Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24371 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24371 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33459/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell ‘ avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso il decreto cron. n. 2671/2018, depositato dal Tribunale di Napoli il 10.10.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propose domanda di ammissione al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE di un credito di € 147.168,14, derivante da un finanziamento chirografario a suo
tempo concesso da Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (credito poi da questa ceduto alla ricorrente).
La domanda venne respinta dal giudice delegato, sul presupposto che il credito era «contestato e oggetto di giudizio» e ritenendo che il contratto non fosse «sottoscritto dalla banca o comunque non in maniera riconoscibile e/o imputabile alla stessa».
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione alla decisione del giudice delegato, che venne tuttavia respinta dal Tribunale di Napoli, questa volta sul presupposto che tra le parti era intervenuta una transazione avente ad oggetto anche il rapporto di finanziamento in questione, in forza della quale nessun ulteriore credito poteva vantare la società opponente.
Contro il decreto del Tribunale Siena RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il fallimento RAGIONE_SOCIALE denuncia «nullità del decreto impugnato ex art. 360, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 1236 e 1965 c.c.».
La ricorrente sostiene che «l’interpretazione che il tribunale ha dato dell’atto transattivo è del tutto errata sotto ogni profilo» e osserva che quell’atto non conteneva alcuna espressione che lasciasse intendere, anche solo per implicito, l’intenzione del la banca di rimettere il debito di RAGIONE_SOCIALE nascente dal contratto di finanziamento.
1.1. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente denuncia la violazione delle norme contenute negli artt. 1236 c.c. («Dichiarazione di remissione del debito») e 1965 c.c. («Nozione» della transazione), ma poi non espone alcun argomento per spiegare dove e come il tribunale avrebbe violato quelle norme.
In realtà, nella breve illustrazione del motivo, viene contestata soltanto l’interpretazione data dal giudice del merito all’atto di transazione , il che non ha nulla a che vedere con la violazione delle norme sostanziali in materia di remissione del debito (istituto che non è nemmeno menzionato nel decreto impugnato) e in materia di transazione.
Solo per completezza si aggiunge che il richiamo all’art. 1236 c.c. non è pertinente nel caso in esame, in quanto oggetto di controversia non è una unilaterale remissione del debito, bensì un «atto transattivo», il quale, per sua natura, presuppone «reciproche concessioni».
Il secondo motivo prospetta la «nullità del decreto impugnato ex art. 360, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c., 1363 c.c., 1366 c.c., 1369 c.c., 12 delle preleggi, nonché per violazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c. in relazione all’art. 132 c.p.c .».
Questo motivo pone, per l’ appunto, la questione della violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, sia pure in modo promiscuo con la denuncia di omessa motivazione.
In sostanza, la ricorrente sostiene che l’«atto transattivo» a suo tempo stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. era volto a definire le contestazioni della cliente sulla gestione di due conti correnti e non riguardava, invece, il contratto di finanziamento posto poi a fondamento della domanda di ammissione al passivo.
2.1 Anche questo motivo è inammissibile.
Occorre ricordare innanzitutto che l’interpretazione del contratto è una questione di fatto, riservata al giudice del merito, sicché il ricorso per cassazione non può proporre un’interpretazione alternativa -ritenuta, a torto o a ragione, più convincente -di quella adottata dal giudice, ma deve ipotizzare che l’interpretazione giudiziale sia illegittima, perché non consentita dai limiti posti dai canoni ermeneutici legali ( ex multis , Cass. nn. 18214/2024; 27136/2017; 17168/2012).
Nel caso di specie il motivo di ricorso è formalmente posto proprio in questi termini, ma, in realtà, a ben vedere, è volto a censurare nel merito l’interpretazione data al contratto dal Tribunale di Napoli. Basti dire che la critica è fortemente incentrata sul preteso travisamento del «chiaro tenore letterale » dell’«atto transattivo», ma ignora del tutto la circostanza -ben evidenziata nel pur stringato decreto del tribunale e risultante dal testo trascritto nello stesso ricorso -che le parti avevano fatto esplicito riferimento, nelle premesse, alla contestazione insorta «sui conti correnti 5332,80, n. 5374,72 e sul finanziamento 741646737,63 » (corsivo aggiunto). Inoltre, il tribunale ha messo in evidenza l’espressione , pure tratta dal testo della transazione, «dovendosi intendere ogni questione insorta od insorgenda tra le parti risolta con la presente transazione».
Non si tratta qui di stabilire se l’interpretazione data dal tribunale al testo contrattuale sia l’unica possibile e neanche la migliore possibile, ma soltanto di rilevare che una denuncia di violazione dei canoni legali (e in particolare del fondamentale canone del «senso letterale delle parole») non può essere considerata effettiva e completa, senza confrontarsi con i sopra riportati dati testuali presenti nell’«atto transattivo» .
Il preciso riferimento a quei dati testuali nel decreto di rigetto dell’opposizione esclude , altresì, il vizio di omessa motivazione della decisione adottata, vizio che è denunciabile soltanto nei ben noti limiti delineati, dopo la riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass. S.u. n. 8053/2014).
Dichiarato inammissibile il ricorso, non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo svolto difese la parte intimata.
4 . Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del