Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6818 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6818 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18143-2018 proposto da:
NOME, in qualità di erede di COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 450/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 21.03.2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11.01.2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
1. RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia NOME RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che fosse dichiarato l’avvenuto trasferimento in suo favore della proprietà dei terreni siti in BovegnoINDIRIZZO Predondo, alienati dalla convenuta; in subordine, che fosse emessa sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ.
Esponeva l’attore di aver acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE , mediante contratto di compravendita del 31.01.2003, terreni aventi natura edificabile, progettando su di essi la realizzazione di tre edifici: poiché parte venditrice non era stata in grado di documentare, né aveva realizzato, la costituzione di una servitù a favore della proprietà compravenduta, sita a monte dei terreni per l’accesso alla INDIRIZZO», lamentava parte attrice la perdita di valore degli immobili (divenendo, uno degli edifici progettati, non raggiungibile, o raggiungibile con grave disagio) . Pertanto, l’attore chiedeva, altresì, la riduzione del prezzo pattuito, con riferimento all’inesistenza della servitù di passaggio contrattualmente garantita dalla RAGIONE_SOCIALE, oltre al risarcimento dei danni.
Istruita la causa mediante assunzione di prove testimoniali e espletamento di C.T.U., il Tribunale di Brescia, con sentenza n. 808/2013, accertava l’avvenuto trasferimento della proprietà dei terreni con il contratto del 31.01.2003, qualificato non come preliminare di vendita, ma contratto di compravendita; ordinava al Conservatore dei Registri immobiliari di provvedere alla trascrizione della sentenza; dichiarava parte acquirente tenuta a corrispondere il saldo del prezzo pattuito in contratto; disponeva la riduzione del prezzo, condannando la COGNOME al pagamento di €14.425,00, oltre al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio.
Impugnava la predetta sentenza NOME COGNOME dinanzi alla Corte d’Appello di Brescia che, con sentenza n. 450/2018, rigettava integralmente il gravame, osservando che:
è priva di pregio la censura del vizio di extrapetizione sollevata dall’appellante rispetto alla qualificazione, operata dal giudice di prime cure, di inesistenza di una strada di accesso, laddove parte attrice aveva prospettato l’inesistenza di una serv itù di passaggio: per il principio iura novit curia espresso dall’art. 113 cod. proc. civ., infatti, il giudice non incorre nel vizio di extrapetizione qualora abbia assegnato una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, no nché all’azione esercitata in causa, giacché rientra nei suoi poteri ricercare le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e porre a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli richiamati dalle parti (cfr. di recente: Cass. Sez. 1, n. 15190 del 20.06.2017);
-l’accettazione da parte del Comune di Bovegno della proposta bonaria avanzata da parte venditrice in data 24.11.1999, richiamata all’art. 2 del contratto di compravendita, recante l’autorizzazione e le condizioni per la realizzazione dell’accesso alla strada non si è mai tradotta in una convenzione approvata dal RAGIONE_SOCIALE comunale ( ex art. 42 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) o in un atto autorizzativo (determina) emesso dal Responsabile del Servizio competente (ai sensi dell’art. 107 del medesimo atto normativo);
-gli esiti della C.T.U. hanno verificato l’assenza di accesso naturale del fondo a monte, poiché il confine tra il terreno in questione e la strada comunale è delimitato in parte da una scarpata, in parte da un guard rail , rendendosi perciò necessaria la realizzazione di opere, previo rilascio delle autorizzazioni di competenza del Comune di Bovegno;
-le clausole di stile, ove si dice che l’immobile è ceduto nello stato di fatto e di diritto in cui attualmente si trova, rimangono prive di qualsiasi significato giuridico, anche in considerazione del fatto che era stata inserita nel contratto una specifica dichiarazione, resa dalla venditrice, circa l’avvenuta cost ituzione del diritto di accesso;
è inammissibile la richiesta di pagamento degli interessi sul saldo del prezzo dovuto da RAGIONE_SOCIALE all’appellante, in quanto la sentenza di prime cure non è di condanna al pagamento delle somme ancora dovute, ma dichiarativa della sussistenza di tale obbligo: su questo capo di sentenza non vi è stata impugnazione.
La suddetta pronuncia veniva impugnata per la cassazione da NOME COGNOME, in qualità di erede di NOME COGNOME, e il ricorso affidato a sei motivi.
Si difendeva RAGIONE_SOCIALE depositando controricorso.
In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE:
Preliminarmente, devono essere disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso per mancanza di autosufficienza sollevate dal controricorrente, non avendo la ricorrente indicato gli atti processuali e i documenti sui quali l’impugnazione si fonda ( ex art. 366, comma 1, n. 6) cod proc. civ.), né narrato i fatti quali esposti nell’atto di citazione introduttivo del giudizio ( ex art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ.). Pur in assenza della riproduzione testuale dei documenti, il Collegio ritiene che nei motivi di ricorso siano chiaramente individuabili il tipo di vizio denunciato e le ragioni sulle quali la censura si fonda (Cass., Sez. 6-5, 07/11/2017, n. 26310); sussiste anche una sommaria
ma efficace narrazione dei fatti che precede l’esposizione dei mezzi di censura (Cass. Sez. U, Sentenza n. 31270 del 2019).
Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. con riferimento all’art. 112 cod. proc. civ. La ricorrente ripropone il motivo d’appello inerente al l’ultrapetizione, laddove si duole del fatto che – mentre controparte agiva in giudizio in primo grado affinché venisse accertata l’inesistenza di una servitù di passaggio ai fini della riduzione del prezzo di vendita, e l’odierna ricorrente approntava le sue difese sulla base di detta domanda la Corte d’Appello di Brescia ha omesso di rilevare il vizio di ultrapetizione.
2.1 . Il motivo è infondato. Invero, la Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione del principio consolidato espresso da questa Corte, dal quale non vi è ragione di discostarsi, in virtù del quale in materia di procedimento civile, sussiste vizio di «ultra» o «extra» petizione, ex art. 112 cod. proc. civ., quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato. Tale principio va peraltro posto in immediata correlazione con il principio iura novit curia di cui all’art. 113, comma 1, cod. proc. civ., rimanendo pertanto sempre salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti ( ex plurimis , di recente: Cass. Sez. L, n. 5832 del 03.03.2021).
2.2. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha letto la locuzione «servitù di passaggio» utilizzata nell’atto di citazione come espressione giuridicamente non corretta della diversa intenzione di denunciare l’indisponibilità, pure contrattualmente garantita, di un accesso o passaggio per entrare nel fondo, senza con ciò attribuire un bene non richiesto o diverso da quello domandato. Si tratta, dunque, di un’operazione di interpretazione della domanda introduttiva del giudizio non censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., perché non pone in discussione il significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, ovviamente entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 31546 del 03/12/2019, Rv. 656493 – 01). Del resto, il giudice di merito, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta. Il relativo giudizio, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o, come già detto, per vizio della motivazione (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 13602 del 21/05/2019, Rv. 653921 – 01).
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. con riferimento all’art. 1362 ss. cod. civ.: nella prospettazione della ricorrente, già sottoposta al giudice del merito, avrebbe errato la Corte d’Appello di Brescia nella parte in cui ha ritenuto infondata la censura sollevata dall’odierna ricorrente in ordine all’esistenza di un accesso alla strada comunale dimostrata dall’ accettazione (del 12.01.2000), da parte del Comune di Bovegno, della proposta bonaria di autorizzazione all’accesso formulata il 24.11.1999 dalla RAGIONE_SOCIALE; nonché in merito alla conoscenza di detto riconoscimento da parte di RAGIONE_SOCIALE, come risulta dalla consapevole sott oscrizione, da parte di quest’ultima, del contratto del 31.01.2003 ove (alla p. 2) si dichiara che gli immobili vengono venduti nello stato di fatto e di diritto in cui si trovavano al momento della stipulazione.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. con riferimento all’art. 1362 ss. cod. civ. La ricorrente si duole dell’errata interpretazione delle clausole richiamate nel secondo motivo di ricorso, laddove sono state qualificate dal giudice di merito come «clausole di stile», negando loro il valore di manifestazioni di volontà delle parti pregne di valore giuridico, non costituendo generici rinvii alle norme di legge.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. con riferimento all’art. 1362 ss. cod. civ. La ricorrente lamenta l’errata interpretazione del contratto laddove ha ritenuto il fondo compravenduto privo di accesso alla strada comunale, in quanto impedito da una scarpata naturale e da un guard rail . Nel contratto la COGNOME afferma l’esistenza di un accesso, non qualificandolo come
naturale o meno: la presenza del guard rail non può essere considerata di ostacolo al passaggio, in quanto -come argomentato nel primo motivo di ricorso – il Comune RAGIONE_SOCIALE Bovegno si è detto disponibile a rimuoverlo.
Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. con riferimento all’art. 1362 ss. cod. civ. La ricorrente lamenta l a lettura delle risultanze della C.T.U. da parte del giudice di seconde cure, dalla quale discende il convincimento maturato nel senso del l’inesistenza dell’accettazione, da parte del Comune di Bovegno, della proposta bonaria della COGNOME, e della qualificazione del timbro apposto dal Comune come mero visto, non come accettazione.
Il secondo, terzo, quarto e quinto motivo possono essere trattati unitamente, in quanto tutti censurano l’interpretazione del contratto di vendita resa dal giudice di seconde cure, e tutti sono inammissibili, in quanto puntano a sindacare l’interpretazione di un atto negoziale che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito incensurabile in sede di legittimità, se non nella ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 ss. cod. civ. o di motivazione omessa o illogica, ossia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione (cfr., ex multis , Sez. L, Sentenza n. 10745 del 04/04/2022, Rv. 664334 -02; v. anche: Cass Sez. 2, Ordinanza n. 40972 del 2021, che conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016, Rv. 640551 -01 ; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15603 del 04/06/2021 – Rv. 661741 – 01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9996 del 10/04/2019 – Rv. 653577 – 01).
Nei quattro mezzi di gravame scrutinati, la ricorrente si limita a censurare il convincimento del giudice del merito senza, tuttavia,
fornire un puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati e dei principi in esse contenuti, e senza precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato ovvero ne abbia dato applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. La ricorrente, infatti, accenna a ll’interpretazione letterale e all’intenzione delle parti (v. secondo mezzo di ricorso, p. 6 3° capoverso; terzo mezzo, p. 7 2° e 3° capoverso; quarto mezzo di ricorso p. 8 2° capoverso) limitandosi a proporre a questa Corte un ‘ interpretazione alternativa delle dichiarazioni negoziali.
Del resto, la Corte d’Appello ha coerentemente dedotto dall’accordo «bonario» intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e il Comune RAGIONE_SOCIALE Bovegno innanzitutto l ‘assenza di una vera convenzione o atto autorizzativo alla realizzazione dell’accesso alla INDIRIZZO, non potendo essere considerato tale il visto apposto in calce alla proposta; in secondo luogo, l’assenza di un accesso sulla strada a monte del fondo (v. sentenza p. 8). Infine, la Corte distrettuale ha coerentemente dedotto dall’accettazione del l’immobile «nello stato di fatto e di diritto in cui attualmente si trova» che si trattasse di una clausola di «stile», in considerazione della specifica dichiarazione resa dalla parte venditrice nello stesso contratto circa l’avvenuta costituzione del diritto di accesso (v. sentenza p. 9, righi 19-20)
7.1. Ugualmente inammissibile risulta l’argomento , nel quinto motivo di gravame, de ll’ erronea lettura -da parte delle Corte d’Appello -delle risultanze probatorie contenute nella C.T.U., in quanto inconciliabile con l ‘esistenza dell’impegno del Comune di Bovegno a rimuovere il gard rail . In disparte l’ orientamento costante di questa Corte, per il quale la valutazione del materiale probatorio -destinata a risolversi nella scelta di uno o più tra i possibili contenuti informativi
che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudice -è espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della Corte di legittimità restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale il giudice di merito ha compiuto le proprie valutazioni discrezionali di carattere probatorio ( ex multis , di recente: Cass. n. 9507 del 06.04.2023). L’argomento della ricorrente (v. ricorso p. 8, 4° capoverso) è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi : il giudice d’appello ha tratto dall’esito della C.T.U. l’inesistenza di un accesso naturale tra il fondo in questione e la INDIRIZZO; affermazione che conferma, anziché contraddire, la necessità di un accordo con il Comune di Bovegno al fine di creare un ingresso altrimenti inesistente.
10. Con il sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 1282, 1284 cod. civ. La ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello di Brescia non abbia voluto riconoscere a lla COGNOME gli interessi maturati sulla somma dovuta da RAGIONE_SOCIALE a saldo del prezzo: trattandosi di credito di danaro liquido ed esigibile esso produce interessi di pieno diritto.
10.1. Il sesto motivo è inammissibile: la Corte territoriale ha rilevato che l’appellante non aveva impugnato la pronuncia di primo grado, nella parte in cui questa si era limitata ad accertare l’obbligo del pagamento del saldo. Ora, l’odierno ricorrente avrebbe dovuto indicare quali interessi avesse richiesto e con quale decorrenza, tanto più considerato che nella specie è stata accolta la domanda di riduzione del prezzo, da cui, evidentemente, la compensazione impropria tra le
contrapposte voci di dare e avere. In assenza di tali necessarie indicazioni, il motivo pecca per genericità.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, decidendo sulle spese come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre ad €200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda