Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33862 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33862 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6721/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO c/ dott.NOME COGNOME presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOMERAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
nonché contro
NOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 1516/2021 depositata il 15/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE e i suoi fideiussori COGNOME NOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore il Banco di Napoli S.p.a esponendo di aver intrattenuto, quanto alla RAGIONE_SOCIALE, n.2 rapporti di conto corrente bancario ordinari (n.1000/2831 e n. 1000/2912) presso la filiale di Nocera Inferiore del Banco e che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto anche un finanziamento di € 63 .000,00.
Gli attori -per quanto ancora rileva – dando atto che i signori COGNOME e COGNOME avevano proceduto al versamento sul conto corrente della società dell’importo di € 30.000,00, sul rilievo che la Banca avesse capitalizzato gli interessi ed avesse applicato commissioni di massimo scoperto, hanno chiesto la condanna dell’istituto di credito al pagamento delle somme indebitamente versate.
Il Tribunale di Nocera Inferiore, alla luce delle conclusioni del CTU, ha condannato il Banco di Napoli a restituire alla CIS la somma di € 59.240,57 versata sul conto corrente 1000/2831, e, in
accoglimento della domanda riconvenzionale del Banco, ha condannato la sola RAGIONE_SOCIALE e non anche i garanti, alla restituzione dell’importo di € 39.424,31 quale residuo rimborso del finanziamento.
La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 1516/2021, depositata il 15.10.2021, ha parzialmente accolto l’appello proposto in via incidentale dal Banco di Napoli s.p.a., dichiarando che nulla era tenuto a pagare lo stesso a titolo di indebito; e ciò sul rilievo che la banca aveva dimostrato che le pattuizioni contrattuali (che erano del 2004 e quindi successive alla delibera CICR del 9.2.2000) avevano espressamente previsto la pari periodicità nella capitalizzazione degli interessi creditori e debitori. Ne conseguiva che le risultanze della CTU, nella parte in cui avevano indicato l’esistenza di un saldo creditorio a favore della società correntista, erano affette da errore che ne inficiava la valenza.
La Corte d’Appello ha, invece, rigettato le censure della Banca con riferimento alla richiesta estensione dell’operatività delle fideiussioni a garanzia non solo dei conti corrente, ma anche del contratto di finanziamento. Sul punto, la Corte d’Appello ha osservato che dallo scrutinio diretto delle fideiussioni del 28.5.2004 e del 29.5.2007, oltre che dalle risultanze della CTU, era emerso che le fideiussioni erano state prestate limitatamente alle linee di credito aperte dalla società in relazione ai conti correnti, senza alcun riferimento al finanziamento in oggetto.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Banca Intesa San Paolo s.p.a. affidandolo ad un unico motivo.
NOME COGNOME ha, a sua volta, chiesto con ‘controricorso’ la cassazione della sentenza impugnata.
La RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME hanno resistito in giudizio con controricorso ed hanno depositato, altresì, la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La Banca Intesa San Paolo ha dedotto la violazione dell’art. 116 , comma 1, c.p.c. per ‘travisamento probatorio in ordine alla responsabilità fideiussoria dei sigg.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Espone l’istituto ricorrente che la Corte salernitana ha completamente travisato il contenuto delle dichiarazioni fideiussorie, sostenendo che le stesse si riferissero alle linee di credito aperte in relazione ai conti correnti, pur non rinvenendosi tali limitazioni in alcun passo delle dichiarazioni stesse, e pur negandosi contro ogni logica che il finanziamento chirografario di originarie € 63.000,00 non rientrasse tra le linee di credito. La circostanza che l’erogazione del finanziamento fosse avvenuta mediante accredito su un conto corrente diverso da quello oggetto di contestazione era del tutto irrilevante.
In conclusione, alle fideiussioni era stato attribuito un significato del tutto diverso da quello suo proprio, quale emergente da un oggettivo esame condotto con i comuni parametri interpretativi.
Il ricorso principale è inammissibile per una pluralità di ragioni.
In primo luogo, la banca ricorrente ha lamentato l’erronea interpretazione da parte della Corte d’Appello delle fideiussioni di cui è causa, senza aver avuto neppure cura di indicarne, almeno negli elementi essenziali, il contenuto, di talché tale censura è palesemente generica.
In ogni caso, va osservato che l’interpretazione di un atto negoziale è un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell'”iter” logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole
legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati, ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’ inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (vedi Cass. n. 9461/2021, vedi anche Cass. n. 16987/2018, Cass. n. 10554/2010, Cass. n. 22102/2009).
Nel caso di specie, l’istituto ricorrente non ha né indicato le norme di interpretazione asseritamente violate, né, tantomeno, ha precisato in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sarebbe discostato.
In conclusione, la ricorrente, con l’apparente deduzione della violazione di legge, non ha fatto altro che, inammissibilmente, invocare una diversa ed alternativa interpretazione delle fideiussioni rispetto a quella operata dai giudici di merito.
Con ‘controricorso’, che è, in realtà, un ricorso incidentale, NOME COGNOME ha dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., consistente nell’omesso esame delle risultanze della CTU.
Evidenzia il Romano che era stato ampiamente dimostrato a mezzo CTU l’applicazione di interessi anatocistici al mutuo di cui è causa, essendo stato previsto un piano di ammortamento alla francese, nonché la natura indebita dei versamenti effettuati dalla CIS s.r.l. sul c/c 1000/2831.
Il ricorso incidentale del Romano è inammissibile.
In primo luogo, va osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 12387/2020; vedi anche Cass. n. 8584/2022; Cass. n. 6322/2023; Cass. n. 18391/2017), ha più volte enunciato il principio di diritto secondo cui l ‘art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del
2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, intendendosi per tale un accadimento fenomenico esterno alla dinamica propria del processo. Ne consegue che nel ‘fatto storico’ non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio -atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi, fonte di prova per l’accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente) – in quanto essa costituisce mero elemento istruttorio da cui è possibile trarre il “fatto storico”, rilevato e/o accertato dal consulente’.
Pertanto, la parte interessata non può genericamente limitarsi a dedurre l’omesso esame delle risultanze della CTU, ma deve individuare ed evidenziare un preciso fatto storico sottoposto alla dialettica del contraddittorio dalla difesa, legale o tecnica, di natura decisiva, tale cioè da ribaltare o modificare significativamente l’esito della lite, che il giudice del merito abbia omesso di considerare.
Nel caso di specie, il ricorrente incidentale ha lamentato l’omessa considerazione delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio senza indicare il ‘fatto storico’, decisivo ai fini della decisione, la cui valutazione sarebbe stata omessa.
Il ricorrente ha, peraltro, richiamato il contratto di mutuo e gli interessi anatocistici asseritamente applicati per effetto di un piano di ammortamento alla francese non considerando che, sul punto, è del tutto carente di interesse, atteso che la Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui la sola RAGIONE_SOCIALE e non anche i garanti, è stata condannata alla restituzione del finanziamento residuo.
In ordine alle somme asseritamente versate in modo indebito sul conto corrente a titolo di interessi anatocistici, va osservato che il ricorrente non si è neppure confrontato con la precisa
argomentazione della Corte d’appello secondo cui le pattuizioni contrattuali (che erano del 2004 e quindi successive alla delibera CICR del 9.2.2000) avevano espressamente previsto la pari periodicità nella capitalizzazione degli interessi creditori e debitori. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo nei rapporti tra ricorrente principale e i controricorrenti Cis e Piazzetta.
In ragione della reciproca soccombenza, si compensano le spese di lite tra la ricorrente principale e Romano.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale della banca;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale del Romano.
Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali sostenute da Cis e dal Piazzetta, che liquida, nella somma di € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Compensa le spese di lite tra la Banca Intesa San Paolo e NOME COGNOME
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I Sezione civile