Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16594 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16594 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
sul ricorso 24586/2020 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che li rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
sul ricorso incidentale proposto da
NOME COGNOME, domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– ricorrente incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente al ricorso incidentale – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 1472/2020 depositata il 16/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/4/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Venezia, definendo con la sentenza riportata in epigrafe il contenzioso insorto tra la RAGIONE_SOCIALE, in veste di obbligato principale -cui sarebbe subentrato in corso di causa il Fallimento omonimo –NOME COGNOME e NOME COGNOME, in veste di fideiussori, da un lato, e le banche intimate dall’altro circa le somme indebitamente percette da queste ultime, in particolare, a titolo di interessi ultralegali ed interessi anatocistici, ha dichiarato inammissibile l’appello principale interposto dai COGNOME ed in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla banche soccombenti ha proceduto a riformare l’impugnata decisione di primo grado laddove questa, aderendo alle domande attrici, aveva condannato le appellanti incidentali a ripetere in favore del Fallimento la somma € 136.507, 31, oltre agli accessori di legge.
La Corte territoriale ha motivato la premessa declaratoria di inammissibilità dell’appello principale proposto dai RAGIONE_SOCIALE con la considerazione che costoro erano intervenuti nel giudizio di primo grado aderendo alla domanda della società, sicché, dovendo qualificarsi il loro intervento quale intervento adesivo dipendente, essi, in difetto di impugnazione della sentenza di primo grado da parte del Fallimento, erano privi del potere di appellarla autonomamente ed il gravame da loro proposto andava di conseguenza dichiarato inammissibile in quanto proposto da soggetti sprovvisti di legittimazione ad impugnare. Né, d’altro canto, ha osservato ancora il decidente, era caso di parlare al riguardo di legittimazione straordinaria del fallito, mancandone i presupposti di ordine soggettivo dato che nessuno degli appellanti era nella specie personalmente fallito -fallita essendo stata infatti dichiarata la società, soggetto giuridico diverso dagli appellanti -e facendo pure difetto la condizione di inerzia del curatore, dato che costui, previa autorizzazione del giudice delegato, si era costituito nel giudizio di appello onde seguirne le sorti, pur senza dispiegare appello incidentale. E non era neppure riconoscibile, a detta del decidente, una legittimazione conferita agli impugnanti ex post a seguito dell’istanza da loro inoltrata al giudice delegato dopo la proposizione dell’appello ed il provvedimento autorizzatorio da questi adottato in data 14.3.2018, parimenti dovendo rilevarsi in chiave ostativa che l’istanza, afferendo alla proposizione di una causa risarcitoria in danno delle banche, non conteneva alcun riferimento al giudizio in trattazione ed, inoltre, che il curatore non si era affatto disinteressato delle questioni introdotte dalla società in bonis , riassumendo il processo dopo il suo fallimento, ed aveva poi scientemente deciso di astenersi dall’impugnare la sentenza di primo grado che aveva accolto, anche se solo in parte, le proprie istanze,
fermo in ogni caso che la legittimazione all’impugnazione avrebbe dovuto sussistere prima che fosse proposto l’appello.
Ha motivato invece l’accoglimento dell’appello incidentale -in esito al quale era risultata un’esposizione a debito del fallimento pari ad € 17.795,76 -sul rilievo che, non essendo documentalmente provata prima del 7.7.1999 la concessione di un’apertura di credito, le rimesse societarie prima di quella data dovevano considerarsi tutte di natura solutoria, onde quelle risalenti al decennio antecedente alla notificazione dell’atto di citazione dovevano ritenersi integralmente irripetibili per effetto dell’intervenuta prescrizione.
La cassazione di detta sentenza è ora chiesta in via principale dai COGNOME in ragione di quindici motivi di ricorso, illustrati con memoria, ed in via incidentale dal Fallimento in ragione di cinque motivi di ricorso, illustrati anch’essi con memoria.
Resiste con controricorso ad entrambi gli atti di gravame RAGIONE_SOCIALE incorporante l’altra banca intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Il primo motivo del ricorso principale lamenta la violazione degli artt. 100 e 105 cod. proc. civ. I ricorrenti si dolgono che la Corte d’Appello abbia qualificato il loro intervento come intervento adesivo dipendente ed abbia così dichiarato l’inammissibilità del gravame da loro proposto senza indagare sulla reale natura dell’intervento dispiegato in primo grado, da ricondursi alla specie dell’intervento adesivo autonomo, che avrebbe reso ammissibile la proposta impugnazione, e senza riconoscere, a fronte della qualificazione operata, che anche l’interventore adesivo dipendente è legittimato all’impugnazione della sentenza che ne pregiudica, come qui, l’interesse patrimoniale.
2.2. Il secondo motivo del ricorso principale lamenta la violazione dell’art. 105, comma 1, cod. proc. civ. I ricorrenti si dolgono che la
Corte d’Appello non abbia qualificato il loro intervento, segnatamente in relazione alla posizione del COGNOME, quale intervento adesivo autonomo, malgrado in ragione dell’intervenuta escussione della garanzia fideiussoria operata dalla banca -che aveva incamerato il ricavato della vendita dei titoli costituiti in pegno dal garante -sussistesse il diritto del COGNOME a far accertare l’illegittimità dell’operata escussione ed a conseguire la restituzione dei titoli e, dunque, a fronte del contrario deliberato di primo grado, la legittimazione dello stesso alla promossa impugnazione.
2.3. Entrambi i motivi, scrutinabili congiuntamente per l’unitarietà della censura, si prestano ad una cumulativa dichiarazione di inammissibilità in ragione del giudicato implicito formatasi sulla questione a seguito della sentenza di primo grado.
2.4. Come si evince dalla narrativa d’appello, in primo grado gli odierni ricorrenti erano intervenuti nel giudizio già in essere tra la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.B. e le banche convenute, spiegando due domande, l’una intesa a far accertare l’inesistenza, la nullità, l’invalidità e/o l’inefficacia della prestata garanzia fideiussoria, l’altra, aderendo e facendo proprie le conclusioni rassegnate dall’attrice NOME. Il Tribunale, pronunciando sulla causa, aveva dichiarato inammissibile le domande svolte dagli intervenienti in via autonoma e, cioè, quelle diverse eccedenti la richiesta di accoglimento delle domande proposte dalla società attrice e quindi dal Fallimento. Da ciò si ritrae che, mentre il Tribunale aveva ritenuto che i COGNOME–COGNOME non potessero intervenire nel giudizio in via principale ovvero facendo valere un diritto nei confronti di una delle parti relativo all’oggetto del giudizio, come prevede l’art. 105, comma 1, cod. proc. civ. circa l’intervento principale o litisconsortile o adesivo autonomo, in quanto «l’intervento è stato spiegato ben oltre i termini preclusivi per la precisazione delle domanda e per le deduzioni istruttorie»,
aveva viceversa ritenuto che i COGNOME potessero partecipare al giudizio in veste di interventori adesivi dipendenti, avendo aderito e chiedendo che fossero accolte le domande attrici e, quindi, per sostenere le ragioni di una parte avendovi interesse al loro accoglimento, come esattamente recita l’art. 105, comma 2, cod. proc. civ. E’ dunque chiaro che il responso tribunalizio si radica sulla duplice affermazione che, da un lato, l’intervento degli odierni ricorrenti andava ricondotto alla specie dell’intervento adesivo autonomo, onde, essendo tardivo, era da ritenersi precluso, dall’altro era invece ammissibile l’intervento spiegato da costoro in soccorso di una delle parti in veste di intervento adesivo dipendente.
2.5. Ora su questa qualificazione implicita nel fatto di aver ritenuto che in questa seconda veste i COGNOME potessero partecipare al giudizio è scesa l’autorità del giudicato, dal momento che, appellando la decisione del Tribunale, costoro si sono solo doluti delle determinazioni di merito adottate in danno del Fallimento dal giudice di primo grado, ma nessuna ragione di impugnazione hanno declinato in relazione alla qualificazione del loro intervento sottesa alle determinazioni tribunalizie di escluderne la partecipazione al giudizio in veste di interventori adesivi autonomi e di consentirla invece come interventori adesivi dipendenti. Ed è appena il caso di notare, di contro alla preclusione in cui incorre in linea di principio l’impugnazione della sentenza sfavorevole alla parte adiuvata promossa dall’interventore adesivo dipendente, che la giurisprudenza di questa Corte, in coerenza con la lettura costituzionale dell’art. 105 cod. proc. civ. assecondata da Corte Cost. n. 455 del 1997, ne autorizza al contrario l’impugnazione allorché «l’impugnazione sia limitata alle questioni specificatamente attinenti alla qualificazione dell’intervento» (Cass., Sez. U, 17/04/2012, n. 5992).
Di conseguenza sulla qualificazione dell’intervento nel giudizio dei COGNOME si è formato un giudicato implicito che rende l’affermazione operata inoppugnabile sottraendola pregiudizialmente al sindacato qui richiesto.
3.1. Il terzo motivo del ricorso principale lamenta la violazione e erronea applicazione degli artt. 100 e 105 cod. proc. civ. in relazione alla mancata applicazione dell’art. 2560 cod. civ. I ricorrenti ed, in particolare, il COGNOME si dolgono che la Corte d’Appello abbia dichiarato l’inammissibilità del gravame da loro proposto, sebbene per effetto del conferimento dell’azienda individuale del RAGIONE_SOCIALE nella costituenda società, il conto corrente intestato al primo fosse confluito nel conto corrente intestato alla seconda, in relazione al quale la società aveva poi promosso l’odierno giudizio -sì che andava riconosciuta la legittimazione del conferente a contestare l’esistenza dei debiti anteriori al trasferimento a mente dell’art. 2560 cod. civ.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Per vero la questione sollevata con il motivo è nuova e del tutto estranea al dibattito processuale e al percorso motivazionale spiegato dalla sentenza impugnata di modo che essa incorre nella preclusione discendente dal fatto che il giudizio di cassazione può avere ad oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte (Cass., Sez. I, 26/03/2012, n. 4787), fermo poi che, alla luce di questo rilievo, il motivo non è neppure autosufficiente, non avendo il ricorrente neppure indicato dove la questione di che trattasi sia stata prospettata nel corso dei pregressi gradi di giudizio, laddove al contrario è suo onere precipuo di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di
esaminare il merito della suddetta questione (Cass., Sez.I, 18/10/2013, n. 23675).
4.1. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso lamentano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 100 e 105 cod. proc. civ. in relazione alla legittimazione del COGNOME ad impugnare la sentenza di primo grado o via straordinaria in sostituzione del fallito o in ragione del provvedimento adottato, a causa in corso, dal giudice delegato in data 14.3.2018, che aveva autorizzato il COGNOME a promuovere nei confronti delle banche le azioni non coltivate dal fallimento. I ricorrenti ed, in particolare, il COGNOME si dolgono che la Corte d’Appello abbia dichiarato l’inammissibilità del gravame da loro proposto, argomentando al riguardo anche in punto all’insussistenza in capo ai medesimi della legittimazione straordinaria in sostituzione del fallito o della legittimazione sopravvenuta per effetto del citato provvedimento giudiziale, sebbene la prima fosse riconoscibile in capo al COGNOME in considerazione della sua qualità di amministratore, di socio conferente e di fideiussore della società fallita ed in considerazione dell’inerzia del curatore di procedere giudizialmente per il risarcimento dei danni conseguenti alla condotte illegittime delle banche, mentre la seconda andava riconosciuta considerando che la legittimazione ad agire è sufficiente che sussista al momento della pronuncia.
4.2. Entrambi i motivi, scrutinabili congiuntamente per l’unitarietà della censura, si prestano ad una preliminare dichiarazione di inammissibilità in quanto declinati in violazione del precetto di specificità enunciato dall’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.
Essi, venendo meno al comando in parola -secondo cui il motivo di ricorso per cassazione deve essere formulato in modo che in esso trovino espressione le ragioni del dissenso che la parte intende marcare nei riguardi della decisione impugnata, formulate in termini
tali da soddisfare esigenze di congruenza, di completezza e di riferibilità a quanto enunciato dal giudice decidente proprie del mezzo azionato e, insieme, da costituire una critica puntuale e non generica, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l’adozione non si confrontano con le ragioni della decisione; in particolare si astengono dal prendere posizione critica rispetto al duplice giudizio di sfavore enunciato dal decidente allorché, da un lato, ha negato la sussistenza della legittimazione straordinaria in capo al fallito facendo difetto tale condizione con riferimento alle persone del COGNOME e della COGNOME che falliti non erano, fallita essendo semmai la società, rispetto alla cui posizione le circostanze allegate dai deducenti con il quarto motivo di ricorso non avevano costituito oggetto di confronto processuale, e dall’altro ha fatto rilevare che una sopravvenuta legittimazione non era neppure rappresentabile dal momento che il provvedimento autorizzatorio del 14.3.2018 era stato rilasciato per consentire al COGNOME non già di affiancare il fallimento nel presente giudizio, ma per promuovere nei confronti delle banche quelle domande non azionate dal fallimento, a nulla ovviamente rilevando, rispetto al presente giudizio, che in prosieguo di tempo la società possa essere ritornata in bonis ; sono, poi, per più aspetti, laddove, in particolare, discettano dell’inerzia del curatore e dell’autorizzazione accordata dal giudice delegato con il citato provvedimento del 14.3.2018, meramente reiterativi delle ragioni già sfavorevolmente vagliate dal giudice d’appello in direzione della legittimazione all’impugnazione del COGNOME; insistono ancora, quando ipotizzano che l’inerzia del curatore non viene meno nel caso di adesione all’iniziativa del fallito e quando fanno leva sulla pregressa condizione del COGNOME per ritenere che esso fosse comunque legittimato ad impugnare la sentenza sfavorevole per la società, nel prospettare circostanze che, in
disparte dalla loro conferenza, non si allineano al percorso motivazionale restandone estranee e non concludenti.
Ne resta perciò confermata riguardo ad essi la decretata prognosi di inammissibilità.
I restanti motivi del ricorso principale sono volti a censurare il merito delle determinazioni adottate dalla Corte d’Appello, onde, confermandosene il deliberato in punto al difetto di legittimazione all’impugnativa degli odierni ricorrenti, le censure che vi sono ragguagliate restano conseguentemente assorbite.
Decretandosi perciò la conclusiva inammissibilità del ricorso principale il ricorso incidentale del Fallimento, in quanto tardivo risulta inefficace ai sensi dell’art. 334, comma 2, cod. proc. civ.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente principale del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace il ricorso incidentale e condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE in euro 9200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 5.4.2024.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME