Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18963 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18963 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 20081/2019 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata per legge in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata per legge presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, n. 946/2018, pubblicata il 23 gennaio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha esposto che:
con sentenza passata in giudicato del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, confermata in appello e con sentenza della S.C. n. 16515 del 2015, era stato riconosciuto il suo diritto all’equiparazione economica al IX livello ex art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, oltre al pagamento delle differenze retributive maturate fino alla data del deposito del primo ricorso, avvenuto il 1° giugno 2006;
stante l’inadempimento delle Amministrazioni con riferimento alle differenze retributive maturate dal 1° giugno 2006 al 1° gennaio 2008, aveva proposto, con ricorso depositato il 9 aprile 2013, un secondo contenzioso davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 374/2017, ha accolto il ricorso e ha condannato in solido l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE a pagare la somma di € 26.935,76.
RAGIONE_SOCIALE e lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE hanno proposto distinti appelli che, riuniti, nel contraddittorio delle parti, sono stati accolti, con sentenza n. 946/2018, per intervenuta prescrizione.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE e lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente vanno rigettate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalle parti.
Sostengono le amministrazioni controricorrenti che il ricorso sarebbe inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., alla luce del protocollo siglato tra la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE il 17 dicembre 2015.
Si tratta di contestazione priva di pregio.
Infatti, il protocollo d’intesa fra la Corte di cassazione e il RAGIONE_SOCIALE non può radicare, di per sé, sanzioni processuali di nullità, improcedibilità o inammissibilità che non trovino anche idonea giustificazione nelle regole del codice di rito (Cass., Sez. 1, n. 21831 del 29 luglio 2021).
Affermano, altresì, le medesime amministrazioni che il ricorso sarebbe inammissibile per eterogeneità dei motivi di ricorso.
Per l’esattezza, il terzo motivo richiamerebbe contemporaneamente sia l’omesso esame di elementi fattuali ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. sia la violazione e falsa applicazione di disposizioni di legge ex n. 3 dell’art. 360 c.p.c.
A prescindere dalla circostanza che una simile irregolarità al massimo potrebbe rendere inammissibile solo detto terzo motivo, si rileva che è ammissibile il ricorso per cassazione il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., allorché esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applica zione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass., Sez. 5, n. 8915 dell’ 11 aprile 2018).
Nella specie, è del tutto agevole, dalla lettura del ricorso, evincere quali sono le contestazioni prospettate facendo riferimento alla violazione e falsa
applicazione di legge e quali doglianze, invece, investono l’omesso esame di un fatto.
2) Con il primo motivo la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2943, 2945 e 2948 c.c. , rappresentando l’esistenza di un orientamento di legittimità secondo cui la proposizione della domanda giudiziale (che, nella specie, sarebbe già stata proposta quanto all’equiparazione al dirigente amministrativo) avrebbe avuto efficacia interruttiva con riguardo a tutti i diritti che da quella domanda discendono, con la conseguenza che non sarebbe stato necessario un ulteriore giudizio per farli valere.
Il riconoscimento del diritto all’equiparazione economica ex art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 all’ex IX livello amministrativo, ottenuto con sentenza n. 1714 del 2010 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, sarebbe stato il presupposto logico necessario e il diritto stipite per potere ottenere l’indennità in esame.
Per l’esattezza, la prescrizione del diritto connesso sarebbe stata sospesa fino all’accertamento, con sentenza passata in giudicato , del diritto stipite.
La domanda giudiziale del primo giudizio, quindi, sarebbe stata atto interruttivo della prescrizione del diritto alle ulteriori differenze retributive maturate da maggio 2006.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2943, 2944 e 2945 c.c. in rapporto al principio della cristallizzazione della domanda, in quanto con il primo ricorso del 2006 la prescrizione sarebbe stata interrotta anche con riferimento ai ratei non ancora maturati.
La limitazione della condanna delle Amministrazioni a pagare gli importi maturati sino al 1° giugno 2006 non avrebbe potuto fare venire meno il suo diritto alle differenze retributive successive.
Con il terzo motivo la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2943, 2944 e 2945 c.c. e l’ erronea e/o omessa interpretazione delle domande proposte con i ricorsi e RAGIONE_SOCIALE atti interruttivi, atteso che essa avrebbe ben chiarito in corso di causa che la prescrizione sarebbe stata interrotta.
Ribadisce ulteriormente la tesi della efficacia sospensiva del precedente giudizio pure in relazione ai ratei non ancora maturati.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. perché il diritto alla indennità perequativa, da quantificare con riferimento al trattamento spettante al dirigente, sarebbe stato accertato con sentenza passata in giudicato e non avrebbe potuto produrre effetti solo limitatamente ai ratei maturati sino al deposito del primo ricorso.
Le doglianze, che possono essere trattate congiuntamente, stante la stretta connessione, meritano accoglimento.
Per costante giurisprudenza, la proposizione della domanda giudiziale ha efficacia interruttiva della prescrizione che si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi dell’art. 2945 c.c., con riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino con stretto nesso di causalità a quel rapporto, senza che occorra che il loro titolare proponga, nello stesso o in altro giudizio, una specifica domanda diretta a farli valere, ed anche quando tale domanda non sia proponibile nel giudizio pendente, ove l’apprezzamento della consequenzialità logicogiuridica del diritto stipite, ai fini dell’individuazione del rapporto logico-giuridico tra diritti, è rimesso al giudice di merito.
Conseguentemente, la domanda giudiziale di qualifica superiore interrompe la prescrizione del diritto alle differenze retributive consequenziali (Cass., Sez. L, n. 18570 del 4 settembre 2007).
Infatti, la proposizione di una domanda giudiziale determina l’interruzione della prescrizione con riguardo a tutti i diritti pretesi che si trovano in relazione di causalità, anche in via subordinata, con il rapporto unitario dedotto con l’istanza princip ale, assumendo rilievo l’unitarietà del fatto a cui sono ricollegate le varie domande, volte ad un ‘ unitaria tutela, rispetto alla quale le singole azioni sono serventi (Cass., Sez. 3, n. 16120 del 7 giugno 2023). Pertanto, la prescrizione, interrotta con la proposizione della domanda giudiziale, non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio, estesa l’interruzione ai diritti che si trovano in relazione di causalità, anche in via
subordinata, con il rapporto unitario dedotto con la domanda principale (Cass., Sez. L, n. 9542 del 9 aprile 2024).
Nella specie, risulta evidente che il riconoscimento del diritto all’equiparazione economica ex art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 all’ex IX livello amministrativo era il presupposto della condanna delle amministrazioni a corrispondere l’indennità integrativa in esame nella misura corretta per il periodo durante il quale la ricorrente aveva prestato il suo servizio.
Tale presupposto era lo stesso, sia con riguardo alle pretese azionate con il primo giudizio, sia in ordine a quelle maturate nel periodo successivo al giugno 2006.
Il pagamento di queste ultime, in particolare, sarebbe addirittura già stato doveroso sulla base del semplice passaggio in giudicato del primo contenzioso davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in quanto la successiva richiesta di tutela giudiziaria sarebbe servita solo ad ottenere una pronuncia di condanna in ragione dell’inadempimento a quello che era ormai un obbligo gravante sulle amministrazioni controricorrenti.
Stando così le cose, deve ritenersi che, finché non è passato in giudicato l’accertamento de l contenuto del rapporto controverso (il diritto all’equiparazione economica nei termini richiesti) , dal quale discendevano tutti gli effetti economici desiderati dalla lavoratrice e a siffatto rapporto riconducibili con immediatezza (il pagamento dell’indennità per tutto il tempo in cui sarebbe spettata), la prescrizione dei diritti economici della ricorrente non poteva decorrere.
Una volta divenuto definitivo il menzionato accertamento, invece, la medesima prescrizione avrebbe potuto di nuovo essere computata, essendo venuto meno l’effetto interruttivo dell’originaria domanda giudiziale.
3) Il ricorso è accolto.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di lite, applicando il seguente principio di diritto:
‘ In tema di personale dipendente universitario con qualifica non medica impiegato presso il servizio sanitario RAGIONE_SOCIALE, l’ avvenuta proposizione da parte del lavoratore, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE ove presta servizio o dell’università della quale è dipendente, della domanda giudiziale volta al riconoscimento del diritto all’equiparazione economica al IX livello/dirigente amministrativo, ai fini della liquidazione dell’indennità di perequazione prevista dall’ art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, ha efficacia interruttiva della prescrizione, che si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi dell’art. 2945 c.c. , relativamente a tutti i diritti che siano in relazione di causalità, eventualmente subordinata, con detto riconoscimento. Fra tali diritti figura quello al pagamento, per il tempo per cui è dovuta, dei ratei della medesima indennità, senza che occorra che il titolare ne chieda specificamente, nello stesso o in altro processo, la corresponsione e anche quando la relativa pretesa non possa essere avanzata nel giudizio pendente ‘ .
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, che deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 10