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Interruzione processo: quando decorre il termine?

Due società avevano citato in giudizio un istituto di credito, il quale è stato poi posto in liquidazione coatta amministrativa. Le società hanno richiesto l’estinzione del giudizio sostenendo che l’interruzione del processo, causata dalla liquidazione, non era stata seguita da una tempestiva riassunzione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, specificando che, sebbene l’evento interruttivo sia automatico, il termine per la riassunzione decorre solo dalla data in cui il giudice emette un provvedimento formale di interruzione e lo comunica alle parti. In assenza di tale provvedimento, il termine non inizia a decorrere e il processo non può essere dichiarato estinto.

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Interruzione processo per liquidazione: da quando scatta il timer?

La gestione dei termini processuali è cruciale in ogni causa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande rilevanza pratica: l’interruzione processo a seguito dell’apertura di una procedura di liquidazione coatta amministrativa a carico di una delle parti. La pronuncia chiarisce un aspetto fondamentale, ovvero da quale momento preciso inizi a decorrere il termine perentorio per la riassunzione del giudizio, la cui inosservanza può portare all’estinzione della causa.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da un contenzioso tra due società e un noto istituto di credito. Le società avevano avviato un’azione legale per la ripetizione di somme indebitamente pagate, contestando l’applicazione di interessi ultralegali e altre clausole contrattuali. L’istituto di credito, a sua volta, aveva presentato una domanda riconvenzionale per ottenere il pagamento di un ingente saldo passivo.

Durante il giudizio di primo grado, la banca convenuta è stata posta in liquidazione coatta amministrativa. Successivamente, un nuovo soggetto giuridico è intervenuto nel processo come successore della banca. Sia in primo grado che in appello, le società attrici hanno eccepito l’estinzione del giudizio, sostenendo che l’apertura della procedura di liquidazione avesse causato un’interruzione processo e che nessuna delle parti avesse provveduto alla riassunzione nei termini di legge. I giudici di merito, tuttavia, hanno respinto tale eccezione, portando la questione all’attenzione della Corte di Cassazione.

L’interruzione del processo e la decisione della Corte

Il ricorso per cassazione era fondato su un unico motivo: la presunta nullità della sentenza d’appello per aver erroneamente rigettato l’istanza di estinzione. Secondo i ricorrenti, l’apertura della liquidazione coatta amministrativa determina automaticamente l’interruzione del processo, ai sensi delle norme fallimentari (in particolare l’art. 43 l. fall.), e da quel momento decorre il termine per la riassunzione. Il mancato rispetto di tale termine avrebbe dovuto, a loro dire, comportare l’estinzione del giudizio.

La Corte di Cassazione, pur correggendo la motivazione della Corte d’Appello, ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. La decisione si basa su un principio cardine della procedura civile riguardante l’interruzione processo.

Le motivazioni

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nella distinzione tra il verificarsi dell’evento interruttivo e la decorrenza del termine per la riassunzione. La Corte ha chiarito che, sebbene l’apertura di una procedura concorsuale come la liquidazione coatta sia un evento che causa un’interruzione automatica del processo, ciò non significa che il termine per la riassunzione inizi a decorrere da quel medesimo istante.

Il principio, consolidato in giurisprudenza, è che il termine per la riassunzione o la prosecuzione del giudizio decorre solo dal momento in cui il giudice emette un provvedimento che dichiara formalmente l’interruzione e tale provvedimento viene portato a conoscenza legale delle parti. L’evento (la liquidazione) crea il presupposto per l’interruzione, ma è la dichiarazione giudiziale a far scattare il cronometro per gli adempimenti successivi.

Nel caso di specie, i ricorrenti non avevano dimostrato, né tantomeno allegato, che fosse mai stato emesso un provvedimento di interruzione da parte del giudice. In assenza di tale presupposto fondamentale, il termine per la riassunzione non poteva considerarsi mai iniziato a decorrere. Di conseguenza, nessuna estinzione del giudizio poteva essere dichiarata.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio procedurale di fondamentale importanza pratica. Per gli avvocati e le parti coinvolte in un processo, è essenziale non confondere l’evento che causa l’interruzione con l’atto giudiziale che la dichiara. L’estinzione del processo per mancata riassunzione può essere eccepita solo se, a monte, esiste un provvedimento del giudice che formalizza l’interruzione. In mancanza di tale provvedimento, il processo prosegue validamente e il termine per la riassunzione non decorre. La decisione sottolinea quindi la necessità di una gestione attenta e precisa degli eventi processuali, ricordando che gli effetti giuridici più gravi, come l’estinzione, sono legati a presupposti formali e non al mero verificarsi di un fatto.

L’apertura della liquidazione coatta amministrativa causa automaticamente l’interruzione del processo?
Sì, secondo la Corte l’evento interruttivo, come l’apertura di una procedura concorsuale liquidatoria, opera automaticamente ai sensi dell’art. 43, terzo comma, della legge fallimentare.

Da quando inizia a decorrere il termine per la riassunzione in caso di interruzione del processo?
Il termine per la riassunzione o prosecuzione del giudizio non decorre dall’evento in sé, ma dal provvedimento giudiziale che pronuncia l’interruzione e, in particolare, dal momento in cui tale provvedimento è portato a conoscenza di ciascuna parte.

Cosa succede se manca un provvedimento del giudice che dichiara l’interruzione del processo?
Se manca il provvedimento giudiziale che dichiara formalmente l’interruzione, il termine di legge per la riassunzione o la prosecuzione del processo non può iniziare a decorrere. Di conseguenza, il processo non può essere dichiarato estinto per mancata riassunzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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