Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8286 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8286 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13507/2021 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE BENEVENTO n. 1580/2020 depositata il 10/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che
1.- NOME COGNOME ha un casolare con terreno agricolo, che coltiva di suo.
Nel 2008 ha subìto il furto dei cavi dell’energia elettrica, che dunque non è stata più erogata per un certo tempo: egli sostiene di avere fatto presente la circostanza ad RAGIONE_SOCIALE, che è la società con cui aveva il contratto di somministrazione di energia, sin dal 2011. RAGIONE_SOCIALE ha tuttavia provveduto a ripristinare la somministrazione soltanto nel 2013.
2.- Di conseguenza il COGNOME ha agito nel 2013 per far constatare l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE al suo obbligo contrattuale di somministrare l’energia, e per ottenere il risarcimento dei danni, per tutto il periodo in cui è rimasto privo della somministrazione. Inoltre, ha lamentato di aver dovuto corrispondere costi fissi, pur nell’evidente mancanza di consumo energetico.
3.- Il Giudice di Pace di Benevento ha rigettato la domanda: ha ritenuto non provato che RAGIONE_SOCIALE sapesse, o meglio, non provato che l’attore avesse messo in mora la società.
4.- Questa decisione è stata poi confermata dal Tribunale di Benevento che viene qui impugnata dal COGNOME con cinque motivi. Si sono costituiti sia RAGIONE_SOCIALE, che RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) ed hanno chiesto, con controricorso, il rigetto della domanda.
Considerato che
5.La ratio della decisione impugnata .
Il Tribunale ha escluso inadempimento imputabile dell’RAGIONE_SOCIALE, in quanto, essendo stati rubati i cavi elettrici nel 2008, circostanza risultata pacifica, la società non ha potuto più erogare il servizio: il furto ha costituito causa di impossibilità sopravvenuta temporanea. Secondo il Tribunale, poi, il cliente non ha affatto dimostrato volontà che la somministrazione venisse ripresa, in quanto, con la lettera del 2011, ha contestato consumi, ma non ha chiesto il ripristino; inoltre ha tenuto un comportamento concludente contrario in quanto ha continuato a coltivare il campo servendosi di altre fonti di energia, con la conseguenza che la società somministrante non era avvisata della volontà del cliente di ripristinare il rapporto.
6.I motivi di ricorso .
Questa ratio è contestata con cinque motivi di ricorso.
Con il primo motivo si prospetta violazione degli articoli 1256, 1218 e 1219 c.c.
La tesi è la seguente.
RAGIONE_SOCIALE doveva essersi accorta di suo che l’energia non era erogata in quanto il contatore non registrava consumi e la sua lettura era elettronica e non v’era bisogno di andare sul posto.
Con la conseguenza che, anche ammessa l’impossibilità sopravvenuta nel 2008, il rapporto contrattuale andava ripristinato
senza bisogno di messa in mora. Ossia, non appena saputo del furto e della mancata erogazione, RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto agire di sua iniziativa per ripristinare la somministrazione.
Le norme sulla impossibilità sopravvenuta, e segnatamente l’articolo 1219 c.c. non prevedono una messa in mora, ma dal loro contenuto si ricava che il contraente deve provvedere autonomamente a riprendere la prestazione quando sia cessata la causa che l’aveva resa impossibile.
Il motivo è infondato.
Intanto va fatto un chiarimento sulla ratio decidendi, nel senso che il ricorrente attribuisce al Tribunale una asserzione che invece è sua, o meglio, che il Tribunale attribuisce a lui: è la questione della conoscibilità della interruzione da parte di RAGIONE_SOCIALE per via telematica, ossia attraverso lettura a distanza del contatore elettronico.
A pagina 4 il Tribunale osserva che ‘l’odierno appellante evidenziava che in primo luogo RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto conoscere dell’intervenuta sospensione della fornitura’. Ciascuno vede come non sia il Tribunale ad accertare che RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto sapere, piuttosto ad averlo detto è stato il ricorrente, di cui il Tribunale riferisce l’opinione.
Si tratta pacificamente di una impossibilità temporanea della prestazione che non comporta risoluzione del contratto, ma sua sospensione, per cui è vero che come dedotto dal ricorrente non occorre una messa in mora formale perché il contratto riprenda -e in tal senso va corretta la motivazione dell’impugnata sentenza – ma è pur vero che la ripresa del rapporto presuppone che vi sia interesse del debitore (Cass. 1037/ 1995), e che il contraente fosse a conoscenza della causa di impossibilità.
Quindi l’effetto giuridico invocato dal ricorrente presuppone due fatti che il Tribunale ha accertato come non provati, o anzi, contrari a quanto dal ricorrente assunto.
In primo luogo, è accertato che RAGIONE_SOCIALE non sapeva della interruzione; inoltre che, pur dopo la scoperta del furto, il ricorrente ha manifestato comportamento contrario al ripristino, avendo egli utilizzato il fondo con altre fonti di energia, ed avendo egli successivamente interrotto il pagamento.
Due circostanze di fatto, qui non discutibili.
7.Secondo e terzo motivo pongono la questione del risarcimento del danno.
Il secondo motivo postula una violazione dell’articolo 112 c.p.c.: il Tribunale avrebbe escluso il risarcimento, dunque un danno in capo al ricorrente, ma senza tenere conto del fatto che costui aveva l’astratta disponibilità della casa rurale nella quale l’energia mancava; non se ne è occupato, si è limitato a dire che il fondo era comunque coltivato anche senza la somministrazione.
Il terzo motivo prospetta violazione degli articoli 1218 e 1223 c.c., e ripropone la questione: per utilizzare il fondo v’era comunque bisogno di altra energia, da procurarsi altrove, e dunque dietro corrispettivo.
Questi due motivi sono inammissibili.
Il Tribunale ha escluso che l’inadempimento (la mancata somministrazione) fosse imputabile ad RAGIONE_SOCIALE e di conseguenza ha escluso il danno: se anche ne fosse derivato alcuno al ricorrente non sarebbe imputabile ad RAGIONE_SOCIALE. Il che è sufficiente a decidere di non risarcirlo.
8.- Il quarto motivo prospetta anche esso violazione dell’articolo 112 c.p.c.
Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe deciso oltre la domanda, in quanto avrebbe fatto leva su una clausola contrattuale senza che la relativa quesitone fosse stata posta da RAGIONE_SOCIALE. Il Tribunale avrebbe cioè evidenziato che era contrattualmente previsto che il cliente avrebbe dovuto far constatare l’inadempimento con formale messa in mora, poiché non era prevista la clausola risolutiva espressa.
Secondo il ricorrente questo tema non era stato posto da RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è infondato.
Il tema era quello posto dallo stesso ricorrente, vale a dire l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE: il Tribunale, dati agli atti di causa, ha escluso che il contratto potesse essersi risolto per inadempimento senza una formale diffida di messa in mora, e dunque ha deciso su una questione posta dallo stesso ricorrente, e certamente facente parte della difesa della società convenuta.
9.- Il quinto motivo prospetta violazione dell’articolo 112 c.p.c. Secondo il ricorrente, egli aveva diritto ad ottenere però la ripetizione delle spese fisse, che ha comunque corrisposto pur senza ricevere l’erogazione di energia; egli sostiene che la tesi del Tribunale secondo cui quelle spese fisse erano dovute comunque, per contratto, per il semplice fatto che esisteva un rapporto di fornitura ed anche a prescindere dalla effettiva erogazione, è errata, prevedendo invece il contratto che solo in caso di effettiva somministrazione vanno pagati i costi fissi.
Ribadisce il ricorrente con tale motivo che RAGIONE_SOCIALE sapeva del furto, per via del controllo telematico sul contatore, e che dunque ha erroneamente imposto i costi fissi.
Il motivo è inammissibile.
Intanto, è posto sotto forma errata: non si vede l’omissione di pronuncia denunciata.
In secondo luogo, si chiede qui di postulare un diverso contenuto delle condizioni generali di contratto rispetto a quello accertato dai giudici di merito (secondo cui quelle condizioni prevedevano costi fissi a prescindere dall’ effettivo consumo) ma non si riporta il contenuto di tali condizioni, né si indica come se ne possa ricavare quanto asserito dal ricorrente.
Infine, quanto alla quesitone della conoscibilità della interruzione, si è già detto. Il Tribunale non accerta che RAGIONE_SOCIALE sapeva, ma dice che secondo il ricorrente RAGIONE_SOCIALE doveva sapere. Ed è altra cosa.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna delle controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di complessivi euro 1.000,00, di cui euro 800,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna delle controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 20/2/2024