gradi.
Le spese del presente giudizio sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La  Corte  accoglie il  ricorso,  cassa  la  sentenza  impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la domanda proposta dall’AVV_NOTAIO; compensa le spese dei due gradi di merito e condanna il Comune di Lanciano al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 3.000,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso nella Adunanza camerale del 23 gennaio 2024.
Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME