Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15634 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15634 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23026/2023 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in TARANTO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO n. 151/2023 depositata il 07/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso per decreto ingiuntivo depositato il 19 febbraio 2010, NOME COGNOME e NOME COGNOME esponevano di essere soci accomandatari della RAGIONE_SOCIALE unitamente alla NOME COGNOME anche amministratrice della società.
I ricorrenti e quest’ultima erano fideiussori con vincolo di solidarietà in favore del Banco di Napoli e della Banca di Taranto-Banca di Credito Cooperativo.
Il COGNOME e il COGNOME deducevano di avere versato in favore dei due istituti di credito l’importo complessivo di euro 61.836,77 lamentando che la COGNOME, nonostante la qualità di socia accomandataria e di amministratrice, oltre che garante con vincolo di solidarietà, non aveva partecipato alle transazioni.
Sulla base di tali premesse vantando il diritto di regresso nei confronti della stessa, sia in qualità di fideiussore, sia in qualità di debitore principale (società), per la quota di propria spettanza, chiedevano di ingiungere alla Toma l’importo compless ivo di euro 20.612,26.
Il Tribunale di Taranto ordinava il pagamento di tale importo con decreto ingiuntivo del 22 febbraio 2010.
Avverso tale decreto proponeva opposizione la RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale amministratore e socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE spiegando altresì domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni.
Si costituivano gli opposti contestando la fondatezza della pretesa. Si costituiva altresì il terzo chiamato NOME COGNOME.
C on sentenza dell’8 novembre 2019 il Tribunale di Taranto rilevava la legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE COGNOME a proporre opposizione e domanda riconvenzionale, giacché dal tenore del ricorso monitorio emergeva che l’ingiunzione era stata richiesta nei confronti della COGNOME, sia quale co-fideiussore, sia quale amministratore e socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE COGNOME, surrogandosi i ricorrenti nei diritti
che le due banche creditrici avevano nei confronti della società ex art. 1203 c.c.
Il Tribunale rigettava l’azione di regresso ai sensi dell’articolo 1954 c.c., trattandosi di garanzie fideiussorie autonome, mentre accoglieva l’azione surrogatoria nei diritti del le banche creditrici soddisfatte verso gli altri soci.
Poiché la somma complessivamente erogata a tal fine dagli originari ricorrenti era pari ad euro 43.000, provvedeva a ripartire il credito in tre parti uguali, revocava il decreto ingiuntivo, condannando la Toma al pagamento della somma di euro 7166,66 in favore di ciascuno dei due opposti.
Rigettava la domanda riconvenzionale.
Avverso tale decisione proponeva appello la COGNOME con atto notificato il 17 luglio 2020, in proprio e quale amministratore della società, deducendo che NOME COGNOME aveva svolto il ruolo di amministratore di fatto della società ed era responsabile dei debiti sociali, per avere sottratto ingenti somme, con conseguente richiesta di condanna al risarcimento dei danni. Aggiungeva che i ricorrenti ed il COGNOME avevano svolto attività in concorrenza nei confronti della società e a tal fine chiedeva il risarcimento dei danni.
Si costituivano NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo il rigetto della impugnazione e spiegando appello incidentale per la declaratoria di carenza di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE e per il riconoscimento dell’ulteriore prelievo, effettuato dal Banco di Napoli, di euro 9.280 da ciascuno dei conti correnti dei garanti, anche per la condanna dell’opponente al pagamento delle spese di lite di primo grado.
La Corte d’ Appello di Lecce, con sentenza depositata il 7 aprile 2023, in accoglimento dell’appello incidentale dichiarava il difetto di legittimazione attiva della società RAGIONE_SOCIALE a proporre opposizione ed a spiegare domanda riconvenzionale; dichiarava inammissibile l’azione risarcitoria spiegata dalla Toma, confermava
la condanna di quest’ultima, ma in proprio, al pagamento della somma indicata dal Tribunale e confermava per il resto la sentenza impugnata.
Avverso tale decisione la COGNOME propone ricorso per cassazione, in proprio e nella qualità di amministratore di RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi.
Le parti intimate non hanno svolto attività processuale in questa sede.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denunzia , ai sensi dell’articolo 360, n. 3, la violazione l’articolo 1362 c.c. e 1363 c.c. e 1367 c.c. e 1369 e 1370 e 1371 c.c.
La corte di appello avrebbe violato le norme sulla interpretazione dei contratti, svalutando il criterio letterale con particolare riferimento al contenuto nel ricorso per decreto ingiuntivo alla circostanza che <>, e nella richiesta di ingiunzione rivolta a NOME COGNOMEnella sua qualità di socio accomandatario, nonché amministratrice di RAGIONE_SOCIALE>>.
La Corte avrebbe violato l’articolo 1363 c.c. sulla valutazione complessiva dell’atto poiché l’interpretazione fornita prescinderebbe dai riferimenti sopra menzionati.
Anche il riferimento alla posizione della COGNOME quale accomandataria della RAGIONE_SOCIALE oltre che fideiussore, violerebbe l’articolo 1367 c.c. in tema di conservazione degli atti.
L’articolo 1369 c.c. sarebbe violato perché renderebbe inutile il doppio riferimento alla Toma, persona fisica e accomandataria della RAGIONE_SOCIALE
L’articolo 1370 c.c. non sarebbe applicato perché l’interpretazione fornita sarebbe a favore del redattore dell’atto. Mentre l’articolo
1371 c.c. sarebbe violato perché in contrasto con l’interesse della parte opponente.
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la nullità del procedimento ai sensi dell’articolo 360, n. 4, in relazione gli articoli 132 c.p.c. e 118 delle disposizioni di attuazione e 111 della Costituzione e l’omesso esame di un fatto controverso decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ai s ensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c.
La motivazione sarebbe sostanzialmente apparente, per avere pretermesso le affermazioni contenute nel ricorso monitorio, nelle quali gli ingiungenti evocavano la legittimazione passiva di NOME COGNOME nella duplice veste di fideiussore e di amministratore e accomandatario della RAGIONE_SOCIALE
Secondo l’erroneo presupposto della Corte le parti avrebbero proposto una domanda ai sensi dell’articolo 1954 c.c. tra cofideiussori, mentre in primo grado era stata espressamente esclusa, ritenendo sussistente la diversa ipotesi di garanzie fideiussorie plurime. Sotto tale profilo la decisione di primo grado di rigetto della domanda di regresso ai sensi dell’articolo 1954 c.c. non era stata impugnata, mentre era stata accolta quella di surrogazione sensi dell’articolo 1203 c.c.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto strettamente connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
La Corte d’appello ha rilevato che gli appellanti incidentali avevano contestato di avere richiesto l’emissione del decreto ingiuntivo nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore e socio accomandatario, NOME COGNOME
In realtà il ricorso era diretto solo nei confronti di NOME COGNOME esercitando l’azione di surrogazione sensi dell’articolo 1203 c.c.
La Corte territoriale esaminando il contenuto del ricorso per decreto ingiuntivo ha ritenuto che i ricorrenti avessero esercitato l’azione di
regresso ai sensi dell’articolo 1954 c.c. nei confronti soltanto della COGNOME personalmente, quale socia e co-garante dei debiti della società.
Alcuna azione sarebbe stata proposta nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE conseguentemente priva di legittimazione a proporre opposizione a decreto ingiuntivo e a spiegare domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni subiti a causa della condotta degli altri soci.
I motivi sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, ma l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31/03/2006, n. 7597; Cass. 01/04/2011, n. 7557; Cass. 14/02/2012, n. 2109; Cass. 29/07/2016, n. 15763).
Si è al riguardo precisato che nell’interpretazione della domanda giudiziale il giudice può avvalersi -tenendo conto della peculiarità dell’atto e del contesto giuridico-processuale in cui esso è destinato ad incidere- degli stessi criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e segg. cod. civ. per i contratti ed applicabili ai negozi giuridici in genere (Cass. Sez. 2, 06/05/1987, n. 4205, Rv. 452959 -01; Cass. 6367/86, Cass. 737/83).
Pertanto, al fine di far valere una violazione ermeneutica il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole
legali di interpretazione (artt. 1362 e segg. c.c.) mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto altresì a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati, o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).
Orbene. la ricorrente ha fatto esplicito riferimento alle regole codicistiche e di interpretazione con indicazione delle norme violate precisando, sulla base di quali valutazioni il giudice di appello si sarebbe discostato dai canoni legali.
In particolare, con riferimento al criterio letterale, ha lamentato che nel ricorso per decreto ingiuntivo è stata richiesta la condanna della COGNOME sia quale accomandatario e amministratore della società che in proprio.
La ricorrente aveva chiesto al Tribunale di ingiungere a NOME COGNOMEnella sua qualità di socio accomandatario, nonché amministratrice di RAGIONE_SOCIALEe nella sua qualità di garante con vincolo di solidarietà per i debiti assunti dalla indicata società’ , di pagare in favore dei due ricorrenti l’importo ‘corrispondente ad 1/3 del complessivo debito sociale della RAGIONE_SOCIALE
Nel medesimo ricorso si legge anche che ‘i co -garanti, dal canto loro, hanno diritto di regresso contro il debitore principale (la società) ciascuno per la quota di propria spettanza’. Infine, l’ingiunzione è emessa nei confronti di NOME COGNOMEnella sua qualità di socio accomandataria di RAGIONE_SOCIALE e ‘nella sua qualità di garante con vincolo di solidarietà per i debiti assunti dalla indicata società’.
La Corte territoriale ha omesso di considerare i dati ermeneutici sopra menzionati ed il passaggio motivazionale secondo cui i ricorrenti avrebbero inteso espressamente esercitare ‘l’azione di
regresso ai sensi dell’articolo 1954 c.c. nei confronti esclusivamente di NOME personalmente, quale sociogarante’, non consente di ricostruire l’iter motivazionale e individuare i criteri legali di interpretazione presi in esame.
In particolare, anche sensi dell’articolo 1367 c.c., la Corte d’appello non si è fatta carico del richiamo esistente nel ricorso per decreto ingiuntivo alla posizione di NOME COGNOME quale accomandataria della società, oltre che di fideiussore e della richiesta di condanna della stessa nella duplice qualità e ciò al fine di comprendere la ragione di tale duplice specificazione.
Con il terzo motivo la ricorrente denunzia , ai sensi dell’articolo 360, n. 3 n. 4, la violazione l’articolo 2909 c.c. e 324 e 112 c.p.c. In particolare, il giudice di appello avrebbe violato l’articolo 112 c.p.c. in quanto non era stato proposto alcun capo di impugnazione avverso la parte della sentenza di condanna in solido della società RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME ed in accoglimento della domanda di regresso ai sensi dell’articolo 1203 c.c. Essendosi formato il giudicato sul capo della condanna la Corte d’appe llo non avrebbe potuto negare la legittimazione attiva della società RAGIONE_SOCIALE
Il motivo rimane assorbito all’esito dell’accoglimento de l 1° e del 2° motivo d ricorso.
Con il quarto motivo la ricorrente denunzia la nullità del procedimento ai sensi dell’articolo 360, n. 4, in relazione all’articolo 104 e 156 c.p.c.
Si duole che la corte di merito abbia errato nel ritenere inammissibile la domanda riconvenzionale spiegata dalla società RAGIONE_SOCIALE sul presupposto del difetto di legittimazione attiva della stessa. Anche a voler ritenere il difetto di legittimazione della società COGNOME a proporre opposizione, la st essa comunque aveva proposto un’azione di risarcimento dei danni, unitamente a NOME COGNOME nei confronti dei due opposti e contro il terzo chiamato. Si tratterebbe di una
azione autonoma, rispetto alla quale, al più, si sarebbe potuto disporre la separazione della domanda.
Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
La corte territoriale ha ritenuto inammissibile la domanda riconvenzionale risarcitoria rilevando che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il terzo non può proporre domande di risarcimento del danno, poiché le stesse sono estranee alla funzione del procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo.
La sentenza non si confronta con la decisione di questa Corte (Cass. 14 febbraio 2022, n. 4713) che ha ammesso la possibilità che ‘l’opposizione a decreto ingiuntivo rechi ovvero contenga nel suo stesso ‘corpo’ unitamente alle difese e alle eventuali domande riconvenzionali dell’ingiunto, altresì la domanda di un soggetto terzo, connessa per titolo o per oggetto alla domanda monitoria dell’iniziale ricorrente oppure alla domanda riconvenzionale dell’opponente ovvero connessa perché postulante, in tutto o in parte, la soluzione di questioni identiche a quelle involte dalla domanda monitoria o dalla domanda riconvenzionale dell’ingiunto”.
Si è da questa Corte precisato che nella detta ipotesi si determina un ‘cumulo soggettivo iniziale’ di più domande quanto meno connesse ‘in senso improprio’ (art. 103 c.p.c., comma 1; litisconsorzio facoltativo ‘improprio’).
Alla fondatezza nei suindicati termini del primo, del secondo e del quarto motivo -assorbito il terzoconsegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d ‘A ppello di Lecce, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso; dichiara assorbito il terzo motivo. Cassa in relazione l’impugnata
sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d ‘A ppello di Lecce, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte