Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3575 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3575 Anno 2024
Presidente: GENOVESE NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10701/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende,
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1483/2023 depositata il 28/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, Sezione specializzata in materia di Impresa, con sentenza n. 1483/2023, ha riformato la decisione di primo grado che – in giudizio promosso da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nei confronti del ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, per sentire accertare e dichiarare « l’inesistenza giuridica o, in subordine la nullità, ovvero in ulteriore subordine annullare, la votazione svoltasi tra il 27 settembre 2016 ed il 26 ottobre 2016, ovvero la delibera, se qualificata tale dal Tribunale, per l’approvazione del nuovo regolamento e per le modifiche dello statuto dell’associazione, dichiarando per l’effetto altresì nullo o comunque annullando, dichiarandoli di nessun effetto, il regolamento de quo e le modifiche dello statuto denominato ‘Non Statuto’, o, in subordine, dichiarando nulli o annullando e dichiarandoli comunque di nessun effetto gli artt. 2,3,4,5 e 6 del regolamento nelle parti oggetto di impugnazione » – aveva respinto tutte le domande attoree.
In particolare, i giudici di appello (che così riportavano le domande degli attori: « 1. che avevano impugnato il Regolamento e la modifica del Non Statuto, di cui alla proclamazione pubblicata sul Portale dell’RAGIONE_SOCIALE in data 28.10.2016, per sentire il riconoscimento della loro nullità, annullamento; 2. che le modalità utilizzate per procedere all’approvazione del Regolamento integrativo dello Statuto ( e per la modifica degli artt. 5 e 8 del Non Statuto) non avevano ottenuto la unanimità dei consensi; 3. che era stato violato, altresì, l’art. 21, comma 2, cod. civ., secondo il quale, per procedere alla modifica dello Statuto, occorreva una delibera assembleare; 4. che aveva partecipato solo il 67% degli iscritti alla votazione; 5. che la votazione per referendum non era
sufficiente per soddisfare il requisito assembleare necessario per ottenere una delibera rituale; 6. che le modalità utilizzate escludevano qualsiasi possibilità di formazione di una effettiva volontà interattiva tra gli iscritti; 7. che la deliberazione assembleare avrebbe dovuto essere espressione della volontà unitaria dell’associazione; 8. che la votazione, per stessa ammissione di NOME COGNOME in data 28.10.2016, non aveva ottenuto il quorum partecipativo dei tre quarti degli associati; 9. che l’approvazione del Regolamento non aveva ottenuto il quorum favorevole del 50% degli aventi diritto; 10. che erano stati arbitrariamente esclusi gli associati iscritti tra il 1.1.2016 ed il 25.9.2016 in virtù di una decisione di NOME COGNOME; 11. che la convocazione avrebbe dovuto essere personale e con modalità tali da assicurarne la effettiva ricezione agli associati, ai sensi dell’art. 8, disp. att. cod. civ.; 12. che non era stato consentito ai partecipanti di verificare l’effettivo adempimento delle prestazioni di cui al citato articolo; 13. che l’avviso non era pervenuto a NOME COGNOME poiché l’account per l’accesso al portale era stato disabilito, per come comunicato il 27.7.2016 con raccomandata; 14. che le modalità di svolgimento della votazione e la contestualità dei quesiti non avevano consentito di individuare il testo del regolamento che avrebbe dovuto integrare lo statuto, con la conseguenza che l’approvazione era avvenuta come se fosse stata votata una norma in bianco; 15. che l’indeterminabilità dell’oggetto comportava l’annullamento della votazione; 16. che si contestava quanto stabilito dall’art. 2, commi 6,7,8 del Regolamento per violazione del principio ‘uno vale uno’; 17. che era nulla la previsione che consentiva di modificare lo Statuto senza quorum qualificato; 18. che la previsione di cui al primo comma, lett. c) dell’art. 3 del Regolamento era nulla per violazione dell’art. 20, comma 2, cod. civ. per avere innalzato il quorum necessario per richiedere la indizione di una assemblea a danno delle minoranze e
dei singoli associati; 19. che era nullo il secondo comma dell’art. 3 del Regolamento nella parte in cui prevedeva il termine di 24 ore per il preavviso di convocazione a mezzo posta elettronica ordinaria in quanto non garantiva l’effettiva informazione del socio né la verifica dell’avviso a tutti gli associati; 20. che la votazione online, oltre a presentare criticità di sicurezza, non aveva le caratteristiche proprie della seduta e della delibera assembleare; 21. che era nulla la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 3 che attribuiva ad un organismo tecnico indipendente la verifica dell’abilitazione al voto dei votanti ed il conteggio dei voti; 22. che l’art. 4 era nullo per la previsione di sanzioni disciplinari generiche ed indeterminate; 23. che l’art. 4 era nullo per la previsione di contestazione disciplinare a mezzo email in quanto non assicurava l’effettiva ricezione; 24. che era nulla la previsione di non appellabilità della decisione dei probiviri; 25. che era nullo l’art. 5 che limitava la scelta e la candidabilità alla carica di probiviri ai soli componenti i gruppi parlamentari del RAGIONE_SOCIALE indicati dal Capo politico; 26. che la nullità dello stesso articolo 5 derivava anche dall’attribuzione di una funzione giudicatrice a soggetti che facevano parte di un distinto ente, cioè il RAGIONE_SOCIALE, emanazione di una distinta associazione; 27. che l’art. 6 era da considerarsi nullo per le modalità di composizione del comitato di appello »), in riforma dell’impugnata sentenza, hanno accertato e dichiarato « l’invalidità del Regolamento del ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ pubblicato sul blog beppegrillo.it il 23.12.2014 » e, per l’effetto, l’invalidità della delibera dell’assemblea del ‘RAGIONE_SOCIALE‘ conclusa il 26.10.2016.
Il Tribunale aveva respinto le domande attoree, essenzialmente essendosi rilevato che: a) « tutte le contestazioni sollevate dagli attori come nullità e/o annullamento per contrarietà a determinati principi generali appaiono infondati nella misura in cui ogni associato ha consentito, accettandola, alla regola pattizia
derogatrice. Quest’ultima può derivare anche da un comportamento illegittimo, ma la assenza di impugnazione dell’atto che l’ha introdotta, consente alla regola così introdotta di rimanere in vita, costringendo gli associati ad adeguarsi ad esse, intendendosi esservi stata una accettazione implicita quantomeno da parte di tutti coloro che non hanno impugnato. Ciò vale per il Regolamento del 2014 del RAGIONE_SOCIALE che non risulta impugnato nel presente giudizio né risulta fornito alcun riscontro in ordine alla sua illegittimità né risulta alcuna statuizione della sua illegittimità »; b) la legittimità delle votazioni derivava dall’essere state le stesse eseguite in conformità al predetto Regolamento del 2014, (il quale già prevedeva: – « alle votazioni in rete sono ammessi gli iscritti dalla data indicata nel sito del RAGIONE_SOCIALE, aggiornata almeno una volta l’anno»; -‘«le decisioni sono assunte a maggioranza dei votanti»; -«le votazioni sono valide indipendentemente dal numero dei votanti, salvo che per le votazioni su modifiche al regolamento od al programma, argomenti per i quali è richiesta la partecipazione al voto di almeno un terzo degli iscritti»; – «Nel caso partecipi alla votazione un numero inferiore di iscritti, la votazione può essere ripetuta, a richiesta del capo politico del RAGIONE_SOCIALE o di almeno il 20% degli iscritti, mediante la procedura prevista nel link»; – «L’assemblea viene indetta con avviso sul portale del RAGIONE_SOCIALE e con e-mail inviata agli iscritti interessati dalla votazione, con preavviso di almeno 24 ore per le votazioni sulla scelta dei candidati e sulle modifiche al regolamento»; – «La verifica dell’abilitazione al voto dei votanti ed il conteggio dei voti vengono effettuate in via automatica dal sistema informatico. La regolarità di funzionamento del sistema sarà verificata e certificata da un organismo tecnico indipendente, nominato con cadenza triennale dal consiglio direttivo dell’associazione» – «Gli iscritti al RAGIONE_SOCIALE sono passibili di espulsione: a) per il venire meno dei requisiti di
iscrizione stabiliti dal ‘non statuto’; b) per violazione dei doveri previsti dall’articolo 1 del presente regolamento; c) se eletti ad una carica elettiva, anche per violazione degli obblighi assunti all’atto di accettazione della candidatura»; -«dispone la sospensione dell’iscritto, dandone comunicazione al gestore del sito, il quale provvede alla disabilitazione dell’utenza di accesso»; – «contesta all’interessato la violazione con comunicazione a mezzo e-mail, assegnandogli un termine di dieci giorni per la presentazione di eventuali controdeduzioni»; -«Entro i dieci giorni successivi, l’interessato può proporre ricorso contro l’espulsione, a mezzo email da inviare al link www.beppegrillo.it/movimento/regolamento/9.html. Il ricorso viene esaminato dal comitato d’appello entro il mese successivo. Il comitato d’appello ha facoltà di acquisire informazioni o chiarimenti, nel rispetto del contraddittorio. Se il comitato d’appello ritiene sussistente la violazione contestata, conferma l’espulsione in via definitiva. Se il comitato d’appello ritiene insussistente la violazione contestata, esprime il proprio parere motivato al capo politico del RAGIONE_SOCIALE, che se rimane in disaccordo rimette la decisione sull’espulsione all’assemblea mediante votazione in rete di tutti gli iscritti, la quale si pronuncia in via definitiva sull’espulsione. In ogni caso di espulsione, il gestore del sito provvede alla cancellazione dell’espulso dall’elenco degli iscritti »), regolamento che « nessuno degli attori aveva contestato o impugnato », né essendone stata « allegata nessuna statuizione di illegittimit à», e non potendo essere esaminate altre contestazioni attinenti al merito dell’accordo tra soci (in quanto, in ragione della centralità dell’accordo tra gli associati, la valutazione del tribunale non poteva che limitarsi a profili di illegittimità che hanno come parametro di riferimento sempre lo statuto, il regolamento e la legge: « Ogni associazione, infatti, in virtù delle regole che si è data (e che sono state accettate dagli associati) può anche limitare,
nell’ambito dei diritti disponibili ovviamente, le facoltà e gli oneri dei soci, attribuendo loro posizioni disomogenee. Ciò vale nella misura in cui viene accettato da ogni socio e nella misura in cui quanto deciso segua le regole che gli stessi associati si sono date. Quindi, tutte le contestazioni sollevate dagli attori come nullità e/o annullamento per contrarietà a determinati principi generali appaiono infondati nella misura in cui ogni associato ha consentito, accettandola, alla regola pattizia derogatrice »); c) quanto all’attore COGNOME ed alla questione della sua esclusione dalla votazione, « posizione » perfettamente conosciuta dallo stesso, egli « avrebbe dovuto far valere tale posizione al momento della sua sospensione ed al momento della disattivazione del suo account» e «in assenza di una pronuncia su detto profilo, appare infondata ogni contestazione nel presente giudizio poiché la mancata comunicazione e disattivazione dell’account non sono compresi nel presente giudizio », disattivazione espressamente prevista nel regolamento del 2014 ; d) le residue contestazioni sulle modalità di convocazione (secondo regole accettate dai soci al momento della loro adesione all’associazione e come tali sottratte al controllo del giudice), sull’indeterminatezza dell’oggetto, sulla indicazione di un organo di controllo esterno erano infondate o generiche.
La Corte d’appello, in particolare, ha osservato che, premessa la definitività della statuizione del Tribunale sulla riconducibilità della parte originariamente convenuta ad una associazione non riconosciuta (a confutazione della tesi del convenuto, che sosteneva essere una « non associazione dotata di un Non statuto »), era, anzitutto, fondata la doglianza riguardante la posizione del COGNOME, al quale era stato disabilitato l’utilizzo dell’ account (con conseguente impossibilità di essere destinatario della convocazione, con le modalità telematiche adottate, e di poter esercitare il diritto di partecipare alla votazione), sin dal 10/12/2014 (prima del regolamento 23.12.14 con il quale, all’art.
4, è disciplinato il procedimento di espulsione e/o cessazione dal rapporto associativo), senza un previo provvedimento di natura sanzionatoria o sospensiva rispetto al rapporto associativo (essendovi stata solo una lettera del 9 dicembre 2014, a firma del COGNOME), mera comunicazione di risposta alle doglianze del COGNOME in ordine al « distacco » del suo accoun t, rapporto che pertanto non si era mai interrotto, in difetto anche di una condotta inequivoca di acquiescenza dell’associato, con conseguente nullità, nei suoi riguardi, della delibera finale per il mutamento, nel 2016, del regolamento previgente e legittimazione attiva anche degli altri attori a far valere l’invalidità della deliberazione del 2016 in ragione dell’assenza di uno degli aventi diritto.
Quanto al merito della delibera del 2016, oggetto di impugnativa da parte degli altri associati, si erano succeduti nel tempo diversi statuti con differenti discipline sulle modalità di partecipazione degli associati (e quindi i precedenti giudiziari, relativi ad altri provvedimenti di espulsione intervenuti prima o dopo la modifica del 2016, pure invocati non erano del tutto conferenti): a) il primo statuto, dell’ottobre 2009, al quale ha fatto seguito l’atto costitutivo dell’associazione in data 14.12.12, ove all’art. 4 di detto ultimo atto « viene indicata la rete internet come ‘modello di consultazione e partecipazione democratica alla vita politica’ e come siano indicati gli organi dell’associazione quali l’assemblea , il consiglio direttivo ed il presidente. L’art. 8, poi, rimanda pienamente allo statuto (c.d. non statuto) »; b) ad esso ha fatto seguito lo statuto aggiornato al 2012 « che, all’art. 3, richiama la rete internet come modello di partecipazione, riprendendo testualmente quanto previsto all’art. 4 dell’atto costitutivo, prevede all’art. 8 la cessazione della qualità di socio lì ove quest’ultimo perda i requisiti per l’iscrizione, all’art. 9 il diritto del socio a partecipare alla vita associativa e ad essere informato delle iniziative mediante il sito dedicato, all’art. 11 gli organi associativi (assemblea, consiglio
direttivo e presidente) e, soprattutto, all’art. 12 viene disciplinata l’attività dell’assemblea », prevedendosi, in caso di modifiche allo statuto, il vaglio del consiglio direttivo così come la possibilità di convocare detta assemblea per le modifiche dello statuto, con apposito quoru m (3/4 di presenti tra gli associati, voto favorevole della maggioranza dei presenti); c) nel 2014, è stato pubblicato (non previamente approvato in assemblea) sul sito il ‘ regolamento ‘, « nel quale, all’art.1, è prevista la partecipazione in rete e il voto per decisioni di indirizzo politico con previsione della necessità di una scelta condivisa; all’art. 2 si prevede la votazione in rete anche per le modifiche del regolamento (v. lett. c) e con la previsione che è necessaria la partecipazione di almeno 1/3 degli iscritti, con ripetizione in caso di numero inferiore e con la validità della seconda votazione a prescindere» in caso di delibera dell’assemblea per le ipotesi della lettera c) è espressamente prevista la vincolatività per il capo politico. E’ all’art. 3, poi, che viene prevista, in sede di assemblea, la votazione in rete, che -pertanto -per la prima volta è prevista in modo specifico quale modalità di svolgimento dell’assemblea, organo dell’associazione; d) sono state, quindi, introdotte nel 2016, a seguito delle espressioni di voto avvenute, in rete, modifiche a questo regolamento del 2014, modifiche oggetto di impugnazione nel presente giudizio.
Ad avviso della Corte, tuttavia, non potendosi condividere la valutazione contraria espressa dal Tribunale, rientrava nell’oggetto dell’impugnativa, sia il Regolamento del 2014 (quello pubblicato on line il 23/12/2014), pacificamente mai deliberato, neppure con votazione in rete, ma semplicemente pubblicato nell’apposito sito, sia quello del 2016 (ciò considerato il complesso dell’atto di citazione e specificamente «il punto 5 di pag. 5», «( ove gli attori lamentano il contrasto con lo statuto e la omessa modalità di approvazione del regolamento 2014 mediante assemblea)»,
nonché l’allegazione a pag. 13 , «ove si ‘impugna’ il regolamento e la sua modifica successiva»), nonché la indicazione contenuta a pag. 40 («ove si indica chiaramente l’illegittimità del procedimento di approvazione del regolamento 2014 contenente anche le modifiche statutarie nonché del regolamento 2016»), cosicché «il regolamento 2014 era oggetto di ‘causa petendi’ e ‘petitum’ sia direttamente (anche in forza della impugnazione di singoli articoli di quel regolamento 2014, non mutati nel 2016), sia in via incidentale al fine di vedere accertata la illegittimità del regolamento 2016» ; il regolamento del 2014 (sulla base del quale la votazione del 2016 era stata effettuata in rete), circostanza questa pacifica, non era mai stato deliberato, neppure con votazione in rete, ma soltanto pubblicato sull’apposito sito e non formava oggetto di discussione l’utilizzo in sé dello strumento della rete quale modalità di votazione ma « la fonte normativa (in questo caso contrattuale) » che aveva previsto tale modalità .
E non vi era stata, ad avviso sempre della Corte territoriale, una condotta di accettazione del regolamento pubblicato a dicembre 2014 (come eccepito dal convenuto « RAGIONE_SOCIALE »), considerando che, a quella data, il COGNOME e il COGNOME non avevano partecipato alle votazioni perché disabilitati nell’ account , mentre, per gli associati COGNOME, COGNOME e COGNOME, non emergeva alcune condotta successiva alla pubblicazione del citato regolamento del 2014 integrante la volontà di avvalersi degli effetti negoziali contenuti nelle modifiche contenute nello stesso e a darvi esecuzione, non essendo sufficiente la mera inerzia. E soltanto con il regolamento del dicembre 2014 « era stata disciplinata la modalità ‘on line’ (v. art. 4 dell’atto costitutivo 14.12.12 in cui si parla, appunto, di rete internet come modello di consultazione e partecipazione democratica alla vita politica, tenuto distinto dalla disciplina degli organi tra i quali l’assemblea »), in quanto « il sistema della consultazione in rete era stato già previsto nello
statuto, ma riguardava -in sostanzal’espressione dell’orientamento politico da assumere da parte del RAGIONE_SOCIALE associativo; era invece prevista, quale organo, l’assemblea secondo la modalità ‘tradizionale’ ». Ora, poiché alla associazione appellata si dovevano applicare le norme codicistiche dell’associazione non riconosciuta e il regolamento 2014 era servito « ad integrare e, in certi passaggi, anche a modificare quanto previsto nello statuto e nell’atto costitutivo dell’associazione, -disciplinando organi e modalità di funzionamento del Movimento -era necessaria la sua condivisione da parte degli iscritti, in quanto insieme delle regole associative fondamentali, mediante espressione del voto assembleare, che, in mancanza di disciplina statutaria circa il procedimento di modifica, va attuato secondo le regole ordinarie previste per le associazioni dall’art. 21 comma 2 del codice civile », ne derivava l’annullabilità del citato regolamento 2014 e, per l’effetto, della successiva deliberazione intervenuta nel 2016 per la modifica di detto regolamento, con la conseguente riforma della sentenza impugnata, con accoglimento dell’originaria domanda.
Avverso la suddetta pronuncia, il RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, notificato il 2/5/2023, affidato a cinque motivi, nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (che resistono con controricorso). La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’associazione ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 4 c.p.c., degli artt.99 e 112 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che l’espulsione di NOME COGNOME fosse ricompresa nel petitum e nella causa petendi del presente giudizio; b) con il secondo motivo, in via gradata rispetto al primo, ex art.360 n. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art.11 disp.prel.c.c. (principio del c.d. tempus regit actum ), per avere la Corte d’appello
di Roma erroneamente ritenuto che l’espulsione del COGNOME fosse disciplinata, anziché dall’art.5 del « Non Statuto », dall’art.54 del Regolamento del 23/12/2014, ratione temporis inapplicabile; c) con il terzo motivo, in via di ulteriore subordine rispetto al secondo motivo e, quindi, rispetto al primo motivo , ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, cost. e 132 c.p.c., per avere la Corte d’Appello di Roma (erroneamente) individuato, con motivazione connotata da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, conseguenze invalidatorie derivanti dalla (presunta) assenza di convocazione di NOME COGNOME; d) con il quarto motivo di ricorso, ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per avere la Corte d’Appello di Roma erroneamente ritenuto che il Regolamento del 23 dicembre 2014 abbia formato oggetto d’impugnativa e, conseguentemente, rientri nel petitum e nella causa petendi del presente giudizio; e) con il quinto motivo di ricorso, in via gradata rispetto al quarto motivo, sia, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1325, n. 1, c.c., per avere la Corte d’Appello di Roma erroneamente ritenuto che il Regolamento del 23 dicembre 2014 non sia stato accettato per facta concludentia dagli associati (fra i quali gli odierni Resistenti), sia, ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, cost. e 132 c.p.c. per vizio di motivazione apparente . 2.I controricorrenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto, nel 2023, in forza di procura speciale rilasciata il 2 maggio 2023 da soggetto, NOME COGNOME, che « dal 23 settembre 2017 è privo di poteri di rappresentanza processuale » dell’associazione, essendogli succeduto nella carica di Capo Politico dell’associazione non riconosciuta NOME COGNOME, come attestato nella comparsa di costituzione e risposta depositata, in altri giudizi, svoltisi dinnanzi al Tribunale ed alla Corte d’appello di
Genova, dai difensori dello stesso NOME NOME COGNOME « quale presidente dell’altro RAGIONE_SOCIALE quello con sede in Genova, fondato nel dicembre 2012 ».
L’eccezione è inammissibile/infondata.
Gli stessi controricorrenti, nella premessa del loro controricorso, hanno affermato che esistono attualmente « tre distinte ma omonime associazioni denominate RAGIONE_SOCIALE »: a) l’associazione costituita il 4/10/2009, da NOME COGNOME (poi deceduto) e da NOME COGNOME detto COGNOME NOME COGNOME; b) l’associazione costituita da « NOME , NOME e NOME COGNOME nel dicembre 2012 »; c) quella, sempre omonima, costituita da NOME COGNOME e NOME COGNOME nel dicembre 2017, ed attualmente rappresentata da NOME COGNOME.
La procura speciale per il presente giudizio di cassazione risulta rilasciata dal COGNOME nella qualità di legale rappresentante « dell’associazione non riconosciuta RAGIONE_SOCIALE operante dal 5 ottobre 2009 ».
La ricorrente, in memoria, deduce, in replica a tale eccezione, che, sulla base delle stesse prospettazioni difensive degli attuali controricorrenti, l’eccezione sollevata è infondata, in quanto il presente procedimento (introdotto in primo grado con citazione del gennaio 2017) si riferisce alla « prima associazione » (avendo, nell’atto di citazione introduttivo del giudizio, gli attori COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME fatto espresso richiamo alla loro iscrizione, nel gennaio 2010 e nel luglio 2012, alla « prima associazione »), quella costituita il 4 ottobre 2009, precisamente menzionata nella procura alle liti ex art. 365 c.p.c. di cui sopra, la quale è stata pertanto conferita dall’unico soggetto (i.e., il Sig. NOME NOME COGNOME) munito dei poteri di rappresentanza processuale. Né potrebbe valere il richiamo alla comparsa di costituzione e risposta depositata in altro giudizio, dinanzi alla Corte d’appello di Genova, in quanto tale atto difensivo sarebbe
stato depositato « non già in nome del RAGIONE_SOCIALE odierno ricorrente (associazione, come detto, operante dal 4 ottobre 2009), bensì dell’omonima associazione costituita in Genova in data 14 dicembre 2012 (!) ».
La ricorrente rileva che tale difetto di procura (a partire dal 23 settembre 2017 « id est, in un momento in cui le parti del presente giudizio dovevano ancora scambiarsi le memorie ex art. 183, co. 6, n. 1, c.p.c. nel giudizio di primo grado ») non sia stato né rilevato ex officio , ex art.182 c.p.c., né in alcun modo eccepito dagli odierni controricorrenti (attori in primo grado), neppure essendo mai stato il NOME COGNOME evocato nei giudizi che ci occupano quale legale rappresentante del ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘.
Orbene l’onere della prova della estinzione, prima del presente giudizio di legittimità (essendo stata rilasciata nel merito una procura a sé stante, all’inizio del 2017, allorché pacificamente il COGNOME era legale rappresentante), del potere di rappresentanza del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta in capo al COGNOME (dal 2009), conferente la procura speciale per il presente giudizio di cassazione, ricadeva sui controricorrenti, i quali si sono limitati a fare rinvio ad atto difensivo dell’associazione, riprodotto peraltro solo per estratto, depositato dalla ricorrente (l’RAGIONE_SOCIALE costituita in Genova in data 4 dicembre 2012) in altro giudizio (dinanzi alla Corte d’appello d Geova ed ad affermare, anzi, che esisterebbero almeno tre « distinte » associazioni non riconosciute denominate RAGIONE_SOCIALE, salvo poi sostenere che il legale rappresentante dell’associazione dal settembre 2017 era il NOME COGNOME.
Peraltro, la prospettata esistenza di tre distinte ed autonome associazioni non riconosciute denominate RAGIONE_SOCIALE (l’originario RAGIONE_SOCIALE del 2009; l’associazione RAGIONE_SOCIALE del 2012; l’associazione RAGIONE_SOCIALE costituita nel dicembre 2017) non emerge dalla sentenza impugnata, in quanto,
anche in primo grado, si è discusso sempre di un’unica associazione, qualificata come non riconosciuta, e quindi non soggetta a pubblicità legale, i cui Statuti (« Non Statuto », così autoqualificato ) e Regolamenti sono mutati nel corso degli anni.
L’eccezione involge quindi accertamenti fattuali nuovi, non esaminabili da questo giudice di legittimità.
Questa Corte (Cass. Sez.Un. 20596/2007) ha chiarito che « In tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa. Solo nel caso in cui il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l’onere di riscontrare l’esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all’effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica stessa » (nella specie, le Sezioni unite, con riferimento ad un ricorso per regolamento di competenza, hanno disatteso l’eccezione di inammissibilità avanzata dai controricorrenti relativa alla invalidità della procura rilasciata dalla società ricorrente per assunto difetto di legittimazione alla rappresentanza processuale della persona fisica
che l’aveva conferita, siccome rimasta priva di prova e risultata comunque formulata solo con la memoria di cui all’art. 47 cod. proc. civ., depositata, però, tardivamente).
Nella specie, si tratta di associazione non riconosciuta i cui atti non sono soggetti a pubblicità legale.
Inoltre, l’eccezione viene sollevata in relazione alla procura speciale conferita dal NOME COGNOME nel 2023 per il presente giudizio di legittimità ma la procura speciale risulta rilasciata, a voler seguire la nuova (per quanto emerge dalla sentenza impugnata) prospettazione dei controricorrenti (circa la contemporanea esistenza di più associazioni denominate RAGIONE_SOCIALE), in relazione alla originaria associazione « operante dal 4 ottobre 2009».
4. La prima censura è inammissibile.
Lamenta la ricorrente, invocando un vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, che la questione della disabilitazione dell’ account dell’associato NOME, sin dal 10/12/2014, della « conseguente sospensione/espulsione », in applicazione del « Non Statuto » all’epoca vigente (che contemplava per l’adesione all’associazione la semplice registrazione sul sito Internet, cosicché la sospensione/espulsione dell’associato poteva « per ragioni di simmetria » conseguire alla disattivazione dell’account), non aveva formato oggetto di contestazione nel presente giudizio, essendosi gli attori (ed il COGNOME in particolare) limitati a dedurre la violazione dell’art.8 disp.att.c.c. primo comma (secondo cui la convocazione dell’assemblea dell’associazione non riconosciuta, ex art.20 c.c., norma dettata per le associazioni, ma applicabile alle associazioni non riconosciute, nella prospettazione attorea, deve farsi nelle forme stabilite dallo Statuto ovvero, se questo nulla dispone mediante, avviso personale) e ad allegare che il COGNOME non era stato convocato per le votazioni di approvazione del Regolamento 2016, di modifica del « Non Statuto », senza alcuna impugnazione
della suddetta sanzione disciplinare, vale a dire l’esclusione, della quale « giammai l’attore aveva contestato l’esistenza, la legittimità o l’efficacia » , sicché la contestazione, comunque assente, sarebbe stata comunque tardiva.
La questione dell’esclusione del COGNOME quindi, ad avviso della ricorrente, non rientrava nell’oggetto del contendere.
Orbene, la censura non coglie la ratio decidendi della decisione d’appello.
La Corte d’appello ha accolto il motivo di gravame degli associati, rilevando che, vertendosi in tema di associazioni non riconosciute, stante il giudicato interno sulla statuizione di primo grado, in assenza di una previsione statutaria disciplinante, all’epoca, l’esclusione del socio (e non potendosi applicare, la disciplina del regolamento pubblicato il 23.12.2014, in quanto successiva al fatto materiale della disabilitazione dell’account avvenuta sempre a dicembre 2014 ma due settimane prima), la cessazione dell’appartenenza al sodalizio poteva avvenire – ex art. 24 c.c. esclusivamente per recesso dell’associato o per delibera dell’assemblea e che, non ricorrendo alcuna delle due ipotesi, né potendo la lettera inviata al COGNOME da delegato del Presidente integrare un provvedimento disciplinare, tantomeno di espulsione (trattandosi semplicemente di un invito « ad uniformarsi alle regole comportamentali e procedurali osservate da quanti si rispecchino nelle attività del RAGIONE_SOCIALE »), l’associato aveva diritto di partecipare alle attività e alle deliberazioni del sodalizio, cosicché la sua esclusione dal procedimento di votazione rendeva illegittimo il deliberato per assenza di un avente diritto.
Le associazioni non riconosciute ai sensi dell’art.36 c.c. sono regolate, quanto all’ordinamento interno ed all’amministrazione, anzitutto dagli accordi degli associati, lo statuto e l’atto costitutivo, espressione di autonomia negoziale (Cass. 8372/2010) e, in difetto di disciplina negoziale, dalle norme sulle associazioni riconosciute,
ritenute applicabili, salvo per quelle disposizioni che presuppongono il riconoscimento dell’ente.
Si è pertanto affermato che « nonostante la disposizione contenuta nell’art. 36 cod. civ. secondo cui le associa- zioni non riconosciute sono regolate dagli accordi degli associati, queste si modellano, in virt ù di un principio generale e costante, secondo una struttura organizzativa che non sembra poter prescindere dalla esistenza, accanto agli organi esecutivo e rappresentativo, di un organo deliberante (assemblea) formato da tutti i membri od associati » (Cass., n. 2714/1975; Cass., n. 5791/1981; Cass., n. 25210/2013).
Va evidenziato quindi il ruolo decisivo dell’assemblea in ambito associativo, in sintonia con l’affermarsi della teoria fondata sulla soggettivit à di tali enti anche nei rapporti di natura patrimoniale (Cass., n. 1476/2007).
Questa Corte ha poi chiarito (Cass. 8239/2000) che « I cosiddetti enti non riconosciuti, quelli, cioè, sprovvisti della personalità giuridica – che ha l’effetto di conferire, in relazione alla disciplina della responsabilità, l’autonomia patrimoniale perfetta -, sono comunque dotati di soggettività giuridica, costituendo soggetti autonomi vuoi sul piano sostanziale, vuoi su quello processuale, con conseguente legittimazione a stare in giudizio, senza che debbano essere rappresentati dai propri associati (o soci, nel caso di società di persone). Tale impostazione deriva da una interpretazione sistematica del diritto civile, che tiene conto, per un verso, dell’art. 2 della Costituzione, che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, per l’altro, dello stesso dato codicistico, avuto riguardo alla nuova formulazione, risultante dalla legge n. 52 del 1985, dell’art. 2659 cod. civ., che comprende anche le associazioni non riconosciute – e le società semplici – tra i soggetti intestatari di beni immobili presso le conservatorie, nonché alla lettura
estensiva, per la tutela dei componenti di qualsiasi formazione, dell’art. 24, terzo comma, dello stesso codice, in tema di esclusione degli associati solo per “gravi motivi” » (conf. Cass. Cass. 10753/2002).
Ne deriva che l’esclusione degli associati è regolata dall’art. 24 c.c., dettato per le assicurazioni riconosciute, ma applicabile anche a quelle prive di tale requisito formale (Cass. n. 22986/2019; Cass. n. 18186/2004), secondo cui l’esclusione di un associato pu ò essere deliberata solo per gravi motivi, che devono consistere in inadempimenti rilevanti all’accordo associativo e devono essere previsti, in modo sufficientemente specifico, nello statuto, con facolt à per il medesimo di ricorrere all’autorit à giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione.
Vero anche che non vi sono rigide prescrizioni di legge sul procedimento di esclusione, « essendo i rapporti tra gli associati retti dal principio dell’autonomia (art. 36 c.c.), in ogni aspetto che non sia diversamente regolato per superiori ragioni di ordine sovraindividuale dal legislatore, gli associati sono liberi di regolamentare come ritengano i reciproci rapporti » e ci ò risponde all’esigenza che nelle associazioni trovi tutela la piena autonomia normativa nella predisposizione del loro ordinamento interno, cosicché sarà « ben possibile che particolari modalit à procedimentali siano prescritte dallo statuto -quale lex specialis, applicabile al consesso collettivo, sulla base dell’accordo inizialmente concluso tra i soggetti fondatori, e suscettibile di estensione ai successivi aderenti, nel prosieguo della vita associativa, in virt ù della loro domanda di adesione accolta dagli organi sociali -il quale è , del pari, libero di prescrivere anche la necessit à della audizione dell’associato, nonch é le particolari ed ancor pi ù dettagliate modalit à della sua difes a» ma, in mancanza, « l’esigenza di una previa convocazione o contestazione degli addebiti non pu ò ritenersi imposta n é da una regola di specie, come visto assente,
n é da un principio generale dell’ordinamento giuridico» (in motivazione Cass. 25319/2021, ove si è confermato il principio, enunciato da alcuni precedenti di questa Corte con riguardo a situazioni di esclusione del socio – Cass. n. 6394/1996, sulla societ à di persone; Cass. n. 7308/1994, in tema di societ à cooperative-, secondo cui ai fini della validit à della delibera di esclusione non è necessaria la preventiva contestazione dell’addebito, dato che tale contestazione non è prevista da alcuna disposizione di legge e salvo che sia lo statuto a prevederlo »).
Invero, « l’adesione ad un’associazione non riconosciuta, presupponendo l’accordo delle parti anche in ordine allo scopo dell’associazione stesso ed alle regole del suo ordinamento interno, comporta l’assoggettamento dell’aderente a siffatte regole nel loro complesso, senza necessità di specifica accettazione ed anche se implichino oneri economici (quale, ad esempio, quello concernente il versamento di contributi associativi) o deroghe al disposto dell’art. 24 c.c., che è norma liberamente derogabile dall’autonomia privata con il solo limite derivante dal principio costituzionale della libertà di associazione, che implica la nullità di clausole che escludano o rendano oltremodo oneroso il recesso » (Cass. 23098/2015).
Nella specie, essendosi accertato che la lettera del 9/12/2014 non integrava una comunicazione di esclusione del COGNOME, attuata solo attraverso la materiale disattivazione dell’ account , il rapporto associativo non si era mai interrotto, non ponendosi quindi neppure una questione di impugnazione del provvedimento nel termine semestrale previsto dall’art.24 c.c., cosicché ricorreva il vizio di annullabilità della delibera del 2016, in quanto adottata senza la rituale convocazione e partecipazione di tutti gli aventi diritto al voto.
Sempre attraverso una valutazione fattuale la Corte d’appello ha altresì ritenuto che non ricorresse una condotta configurabile come
acquiescenza da parte dell’associato ed essa costituisce una quaestio facti riservata al Giudice di merito.
Questa Corte (Cass. 8456/2014) ha affermato che « Dal combinato disposto degli artt. 23, primo comma, e 24, terzo comma, cod. civ., dettati in tema di associazioni riconosciute ed applicabili anche alle associazioni non riconosciute, si evince che i vizi delle delibere assembleari, si traducano essi in ragioni di nullità ovvero di annullabilità, possono essere fatti valere con azione giudiziaria, non soggetta a termini di decadenza, da qualunque associato, oltre che dagli organi dell’ente e dal P.M., solo con riguardo alle decisioni che abbiano contenuto diverso dall’esclusione del singolo associato, mentre, per queste ultime, l’azione medesima è esperibile esclusivamente dall’interessato, nel termine di decadenza di sei mesi dalla loro notificazione ovvero dalla conoscenza dell’esclusione ».
Nella specie, si è pertanto correttamente ritenuta fondata la doglianza di nullità della votazione del 2016 avanzata dagli attori per esclusione dal voto dell’associato COGNOME.
5. La seconda censura, con la quale si lamenta che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto, con violazione del « principio tempus regit actum » e dell’art.11 disp.prel.c.c., che l’espulsione del COGNOME fosse disciplinata dall’art. 4 del Regolamento del dicembre 2014, anziché dall’art. 5 del « Non Statuto » (secondo cui, essendo prevista per l’adesione la semplice registrazione sul sito, per l’espulsione valeva la misura speculare della disattivazione dell’account), è inammissibile.
Anche tale doglianza, invero, non coglie la ratio decidendi , in quanto la Corte d’appello ha affermato che non si poteva applicare la disciplina del regolamento pubblicato il 23.12.2014, in quanto successiva al fatto materiale della disabilitazione dell’ account avvenuta due settimane prima.
Inoltre, l’assunto della ricorrente secondo cui, applicato il « Non Statuto » all’epoca vigente, la previsione statutaria che recita « l’adesione al RAGIONE_SOCIALE non prevede formalità maggiori rispetto alla registrazione ad un normale sito internet » avrebbe come corollario che con tale clausola lo Statuto disciplini simmetricamente anche l’espulsione, dovendosi ritenere -implicitamente -previsto che l’espulsione avvenga con la mera materiale disabilitazione dell’account di accesso alla piattaforma operativa da parte di un soggetto terzo all’associazione, ‘ il Gestore ‘ della piattaforma, cosicché il COGNOME aveva incontestabilmente perduto la qualità di associato dal 10/12/2014 per effetto della disabilitazione dell’account (e la sua mancata successiva convocazione era del tutto legittima), risulta del tutto apodittico.
6. La terza censura, con la quale si contesta il vizio di motivazione irriducibilmente contraddittoria, per avere la Corte d’appello tratto dalla assenza di convocazione del COGNOME l’invalidità della delibera finale, impugnata, di approvazione nel 2016 delle modifiche al regolamento previgente, è infondata.
Nella specie, la Corte d’appello ha accertato la nullità della delibera suddetta del 2016 nei confronti del COGNOME ed ha affermato che, pur non essendo applicabile un precedente indicato dalle parti appellanti relativo all’art.2479 -ter c.c. (attinente alla distinzione, rispetto alla doglianza circa la mancata informazione del socio, tra vizi di nullità e vizi c.d. di annullabilità della delibera assembleare, con previsione di differenti termini di impugnazione), disposizione detta per le società di capitali, gli altri attori erano altresì legittimati a far valere l’invalidità della deliberazione del 2016 proprio in ragione dell’assenza di uno degli aventi diritto.
Non ricorre il vizio di motivazione apparente (Cass. Sez.Un. 22232/2016).
Il quarto motivo, che denuncia vizio di ultrapetizione, per avere la Corte d’Appello di Roma erroneamente ritenuto che il Regolamento del 23 dicembre 2014 avesse formato oggetto d’impugnativa degli attori associati, per sua nullità/annullabilità, e, conseguentemente, rientrasse nel petitum e nella causa petendi del presente giudizio, è infondato.
La Corte d’appello, non condividendo la conclusione contraria cui era giunto il Tribunale, ha ritenuto che rientrasse nell’oggetto del contendere anche la legittimità o meno del procedimento di approvazione del regolamento 2014, con il quale si erano approvate, senza alcuna delibera da parte dell’assemblea (essendo stato semplicemente pubblicato sul sito « beppegrillo.it » il 23.12.2014 dal gestore del sito stesso), anche modifiche all’originario « Non Statuto », sia direttamente, « anche in forza dell’impugnazione di singoli articoli di quel regolamento », non modificati nel 2016 (con richiamo alle pagg. 5, 13, 40 dell’atto di citazione introduttivo del giudizio), sia in via incidentale, al fine di dimostrare l’illegittimità del regolamento del 2016.
La Corte d’appello ha dunque motivatamente dato rilievo, nell’individuare quale fosse l’oggetto del giudizio, al tenore complessivo dell’atto di citazione e non alle sole conclusioni ivi formulate (sulle quali invece la ricorrente si incentra nella doglianza).
Come chiarito da questa Corte, con il vizio di ultrapetizione o non corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ai sensi dell’art.112 c.p.c., non si può introdurre un’interpretazione alternativa della domanda, essendo a tal fine necessario proporre una specifica censura di vizio motivazionale.
Si è infatti affermato che « in sede di legittimità occorre tenere distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda, o la pronuncia su domanda non proposta dal caso in cui si censuri l’interpretazione data dal giudice di merito alla domanda stessa:
solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per mancanza della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, prospettandosi che il giudice di merito sia incorso in un error in procedendo,in relazione al quale la Corte di Cassazione ha il potere – dovere di procedere all’esame diretto degli atti giudiziari onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiestale. Nel caso in cui venga invece in contestazione l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, tali attività integrano un tipico accertamento in fatto, insindacabile in cassazione salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto» (Cass. 12259/2002; Cass. 16596/2005; Cass. 7932/2012; Cass. 2630/2014; Cass. 30684/2017). Si è quindi precisato che «l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata ed era compresa nel “thema decidendum”, tale statuizione, ancorché erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione debba ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea. In tal caso, il dedotto errore del giudice non si configura come “error in procedendo”, ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte» (Cass. 20718/2018).
Nella specie, invece, viene proposto soltanto un vizio da error in procedendo o di violazione di legge.
8. Con il quinto motivo, la ricorrente lamenta sia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1325, n. 1, c.c., per avere la Corte d’Appello di Roma erroneamente ritenuto che il Regolamento del 23 dicembre 2014 non fosse stato accettato per facta concludentia
dagli associati (fra i quali gli odierni controricorrenti), sia un vizio di motivazione apparente.
La doglianza è inammissibile.
La Corte d’appello ha anzitutto accertato l’assenza di una condotta di accettazione del regolamento pubblicato a dicembre 2014 (come eccepito dal convenuto « RAGIONE_SOCIALE »), considerando che, a quella data, il COGNOME e il COGNOME non avevano partecipato alle votazioni perché disabilitati nell’ account , mentre, per gli associati COGNOME, COGNOME e COGNOME, non emergeva alcune condotta successiva alla pubblicazione del citato regolamento del 2014 integrante la volontà di avvalersi degli effetti negoziali contenuti nelle modifiche contenute nello stesso e a darvi esecuzione, non essendo sufficiente la mera inerzia.
E la Corte territoriale ha rilevato che soltanto con il regolamento del dicembre 2014 « era stata disciplinata la modalità ‘on line’ (v. art. 4 dell’atto costitutivo 14.12.12 in cui si parla, appunto, di rete internet come modello di consultazione e partecipazione democratica alla vita politica, tenuto distinto dalla disciplina degli organi tra i quali l’assemblea »), in quanto « il sistema della consultazione in rete era stato già previsto nello statuto, ma riguardava -in sostanzal’espressione dell’orientamento politico da assumere da parte del RAGIONE_SOCIALE associativo; era invece prevista, quale organo, l’assemblea secondo la modalità ‘tradizionale’ ».
Ora, poiché alla associazione appellata si dovevano applicare le norme codicistiche dell’associazione non riconosciuta e il regolamento 2014 era servito « ad integrare e, in certi passaggi, anche a modificare quanto previsto nello statuto e nell’atto costitutivo dell’associazione, – disciplinando organi e modalità di funzionamento del Movimento -era necessaria la sua condivisione da parte degli iscritti, in quanto insieme delle regole associative fondamentali, mediante espressione del voto assembleare, che, in mancanza di disciplina statutaria circa il procedimento di modifica,
va attuato secondo le regole ordinarie previste per le associazioni dall’art. 21 comma 2 del codice civile », ne derivava l’annullabilità del citato regolamento 2014 e, per l’effetto, della successiva deliberazione intervenuta nel 2016 per la modifica di detto regolamento.
La ricorrente afferma che il COGNOME era stato legittimamente escluso dal 10/12/2014, il COGNOME si era attenuto alle nuove prescrizioni del Regolamento del 2014 (inoltrando a seguito di sua espulsione richiesta di chiarimenti e proponendo ricorso al Comitato d’Appello), così accettandolo per facta concludentia , mentre gli altri attori avevano partecipato alle consultazioni svoltesi successivamente.
Questa Corte ha tuttavia chiarito (Cass. 1498/1978; Cass. 8456/2014) che « dal combinato disposto dell’art. 23 cod. civ., comma 1 e art. 24 cod. civ., comma 3, dettati in tema di associazioni riconosciute ed applicabili anche alle associazioni non riconosciute, si evince che i vizi delle delibere assembleari, si traducano essi in ragioni di nullità ovvero di annullabilità, possono essere fatti valere con azione giudiziaria, non soggetta a termini di decadenza, da qualunque associato, oltre che dagli organi dell’ente e dal pubblico ministero, solo con riguardo alle decisioni che abbiano contenuto diverso dall’esclusione del singolo associato », per le quali opera l’art.24 c.c..
Nella specie il Regolamento del dicembre 2014 non era stato neppure deliberato dall’assemblea, sia pure con votazione in rete (come accertato nel merito), ma soltanto pubblicato sul sito.
Questa Corte ha affermato il ruolo cardine dell’assemblea anche nelle associazioni non riconosciute, come descritto in relazione al primo motivo.
Non si può affermare che l’associato, che non aveva votato alcuna delibera (quanto alle modifiche del Regolamento del dicembre del 2014 soltanto pubblicate sul sito), non potesse impugnare per
invalidità tali modifiche e, di riflesso, quelle adottare nel 2016, in difetto di un comportamento di tacita accettazione, che deve essere inequivocamente rivelatore di un determinato volere con un preciso contenuto sostanziale (cfr. Cass. 7884/1991; Cass. /1994/4814; Cass. 13592/2000, in tema di delibere condominiali) e, nella specie, del proposito di non contrastare gli effetti delle modifiche statutarie così da risultare sicuramente incompatibile con la volontà di avvalersi del diritto di impugnarle.
Peraltro, la Corte d’appello, dopo avere chiarito che il sistema della consultazione in rete era già stato previsto dal primo « Non Statuto » e dall’atto costitutivo dell’associazione del 2012 ma riguardava soltanto « l’espressione dell’orientamento politico del RAGIONE_SOCIALE associativo », essendo previsto come organo deliberante, secondo il modello tradizionale delle associazioni, l’assemblea, e che solo con le modifiche del dicembre 2014 si era indicata la votazione on-line come sistema di funzionamento dell’assemblea, ha accertato che le partecipazioni alle votazioni on-line , secondo le modalità prescritte dal Regolamento del dicembre 2014, pubblicato sul sito, successive a tale data, non hanno riguardato tutti gli attori (il COGNOME e il COGNOME non avendo potuto partecipare perché disabilitati nell’ account ) o non sono indici rivelatori di inequivoche accettazioni delle modifiche stesse.
Trattasi di motivazione esente da errori in diritto o carenze motivazionali.
Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Le spese, come in dispositivo, seguono la soccombenza in favore della pluralità di parti difese da un unico avvocato e con unica liquidazione.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate a favore dei controricorrenti in totale complessivo di € 10.000,00, a
titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art.13.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 1° febbraio