Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20552 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20552 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9185/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA n. 373/2021 depositata il 19/01/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- NOME COGNOME nel febbraio 2015 convenne in giudizio avanti al Tribunale di Roma l ‘ ex coniuge, NOME COGNOME, affinché ordinasse al Conservatore dei registri immobiliari di Roma la cancellazione dell ‘ ipoteca n. 13940/2014 del 26.09.2014, iscritta da NOME COGNOME sull ‘ immobile sito in Roma, INDIRIZZO, di proprietà dello COGNOME, riconosciuta l ‘ assenza dei presupposti di legge per la legittima iscrizione ipotecaria in difetto di titolo esecutivo e di rischio di inadempimento, da parte sua, degli obblighi alla corresponsione dell ‘ assegno di mantenimento, sempre regolarmente adempiuti.
– All ‘ esito del giudizio di prime cure, svolto nell ‘ attiva resistenza della ricorrente, il Tribunale di Roma respinse la domanda.
– La Corte di Appello di Roma, adita dal controricorrente, accoglieva l ‘ impugnazione ed ordinava al Conservatore dei Registri Immobiliari di Roma la cancellazione dell ‘ ipoteca.
– NOME COGNOME propone ricorso per cassazione articolato in sei motivi ed illustrato da memoria, cui resiste, con controricorso NOME COGNOME.
– È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c. Il Collegio si è riservato il deposito dell ‘ ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell ‘ articolo 112 cod. proc. civ., in relazione all ‘ art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., per avere la Corte d ‘ appello di Firenze ritenuto che la pronuncia di prime cure non avesse esaminato e deciso la questione proposta relativa alla mancanza del pericolo dell ‘ inadempimento.
– Il motivo è infondato .
La sintetica pronuncia di primo grado si limita a dare atto dell ‘ avvenuta regolarità della iscrizione ipotecaria in quanto fondata su un titolo esecutivo (in questo senso il richiamo all ‘ art. 2818 c.c.). L ‘ appellante ha messo in discussione questo profilo con il primo motivo di appello, e la corte d ‘ appello lo ha rigettato accertando che l ‘ iscrizione è regolarmente avvenuta sulla base della sentenza di primo grado del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La corte d ‘ appello ha poi accolto l ‘ impugnazione in relazione al secondo motivo, che riproponeva la questione, dedotta fin dal primo grado e sulla quale non si evinceva alcuna valutazione da parte del giudice di primo grado, della sussistenza di un effettivo pericolo di inadempimento della obbligazione, verificando in concreto che non sussistesse un apprezzabile pericolo di inadempimento da parte del controricorrente, e pertanto ha disposto la cancellazione della iscrizione.
La sentenza ha ritenuto correttamente che il giudice di prime cure non si fosse pronunciato sull ‘ esistenza del presupposto dell ‘ inadempimento, legittimante il ricorso non avventato alla iscrizione ipotecaria, e ha ritenuto che comunque, con il motivo di appello, era stata implicitamente investita dall ‘ appellante della necessità di affrontare la questione concernente la sussistenza di tutti i presupposti legittimanti l ‘ iscrizione ipotecaria.
In relazione ai presupposti legittimanti l ‘ iscrizione ipotecaria a garanzia delle obbligazioni di mantenimento gravanti su uno dei coniugi, va detto che:
la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli aspetti civili del matrimonio ovvero la separazione nella parte in cui impone a carico di una delle parti l ‘ obbligo di corrispondere un assegno periodico a favore dell ‘ altra costituisce titolo per l ‘ iscrizione dell ‘ ipoteca giudiziale, attribuendo direttamente al creditore la
relativa facoltà previa valutazione circa la sussistenza del pericolo di inadempimento;
e tuttavia il coniuge, in favore del quale la sentenza di separazione riconosca l ‘ assegno di mantenimento, è comunque tenuto a valutare con prudenza la sussistenza, ai fini dell ‘ iscrizione ipotecaria ai sensi dell ‘ art. 2818 cod. civ., del pericolo di inadempimento del coniuge obbligato;
la sua valutazione, che si concluda positivamente con l ‘ iscrizione, è sindacabile nel merito, onde la mancanza -originaria o sopravvenuta – di tale pericolo determina, venendo meno lo scopo per cui la legge consente il vincolo, l ‘ estinzione della garanzia ipotecaria e, di conseguenza, il sorgere del diritto dell ‘ obbligato ad ottenere dal giudice, dietro accertamento delle condizioni anzidette, l ‘ emanazione del corrispondente ordine di cancellazione ai sensi dell ‘ art. 2884 cod. civ.
In definitiva, la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio (o di separazione) costituisce titolo per l ‘ iscrizione ipotecaria, che è rimessa, all ‘ atto dell ‘ iscrizione, alla sola valutazione del creditore, che può quindi procedervi autonomamente, ma deve far uso delle cautele necessarie per l ‘ adozione di una misura di garanzia patrimoniale idonea ad incidere significativamente sui diritti del debitore, per evitare di andare incontro alla responsabilità aggravata di cui all ‘ art. 96 c.p.c.
La legittimità dell ‘ avvenuta iscrizione è quindi sottoponibile alla verifica in concreto della esistenza dei presupposti legittimanti l ‘ iscrizione stessa da parte del giudice, che accerterà la configurabilità in concreto del pericolo di inadempimento da parte del creditore e, in caso di apprezzamento negativo circa il pericolo che egli possa sottrarsi in futuro all ‘ adempimento stesso, disporrà la cancellazione dell ‘ ipoteca fatta iscrivere dal coniuge titolare dell ‘ assegno su un immobile di proprietà esclusiva dell ‘ obbligato (il
principio è costantemente affermato, fin da Cass. n. 12309 del 2004, ed è stato ripreso recentemente da Cass. n. 1076 del 2023:’ In tema di ipoteca giudiziale, ove sia richiesta la cancellazione dell ‘ ipoteca iscritta in forza della sentenza di separazione personale dei coniugi, ai sensi dell ‘ art. 156, comma 5, c.c., il giudice avanti al quale sia proposta la relativa istanza è tenuto a verificare la sussistenza o meno del pericolo di inadempimento dell ‘ obbligato e a emanare, in mancanza, l ‘ ordine di cancellazione previsto dall ‘ art. 2884 c.c.’ ).
Tanto ha fatto il giudice di merito, valutando che la COGNOME avesse effettivamente il titolo che le consentiva di procedere alla iscrizione, e tuttavia che la situazione, caratterizzata dal regolare adempimento del marito ai suoi obblighi di mantenimento protrattosi per ben sedici anni, non le consentiva di procedere legittimamente e con la necessaria cautela alla iscrizione ipotecaria, non essendosi verificata in concreto alcuna causa giustificante un siffatto rafforzamento della garanzia patrimoniale, a fronte del regolare adempimento da parte del coniuge.
3.Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la falsa applicazione dell ‘ art. 156, comma 5 cod. proc. civ. e la violazione degli artt. 2818, 2844 e 2696 cod. civ., per avere la Corte d ‘ appello di Firenze erroneamente ritenuto che lo COGNOME avesse sempre correttamente adempiuto ai suoi obblighi di pagamento per cui non sussisteva alcun pericolo di inadempimento.
– Con il terzo motivo la COGNOME denuncia la ‘nullità della sentenza per violazione dell ‘ art. 115 comma primo ultima parte cod. proc. civ. in relazione all ‘ art. 360 n. 4 cod. proc. civ. ‘.
La ricorrente lamenta la mancata valutazione, ad opera della Corte di appello di Firenze, di alcune memorie difensive, e di alcuni documenti, da cui discenderebbe l ‘ esistenza del pericolo dell ‘ inadempimento, e quindi la legittimità della iscrizione ipotecaria.
Ritiene che la Corte abbia erroneamente ritenuto provata la deduzione dell ‘ avvenuto puntuale adempimento delle obbligazioni sulla scorta della asserita mancata contestazione da parte della COGNOME.
-Il secondo e il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi: e sono infondati .
In memoria la ricorrente si dilunga nel sostenere che l ‘ inadempimento ci fu, in quanto la stessa avrebbe preteso di modificare unilateralmente le modalità di pagamento, richiedendo non più il bonifico bancario, ma l ‘ assegno circolare o il vaglia, da inviarsi presso lo studio legale del suo avvocato, ed avrebbe per questo ordinato alla banca di rifiutare i pagamenti successivi provenienti dal marito.
La valutazione secondo la quale il giudice di merito ha escluso la configurabilità dell ‘ inadempimento in capo all ‘ ex coniuge, avendo la beneficiaria dell ‘ assegno ingiustificatamente preteso di rifiutare il pagamento con bonifico bancario, come effettuato in precedenza, è conforme ai principi già enunciati da questa Corte (Cass. n. 1431 del 2013) secondo i quali ‘ In tema di obbligazioni pecuniarie, il pagamento effettuato mediante un sistema diverso dal versamento di moneta avente corso legale nello Stato, ma che comunque assicuri al creditore la disponibilità della somma dovuta, può essere rifiutato solo in presenza di un giustificato motivo, dovendo altrimenti il rifiuto ritenersi contrario a correttezza e buona fede ‘ .
La ricorrente non spiega neppure perché, a fronte di bonifici bancari regolarmente corrisposti dall ‘ obbligato sul suo conto corrente per numerosi anni, ritenne non soddisfacente da un certo momento in poi la modalità di pagamento inizialmente concordata, pretendendo di imporre al marito una modalità alternativa che richiedeva, in entrambi i casi, un ‘ attività aggiuntiva mensile rispetto al semplice ordine di pagamento periodico impartito alla banca.
6. – Con il quarto motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all ‘ art. 360 co 1 n. 4 cod. proc. civ.
Lamenta parte ricorrente che l ‘ accoglimento in appello della domanda dello COGNOME avrebbe dovuto portare il Giudice di seconde cure a compensare le spese di lite, almeno per il primo grado, in considerazione del fatto che era stato accolto il secondo motivo di appello e non già il primo.
7. – Il motivo è inammissibile .
La censura è inammissibile là dove lamenta la mancata compensazione delle spese dei gradi di merito, ai sensi dell ‘ art. 92 cod. proc. civ., dal momento che, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l ‘ eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. S.U. n. 14989/05 e numerose altre).
Trattasi di principio applicabile anche dopo le modifiche dell ‘ art. 92, comma secondo, cod. proc. civ., perché l ‘ obbligo di motivazione imposto da questa norma riguarda l ‘ ipotesi in cui la compensazione sia disposta, ma non anche l ‘ ipotesi in cui si segua il principio della soccombenza (che l ‘ art. 91 cod. proc. civ. pone come regola generale in tema di riparto delle spese di lite, essendo la compensazione dell ‘ art. 92, comma secondo, cod. proc. civ. prevista come eccezione). Poiché nella specie il giudice ha osservato l ‘ art. 91 cod. proc. civ., è inammissibile la censura che si basa su norma non applicata, e soltanto discrezionalmente applicabile.
8. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell ‘ art. 96 cod. proc. civ., in relazione all ‘ art. 360 co 1 n. 4 cod. proc. civ.
Lamenta parte ricorrente che il Giudice di seconde cure abbia errato nel valutare il contegno della medesima come sanzionabile ex art. 96 comma 2 cod. proc. civ.
9. – Il motivo è inammissibile , perché è volto a censurare l ‘ accertamento in fatto presupposto alla affermazione della responsabilità aggravata della ricorrente nel procedere alla iscrizione ipotecaria sul bene del marito ex art. 96 secondo comma c.p.c., valutazione compiuta e motivata dalla Corte d ‘ appello, la quale a pagina 7 della pronuncia impugnata precisa che la condotta della convenuta che ha iscritto ipoteca in assenza assoluta di un requisito primario e ha resistito in entrambi i gradi anche sulla scorta di argomentazioni non rispondenti al vero in punto di fatto prima che di diritto (il riferimento è ad alcuni pagamenti effettuati dal marito e da lei rifiutati, di cui si dà atto alla precedente pagina 6) impone l ‘ accoglimento della condanna ex articolo 96 secondo comma c.p.c., liquidando equitativamente il danno in misura pari alle spese sostenute nel primo grado.
Il ricorso va complessivamente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall ‘ obbligo di versare -al competente ufficio di merito -un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell ‘ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della parte ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida
in complessivi euro 5,100,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente al competente ufficio di merito di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 2