Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5023 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 5023  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30701/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
 contro
ATI ASS TEMPORANEA RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALE CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, SENA NOME
(CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente incidentale-
nonché contro
COGNOME
-intimata- avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  RAGIONE_SOCIALE  n.  883/2017 depositata il 20/09/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza del 14 febbraio 2002 condannava  in  solido  il  comune  di  RAGIONE_SOCIALE,  l’RAGIONE_SOCIALE,  nonché  l’RAGIONE_SOCIALE  al  risarcimento  dei danni per l’occupazione espropriativa di un terreno di proprietà di NOME  COGNOME,  ubicato  in  località  Matierno  di  quel  comune  (in catasto all’art. 13027, fg. 4, part. 57, 445, 447, 449, 205, 205 sub,
446 e 448), onde realizzare un programma di edilizia residenziale; e liquidava detti danni nella misura di Euro 753.308 per la perdita di mq. 13.918 dell’immobile, nonché in Euro 77.469 oltre interessi a  titolo  di  lucro  cessante,  respingendo  le  domande  di  rivalsa proposte sia dall’RAGIONE_SOCIALE, che dal comune di RAGIONE_SOCIALE.
In parziale accoglimento RAGIONE_SOCIALE impugnazioni RAGIONE_SOCIALE parti, la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza del 10 novembre 2004 ha determinato la somma dovuta dagli esproprianti per l’illecita ablazione in Euro 562.592 e quella dovuta per l’illegittima occupazione del fondo in Euro 92.085, oltre accessori, osservando: a) che avendo il Consiglio di Stato annullato sia il decreto di occupazione temporanea, sia quelli di espropriazione doveva considerarsi illecita sia l’occupazione dell’immobile, che l’attività rivolta a trasformarlo nell’opera programmata dal PEEP approvato con Delib. n. 180 del 1981 del RAGIONE_SOCIALE e Delib. n. 3229 del 1986 RAGIONE_SOCIALE Giunta regionale: imputabili tanto all’RAGIONE_SOCIALE ed all’ATI autori dell’occupazione appropriativa, quanto all’amministrazione comunale che non aveva vigilato sul corretto svolgimento RAGIONE_SOCIALE procedura; b) che, avendo l’area natura edificatoria per essere inclusa in un PEEP, non poteva essere recepito l’accertamento del c.t.u. compiuto sul presupposto che si trattasse di un terreno agricolo, bensì quello che gli aveva attribuito il valore di L. 142.000 mq. considerandone la destinazione edificatoria; e che il relativo controvalore doveva essere calcolato con il criterio riduttivo introdotto dalla L. n. 662 del 1996, art.3, comma 653; c) che non avendo nessuno dei convenuti provveduto al risarcimento del danno, non ne potevano essere graduate le colpe ai fini del regresso interno di cui all’art. 2055 cod. civ..
Per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza, la COGNOME proponeva ricorso, a cui resistevano con controricorso tanto l’RAGIONE_SOCIALE, quanto il comune di
RAGIONE_SOCIALE. L’istituto proponeva altresì ricorso incidentale per quattro motivi e gli altri due enti per due mezzi.
Con sentenza n. 13087, depositata il 28 maggio 2010, per quanto ancora interessa, questa Suprema Corte accoglieva il primo motivo del ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nonché il secondo ed il  terzo  di  quello  sempre  incidentale  dello  RAGIONE_SOCIALE,  rigettati  tutti  gli altri, rinviando alla stessa Corte salernitana in diversa composizione,  affinché  procedesse  ad  esaminare ‘ le  domande  di rivalsa/regresso  di  entrambi  detti  enti ‘  trascurate,  nonostante  la riproposizione in appello.
Pronunziando  in  fase  di  rinvio,  con  sentenza  n.  883  del  20 settembre  2017, la  Corte  d’appello  di  RAGIONE_SOCIALE  rigettava  l’appello incidentale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e dello RAGIONE_SOCIALE, dichiarando altresì inammissibile la domanda di manleva dell’RAGIONE_SOCIALE.
Affermava che, fermo ed ormai coperto dal giudicato l’accertamento  RAGIONE_SOCIALE  responsabilità  solidale  per  i  danni  cagionati alla  COGNOME  in  capo  a  tutti  e  tre  i  soggetti  da  ella  convenuti  in giudizio, anche  nei rapporti interni fra questi ultimi  dovesse ritenersi non superata la presunzione legale di concorrente responsabilità in pari grado, non essendo emersi elementi idonei ad affermare quella esclusiva di uno di essi né a graduarne diversamente le colpe.
Ha poi disatteso la domanda di manleva proposta dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE rilevando che l’art. 6 RAGIONE_SOCIALE convenzione 16.7.1987 (di cui ha riportato il contenuto) limitava la garanzia del concessionario alle sole controversie derivanti dall’esecuzione materiale dei lavori.
Lo RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di un unico motivo. Hanno depositato controricorso sia l’RAGIONE_SOCIALE, sia
il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che, a sua volta, ha proposto, sulla scorta di due motivi, ricorso incidentale spedito per la notifica il 10.12.2018. –
In prossimità dell’udienza camerale, sia lo RAGIONE_SOCIALE che l’RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unica doglianza, proposta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., lo RAGIONE_SOCIALE assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1369 c.c. Afferma che il giudice del rinvio avrebbe erroneamente limitato l’oggetto dell’obbligazione di garanzia assunta dal concessionario alle sole controversie derivanti dall’esecuzione materiale dei lavori, laddove la clausola considerata non porrebbe una tale limitazione all’accordo di manleva, stante l’evidente ampiezza contenutistica dell’obbligazione medesima. L’interpretazione del giudice del rinvio sarebbe stata contraria allo scopo pratico perseguito dalle parti, che sarebbe stato quello di riversare sulla concessionaria RAGIONE_SOCIALE le conseguenze patrimoniali dannose, attinenti all’attuazione RAGIONE_SOCIALE prestazioni oggetto RAGIONE_SOCIALE concessione.
Il  motivo  è  inammissibile ai  sensi  dell’art.  360  bis  cpc avendo  la sentenza  impugnata  deciso  in  conformità  alla  giurisprudenza  di questa Corte e non offrendo il ricorso elementi tali da comportare un mutamento di orientamento (v. anche Cass. SSUU 7155/2017).
Giova osservare che, in generale, nell’interpretazione del contratto, che è attività riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità  solo  per  violazione  dei  canoni  ermeneutici  o  vizio  di motivazione,  il  carattere  prioritario  dell’elemento  letterale  non  va inteso  in  senso assoluto,  atteso che il richiamo nell’art.  1362 c.c. alla comune intenzione RAGIONE_SOCIALE parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici anche laddove il testo
dell’accordo sia chiaro ma dissonante con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti (Sez. 6-1, n. 13595 del 2 luglio 2020; Sez. 3, n. 20294 del 26 luglio 2019; Sez. 1, n. 16181 del 28 luglio 2017).
Tale attività ermeneutica è senz’altro coerente con il dettato dell’art. 1362 c.c., secondo cui il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini RAGIONE_SOCIALE ricostruzione RAGIONE_SOCIALE volontà RAGIONE_SOCIALE parti, giacché il significato RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, che non può arrestarsi al tenore letterale RAGIONE_SOCIALE parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare, atteso che un’espressione ” prima facie ” piana può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo RAGIONE_SOCIALE parti; ne consegue che l’interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione RAGIONE_SOCIALE parti e quindi di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta RAGIONE_SOCIALE parti medesime (Sez. 63, n. 32786 dell’8 novembre 2022; Sez. 3, n. 34795 del 17 novembre 2021; Sez. 3, n. 17718 del 6 luglio 2018; Sez. 3, n. 9380 del 10 maggio 2016).
Nondimeno, ove il negozio sia di per sé chiaro e tale da escludere in  radice  la  possibilità  di  equivoci,  il  criterio  letterale  esaurisce  gli strumenti ermeneutici a disposizione dell’interprete.
Nel  giudizio  di  legittimità,  le  censure  relative  all’interpretazione degli  atti  pattizi  accreditata  dal  giudice  di  merito  possono  essere prospettate solo in relazione al profilo RAGIONE_SOCIALE mancata osservanza dei
criteri legali di ermeneutica contrattuale o RAGIONE_SOCIALE radicale inadeguatezza RAGIONE_SOCIALE motivazione, ai fini RAGIONE_SOCIALE ricerca RAGIONE_SOCIALE comune intenzione  dei  contraenti,  mentre  la  mera  contrapposizione  fra l’interpretazione proposta dal ricorrente e quella accolta dai giudici di  merito  non  riveste  alcuna  utilità  ai  fini  dell’annullamento  RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata (Sez. 1, n. 9461 del 9 aprile 2021; Sez. 1, n. 995 del 20 gennaio 2021; Sez. 63, n. 3590 dell’11 febbraio 2021).
Ed,  infatti,  una  volta  che  il  giudice  di  merito  abbia  ricostruito  la volontà  contrattuale  RAGIONE_SOCIALE  parti,  in  base  al  testo  ed  alla  comune intenzione desumibile dal contenuto di una clausola, non v’è alcun onere di fare ricorso agli ulteriori criterio ermeneutici residuali, di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. (Sez. 3, n. 18180 del 2007).
Nel caso in esame, la Corte d’appello , al fine di corroborare lo specifico richiamo all’esecuzione materiale dei lavori, ha richiamato il tenore letterale RAGIONE_SOCIALE clausola con la quale l’ATI si obbligava ‘ a tenere indenne l’RAGIONE_SOCIALE da ogni controversia e conseguenti oneri che possono derivare da contestazioni, riserve e pretese sia con le imprese appaltatrici che verso terzi in ordine a quanto ha diretto o indiretto riferimento all’attuazione RAGIONE_SOCIALE presente concessione e specificamente all’esecuzione dei lavori ‘
Ha altresì aggiunto ‘ Siffatta interpretazione letterale risulta altresì confermata  dalla  collocazione  RAGIONE_SOCIALE  clausola  dell’art.  6 prima  del capo II, intitolata ‘Occupazioni ed espropriazioni -Adempimenti amministrativi’,  in  cui  tra  le  obbligazioni  del  concessionario  viene previsto  anche  l’espletamento  RAGIONE_SOCIALE  procedure  di  espropriazione (cfr. art. 8) ‘.
Come è evidente , la Corte d’ Appello ha offerto una ricostruzione del contesto contrattuale ragionata, plausibile e giuridicamente corretta,  che  pertanto  si  sottrae  a  censura  in  questa  sede.  Ed
infatti, a fronte del riferimento specifico all’esecuzione dei lavori, la Corte  d’appello  ha  ritenuto ,  nella  sua  valutazione,  di  prendere  in considerazione esclusivamente le controversie relative all’esecuzione materiale degli stessi, dando la prevalenza al canone dell’interpretazione letterale, rafforzato dalla collocazione sistematica RAGIONE_SOCIALE clausola medesima.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso principale priva di efficacia il ricorso incidentale tardivo del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 334 comma 2° c.p.c.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale e di inefficacia  di  quello  incidentale  consegue  la  condanna  dello  RAGIONE_SOCIALE alla  rifusione  RAGIONE_SOCIALE  spese  di  lite  dell’RAGIONE_SOCIALE,  come liquidate  in  dispositivo,  mentre  devono  intendersi  compensate quelle del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Si  dà  atto  che  sussistono  i  presupposti  processuali  per  dichiarare che il ricorrente principale è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione,  ai  sensi  dell’art.  13,  comma  1-quater,  D.P.R. 115/2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace il ricorso incidentale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Condanna  il  ricorrente  al  pagamento  RAGIONE_SOCIALE  spese  processuali  a favore dell’RAGIONE_SOCIALE , liquidate in € 200,00 per esborsi ed in  € 4.000,00  (quattromila)  per  compenso,  oltre  ad  iva,  c.p.a.  e rimborso  forfettario  RAGIONE_SOCIALE  spese  generali  in  misura  del  15%,  con distrazione  a  favore  del  procuratore  antistatario,  AVV_NOTAIO.
Compensa le spese del presente giudizio, nei rapporti  fra  RAGIONE_SOCIALE  e RAGIONE_SOCIALE.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per dichiarare che il  ricorrente  è  tenuto  a  versare  un  ulteriore  importo  a  titolo  di contributo  unificato  pari  a  quello  previsto  per  l’impugnazione,  ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
Così deciso in Roma il 14 dicembre 2023.