Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7477 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7477 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13686/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dal (rinunciante) avvocato COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante in atti indicato, già domiciliata presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 1725/2023 depositata il 09/03/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Su ricorso della RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Frosinone, con decreto n. 36/2014, ingiungeva alla società RAGIONE_SOCIALE di corrispondere alla società ricorrente il complessivo importo di € 425.193,49, oltre interessi di mora ex D. Lgs. n. 231/02 dalla data della domanda sino all’effettivo soddisfo, e oltre spese della procedura monitoria, quantificate in complessivi € 2.536,00, oltre accessori di legge. Il titolo, emesso provvisoriamente esecutivo e notificato alla parte ingiunta unitamente a pedissequo atto di precetto, si fondava su n. 284 fatture emesse dalla ricorrente nei confronti della San Raffaele negli anni 2011 e 2012, in seguito a forniture di materiale sanitario effettuate in favore di quest’ultima.
In virtù di successive intese transattive intercorse fra le parti: da un lato, la San Raffaele si obbligava a dar corso al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE dell’importo precettato (nei seguenti termini: quanto ad € 200.000,00 contestualmente alla sottoscrizione dell’accordo; quanto ai residui € 237.993,49, in rate mensili di € 39.665,59); dall’altro, la RAGIONE_SOCIALE rinunciava al pagamento degli interessi di mora e delle spese legali liquidati in decreto.
Nelle more, a seguito di mancata opposizione il decreto ingiuntivo n. 36/2014 si consolidava, divenendo definitivamente esecutivo e cristallizzando il credito, gli interessi e le spese.
Nel giugno 2014, la RAGIONE_SOCIALE sul presupposto che la San Raffaele aveva dato corso ai pagamenti convenuti limitatamente all’acconto ed alla prima rata (per un importo di € 239.665,59), notificava alla società ingiunta un nuovo atto di precetto, per il complessivo importo di € 198.516,98, comprensivo della sorte capitale residua, interessi di mora, competenze della fase monitoria e compensi di precetto.
Avverso detto atto di precetto proponeva opposizione la società RAGIONE_SOCIALE che conveniva davanti al Tribunale di Roma la società
RAGIONE_SOCIALEchiedendo anche la condanna di parte opposta al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c.). A fondamento della opposizione l’odierna ricorrente deduceva che: a) il titolo posto in esecuzione, costituito dal decreto ingiuntivo n° 36/14, era stato ottenuto anche in relazione a numerose fatture il cui importo, pari a euro 96.506,47, era già stato corrisposto alla creditrice in epoca antecedente all’emissione del suddetto titolo; b) successivamente all’emissione dell’indicato decreto ingiuntivo n° 36/14 e in forza di trattative intercorse tra le parti, aveva versato l’ulteriore somma di euro 200.000,00.
Si costituiva la società RAGIONE_SOCIALE che contestava l’opposizione, di cui chiedeva il rigetto, e che proponeva a sua volta domanda di condanna dell’opponente al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c.
Il Tribunale di Roma – istruita documentalmente la causa – con la sentenza n° 14123/17 rigettava l’opposizione proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE nonché rigettava le domande di condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., formulate da entrambe le parti. In sintesi, il giudice di primo grado, argomentando sull’accordo transattivo del 23 gennaio 2013, riteneva non provati fatti impeditivi e/o estintivi verificatisi successivamente all’emissione del titolo utili a fondare l’opposizione proposta ex art. 615, co. 1, c.p.c.
La Service, quindi, notificava due atti di precetto: uno sul d.i. n. 36/2014 per il pagamento della sorte interessi e spese; e un altro sulla sentenza n. 14123/2017 per il pagamento delle spese di lite.
La San Raffaele opponeva entrambi i precetti.
Si incardinavano i due procedimenti di opposizione innanzi al Tribunale di Roma, iscritti al n. 73228/2017 (nel quale il Tribunale di Roma con sentenza n. 6899/2022, oggetto di impugnazione e non ancora definitiva al momento del ricorso, rigettava l’opposizione e condannava la società San Raffaele ex art. 96 comma 3 c.p.c.) ed al n.
73233/2017: nel quale il Tribunale di Roma, con sentenza n. 17482/2018, non impugnata e quindi già definitiva al momento del ricorso, dichiarava inammissibile l’opposizione, condannando la società RAGIONE_SOCIALE al risarcimento per lite temeraria.
Nelle more il credito vantato dalla Service nei confronti della RAGIONE_SOCIALE veniva pignorato dalla RAGIONE_SOCIALE, creditrice della Service (in forza di d.i. n. 363/2016, esecutivo, emesso dal Tribunale di Napoli). Detto credito veniva contestato come inesistente dalla San Raffaele, ma, a seguito di accertamento dell’obbligo del terzo, veniva accertato come esistente ed assegnato per intero alla RAGIONE_SOCIALE. La RAGIONE_SOCIALE impugnava l’ordinanza di assegnazione innanzi al Tribunale di Frosinone nel giudizio di opposizione n. 22549/2018, ma quel Tribunale con sentenza n. 652/2022 rigettava l’opposizione. La RAGIONE_SOCIALE dopo aver sollecitato il pagamento bonario delle somme assegnate, notificava atto di precetto per conseguire il pagamento delle somme pignorate ed assegnate giusta ordinanza di assegnazione. Anche avverso detto atto di precetto la San Raffaele promuoveva giudizio di opposizione alla esecuzione.
Avverso la sentenza n° 14123/17 del Tribunale di Roma proponeva appello la società RAGIONE_SOCIALE lamentandone in particolare che il giudice di primo grado – senza aver tenuto conto delle scritture transattive concluse tra le parti in epoca successiva -aveva erroneamente respinto la sua opposizione sul presupposto che la medesima era fondata esclusivamente su fatti antecedenti alla data di formazione del titolo posto a base dell’esecuzione.
Si costituiva anche nel giudizio di appello la società RAGIONE_SOCIALE contestando l’impugnazione avversaria, della quale chiedeva il rigetto.
La Corte d’appello di Roma con sentenza n. 1725/2023 respingeva l’impugnazione, condannando la San Raffaele alla rifusione delle spese processuali in favore della RAGIONE_SOCIALE
Avverso detta sentenza la società RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per revocazione.
Oltre al ricorso per revocazione, avverso la sentenza della corte territoriale la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso anche a questa Corte.
Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE che, nell’insistere nella richiesta di condanna della società RAGIONE_SOCIALE ex art. 96 c.p.c., ha chiesto: a) in via principale, il rigetto del ricorso; b) in via subordinata: la declaratoria di inammissibilità del ricorso per pendenza del giudizio di revocazione, c) in via ancor più gradata, la declaratoria di cessata materia del contendere per intervenuto giudicato, con soccombenza virtuale della San Raffaele.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
Il Difensore di parte ricorrente ha depositato nota, contenente dichiarazione di rinuncia della procura alle liti (con allegato scambio di messaggi di posta elettronica attestante l’avvenuto previo invio della stessa alla propria assistita); mentre la società resistente ha depositato comparsa di costituzione di nuovo procuratore, ribadendo la richiesta di condanna di parte ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nella impugnata sentenza, la corte territoriale – dopo aver rilevato (p. 4), confermando sul punto la sentenza del giudice di primo grado, che il dedotto pagamento di fatture per un importo complessivo di euro 96.506,46 (effettuato in favore della società RAGIONE_SOCIALE ancor prima della pronuncia dell’azionato decreto ingiuntivo n. 36/2014) avrebbe dovuto essere fatto valere mediante opposizione a decreto ingiuntivo – ha valutato le scritture private intercorse tra le parti in data 29 dicembre 2014 e 12 maggio 2015 ed ha ritenuto che
le stesse non costituissero prova dell’avvenuto pagamento della somma intimata con il precetto, oggetto di opposizione. In particolare, quanto alla scrittura 12 maggio 2015, ha rilevato che (p. 5) dall’esame della stessa <>
La società San Raffaele articola in ricorso quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale:
nel prendere in esame la scrittura privata, intercorsa tra le parti in data 29 dicembre 2014, avrebbe erroneamente ritenuto che detta scrittura non avesse definito in modo tombale i rapporti in essere fra le parti in quanto lasciava impregiudicati gli effetti e la efficacia sia del precetto del 9 giugno 2014 sia del procedimento pendente davanti al Tribunale Civile di Roma per la opposizione al precetto medesimo;
b) nel prendere in esame la scrittura privata, intercorsa tra le parti il successivo 12.05.2015, avrebbe erroneamente ritenuto che anche questa, al pari della prima, non manifestasse la volontà delle parti di definire in modo tombale i rapporti di dare / avere in quanto il tenore e la volontà, che emergevano dal testo della scrittura, indicavano che la RAGIONE_SOCIALEavrebbe rinunciato’ ad ogni azione nei confronti della San Raffaele solo all’esito di una puntuale verifica sulle fatture e relativi bonifici effettuati da quest’ultima.
Ai fini della autosufficienza del ricorso riporta il testo dei primi tre articoli della scrittura privata del 12.5.2015 (pur erroneamente indicando alla pagina 15, come lettera ‘i’, la lettera ‘t’) e rileva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, l’art. 2 non dà affatto atto che la RAGIONE_SOCIALE si riservava il diritto di verificare le fatture emesse ed i bonifici di pagamento effettuati dalla San Raffaele, ma afferma che tale esame era già stato fatto dalla RAGIONE_SOCIALE e aveva portato la stessa a ritenere che il pagamento dell’importo di € 88.591,24 – indicato nelle premesse al punto “i” ed intervenuto a suo tempo – era satisfattivo di ogni o qualsivoglia ragione di credito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della San Raffaele con conseguente rinuncia ad ogni azione presente o futura nei confronti della San Raffaele avente ad oggetto il rapporto di fornitura tra le parti intercorso.
Sottolinea che l’espressione ‘avrebbe rinunciato’, utilizzata in sentenza, è un’espressione non presente nel dato testuale della scrittura ed è del tutto irrispettosa del contenuto della scrittura stessa, portando così a percepire il documento in modo del tutto difforme alla realtà ed omettendo, quindi, di considerare la reale volontà delle parti sottoscrittrici della scrittura (che era quella di definire i loro rapporti): il testo dell’art. 2 della scrittura del 12.5.2015, in tesi difensiva, sarebbe chiaro nel far rilevare la volontà della RAGIONE_SOCIALE di definire in modo tombale ogni rapporto con la San Raffaele e sciogliere quest’ultima dal negozio principale che aveva generato il rapporto di debito-credito.
Osserva che la scrittura del 12.5.2015 non è stata in alcuna forma presa in considerazione dal Giudice di primo grado (che aveva fondato la decisone sul fatto, diverso da quello di appello, che non fosse stata fornita alcuna prova – da parte della San Raffaele – di fatti impeditivi e/o estintivi verificatisi successivamente all’emissione del titolo utili a fondare l’opposizione al precetto), ragion per cui la
fattispecie non ricade nella previsione di cui all’art. 360, comma 4, c.p.c.
2.2. Con il secondo motivo denuncia: <>, nella parte in cui la corte territoriale, avendo errato l’esame della scrittura del 12.5.2015 (e, dunque, travisandola), erroneamente non ha fondato la sua decisione su detta scrittura, che era stata da essa fornita come prova.
Ribadisce che il testo dell’art. 2) della scrittura del 12.5.2015 è chiaro nel far rilevare la volontà della RAGIONE_SOCIALE di definire in modo tombale ogni rapporto con la San Raffaele e sciogliere quest’ultima dal negozio principale che aveva generato il rapporto di debito-credito.
2.3. Con il terzo motivo, denuncia: <> nella parte in cui la corte territoriale, usando un’espressione quale ‘avrebbe rinunciato’, ha percepito il documento stesso in modo del tutto difforme dalla realtà. Sottolinea ancora una volta che l’art. 2 della scrittura del 12.5.2015, riportato nel primo motivo, è chiaro non solo letteralmente, ma anche a livello interpretativo nel far rilevare la volontà della RAGIONE_SOCIALE di definire in modo tombale ogni rapporto con la San Raffaele e sciogliere quest’ultima dal negozio principale che aveva generato il rapporto di debito-credito; mentre la corte territoriale ha interpretato la scrittura nel senso che era intenzione delle parti demandare ad un futuro e successivo momento la definizione dei loro rapporti.
Deduce che l’interpretazione data dalla corte territoriale, oltre che essere erronea in quanto fondata su parole non esistenti nel corpo del testo, rende priva di effetto la scrittura stessa in quanto la definizione della vicenda si avrebbe avuta solo all’esito di una verifica che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto fare; mentre la clausola indica che il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE dava atto di aver effettuato una puntuale verifica sulle fatture RAGIONE_SOCIALE e dei relativi bonifici effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE e che il pagamento dell’importo di € 88.591,24 era satisfattivo di ogni o qualsivoglia ragione di credito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (e, quindi, di rinunciare ad ogni azione presente o futura nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto il rapporto di fornitura tra le parti intercorso).
2.4. Con il quarto motivo denuncia: <<Art. 360, primo comma, n. 4) per abnormità della sentenza n. 1725/2023, resa dalla Corte di Appello di Roma, Sez. III Civile, in data 1.3.2023, pubblicata 9.3.2023 a definizione del giudizio recante n. R.G. 5521/2017 per difetto assoluto di motivazione, nella parte in cui la corte territoriale, usando l'espressione 'avrebbe rinunciato', ha di fatto non esaminato la scrittura, con la conseguenza che, in tesi difensiva, la pronuncia resa sarebbe viziata da un difetto assoluto di motivazione.
Il terzo motivo di ricorso, che, per il suo carattere assorbente, viene esaminato per primo, è fondato.
3.1. Occorre qui preliminarmente ribadire che l'accertamento, anche in base al significato letterale delle parole, della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto dei negozi inter partes (cfr . Cass. n. 18509/2008), si traduce in un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito.
Ne consegue che tale accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione (Cass. n. 1646/2014), nel caso in cui la motivazione stessa risulti talmente inadeguata da non
consentire di ricostruire l' iter logico seguito dal giudice per attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche (tra le tante, Cass. n. 26683, n. 18375 e n. 1754 del 2006). Con la precisazione che il difetto di motivazione censurabile in sede di legittimità è configurabile solo quando dall'esame del ragionamento svolto dal Giudice di merito, e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre a una diversa decisione ovvero quando è evincibile l'obiettiva deficienza del processo logico che ha indotto il Giudice al suo convincimento (Cass. n. 13054/2014).
3.2. Tanto si verifica per l'appunto nel caso di specie.
Invero, da una parte, nella scrittura, intercorsa tra le parti il 12 maggio 2015, dopo la premessa, si legge:
<<Tutto ciò premesso, ritenuto e considerato, le Parti, come in epigrafe individuate e rappresentante
<<Convengono quanto segue
<<ART. I
<<Le premesse, l'allegata scrittura privata del 29.12.2014 e gli allegati documenti contabili oggetto di verifica tra le Parti, formano parte integrante e sostanziale della presente scrittura.
<<ART. 2
<<All'esito di una puntuale verifica sulle fatture RAGIONE_SOCIALE e relativi bonifici effettuati dalla San Raffaele RAGIONE_SOCIALE, il Sig. NOME COGNOME nella sua qualità di Amministratore Unico e legale rappresentante p.t. della RAGIONE_SOCIALE, conferma che il pagamento dell'importo di € 88.591,24 di cui al punto "t" delle premesse è satisfattivo di ogni o qualsivoglia ragione di credito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della San Raffaele RAGIONE_SOCIALE alla data odierna e di rinunciare pertanto, ad ogni azione presente o futura nei confronti
della San Raffaele SpA avente ad oggetto il rapporto di fornitura tra le parti intercorso.
<<ART. 3
<>.
B) D’altra parte, nella impugnata sentenza si legge :
<>.
3.3. Osserva la Corte che la gravata sentenza è incorsa nel vizio denunciato nella parte in cui ha sostanzialmente ritenuto che l’art. 2) della scrittura del 12.5.2015 dava atto che la RAGIONE_SOCIALE si riservava il diritto di verificare le fatture emesse ed i bonifici di pagamento effettuati dalla San Raffaele.
Invero, detto articolo, in sé considerato (cioè senza alcun riferimento alla premessa di cui alla lettera t), evidenzia, per il suo tenore letterale e, precisamente, per la consecuzione grammaticale della proposizione principale <> e della subordinata oggettiva <>, una dichiarazione di manifestazione di volontà univocamente contestuale (nel senso di <> e, pertanto, che rinuncia al momento della dichiarazione), per di più in quanto la verifica era già stata fatta dalla RAGIONE_SOCIALE ed il suo esito aveva portato la stessa a ritenere che il pagamento dell’importo di € 88.591,24 – indicato nelle premesse al punto “t” (e, si ribadisce, non ‘i’, come erroneamente indicato in ricorso) – era satisfattivo di ogni o qualsivoglia ragione di credito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della San Raffaele SpA, con conseguente rinuncia ad ogni azione presente o futura nei confronti della RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto il rapporto di fornitura tra le parti intercorso.
3.4. L’unico criterio interpretativo applicato dalla corte di merito, pertanto, è quello letterale: che, però, è applicato in modo erroneo; e tanto basta per accogliere il motivo in esame, benché il giudice del rinvio non debba esimersi di applicare anche ogni altro criterio per attribuire un senso univoco e complessivo alla scrittura per cui è causa, a cominciare da quello dell’interpretazione complessiva dello stesso art. 2 della scrittura transattiva 12 maggio 2015 e di quanto riportato nella premessa alla richiamata lettera ‘t’: che non ha formato oggetto di esame da parte della corte di merito. Del resto, nemmeno appare con immediatezza, alla stregua degli atti esaminabili da parte di questa Corte (e dinanzi al tenore letterale invece denotante l’immediatezza della rinuncia) e nessuna delle parti avendo impostato le proprie difese tenendo conto di tale circostanza, se il pagamento qualificato satisfattivo fosse poi effettivamente già stato eseguito oppure no e se tanto potesse collegarsi o meno sinallagmaticamente alla rinuncia pure univocamente formulata.
Per le ragioni che precedono, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perché, tenuto conto di quanto sopra rilevato, proceda a nuovo esame della scrittura privata intercorsa tra le parti in data 12 maggio 2015
secondo quanto appena riportato. Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
La Corte:
accoglie il terzo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa in relazione la sentenza impugnata e
rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione,