Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5706 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5706 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
sul ricorso 15926/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO di VENEZIA n. 4369/2019 depositata il 14/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/1/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione avverso la sentenza 4369/2019 della Corte di appello di Venezia che, in accoglimento del gravame proposto da Banca Popolare di Vicenza s.p.a. in l.c.a., ha proceduto a riformare l’impugnata decisione di primo grado nella parte in cui, su istanza di COGNOME, aveva condannato la banca a rettificare le annotazioni di cassa dipendenti dalle operazioni in derivati intercorse tra le parti, delle quali30. aveva previamente dichiarato la risoluzione in ragione del fatto che, essendo state concluse per finalità speculative, la loro inadeguatezza non era stata debitamente segnalata all’investitrice. Nell’occasione la Corte di appello ha anche respinto il gravame incidentale della medesima COGNOME, che si era doluta dell’errore in cui era incorso il primo giudice allorché aveva giudicato inapplicabile alla specie l’art. 30 TUF, nonché le altre domande non statuite dal primo giudice riproposte ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ.
Motivando le proprie determinazioni il giudice distrettuale ha fatto rilevare che, all’esito della disposta escussione testimoniale, era risultato che le operazioni non erano state stipulate per finalità di copertura e che la COGNOME, benché resa edotta dall’inadeguatezza di esse, in persona del suo amministratore di fatto, notaio NOME COGNOME aveva comunque deciso di darvi corso proponendosi di lucrare i differenziali di rendimento che fossero maturati a proprio favore, escludendo di conseguenza la sussistenza della lamentata violazione dell’art. 29 Reg. Consob 1 luglio 1998, n. 11522. Ha poi escluso, a confutazione del gravame incidentale, richiamando i principi di SS.UU. 13905/2013, l’applicazione dell’art. 30 TUF non essendo ravvisabili, in relazione alle circostanze concrete del caso (nella specie la sottoscrizione non poteva ritenersi che fosse avvenuta fuori sede, atteso che lo studio del notaio era attiguo agli uffici della
banca, sì che si trattava di «ipotesi di fuori sede ben diversa dall’accezione del TUF»), le esigenze di tutela viceversa valorizzate in chiave estensiva dalla citata pronuncia di legittimità. Ha quindi ancora respinto le ulteriori domande attrici considerando insussistenti sia la dedotta violazione degli obblighi informativi, lamentata con riferimento alle prescrizioni dell’art. 21 TUF lett. a) b) e c), per essere stata NOME già informata dell’inadeguatezza dell’operazione, sia la dedotta conclusione delle operazioni in conflitto di interessi, atteso il consenso prestato dall’investitrice per la loro esecuzione, sia, ancora, il dedotto vizio del consenso per dolo od errore essenziale, considerate le informazioni rese dalla banca all’atto degli investimenti risultanti dai documenti e dal testimoniale. Il gravame ora proposto da NOME si vale di otto mezzi, illustrati anche con memoria e resistiti dalla banca con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione dell’art. 1322 cod. civ., dell’art. 21 TUF e dell’art. 26 Reg. Consob 11522/1998 in quanto la Corte di appello avrebbe dovuto rilevare la nullità delle operazioni in questione posto che esse, ancorché fossero state deliberate per fini di copertura, erano state invece realizzate con finalità speculative, sicché non essendovi aderenza al caso concreto ne andava esclusa la meritevolezza e ne andava dichiarata di conseguenza la nullità in assenza di un’adeguata caratterizzazione causale -è inammissibile per difetto di specificità, rivelandosi distonico rispetto al percorso motivazionale seguito dal giudice di appello.
Esso, per vero, non si avvede che la Corte di Appello, accogliendo il gravame della banca, si è data cura di precisare, riproducendo testualmente il contenuto delle dichiarazioni rese dal teste COGNOME
dipendente della banca -che aveva seguito le negoziazioni in contestazione e che in questa veste aveva «illustrato al Notaio i rischi dell’operazione» e che al medesimo, già da altro teste indicato come gestore di fatto di NOME, aveva «sempre detto che gli OTC erano prodotti a rischio e che non erano prodotti di copertura», riscontrandone la determinazione a dar, comunque, seguito alle operazioni nella convinzione che «a suo dire, i tassi non sarebbero saliti e quindi avrebbe incassato dei differenziali a suo favore» -che «il teste è stato chiaro nel riferire che la cliente ben era stata edotta del fatto che i prodotti scelti non erano comunque a copertura e, dunque, non corrispondevano alle finalità di NOME si era proposta e che malgrado ciò, quest’ultima aveva comunque deciso di effettuare le operazioni».
Ora, potrà anche essere vero che le operazioni di cui si discute fossero state deliberate con finalità di copertura, ma è altrettanto innegabilmente vero -alla luce delle dichiarazioni testimoniali che il giudice di appello nell’esercizio della sua insindacabile potestà di valutare le prove secondo il proprio prudente apprezzamento ha ritenuto di porre a fondamento della decisione -che all’atto pratico, di fronte all’avvertimento della banca che gli strumenti in parola avevano natura speculativa, quelle finalità, per esplicita determinazione del notaio Itri, si erano convertite in finalità di ben diversa natura, sicché essendo risultata questa in definitiva la causa concreta dei negozi, che vale a mettere in non cale la censura fondata viceversa sulla rilevanza del motivo, è evidente che non si possa lamentare che «non vi è alcuna aderenza dello strumento al caso concreto» e che insistere sulle finalità a copertura degli strumenti sottoscritti quando la Corte di appello ne ha al contrario riconosciuto le finalità speculative dà sfogo ad una contestazione che non si allinea alle ragioni della decisione.
3. Il secondo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione dell’art. 29 Reg. Consob 11522/1998 in quanto la Corte di appello avrebbe dovuto rilevare che, in disparte da ogni rilievo sull’attendibilità del teste COGNOME costui non aveva fornito alcuna informazioni in ordine all’inadeguatezza delle operazioni effettuate, a nulla rilevando, da un lato, l’avvenuta sottoscrizione della clausola corrispondente presente in ogni contratto, dato che nessuna informazione sulla realtà economica di COGNOME era nota al teste, e, dall’altro, l’esperienza del notaio COGNOME in materia di strumenti finanziari -; il terzo motivo di ricorso con cui si lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 29 Reg. Consob 11522/1998 in quanto la Corte di appello avrebbe recepito la deposizione del teste COGNOME in maniera acritica quantunque il medesimo, a seguito di denuncia in sede di penale sporta da NOMECOGNOME fosse stato indagato per il reato di truffa, sicché, considerate le finalità a copertura perseguite da NOME, si sarebbe dovuto escludere, essendo tale circostanza suffragata solo dal teste COGNOME, che le operazioni perseguissero finalità speculative -; il quarto motivo di ricorso -con cui si cui si lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 2639 cod. civ. in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che il notaio NOME COGNOME rivestisse la qualità di amministratore di fatto della NOME benché la banca sapesse che la rappresentanza legale della società spettasse ad altri soggetti, di talché non si sarebbe potuto affermare che le informazioni sulle operazioni fossero state regolarmente fornite -; il quinto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione degli artt. 30, 31 e 166 TUF in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che la sottoscrizione dei contratti afferenti alle operazioni in discussione non fosse avvenuta fuori sede fondandosi sulla ritenuta qualità di amministratore di fatto dell’Itri e sulla deposizione del COGNOME,
quantunque fosse comunque provata che la sottoscrizione non fosse avvenuta presso la sede dell’intermediario -; il settimo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 21 TUF e agli artt. 26 e 27 Reg. Consob 11522/1998 in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto provato l’onere probatorio incombente sull”intermediario circa l’assolvimento degli obblighi informativi recati da dette norme valutando le risultanze probatorie in spregio alle norme che debbono presiedere all’apprezzamento dei fatti -; e l’ottavo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 1427 cod. civ. in quanto la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto ancora decisiva la deposizione del teste COGNOME sebbene le informazioni rese circa la natura degli investimenti operati fossero generiche, non puntuali e non specifiche in raffronto a quanto in contrario dichiarato dal teste COGNOMEesaminabili congiuntamente per unitarietà della censura si prestano ad una comune declaratoria di inammissibilità in quanto tutti versati palesemente in fatto e tutti indirettamente volti a sollecitare la revisione del sindacato istruttorio esperito dal decidente di merito I sopradetti motivi, infatti, discettano tutti sull’apprezzamento delle risultanze di prova a cui ha proceduto il giudice di appello e mirano a conseguire una rinnovata valutazione dei fatti di causa. Ora nel far ciò e nell’insistere perché di detti fatti si faccia, quindi, materia di un nuovo apprezzamento, la deducente non solo non si avvede che la valutazione delle prove è compito che pertiene in via esclusiva al giudice di merito, in quanto giudice del fatto sostanziale, sicché è inappropriato chiederne la rinnovazione in questa sede, non essendo notoriamente il giudizio di cassazione un giudizio di terza istanza in cui poter porre riparo alla pretesa ingiustizia della decisione
impugnata; ma neppure vede i limiti entro cui, in materia di contestazioni afferenti al sindacato probatorio espletato dal giudice di merito, la Corte di Cassazione possa esercitare i propri poteri di legittimità, atteso che compito di questa è solo quello di controllare la regolarità formale di detto sindacato ma non l’esito che ne è scaturito, sicché è perciò inappropriato chiedere che la Corte, rinnovando quel sindacato, sostituisca la propria valutazione a quella dal giudice del merito.
4. Il sesto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Costi in quanto la Corte di appello avrebbe rigettato le domande di risoluzione dei contratti per violazione dell’art. 21 TUF e dell’art. 26 Reg. Consob 11522/1998 senza offrire a questo riguardo un conforto motivazionale, posto che il richiamo alla pregressa motivazione sviluppata a supporto della rappresentata inadeguatezza delle operazioni risulta inidoneo e comunque inconferente, trattandosi di obblighi informativi del tutto diversi -è inammissibile per difetto di specificità in quanto non si accorda con il tenore della decisione.
E’ ben vero che la Corte di appello, onde rigettare la domanda sui punto, ha inteso rinviare alla disamina della questione afferente alle informazioni rese riguardo alla non adeguatezza dell’operazione in ossequio all’obbligo imposto dall’art. 29 Reg. Consob 11522/1998, ma, dandosi cura di riprodurre in motivazione la deposizione del teste COGNOME ne ha tra l’altro riportato l’affermazione che «nei moduli d’ordine era già illustrato sinteticamente il meccanismo delle operazioni ed io lo spiegavo al Notaio in maniera più approfondita ed esaustiva».
Ora, la circostanza, considerato altresì che le informazioni dovute ai sensi dell’art. 29 hanno per espresso disposto normativo un contenuto innegabilmente più specifico di quello che assiste le
informazioni di cui all’art. 28, in quanto devono veicolare il giudizio sull’adeguatezza o meno dell’operazione in relazione alla tipologia, all’oggetto, alla frequenza e alle dimensioni dell’investimento, non solo evidenzia che la Corte di appello ha comunque assolto il proprio compito motivazionale, dovendo invero intendersi il rinvio al pregresso sviluppo motivazionale non solo come se fosse riferito al solo argomento dell’adeguatezza o meno dell’operazione, ma al complessivo esito dell’istruttoria probatoria ed, in particolare, alle circostanze emerse dalla deposizione del teste COGNOME ma rende anche evidente che la contestazione non coglie nel segno, dato che, censurando la decisione per un vizio di motivazione, non tiene conto del complessivo ragionamento probatorio, non allineandosi perciò all’esatto contenuto della decisione.
Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in favore di parte resistente in euro 10200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 28 gennaio 2025.
Dott. NOME COGNOME