Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14281 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14281 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19636/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8120/2018 del la Corte d’Appello di Roma, depositata il 19.12.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE chiese ed ottenne decreto ingiuntivo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per il pagamento della somma capitale di € 132. 847,86, a titolo di ribaltamento di costi nell’ambito di un’associazione temporanea di imprese (RAGIONE_SOCIALE) costituita per aggiudicarsi e per eseguire un appalto di servizi di ristorazione e pulizia bandito da l Ministero dell’Interno.
L’opposizione al decreto ingiuntivo di RAGIONE_SOCIALE venne parzialmente accolto dal Tribunale di Roma, che ridusse a € 107.751,60 l’importo dovuto in linea capitale, condannando Vivenda S.p.A. a restituire la maggior somma nel frattempo percepita in forza della concessa provvisoria esecutività del decreto.
La sentenza di primo grado venne impugnata da RAGIONE_SOCIALE e, in via incidentale, anche da RAGIONE_SOCIALE
L a Corte d’Appello di Roma rigettò l’impugnazione principale e, in accoglimento di quella incidentale, riformò la sentenza del Tribunale, rigettando integralmente la domanda di Vivenda S.p.A. e conseguentemente condannandola alla restituzione delle residue somme percepite in esecuzione del decreto ingiuntivo.
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione articolato in due motivi.
RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
La ricorrente ha depositato altresì memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia «vizio ex art. 360, n. 5, c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».
Si attribuisce alla Corte d’Appello l’errore di avere presupposto «l’ inesistenza di un fatto -l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE rappresentato dalla manifesta volontà di assumere il personale al solo fine di spostarlo dal servizio di ristorazione ed utilizzarlo per l’esecuzione de l servizio di pulizia -la cui verità è, invece, positivamente stabilita».
1.1. Il motivo è infondato.
1.1.1. Occorre precisare che le parti stipularono, a margine dell’ATI, un contratto , denominato «patto parasociale», il cui art. 6 prevedeva , in caso di aggiudicazione dell’appalto, l’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di assumere tre dipendenti di RAGIONE_SOCIALE S.p.A., riservandosi in alternativa le parti di «convenire» che RAGIONE_SOCIALE potesse emettere fatture mensili, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per importi corrispondenti al costo del servizio prestato dai medesimi tre dipendenti.
La ricorrente allega che non fu possibile procedere al passaggio dei tre lavoratori alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE, perché questa pretendeva di destinarli al servizio di pulizia, mentre lo scop o dell’accordo contenuto nell’art. 6 del «patto parasociale» era quello -espressamente riconosciuto anche nella sentenza impugnata -di riequilibrare la posizione delle parti, facendo gravare su RAGIONE_SOCIALE una porzione dei costi del (più oneroso) servizio di ristorazione.
Quantunque nel ricorso sia indicato l’ inadempimento all’accordo contenuto nel citato art. 6 quale fatto di cui la Corte territoriale avrebbe omesso l’esame, tale fatto va più propriamente individuato nella dichiarata intenzione di RAGIONE_SOCIALE di destinare i tre lavoratori al servizio di pulizia, posto che
l’inadempimento non è, di per sé, un fatto, bensì l’espressione di un giudizio sul rapporto tra un fatto e un obbligo contrattuale.
1.1.2. Sennonché, la Corte d’Appello di Roma ha in effetti esaminato il fatto in questione, sia pure al fine di qualificarlo come irrilevante rispetto agli argomenti posti a fondamento del rigetto della domanda di Vivenda S.p.A.
Il giudice del merito ha infatti ritenuto che l’accordo tra le parti, per il caso in cui non si fosse dato luogo al trasferimento dei tre dipendenti da RAGIONE_SOCIALE non consentiva alla prima società di fatturare il relativo costo alla seconda, se non previo un ulteriore accordo, che pacificamente non è mai intervenuto. In quest’ottica, dovendo decidere sull’ esistenza del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE in forza de ll’art. 6 del «patto parasociale» , e avendo ritenuto la domanda non conforme al contenuto del patto, la Corte territoriale ha respinto la domanda «a prescindere da ogni preventiva valutazione sulla effettiva volontà di RAGIONE_SOCIALE in merito all’utilizzo delle unità lavorative, questione che eventualmente afferiva all’esecuzione degli accordi» (pag. 7 della sentenza impugnata).
In sostanza, RAGIONE_SOCIALE, deducendo l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE all’impegno di assumere i tre dipendenti , riteneva di avere diritto, in forza del «patto parasociale», al pagamento di un importo pari al costo sostenuto per remunerare quei tre dipendenti. La Corte d’Appello -oltre a imputare a RAGIONE_SOCIALE un inadempimento, per non avere indicato il nominativo dei tre dipendenti da trasferire a RAGIONE_SOCIALE, che ne faceva richiesta -ha basato la sua decisione sull’assorbente rilievo che comunque quel patto non consentiva
a RAGIONE_SOCIALE di riversare il costo mediante fatturazione, se non dopo una successiva e apposita convenzione, che pacificamente non è mai intervenuta.
1.1.3. Il fatto di cui si denuncia l’omesso esame è stato quindi esaminato dalla Corte d’Appello, che lo ha tuttavia emarginato come non rilevante rispetto al percorso motivazionale che l’ ha portata all’accertamento negativo del credito e al conseguente integrale rigetto della domanda veicolata da Vivenda S.p.A. con il ricorso per decreto ingiuntivo.
Con il secondo motivo si denuncia, «vizio ex art. 360, n. 3, c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti».
La ricorrente si duole dell’interpretazione data dal giudice d’appello all’art. 6 del «patto parasociale», laddove la Corte romana ha ritenuto che quell’accordo non conferisse a Vivenda S.p.A. il diritto di credito azionato con il ricorso per decreto ingiuntivo, ma rinviasse soltanto a una successiva ulteriore convenzione, nel caso in cui (come avvenuto) non si fosse dato luogo al trasferimento dei tre dipendenti.
2.1. Il motivo è inammissibile.
RAGIONE_SOCIALE propone un’interpretazione alternativa del contenuto del contratto, denunciando la violazione «di norme di diritto e dei contratti» in modo generico, senza nemmeno menzionare alcuno dei canoni ermeneutici legali imposti al giudice dagli art. 1362 e ss. c.c.
Si deve allora ribadire quanto più volte affermato da questa Corte di legittimità, ovverosia che l’interpretazione del contratto è una questione di fatto, riservata come tale al giudice
del merito, sicché il ricorso per cassazione può avere ad oggetto soltanto la violazione dei canoni legali di interpretazione, che però deve essere denunciata con la specifica indicazione dei singoli canoni che si assumono violati e del modo in cui il ragionamento del giudice se ne sarebbe discostato; giammai limitandosi a proporre un ‘ interpretazione diversa da quella censurata, sia pure ritenuta migliore e più appropriata (v., da ultimo, Cass. n. 353/2025).
Rigettato il ricorso, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dell ‘ art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente , liquidate in € 6.200 oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge ;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione civile il 26.3.2025.
Il Presidente
NOME COGNOME