Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27215 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27215 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2714/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale in calce al ricorso – ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 220/2021 depositata il 14/6/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/9/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Pordenone, con sentenza in data 13 maggio 2019, in parziale accoglimento della domanda in origine presentata, ex art. 67, comma 2, l. fall., dal fallimento di RAGIONE_SOCIALE, a cui era subentrata, quale assuntore del concordato fallimentare omologato RAGIONE_SOCIALE a socio unico in
veste di successore a titolo universale della procedura concorsuale chiusa ai sensi dell’art. 130 l. fall., dichiarava l’inefficacia di una serie rimesse effettuate dalla società in bonis a favore della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. per complessivi € 254.157,54, condannando quest’ultima alla restituzione di tale somma.
La Corte distrettuale di Trieste, a seguito dell’impugnazione presentata da Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., rilevava che RAGIONE_SOCIALE era comparsa nel primo giudizio soltanto all’udienza di precisazione delle conclusioni, a mezzo di un difensore che, dopo averla qualificata come successore a titolo universale del fallimento, aveva formulato le proprie conclusioni, senza però provvedere a costituirsi in giudizio per suo conto e senza avere un valido mandato alle liti in tal senso, cosicché l’assuntore del concordato fallimentare aveva finito per restare del tutto estraneo al giudizio in corso.
Osservava che il medesimo difensore aveva però conservato lo ius postulandi per la procedura concorsuale fino a quando aveva dichiarato l’avvenuta chiusura del fallimento, a cui aveva fatto seguito la perdita della capacità di stare in giudizio della procedura e l’effetto interruttivo del processo ai sensi dell’art. 300 cod. proc . civ..
Riteneva che il processo avrebbe potuto essere riassunto soltanto dalla banca nel termine di cui all’art. 305 cod. proc. civ., ma non dal fallimento, che era stato chiuso, né da RAGIONE_SOCIALE, che era legittimata solo ad intervenirvi.
Giudicava che ne fosse conseguita, tre mesi dopo il momento in cui l’evento interruttivo era stato portato a conoscenza della banca, l’estinzione di diritto del processo ex art. 307 cod. proc. civ. e, in difetto di una simile statuizione ad opera del tribunale, dichiarava, in riforma della decisione impugnata, l’estinzione del processo in primo grado.
RAGIONE_SOCIALE, incorporante per fusione RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 14 giugno 2021, prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a..
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La banca controricorrente ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per acquiescenza alla decisione impugnata, in ragione del fatto che la controparte aveva provveduto, prima dell’instaurazione del giudizio di legittimità, a notificare a Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. un atto di citazione con cui aveva introdotto dinanzi al Tribunale di Pordenone un giudizio di contenuto identico a quello che la Corte d’appello di Trieste aveva dichiarato estinto.
L’eccezione è destituita di fondamento.
Infatti, gli atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni previste dalla legge, e che, perciò, implicano una tacita acquiescenza alla sentenza ai sensi dell’art. 329 cod. proc. civ., sono esclusivamente quelli che possono essere spiegati solo supponendo il proposito della parte di non contrastare gli effetti giuridici della decisione, così rivelando, oggettivamente, in modo inequivoco, una corrispondente volontà della parte che li ha posti in essere (Cass. 21491/2014).
Nel caso di specie l’iniziativa adottata rispondeva, all’evidenza, alla finalità cautelativa di non pregiudicare il diritto dell’assuntore del concordato fallimentare, non manifestava in maniera univoca alcuna acquiescenza e, di conseguenza, non precludeva la facoltà di impugnare la decisione assunta in precedenza dalla Corte distrettuale.
Va perciò data continuità al principio secondo cui la proposizione di un nuovo giudizio, identico ad altro già pendente tra le stesse parti, non costituisce manifestazione inequivoca della volontà di accettare la sentenza emessa in quest’ultimo, né, tantomeno, un comportamento incompatibile con la volontà di impugnarla, non potendosi negare l’interesse del soccombente al proseguimento del primo giudizio, onde ottenere, in via principale, la tutela della propria posizione giuridica ovvero un favorevole regolamento delle spese processuali (cfr. Cass. 25959/2015, Cass. 19/1988).
5.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 299, 300, 302, 305 e 307 cod. proc. civ.: le norme disciplinanti l’interruzione del processo -sostiene parte ricorrente – sono poste unicamente a tutela della parte colpita dall’evento i nterruttivo, cosicché nel caso di specie solo la curatela, quale parte potenzialmente pregiudicata, era legittimata a dolersi dell’irrituale prosecuzione del processo a dispetto del verificarsi della causa interruttiva; la banca non solo non era legittimata a sollevare una simile eccezione, non avendo ricevuto alcun pregiudizio dall’evento interruttivo, ma aveva artatamente posticipato la stessa in appello, dopo essere rimasta silente sul punto in primo grado.
Peraltro, la dichiarazione dell’intervenuta chiusura del fallimento era stata resa dal legale quale difensore non della procedura, ma dell’assuntore RAGIONE_SOCIALE, al fine non di interrompere il processo, ma di proseguirlo ad opera dell’assu ntore intervenuto in giudizio.
5.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 182 cod. proc. civ., in quanto la Corte d’appello ha errato dapprima omettendo qualsiasi invito alla difesa dell’appellata volta a reg olarizzare la procura alla lite, non rinvenuta in allegato all’atto depositato all’udienza dal difensore dell’assuntore e accluso al verbale, in
seguito decidendo la causa sull’assunto che il difensore fosse privo di ius postulandi e che l’assuntore non si fosse costituito in giudizio. 5.3 Il terzo motivo di ricorso prospetta , a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 111 cod. proc. civ., in quanto l’assuntore del concordato fallimentare, quale successore a titolo particolare nel diritto controverso e a titolo universale del fallimento, era legittimato a intervenire nel giudizio instaurato dal suo dante causa allegando il titolo che gli consentiva di sostituirlo; l’intervento dell’assuntore aveva proseguito il giudizio, rendendo superflua e preclusa la sua interruzione e la successiva riassunzione.
6. Il primo motivo di ricorso ha posto in contestazione l’argomentazione offerta dalla Corte territoriale a fondamento della decisione impugnata -laddove è stato ritenuto che la dichiarazione resa in udienza dal legale, in veste di difensore della procedura fallimentare, in ordine all’intervenuta chiusura del fallimento valesse a determinare un effetto interruttivo del processo, ex art. 300 cod. proc. civ., e fosse idonea a far decorrere il termine per la riassunzione previsto dall’art. 305 cod. proc. civ. -, evitando che sul punto si formasse alcun tipo di giudicato.
Ora, questa Corte, in base al principio iura novit curia , può individuare d’ufficio i profili di diritto rilevanti per decidere le questioni sottoposte con i motivi di impugnazione, purché (come appena constatato rispetto al caso di specie) la decisione impugnata non sia coperta sul punto da giudicato interno (Cass. 4272/2021).
6.1 La sentenza n. 12154/2021 delle Sezioni Unite di questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto: « in caso di apertura del fallimento, ferma l’automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell’art. 43 co. 3 l.f., il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f. per le domande di credito, decorre da quando la
dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176 co. 2 c.p.c., va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata -ai predetti fini -anche dall’ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d’ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l’avvenuta dichiarazione di fallimento medesima ».
Il senso di questa affermazione (come è stato di recente puntualizzato da Cass. 22714/2025) è chiaramente quello di scindere il profilo della « automatica interruzione del processo » da quello della decorrenza del termine perentorio per la riassunzione, la quale rimane in ogni caso collegata alla « dichiarazione giudiziale dell’interruzione ».
E anche il tema della conoscenza legale necessaria per individuare il dies a quo si pone, ma con riferimento (non all’evento interruttivo, ma) all’ordinanza del giudice che dichiara l’interruzione; la quale è « già … conosciuta nei casi di pronuncia in udienza » oppure « va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata … anche dall’ufficio giudiziario ».
Dunque, il termine per la riassunzione previsto dall’art. 305 cod. proc. civ. in tanto decorre, in quanto ci sia stata un’interruzione dichiarata dal giudice; del pari, il procedimento non può essere riassunto se non sia quiescente e tale condizione di quiescenza non può verificarsi se non a seguito di una declaratoria di interruzione da parte del giudice.
6.2 A questi principi non si è attenuta la Corte distrettuale, la quale ha individuato il dies a quo del termine per la riassunzione del processo nella data (1° febbraio 2019) in cui il difensore del fallimento aveva dichiarato in udienza l’avvenuta chiusura del fallimento, senza preoccuparsi di verificare se il giudice di Pordenone avesse mai dichiarato l’interruzione del processo, malgrado sia la
dichiarazione giudiziale dell’interruzione e non la dichiarazione fatta dal difensore in ordine al verificarsi dell’evento interruttivo a far decorrere il termine perentorio per la riassunzione previsto dall’art. 305 cod. proc. civ.
L’accoglimento del primo motivo rende superfluo provvedere sugli altri mezzi, che rimangono assorbiti.
In conclusione, per tutto quanto sopra esposto, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 23 settembre 2025.
Il Presidente