Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 979 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 979 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 2583/18 R.G. proposto da:
NOME (C.F. DMTMRA), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato NOME in ROMA INDIRIZZO giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA, persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio legale RAGIONE_SOCIALE in ROMA INDIRIZZO giusta procura in atti;
-controricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F. CNFGPP73L25A669G);
–
intimati-
avverso la sentenza n. 1/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata in data 05/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME NOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso; per la parte ricorrente nessuno è comparso; per la parte resistente nessuno è comparso.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio NOME COGNOME chiedendo: a) accertarsi i confini fra le due proprietà finitime; b) ordinare la realizzazione di un muro divisorio al posto della rete metallica dell’altezza di due metri; c) condannare la convenuta a ripristinare i luoghi.
La convenuta, oltre al rigetto dell’avversa domanda, avanzò domanda d’usucapione.
Chiamati in causa, su istanza dell’attrice, agli effetti di cui all’art. 1485 cod. civ., COGNOME Stefano e NOME COGNOME si costituirono avversando la pretesa della chiamante e della convenuta.
La Ediladriatica, soccombente in un giudizio possessorio (le era stato ordinato di rimuovere la recinzione) proposto dalla COGNOME, instaurò nuovo giudizio col quale chiese di essere garantita dall’evizione (art. 1483 cod. civ.) dai venditori COGNOME, i quali, costituitisi, si opposero alla domanda contro loro rivolta.
Riuniti i due giudizi, il Tribunale di Trani dichiarò inammissibile sia la domanda di regolamento di confini, che quella riconvenzionale d’usucapione (primo giudizio) e infondata la domanda avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei COGNOME.
La Corte d’appello di Bari, in accoglimento dell’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE accertò il confine, individuato sulla linea di apposizione della esistente recinzione metallica e autorizzò la costruzione di un muro divisorio dell’altezza di due metri, sulla linea ideale di collocazione dell’attuale recinzione.
Il diverso opinamento del Giudice di secondo grado, consiglia, sia pure in sintesi, di riprendere il ragionamento decisorio della Corte locale, limitatamente a quel che ancora residua d’utile.
La Corte locale, giudicata erronea la definizione in rito del Giudice di primo grado, il quale aveva reputato invalida la procura alle liti rilasciata dalla RAGIONE_SOCIALE, verificato l’abbandono della domanda riconvenzionale d’usucapione, qualificata l’azione di regolamento di confini <>, giunse all’anticipato epilogo sulla base di quanto immediatamente appresso.
L’immobile venduto dai COGNOME all’appellante era a costoro pervenuto per successione testamentaria, in rappresentazione della di loro madre, in morte del nonno materno NOME COGNOME e della nonna materna, in regime di comunione col primo, NOME COGNOME, i quali con separati strumenti, esattamente sovrapponibili, sempre per quel che qui risulta avere ancora rilievo, oltre all’appartamento avevano lasciato in eredità <>.
Di conseguenza, conclude la sentenza, <>. Le spese di edificazione del muro, da erigere in sostituzione della recinzione metallica erano da porre a carico delle due proprietà finitime.
NOME COGNOME proponeva ricorso avverso la sentenza d’appello sulla base di un solo motivo.
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
Il Consigliere relatore, formulava proposta ai sensi dell’allora vigente art. 380bis cod. proc., di <>, rimettendo la causa alla trattazione in camera di consiglio non partecipata della Sezione Sesta.
La ricorrente depositava memoria in vista dell’adunanza camerale della Sesta Sezione.
La Sez. Sesta, con ordinanza depositata il 7/12/2018, <>, disponeva di conseguenza.
Fissata per la trattazione l’odierna pubblica udienza, il P.G. ha depositato conclusioni scritte e la controricorrente, memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE .
Per non mancare di evidenziare la piena consapevolezza del Collegio sul punto è utile premettere all’esame del merito che, come affermato da questa Corte, <> (cfr. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2720 del 05/02/2020 Rv. 657246; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27305 del 07/10/2021 Rv. 662443). Ed ancora: <> (cfr. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7541 del 16/03/2019 Rv. 653507).
Il ricorso è procedibile a dispetto dell’eccezione manifestamente infondata, proposta solo con la memoria, dalla controricorrente, depositata in vista della pubblica udienza.
Appare utile una complessiva ricostruzione dei principi, oramai consolidatisi, elaborati da questa Corte di legittimità in materia d’improcedibilità ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ.
Va subito anticipato che il complesso delle decisioni sul punto è stato diretto al fine di eliminare qualunque ostacolo non indispensabile per ricorrere al giudizio di legittimità, nell’ottica di elidere quelle preclusioni non direttamente correlate alla necessità d’assicurare l’ordinata e celere accesso al giudizio nel merito delle doglianze, fermo il dovere di autoresponsabilità della parte processuale, che, adendo la Corte, è chiamata al tempestivo deposito degli atti di cui all’art. 369 cit., strumentali alla verifica del diritto processuale all’esame della domanda di giustizia in sede di legittimità.
2.1. Si è così giunti ad affermare, quanto al rispetto dell’onere del tempestivo deposito della copia autentica della sentenza impugnata, che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata -redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -, priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 16 bis, comma 9 bis, del d.l. n. 179 del 2012, convertito dalla l. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale; nell’ipotesi in cui, invece, la
contro
parte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio (S.U. n. 8312 del 25/03/2019, Rv. 653597 -02; conf., ex multis, Cass. n. 3727, 12/02/2021).
2.2. Inoltre, si è poi esteso il principio a ipotesi assimilabile, affermando che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata, sottoscritta con firma autografa e inserita nel fascicolo informatico, priva di attestazione di conformità del difensore, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale; nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio (S.U. n. 8312, 25/03/2019, Rv. 653597 -03).
Ed ancora, sempre con quest’ultima sentenza delle Sezioni unite:
a) ai fini della verifica d’ufficio della tempestività del ricorso per cassazione, il ricorrente è tenuto al deposito della decisione comunicatagli a mezzo PEC (nel suo testo integrale) a cura della cancelleria; ai fini della procedibilità del ricorso, invece, ove la
decisione non risulti autenticata, è necessario che il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata oppure non disconosca ex art. 23, comma 2, d. lgs. n. 82 del 2005, la conformità della copia informale all’originale notificatogli, mentre, nell’ipotesi in cui la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata o abbia effettuato il suddetto disconoscimento, è necessario che il ricorrente depositi l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio (massima Rv. 653597 -04);
b) il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della l. n. 53 del 1994, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca ex art. 23, comma 2, d. lgs. n. 82 del 2005, la conformità della copia informale all’originale notificatogli; nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio (massima Rv. 653597 -01).
2.3. Dall’insieme degli arresti richiamati risulta inequivocamente che il controricorrente, per invocare l’improcedibilità deve tempestivamente disconoscere l’atto irrituale per le ragioni sopra richiamate. All’evidenza, non solo ciò non è avvenuto, ma l’eccezione risulta ben tardiva.
2.4. Non può, inoltre, accogliersi l’eccezione secondo la quale l’omissione della certificazione della richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio (al tempo prevista dalla legge) sia sanzionata con l’improcedibilità.
Si è, infatti, anche di recente, chiarito che ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione, rileva che il ricorrente, nel rispetto del termine indicato dall’art. 369 c.p.c., depositi il ricorso e formuli l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio al giudice “a quo”, la quale deve essere restituita munita del visto di cui al comma terzo della disposizione in esame, non potendo discendere dal suo mancato deposito «insieme col ricorso» la sanzione della improcedibilità del giudizio di legittimità, atteso che una differente soluzione, di carattere formalistico, determinerebbe un ingiustificato diniego di accesso al giudizio di impugnazione, in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale (Sez. 5, n. 12844, 13/05/2021, Rv. 661350).
Sempre con la memoria da ultimo citata la controricorrente deduce che per fatti sopravvenuti era venuta meno la ‘legittimatio ad processum’ e ‘ad causam’ di NOME, per essere costei deceduta ab intestato il 31/8/2021, e per avere i di lei figli, in qualità di eredi, alienato l’immobile di cui si discute.
Senza necessità di intrattenersi a riguardo del lungo argomentare sul punto della memoria, la pretesa appare manifestamente destituita di giuridico fondamento.
Non può non richiamarsi l’art. 110 cod. proc. civ.: <> ; nonché l’art. 111, co. 1, cod. proc. civ.: <>.
La prima disposizione (riguardante la successione ‘mortis causa’) deve essere interpretata alla luce della struttura del processo di cassazione, con la conseguenza che non trova applicazione l’istituto dell’interruzione (art. 299 cod. proc. civ.) cfr, ex multis, Cass. nn. 20004/2005, 195/2007, 19500/2006 -.
Con il ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 cod. civ., nonché <>.
Il punto che assume decisività nella prospettazione impugnatoria è il seguente: nelle due identiche schede testamentarie, con le quali i testatori disposero del complesso immobiliare in favore della figlia NOME COGNOME e, in rappresentazione dell’altra figlia NOME COGNOME, in favore dei nipoti COGNOME, la edificazione del muro, era subordinata al consenso dell’attuale comproprietaria/o, cioè del testatore che sarebbe venuto a mancare per secondo <>. Quest’ultimo inciso rendeva, per contro, evidente, a cagione del tenore letterale (art. 1362 cod. civ.), del principio di conservazione (art. 1367 cod. civ.) e del rispetto della volontà del testatore, che i testatori avevano voluto fare riferimento <>.
Infine, prosegue la ricorrente, nelle more era sopraggiunta la sentenza del Tribunale di Trani, passata in giudicato, la quale aveva accordato tutela possessoria, condannando la Ediladriatica a rimuovere la rete metallica.
Il ricorso è fondato nei limiti di cui appresso.
5.1. È ben noto che questa Corte ha con giurisprudenza costante, chiarito che <> (Sez. 2, n. 18587, 29/10/2012; si veda anche, per la ricchezza di richiami, Sez. 6-3, n. 2988, 7/2/2013).
Nel caso in esame, in effetti, la Corte territoriale ha preso in esame solo una parte della disposizione testamentaria, evidenziando che con ‘attuale proprietaria/o’ doveva intendersi, la testatrice o il testatore che fosse sopravvissuto all’altro/a. Non viene, quindi, in alcun modo valorizzato l’inciso, pur posto tra parentesi ‘o i suoi aventi causa’. Inciso al quale, come si è visto la ricorrente assegna peso determinante.
Apprezzamento che non può in questa sede essere reso dalla Corte di legittimità, senza, ad un tempo, venire meno alla propria funzione ed espropriare del potere di vaglio il giudice del merito.
Per questa ragione, fermo restando, come correttamente evidenzia il P.G., che, non più controversa la linea di confine siccome accertata dal giudice, in ordine all’edificazione del muro dell’altezza di due metri, il cui costo è stato posto a carico di entrambe le parti proprietarie, la decisione deve essere cassata con rinvio.
Esatte debbono reputarsi le ulteriori valutazioni del P.G.: la edificazione del muro non potrebbe qualificarsi accessoria al regolamento dei confini, ma azione autonoma (Cass. n. 1850/1996), nel rispetto dei presupposti di cui all’art. 886 cod. civ. (il muro deve avere l’altezza di tre metri, salvo usi e convenzioni diverse).
È appena il caso di soggiungere che la statuizione possessoria evocata dalla ricorrente è del tutto ininfluente in sede petitoria (cfr, ex multis, Cass. n. 27513/2020).
Il ricorso, in conclusione, deve essere accolto nei limiti sopra evidenziati.
Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bari, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio di giorno 7