Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14825 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14825 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr.9574/2019 proposto da NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO presso lo Studio dell’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME ( CODICE_FISCALE), e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo Studio dell’AVV_NOTAIO ( CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) ;
contro
ricorrente
avverso il decreto nr. 499/2019 depositata in data 12/2/2019 dal Tribunale di Bologna;
udita la relazione della causa svolta nella camera di AVV_NOTAIOiglio del 17 aprile 2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di Bologna, con provvedimento depositato in data 12/2/2019, ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento di esclusione dallo stato passivo della RAGIONE_SOCIALE ( di seguito indicata per brevità «RAGIONE_SOCIALE») del credito, in collocazione chirografaria, di € 1.198.560, la cui ammissione era stata chiesta dal COGNOME per aver esercitato il diritto di opzione put relativo alla cessione a RAGIONE_SOCIALE di quote di partecipazione al capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE in conformità con le previsioni del patto parasociale del 19/12/2008 stipulato in data 19/12/2008 tra i soci di minoranza di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (allora RAGIONE_SOCIALE) in forza del quale quest’ultima, socia di maggioranza di RAGIONE_SOCIALE, si impegnava ad acquistare le quote dei soci di minoranza a prezzo predeterminato ed a discrezione di questi ultimi.
1.2 Rilevava il Tribunale che il patto sociale che attribuiva al socio di minoranza il diritto di vendere la propria quota in RAGIONE_SOCIALE al socio NOME, entro il termine prefissato di anni quattro ad un prezzo superiore (€ 110.000) al capitale investito (€ 99.791,13) a prescindere dal valore della partecipazione e anche nel caso di valore pari a zero, realizzava una operazione di natura sostanzialmente gratuita, atteso che ad un indubbio vantaggio del
COGNOME che si vedeva garantito il capitale investito, oltre il valore nominale, corrispondeva un sacrificio in termini economici per NOME senza alcuna contropartita in favore di quest’ultima.
1.1 Opinavano i giudici circondariali, che anche a voler riconoscere l’ammissibilità della opzione gratuita, l’operazione non perseguiva interessi meritevoli di tutela, emergendo la sperequazione economico -patrimoniale a svantaggio della proponente.
1.2 Osservava, inoltre, il Tribunale che il diritto di opzione non risulta essere stato tempestivamente esercitato non potendo riconoscersi nella dichiarazione del 14/1/2010 una manifestazione della volontà di cedere la quota.
3 NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi; RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1322 e 2341 bis c.c. e dell’art. 41 Cost.; si sostiene che il controllo del giudice sul regolamento degli interessi voluto dalle parti non può spingersi sino a sostituirsi alla volontà negoziale delle parti e che, in ogni caso il giudizio di sperequazione e sbilanciamento a favore del COGNOME non trova riscontro nella situazione esistente al momento della stipula del patto parasociale posto che l’ atto avrebbe potuto condurre ad effetti vantaggiosi per la società qualora l’andamento economico e finanziario della RAGIONE_SOCIALE avesse avuto segno positivo.
1.1 Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione 1362, 1363, 1364, 1366 , 1367 1369 c.c., ove si ascrive al Tribunale di essersi arrestato, nell’interpretare la dichiarazione del COGNOME
contenuta nella raccomandata del 14/1/2010 -dove veniva chiesta « la restituzione della mia quota sociale… come previsto da scrittura privata ( patti parasociali ) del 12.12.2008 » -, al mero significato letterale della frase e così di aver trascurato gli altri criteri ermeneutici forniti dalla legge; a dire del ricorrente già la lettura della comunicazione nella sua complessità rendeva palese che l’unica intenzione del COGNOME fosse quella di ottenere l’esecuzione del patto parasociale richiamato e, dunque, il pagamento del valore delle quote che costituiva l’unico effetto del regolamento contrattuale.
2 Ragioni di linearità logica e di economia processuale impongono di scrutinare prioritariamente il secondo motivo.
2.1 Esso è inammissibile.
2.2 Secondo il AVV_NOTAIOolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, l’interpretazione dei contratti e degli atti negoziali in genere, in quanto accertamento della comune volontà delle parti in essi espressasi, costituisce attività di fatto propria ed esclusiva del giudice di merito (cfr. Cass. 3590/2021, 9461/2021, 15603/2021, 32876/2022), dovendo il sindacato in proposito riservato al giudice di legittimità limitarsi alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (nonché, secondo la giurisprudenza anteriore alla modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, al controllo della coerenza e logicità della motivazione, censura nella specie neanche proposta, avendo la società ricorrente, come sopra rilevato, denunciato soltanto la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale).
2.3 Deve, pertanto, escludersi che il ricorrente in cassazione possa di fatto, sotto le spoglie di una denuncia per violazione di legge (artt. 1362 c.c. e s.), contrapporre una diversa e più favorevole soluzione ermeneutica e chiedere al giudice di legittimità di
procedere ad una nuova interpretazione dell’atto negoziale (cfr. Cass S.U nr. 1914/2016).
2.4 Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati e ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali AVV_NOTAIOiderazioni il giudice del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore AVV_NOTAIOeguenza dell’inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. n. 10554 del 2010; e n. 25728 del 2013).
2.5 Si è, infine, precisato che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è AVV_NOTAIOentito, alla parte che aveva proposto quella poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (sentenze 20 novembre 2009, n. 24539, 18 novembre 2013, n. 25861, e 4 marzo 2014, n. 5016).
2.5 Nel caso di specie il Tribunale non ha riconosciuto alla dichiarazione del 14/1/2010 il valore di manifestazione di volontà di vendere la quota sulla base del significato letterale delle parole usate nello scritto, laddove si chiedeva « la restituzione della mia quota sociale, come previsto da scrittura privata (patti parasociali) del 19/12/2008 ».
2.6 Affermano i giudici bolognesi « non vi è dubbio che le espressioni usate rivelino che il dichiarante è incorso in un errore nel formulare la dichiarazione: la scrittura del 19/12/2008 non prevede, infatti, alcuna restituzione di quote; ma solo la loro eventuale cessione. Ciò non significa che il senso letterale delle
parole possa essere sostituito da un diverso senso, magari logico, ma del tutto incompatibile col senso letterale. L’art . 1362 c.c. prescrive di non limitarsi al senso letterale delle parole, non di ignorarlo, e l’espressione ‘restituzione della mia quota’ è esattamente l’opposto di ‘cessione della quota’. Sul piano logico, peraltro, il destinatario della dichiarazione, pur AVV_NOTAIOapevole dell’errore della controparte, non può comprendere se il dichiarante abbia errato nella formulazione della dichiarazione o nella interpretazione della scrittura del dicembre 2008 ».
2.7 Si tratta di un’interpretazione plausibile e non irragionevole sicché il motivo è nel suo complesso rivolto a sollecitare questa Corte ad un diverso e non AVV_NOTAIOentito esame del merito.
3 Il primo motivo rimane assorbito.
4 In conclusione il ricorso risulta inammissibile.
5 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 15.000, oltre € 200 per esborsi, Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 17 aprile 2024.