Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27533 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27533 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22596/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME, con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE- contro
RAGIONE_SOCIALE quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME, con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTE – e contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME NOME , con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTI- nonché
COGNOME NOME COGNOME.
-INTIMATA- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE, sezione distaccata di TARANTO n. 205/2022, depositata il 08/06/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale AVV_NOTAIO NOME COGNOME , che ha chiesto di accogliere il ricorso.
Uditi gli AVV_NOTAIOti. NOME COGNOME, NOME E NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio dinanzi al tribunale di Taranto NOME COGNOME, chiedendo lo scioglimento delle comunioni, ordinaria e ereditaria dei seguenti cespiti: a) appartamento in Taranto, INDIRIZZO acquisito dalle germane COGNOME, già nude proprietarie, per consolidamento dell’usufrutto di cui era titolare la comune genitrice, COGNOME NOME, deceduta il 21.10.2004; b) due appartamenti in Taranto, INDIRIZZO p.t. fg. 244, p.lla 292, sub 4 e 2, in comunione ordinaria; c) villa in Pulsano, in litoranea dei Micenei, fg. 15, p.lla 1942, pervenuta in virtù di successione testamentaria dalla madre, COGNOME NOME.
NOME COGNOME non si opposta alla divisione.
Espletata consulenza tecnica, con decreto ex art. 720 c.c. il tribunale ha assegnato a NOME COGNOME l’intera proprietà dell’ appartamento in INDIRIZZO, con obbligo di versamento di un conguaglio di €. 90.000, disponendo la vendita degli altri immobili.
In data 25.2.2010 è intervenuta in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito garantito da ipoteca sugli immobili in comproprietà di NOME COGNOME, per ottenere il trasferimento
della garanzia reale sugli immobili eventualmente assegnati alla debitrice o per concorrere sul risultato della vendita in caso di indivisibilità dei cespiti.
All’esito i l Tribunale ha ritenuto legittimo il provvedimento di assegnazione dell’immobile in INDIRIZZO e ha ripartito tra tutte le parti il ricavato della vendita degli immobili, ammettendo al concorso anche la creditrice ipotecaria.
La sentenza è stata confermata in appello.
La Corte distrettuale di Lecce ha ritenuto opponibile la cessione del credito ipotecario nei confronti di NOME COGNOME ai sensi dell’art. 58 TUB , reputando non contestata la titolarità del credito e della garanzia in capo alla RAGIONE_SOCIALE Ha dichiarato che il creditore ipotecario era litisconsorte necessario del giudizio divisorio e ha confermato l’assegnazione in favore di NOME COGNOME poiché non vi era stata alcuna opposizione ad opera degli altri contitolari.
La cassazione della sentenza è chiesta da NOME COGNOME con ricorso in quattro motivi, cui hanno resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, avente causa della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
È rimasta intimata NOME COGNOME.
La Sostituta Procuratrice Generale NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
Le eccezioni di inammissibilità del ricorso sono infondate: l’impugnazione contiene una compiuta illustrazione dei fatti di causa, delle difese e del contenuto della pronuncia, sollevando
quesiti in diritto, adeguatamente esposti, su punti specifici e decisivi della lite.
Il primo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp att. c.p.c..
La pronuncia conterrebbe errori nell’indicazione della posizione processuali delle parti, mancherebbero la descrizione dei fatti di causa e una puntuale replica alle obiezioni mosse in appello riguardo alla palese illegittimità del trasferimento dell’immobile di INDIRIZZO, che doveva esser disposto con sentenza, lamentando che la Corte di merito abbia attribuito effetti traslativi definitivi e forza di giudicato al decreto ex art. 720 c.c., ed abbia omesso, inoltre, di previamente dichiarare lo scioglimento della comunione. La decisione sarebbe immotivata anche riguardo alla ritenuta legittimità del provvedimento adottato in data 11.11.2009, con cui in luogo di dividere i beni in comunione, era stato disposto il trasferimento delle quote in favore delle sorelle NOME e NOME e riguardo all’i llegittima ammissione al riparto del creditore ipotecario, pur non avendo questi rinnovato l’iscrizione ipotecaria nel termine di legge.
Afferma la ricorrente che il creditore ipotecario non è litisconsorte necessario del giudizio divisorio e che l’eccezione di inefficacia dell’ipoteca poteva essere dedotta anche direttamente in appello, evidenziando che la cessionaria avrebbe dovuto dar prova della cessione, della quale era indimostrata la stessa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Lamenta che il giudice, nel regolare le spese di lite, non abbia illustrato le ragioni per le quali aveva ritenuto di discostarsi dai valori tabellari medi.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 99, 100 c.p.c., 1113 e 2825 c.c., sostenendo che, intervenuta l’ inefficacia della garanzia per mancata rinnovazione de ll’iscrizione nel termine di legge, la cessionaria del credito ipotecario non era legittimata ad intervenire e a partecipare al riparto delle somme risultanti dalla vendita divisoria.
Si ribadisce che il creditore ipotecario non è parte del giudizio divisorio e che, anche se intervenuto, non ha titolo per concorrere nel riparto delle somme che derivano dalla vendita degli immobili in comunione.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 720 c.c., 112, 784 e ss. c.p.c., assumendo che, sebbene non fossero state sollevate contestazioni riguardo all ‘ assegnazione dell’immobile di INDIRIZZO Taranto, lo scioglimento della comunione doveva esser disposta con sentenza e che il decreto ex art. 720 c.c. aveva natura ordinatoria e doveva essere confermato all’esito del giudizio.
2.1 Vanno esaminati congiuntamente i motivi primo e terzo, che sono respinti per le ragioni che seguono.
La motivazione è sindacabile quale violazione di legge processuale nei limiti in cui risulti violato la garanzia del minimo costituzionale imposto dall’art. 111 , comma sesto, Cost., nel senso che tale vizio deve consistere nella mancanza dei motivi sotto il profilo grafico, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. s.u. 7.4.2014, n. 8053). Sussiste la motivazione apparente se le argomentazioni adottate non siano verificabile nel loro inter logico, siano disancorate dal quadro probatorio e suscettibili di essere
applicate, la loro genericità e l’assenza di riferimenti al caso concreto, ad un numero indefinibile di fattispecie.
In sostanza, la motivazione, benché graficamente esistente, deve esser tale da non rendere percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. Cass. s.u. 2767/2023; Cass. 22232/2016; Cass. S.u. 16599/2016).
La sentenza impugnata non presenta il vizio denunciato.
La Corte d’appello ha richiamato per relationem le argomentazioni del tribunale riguardo alla piena legittimità dell’assegnazione, alla perdurante efficacia della garanzia ipotecaria e alla qualifica di litisconsorte del creditore ipotecario intervenuto volontariamente nel giudizio, oltre che riguardo al diritto di quest’ultimo a concorrere sulle somme risultanti dalla vendita degli immobili in contitolarità anche del debitore ed ha comunque confermato l’assegnazione dell’immobile di INDIRIZZO a NOME COGNOME sul rilievo che la richiesta dell’assegnataria non aveva incontrato alcuna opposizione da parte degli altri ed era stata già ritenuta legittima, per le medesime ragioni, con sentenza dal tribunale, senza riconoscere alcun effetto di giudicato al decreto ex art. 720 c.c..
Ha motivatamente dato conto della sussistenza della credito della società intervenuta, sul rilievo che la ricorrente si era limitata ad eccepire la prescrizione e l’inefficacia della garanzia, implicitamente riconoscendo la RAGIONE_SOCIALE titolare sia della pretesa che della garanzia reale, rilevando, con accertamento di merito, incensurabile in cassazione, che il credito era stato oggetto di una cessione in blocco debitamente pubblicizzata, ai fini
dell’opponibilità, nella Gazzetta ufficiale ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. 385/1993.
Eventuali errate indicazioni riguardo alla posizione assunta in giudizio dalle parti integrano meri errori materiali e l’insufficiente descrizione del fatto non ha inciso sulla decisione, che non è viziata dal l’omessa valutazione di circostanze o emergenze processuali o da vizi motivazionali.
Costituisce vizio meramente formale, che non è causa di nullità della sentenza, la mancata pronuncia espressa dello scioglimento della comunione, cui il giudice ha ugualmente proceduto, regolando la divisione e assegnando le quote ai diversi contitolari.
2.2. Va posto in evidenza che, pur se nell’ambito di un unico giudizio, la divisione ha riguardato masse distinte poiché le singole situazioni di comunione rispetto a ciascuno dei beni da dividere derivavano da titoli diversi. In tali ipotesi non si realizza un’unica comunione ma tante comunioni quanti sono i titoli di provenienza dei beni, corrispondendo alla pluralità di titoli una pluralità di masse, ciascuna delle quali costituisce un’entità patrimoniale a sé stante, nella quale ogni condividente deve poter far valere i propri diritti indipendentemente da quelli che gli competono sulle altre masse, così come nell’ambito di ciascuna massa debbono trovare soluzione i problemi relativi alla formazione dei lotti e alla comoda divisione dei beni immobili che vi sono inclusi. È possibile procedere a un’unica divisione invece che a tante divisioni quante sono le masse solo con il consenso di tutti i condividenti, che deve trovare titolo in uno specifico negozio – che ove, riguardante beni immobili, deve rivestire la forma scritta “ad substantiam” – con il quale si attui il conferimento delle singole comunioni in una comunione unica (Cass. 15494/2019; Cass. 27645/2018).
Le parti avevano inizialmente acquistato nel 2006 la nuda proprietà dell’immobile di INDIRIZZO, assegnato a NOME COGNOME, e successivamente ne erano divenuti pieni titolari con il consolidamento dell’usufrutto materno. L’immobile costituiva l’unico cespite di una delle distinte comunioni tra le parti rispetto alla quale non era sorta alcuna contestazione né quanto all’appartenenza comune, né riguardo al diritto a procedere alla divisione, sicché, in astratto, era possibile lo scioglimento della comunione con ordinanza ai sensi dell’art. 785 c.p.c. (Cass. 951/1967; Cass. 1521/1980).
In ogni caso, la Corte di merito ha confermato quanto già disposto dal tribunale, il quale, insorte contestazioni sulla legittimità formale del decreto di assegnazione e sul diritto della creditrice ipotecaria a concorrere sul prezzo della vendita, ha pronunciato con sentenza, confermando detta assegnazione per mancanza di opposizione degli altri condividenti, avendo la ricorrente sollevato solo censure formali, senza rivendicare per sé l’intero cespite.
Anche per la Corte d’appello l’assegnazione era legittima perché disposta in mancanza di contestazioni, senza riconoscere effetti di giudicato al decreto ex art. 720 c.c., ma rivalutando nel merito la richiesta di NOME COGNOME.
2.3. Correttamente la pronuncia di merito ha affermato che il creditore ipotecario era litisconsorte necessario del giudizio di divisione in quanto volontariamente intervenuto.
Nella divisione devono essere ritualmente coinvolti, non solo tutti i contitolari di diritti reali sul bene la cui quota è stata pignorata, ma pure i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull’immobile in virtù di atti trascritti prima della trascrizione dell’atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione (art. 1113, terzo comma, c.c.).
Detti creditori, pur avendo diritto ad intervenire nella divisione, ai sensi dell’art. 1113, primo comma, cod. civ., non sono parti necessarie del giudizio.
Il loro intervento è diretto a consentire un controllo sul corretto svolgimento del procedimento divisionale, ovvero alla proposizione dell’eventuale opposizione alla divisione non ancora eseguita a seguito di un giudizio cui non abbiano partecipato, senza avere alcun potere dispositivo, in quanto non condividenti. Perciò la mancata evocazione dei creditori iscritti e degli aventi causa nel giudizio di scioglimento comporta l’unico effetto di rendere inopponibile nei loro confronti l’avvenuta divisione degli immobili, 3 come è espressamente previsto dall’art. 1113, terzo comma, c.c. (Cass. 4330/1986; Cass. 19529/2012; Cass. 22903/2013).
Tuttavia, solo allorquando il creditore sia stato citato in primo grado e sia intervenuto nel processo -come nel caso in esame – si configura un’ipotesi di litisconsorzio processuale, che ne impone la partecipazione al giudizio di appello a pena di nullità della sentenza (Cass. 7485/1991).
3. Il secondo motivo è fondato.
Nessuna statuizione ha adottato il giudice riguardo alla questione, dedotta anche in appello, circa la lamentata inefficacia della garanzia per mancata rinnovazione dell’iscrizione entro il termine ventennale, adempimento potenzialmente ostativo per l’attribuzione delle somme al creditore intervenuto.
Il termine ventennale di cui all’art. 2847 c.c., non è termine di prescrizione e non è interrotto dall’intervento nell’esecuzione , ma incide sull’ efficacia della pubblicità costituti va dell’ipoteca . L’iscrizione “conserva il suo effetto” per la durata di venti anni e, se non è rinnovata prima della scadenza del ventennio, “l’effetto cessa”.
Nella procedura espropriativa singolare, l’iscrizione della garanzia reale non deve avere superato il ventennio alla data della vendita forzata, che coincide e concreta l’espropriazione che il creditore ha il diritto di chiedere ai sensi dell’art. 2808 c.c., mentre solo in quella fallimentare è sufficiente che la domanda di insinuazione al passivo sia stata proposta prima del ventennio, nel qual caso conserva il grado ipotecario pur se non rinnovata (Cass. 26591/2024; Cass. 7570/2011
Il termine non riguarda, quindi, ne’ il diritto di credito ne’ la garanzia ipotecaria intesa come diritto nascente dal titolo ipotecario e nemmeno il diritto all’iscrizione ipotecaria, in sé, quale elemento costitutivo dell’ipoteca, potendo il creditore richiedere una nuova iscrizione sulla base del titolo originario (Cass. 6281/2025; Cass. 30625/2018).
Detto termine incide sull’efficacia dell’iscrizione ipotecaria nei rapporti tra il creditore ipotecario ed il debitore originario oltre che nei rapporti tra il primo e gli altri creditori e gli aventi causa dal debitore originario: il suo decorso comporta la postergazione del creditore ipotecario che intenda continuare ad avvalersi della garanzia, ai creditori iscritti prima della nuova iscrizione (art. 2848 c.p.c., comma 1), ma estingue il diritto dipendente dal titolo ipotecario rispetto ai terzi acquirenti dell’immobile ipotecato che abbiano trascritto il loro titolo (art. 2848 c.p.c., comma 2).
Ogni altra questione è assorbita.
Il quarto motivo deduce la violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., per aver la Corte di appello dichiarato tardivo il motivo di gravame con cui era stata contestata la legittimazione e all’interesse ad agire della RAGIONE_SOCIALE.
Assume la ricorrente che non vi era prova della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cessione in blocco dei crediti di Banca
Intesa in favore della cessionaria intervenuta e che era onere di quest’ultima provare che la cessione ave sse riguardato anche il credito ipotecario della società resistente.
Il motivo è infondato.
Le ragioni di doglianza sollevate in secondo grado sono state esplicitamente respinte nel merito.
La Corte distrettuale, senza arrestarsi ad una pronuncia in rito ai sensi dell’art. 345 c.p.c. , ha accertato in fatto l’opponibilità della cessione, affermando che il credito era ricompreso in una cessione in blocco, sottoposta ai requisiti di pubblicità previsti dall’art. 58 TUB, non al l’annotazione nei registri immobiliari , e spiegando che tale pubblicazione era pacificamente avvenuta per tutte le cessioni dell’originario credito ipotecario originato dal D.L. 29.12.1995 ottenuto dal RAGIONE_SOCIALE Paolo RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e della garante NOME COGNOME.
Anche l ‘esistenza del credito e l’ avvenuta cessione in favore della RAGIONE_SOCIALE sono circostanze che la Corte di merito ha ritenuto pacifiche poiché implicitamente riconosciute dalla ricorrente (limitatasi ad eccepire la prescrizione del credito e della garanzia), con convincimento basato non sull’accettazione della cessione, ma sulle argomentazioni difensive e sul principio di non contestazione, con conseguente esonero della società dalla prova della legittimazione della creditrice ad intervenire nell’esecuzione.
E ‘ -in conclusione – accolto il secondo motivo di ricorso, con rigetto di ogni altra censura.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa Alla Corte d’appello di Lecce virgola in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, respinge ogni altra censura, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Lecce virgola in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 10/07/2025.
IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE NOME COGNOME NOME COGNOME