Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 359 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 359 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18966/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME-) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 704/2019 depositata il 23/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.con contratto in data 5 marzo 2010, la srl RAGIONE_SOCIALE acquistava dalla spa RAGIONE_SOCIALE un compendio immobiliare in Comune di Boltiere, composto da due aree, denominate ‘A’ e ‘B’. Le aree erano state assoggettate a intervento di bonifica ambientale secondo un progetto operativo approvato nel 2008. L’area ‘A’ era stata restituita all’ ‘uso proprio e legittimo per attività sia di tipo edilizio che produttive’ con determina dello stesso Comune in data 6 novembre 2009. L’area ‘B’ era ancora soggetta all’intervento. Con la clausola n.3 dei Patti Speciali del contratto, la venditrice, ‘in relazione alla porzione indicata con la lettera ‘B’ … si impegna a completare, sotto la sua piena responsabilità ed a sue spese, l’attività di bonifica secondo il Progetto Operativo sopra richiamato o secondo altra modalità operativa definita dalla parte venditrice nel rispetto delle normative vigenti. La parte venditrice si impegna ad ottenere dal Comune di Boltiere entro il 30 giugno 2011 la completa restituzione dell’area all’uso proprio e legittimo analogamente a quanto ottenuto in data 6 novembre 2009 per la suddetta parte ‘A”. La acquirente procurava alla venditrice una garanzia bancaria a prima richiesta, da parte di Banca Intesa San Paolo, in relazione all’obbligazione di
pagamento delle quote di prezzo in scadenza il 30 giugno 2011 e il 30 giugno 2012, per 150.000,00 euro ciascuna.
Interveniva una controversia sul rispetto della citata clausola 3 da parte della venditrice la quale, ritenendo infondato in relazione alla determina del Comune in data 5 maggio 2011 con cui l’area ‘B’ era stata restituita all’ ‘uso proprio e legittimo’, l’addebito di inadempienza sollevato dalla compratrice, escuteva la garanzia e incamerava la somma di 150.000 euro.
La COGNOME conveniva, davanti al Tribunale di Bergamo, la controparte e la Banca, il Comune e NOME COGNOME -tecnico del Comune che aveva sottoscritto la determina del 5 maggio 2011- per sentire accertare che la bonifica dell’area ‘B’ non era stata ultimata, che la Manuli aveva illegittimamente escusso la garanzia, che la Banca aveva ‘pagato male in presenza di evidente mala fede’ della Manuli, che il Comune e l’COGNOME erano responsabili di illecito per aver ‘contribuito ad ingenerare confusione circa il diritto della COGNOME ad incassare la prima tranche del prezzo’ e per ottenere la condanna della COGNOME al completamento delle opere di bonifica e la condanna di tutte le parti convenute al risarcimento dei danni. NOME COGNOME chiamava in giudizio la propria assicurazione Unipol Assicurazioni spaRAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Bergamo, per quanto ancora interessa, accoglieva in parte la domanda nei confronti di COGNOME condannandola a restituire alla attrice la somma di 150.000,00 euro.
La Corte di Appello di Brescia, con la sentenza n. 704 del 23 aprile 2019, accoglieva l’appello principale della COGNOME ritenendo che avesse adempiuto all’obbligazione di cui alla clausola n.3 del contratto e rigettava l’appello incidentale proposto dalla COGNOME per ottenere l’integrale accoglimento delle originarie domande. La Corte di Appello rilevava che né l’appello principale né l’appello incidentale avevano riguardato le posizioni degli altri originari convenuti;
per la cassazione della suddetta sentenza la COGNOME ricorre con tre motivi avversati dalla COGNOME con controricorso;
il Comune di Boltiere, NOME COGNOME, Intesa San Paolo spa e Unipol Assicurazioni spa sono rimasti intimati;
le parti hanno depositato memorie; considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366,1367, 1369, 1371 c.c. in relazione ai patti speciali del contratto datato 5 marzo 2010, per avere la Corte di Appello errato nel ritenere che la RAGIONE_SOCIALE avesse adempiuto alle proprie obbligazioni contrattuali laddove invece, alla luce di interpretazione corretta delle clausole contrattuali avrebbe dovuto ritenersi il contrario;
con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366,1367, 1369, 1371 c.c. in relazione ai patti speciali del contratto datato 5 marzo 2010 e agli atti amministrativi intervenuti in riferimento alla bonifica dell’area ‘A’ e dell’ area ‘B’, per avere la Corte di Appello errato nel ritenere che la RAGIONE_SOCIALE avesse adempiuto alle proprie obbligazioni contrattuali laddove invece, alla luce di interpretazione corretta delle clausole contrattuali ed degli atti amministrativi, avrebbe dovuto ritenersi il contrario;
con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 1362 1363, 1366,1367, 1369, 1371 c.c., in relazione ai patti speciali del contratto datato 5 marzo 2010 e agli atti amministrativi intervenuti in riferimento alla bonifica dell’area ‘A’ e dell’ area ‘B’ e violazione dell’art. 239 ss d.lgs. 152/2006 per avere la Corte di Appello ritenuto, per il solo fatto della chiusura del procedimento di bonifica, che la RAGIONE_SOCIALE avesse adempiuto alle proprie obbligazioni; 4. i tre motivi possono essere esaminati in modo congiunto perché sono centrati sul medesimo assunto per cui la volontà delle parti sarebbe stata nel senso che la venditrice avrebbe dovuto procurare
per l’area ‘B’ non già, come ritenuto dalla Corte di Appello, la restituzione dell’area all’uso proprio e legittimo, ma ‘i medesimi esiti ottenuti per l’area ‘A’ ossia l’assenza di qualsivoglia limitazione all’uso dell’area’. Viene dedotto che il 3 dicembre 2010 si era tenuto un incontro presso il Comune in cui era stato deciso di abbandonare l’originario progetto di bonifica per l’Area B e di realizzare una platea in calcestruzzo ‘per il seppellimento degli agenti inquinanti’ e che avrebbe quindi dovuto darsi rilievo al fatto che l’area B non era stata resa all’uso proprio e legittimo al pari dell’area A.
I motivi sono inammissibili in quanto tendenti, al di là della rubrica di violazione o falsa applicazione di legge, a veicolare davanti a questa Corte di legittimità una valutazione soggettiva dei documenti di causa in contrasto con la lettura datane dalla Corte di Appello.
La Corte di Appello ha, in primo luogo, riportato il testo della clausola n.3 dei patti speciali del contratto (<>), ha, in secondo luogo, accertato che, con determina del 5 maggio 2011, il Comune aveva restituito l’area ‘B’ ‘all’uso proprio e legittimo’ come già avvenuto per l’area ‘A’. Il testo della delibera è riprodotto nel ricorso (pagine25-27). Vi si legge, in premessa, della modifica, deliberata dalla Conferenza di Servizi in data 27 aprile 2011, dell’originario progetto di modifica per l’area ‘B’ in relazione alle indicazioni dell’Arpa e della Provincia
di Bergamo, vi si legge, sempre in premessa, della valutazione positiva da parte della Conferenza di Servizi dell’analisi di rischio sito specifica, vi si legge, infine, della deliberazione del Comune per cui ‘alla luce di quanto premesso, considerata l’assenza di rischio per l’area ‘B’ (art. 242, comma 5, del d.lgs. 152/2006 e s.m.i.) si restituisce la medesima area all’uso proprio e legittimo e si dà atto che seguirà la Certificazione Provinciale di cui all’art. 248 del d.lgs. 152/2006 e s.m.i.’. La Corte di Appello ha aggiunto che il 27 marzo 2012 la Provincia di Bergamo aveva rilasciato la certificazione di conformità delle opere di bonifica al progetto approvato, in riferimento sia all’area ‘A’ che all’area ‘B’ e che, ai sensi del d.lgs. 152 del 2006, al contrario di quanto sostenuto dalla appellata COGNOME, non era previsto che dovesse intervenire alcun atto di ‘collaudo’ a definizione del procedimento di bonifica.
E’ consolidato il principio per cui ‘Posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata’ (Cass. Sez. 1 , Ordinanza n.9461 del 09/04/2021).
La Corte di Appello ha offerto una interpretazione del contratto e degli atti amministrativi intervenuti nella vicenda che si sottrae ad ogni censura di violazione dei canoni interpretativi legali. La
motivazione della sentenza non è affetta da illogicità di argomentazione nell’applicazione delle regole interpretative.
La tesi della ricorrente per cui avrebbe dovuto darsi rilievo al fatto che il progetto di bonifica iniziale che accumunava nell’ intervento di bonifica le due aree era stato modificato per l’area B con la conseguenza che questa area non era stata resa all’uso proprio e legittimo al pari dell’area A, si riduce a prospettare una interpretazione alternativa del contratto centrata non sul fatto che l’area B sia stata resa all’uso proprio e legittimo come l’area A ma sul fatto che l’area B è stata resa all’uso proprio e legittimo come l’area A ma attraverso modalità diverse ossia con interramento dei rifiuti.
Si aggiunge che la ricorrente neppure individua quale sia la forma concreta di ‘uso proprio e legittimo’ dell’area B che non le sarebbe possibile e che invece, in base ad una diversa interpretazione del contratto che valorizzasse le modalità attraverso le quali si è pervenuti all’esito del procedimento di restituzione all’uso proprio e legittimo dell’area, le sarebbe stata possibile;
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in €10.800,00, per compensi professionali, €200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21/11/2024.